Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
PRANZI, CENE, VIAGGI: COSàŒ LE RICHIESTE DELL ‘UOMO DEL CARROCCIO VENIVANO SODDISFATTE DALL ‘ARCHITETTO-FACCENDIERE UGLIOLA… ECCO COSA DICONO I VERBALI
“Con i politici l’accordo era scontato”: l’archi tetto Michele Ugliola non ha dubbi.
E del resto la domanda che poco prima gli ha posto il pm è chiara: “Era un dato scontato che, a fronte di un’autorizzazione, c’era una quota che doveva essere retrocessa alla politica?”.
Sì, risponde Ugliola, “con i politici l’accordo era scontato”.
Pagina 15 della trascrizione dell’incidente probatorio chiesto dalla procura e svoltosi il 24 settembre scorso nell’ufficio del giudice Antonella Bertoja.
Ordine del giorno: l’accusa di corruzione all’ex presidente del Consiglio regionale lombardo, il leghista Davide Boni, per vicende di quand’era assessore regionale al Territorio.
Con lui sono indagati il suo ex capo di gabinetto Dario Ghezzi, lo stesso Ugliola con il cognato Gilberto Leuci e due imprenditori: Luigi Zunino e il veronese Francesco Monastero.
Tutti coinvolti in un giro di mazzette (oltre 1milione di euro), messo in piedi per ottenere dall’assessorato autorizzazioni in cambio di denaro.
Ugliola mediava e aveva il compito di recuperare i soldi delle tangenti attraverso sovrafatturazioni o consulenze inesistenti.
Arrestato nel dicembre 2010 nell’ambito della Tangentopoli di Cassano d’Adda, il professionista si è trasformato nel principale accusatore diBoni,riempendo decine di verbali. L’ultimo è proprio quello di settembre: 180 pagine d’incidente probatorio chiesto e ottenuto dalla procura per cristallizzare il quadro.
In quell’occasione, Ugliola svela particolari a oggi ancora inediti.
Come le mangiate al ristorante a’ Riccione. Ai tavoli eleganti del ristorante milanese di via Taramelli, infatti, Ugliola è di casa a mezzogiorno e sera e lì raduna politici e imprenditori. “Pranzi d’affari”, li definisce il suo socio Leuci.
Chi c’era? Boni e Ghezzi spesso.
Ugliola conferma: “Pagavo sempre io”.
I pm accusano: Ghezzi incassava la mazzetta e poi girava i soldi al suo presidente.
Del resto, i tre sono amici. Tanto da condividere compleanni e vacanze.
Ad Alguna, in Egitto, per esempio: c’è Ugliola, c’è anche Boni e la sua assistente Monica Casiraghi.
Candidata al Senato per il Carroccio nel 2006, sarà la stessa Casiraghi a presentare l’imprenditore Monastero a Ugliola.
All’incontro, annunciato da una telefonata di Ghezzi,si presenta anche Flavio Tremolada, altro assistente di Boni.
Per questa attività , rivela Ugliola, la Casiraghi, indagata, incasserà una “consulenza”da 50 mila euro.
Chiede il pm: “La consapevolezza di Davide Boni a questa consegna di denaro, lei la riscontrava?”.
L’architetto conferma: “Ne abbiamo anche parlato”.
Del tipo: “Tutto ok? Sì, sì”.
Quindi ribadisce: “Tenga presente, abbiamo passato l’estate giù ad Alguna nel 2008, tutti quanti in compagnia. C’era Davide Boni”.
L’accusa insiste: vuole la conferma che il denaro sia arrivato nelle mani del politico.
Ugliola: “Ghezzi era una persona di fiducia dell’assessore. Cioè, voglio dire, parliamoci chiaramente: gli imprenditori passavano da Ghezzi, eh?”.
In assessorato l’architetto è di casa. “I nostri incontri erano sempre finalizzati alla consegna di denaro. I miei passaggi alle 8 del mattino in assessorato regionale erano molto frequenti”. Caffè, pranzi e vacanze, dunque.
Occasioni ideali per confessare l’inconfessabile.
Ugliola, durante l’incidente probatorio, esplicita quello che è sempre rimasto tra le pieghe dei precedenti interrogatori: Davide Boni sapeva del denaro.
Fa di più: svela i primi episodi della corruzione, che inizia nel 2007.
All’epoca ci sono da seguire gli interessi di Lugi Zunino: Santa Giulia, aree Falck, Rodano-Pioltello.
Qui, Zunino vuole 100 mila metri quadri di area commerciale all’ex Sisas. Ugliola concordala“ricaduta”, ovvero la tangente: 800 mila euro.
Il patto viene siglato in via Bagutta, sede milanese, all’epoca, della società Risanamento.
“Al primo incontro c’eravamo io, Boni, Ghezzi e Zunino, alla presenza anche dell’avvocato Giovanni Camozzi. In un altro incontro sicuramente c’era Nicoli Cristiani”.
È l’ex vicepresidente del consiglio regionale, arrestato il 30 novembre 2011 per aver intascato 100 mila euro dall’imprenditore Pierluca Locatelli.
All’epoca era assessore al Commercio.
Un’alleanza speciale: Territorio e Commercio, in certi casi Rifiuti.
Tradotto: Davide Boni, Nicoli Cristiani e Massimo Buscemi.
Tre assessori che per anni sono stati il vero punto di riferimento di Ugliola.
Lo conferma anche Gilberto Leuci, sentito pure lui in incidente probatorio il 1 ottobre scorso.
Il rapporto Boni-Ugliola è strettissimo.
L’architetto lo ricorda rievocando l’incontro con il leghista e alcuni imprenditori.
“Mi ricordo che c’era un certo Rossetti, che disse: ma assessore, qualche professionista di riferimento? Allora Boni mi guardò e mi disse: Michele, di che cosa sta parlando? Il professionista è Michele Ugliola”
Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
BERSANI & CO. CONTRO I FINANZIERI DEL SINDACO, DIMENTICANO LE LORO BANCHE
Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi se le danno di santa ragione.
Con cattiveria, per farsi male.
Sull’argomento più doloroso della storia recente della sinistra: i rapporti opachi e forse inconfessabili con il potere finanziario.
Gode il terzo sfidante delle primarie, Nichi Vendola, che suggella la giornata con parole beffarde: “E io mi accomodo tra il pubblico ad ascoltare i vostri problemi con i banchieri e con la finanza…”.
I vostri problemi.
Stavolta, com’è d’uso constatare nelle risse da bar, ha cominciato Bersani.
La palla se l’è fatta alzare dall’Unità . Il giornale del Pd ieri ha dedicato a Renzi un titolo di apertura cattivissimo: “Le primarie in paradiso (fiscale)”.
Il riferimento è a Davide Serra, giovane finanziere che ha organizzato mercoledì sera, a Milano, la cena in piedi tra i banchieri e Renzi, con tanto di raccolta di fondi (circa 150 mila euro di cui il sindaco di Firenze promette a breve rendiconto dettagliato sul suo sito).
Il fondo Algebris, con il quale Serra gestisce circa un miliardo di euro, avrebbe la sua sede alle isole Cayman, un paradiso fiscale.
Notizia seccamente smentita ieri sera dallo stesso Serra. E però Renzi balbetta, fa dire al suo staff “non lo sapevamo”, si dimentica di controllare su Google che le isole Cayman sono un possedimento britannico sostanzialmente integrato nell’Unione europea, paradiso fiscale come il nobile, europeissimo Lussemburgo.
Bersani decide allora di insistere e va giù duro: “Credo che qualcuno che ha base alle Cayman non potrebbe permettersi di parlare e di darci consigli”, dice.
E alla provocazione di un giornalista (“Li definirebbe banditi?”), non si fa pregare: “Banditi fra virgolette, è una finanza che non risponde a criteri di trasparenza e che ha avuto in tutti questi anni un po’ troppa mano libera”.
Per poi aggiungere: “Non lo dico per Renzi ma in generale: l’Italia non si compra a pezzi”.
Una volta le notizie viaggiavano abbastanza lentamente da dare il tempo di pensare.
Adesso è proprio come al bar, anche perchè c’è Twitter.
Passano pochi minuti dalla prima notizia d’agenzia del fendente bersaniano, e Renzi digita furioso sul palmare: “Caro Bersani, su banche finanza e trasparenza accetti un confronto pubblico? Non importa andare alle Cayman: ok una casa del popolo. Ti va?”.
A Bersani gli va, ma continua a menare: “Meglio la casa del popolo delle Cayman”.
Poi scivola un po’ sul burocratico: “Non ho alcuna difficoltà a discutere su tutto. Ma non ci siamo solo io e lui e faremo i confronti secondo le regole che saranno stabilite dai garanti”.
Già , c’è anche Vendola, che però si affretta a chiamarsi fuori dalla rissa sull’etica dei rapporti con i poteri forti, anche se non rinuncia ad assumere il tono del saggio per dare anche lui un calcetto a Renzi: “Trovo incredibile attivare una polemica sulla trasparenza con il segretario del proprio partito e buttarla in caciara”.
Renzi a sua volta alza il tono dello scontro, e rinfaccia a Bersani il disastro della banca rossa per eccellenza, il Monte dei Paschi di Siena, guidato da un grand’elettore delle primarie Pd come Alessandro Profumo, che ha preso il posto di un altro banchiere di stretta osservanza dalemiana, Giuseppe Mussari: “Basta guardare a qualche istituto della mia regione per capire che una certa politica ha combinato soprattutto guai”.
Ma le allusioni del sindaco di Firenze sono a largo spettro: partono dalla scalata a Telecom Italia, con Palazzo Chigi guidato da D’Alema e descritto dal giurista di sinistra Guido Rossi come “l’unica merchant bank dove non si parla inglese”, alla fallita scalata alla Bnl da parte dell’Unipol di Gianni Consorte, che si faceva consigliare al telefono da D’Alema e incassava gli entusiasmo di Piero Fassino (“Abbiamo una banca!”).
È quel passato di corte serrata ai banchieri di ogni specie, di D’Alema che chiede udienza a Enrico Cuccia, e dei big di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli e Corrado Passera, in fila al gazebo per votare alle primarie del centrosinistra.
In attesa che decida di tirare fuori il caso Penati, Renzi per ora rinfaccia a Bersani cose del passato.
Esponendosi a farsi tirare addosso il presente.
I banchieri e i finanzieri che lo hanno omaggato a Milano non sembrano proprio la crema di un’Italia che si rinnova.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
NON C’È SOLO LA SANTANCHÈ: NEL “PARTITO DELL’AMORE” GUERRA DI DONNE PER TORNARE A FORZA ITALIA
Non solo Daniela Santanchè, che impugna lo spadone della rottamazione contro il Pdl.
L’ultimissimo fronte bellico dell’ex partito dell’amore, precipitato nei sondaggi al 14 per cento, è la guerra scatenata dalle due amazzoni azzurre, le chiamano così a Palazzo Grazioli, Michaela Biancofiore e Nunzia De Girolamo, nostalgiche dell’immarcescibile spirito forzista del ’94 e finanche ammiratrici del fenomeno Matteo Renzi.
Al punto che ieri sera, la stessa Biancofiore è andata a sentire il sindaco di Firenze nella tappa di Bolzano del camper “Adesso”, ma è stata allontanata dallo staff renziano in quanto poco gradita.
Torniamo al subbuglio provocato dalle amazzoni di B.
La storia è questa, al netto dei veleni che girano tra Montecitorio e via dell’Umiltà , dove si trova la sede nazionale del Pdl a Roma.
Le due parlamentari hanno aperto una chat con il nome Forza Italia su What’s App, applicazione per telefonini.
Le discussioni sono vivaci.
Iscritti e iscritte riconoscono solo il primato berlusconiano, non quello di Alfano e Cicchitto: Laura Ravetto, Beatrice Lorenzin, Annagrazia Calabria, Giancarlo Galan, Catia Polidori, Antonio Martino, Giuseppe Moles, Isabella Bertolini.
La notizia gira e tra i deputati maschi del Pdl si mormora di una riedizione di Forza Gnocca.
Vengono aggiunti i nomi di Gabriella Giammanco, Barbara Mannucci, Fiorella Ceccacci Rubino (ex attrice di Tinto Brass), pure quello di Mariarosaria Rossi, deputata-assistente di un Cavaliere sempre più stanco e nero d’umore.
Tra i malpancisti azzurri viene segnalato in avvicinamento anche il gigante Guido Crosetto, ma lui smentisce: “Con le amazzoni non c’entro nulla”. Piuttosto, le indiscrezioni lo vorrebbero candidato alle primarie del centrodestra, con il supporto della falange di avvocati dell’ex premier, tra cui Maurizio Paniz ed Enrico Costa.
Caos su caos.
La chat diviene l’embrione della lista dello spirito del ’94, con l’ambizione di attirare un Berlusconi sempre più nauseato dal Pdl.
Il nome è “Fratelli d’Italia”, ma viene reclamato da altre aree del partito già esistenti.
Il troncone forzista preclude a uno spacchettamento della creatura pidiellina: il movimento delle amazzoni, la lista della Santanchè, la bad company del Pdl con la nomenklatura attuale, gli ex An.
Si vocifera anche di un gruppo parlamentare autonomo, da formalizzare dopo le regionali siciliane.
La De Girolamo, però, ad Agorà su Raitre smentisce e sparge un po’ di veleno: “Questa cose le scrive Adamo perchè Eva non ha il coraggio di parlare”.
Chi è Adamo? Chi è Eva?
Il crepuscolo del berlusconismo è crudelmente divertente.
La deputata del Pdl (moglie di Francesco Boccia del Pd) si riferisce a un articolo uscito sull’Huffington Post edizione italiana che riprende alcune voci apparse già su Lettera 43: “Silvio Berlusconi dice sì al gruppo parlamentare delle sue belle. E loro preparano le pagelle su chi può entrare”.
L’autore è Alessandro De Angelis.
È lui Adamo in quanto compagno dell’ex ministra Anna Maria Bernini, indicata come l’Eva che “non ha il coraggio di parlare”.
Una lotta feroce che non risparmia nessuno. E che fa altre vittime.
Quando la voce su “Fratelli d’Italia” è di dominio pubblico, Annagrazia Calabria si cancella dalla chat Forza Italia, per via del suo legame politico con il segretario Angelino Alfano.
Tutti contro tutti. Non solo Eva contro Eva (che è Adamo però).
A questo spettacolo di auto-distruzione, il Cavaliere assiste con malcelato distacco. Il regista del bombardamento sul quartier generale dell’oligarchia del Pdl è lui.
L’ammissione viene da una sua dichiarazione di ieri: “Il partito l’ho lasciato ad Alfano, ieri mi hanno costretto a fare una dichiarazione”.
Stavolta, il riferimento è alla nota di Paolo Bonaiuti, portavoce di Palazzo Grazioli, che invita a non considerare la virulenza rottamatrice della Santanchè come espressione del Capo.
La smentita di B. alla nota di Bonaiuti dà altra forza all’ex sottosegretaria vicina al Giornale di Sallusti: “Ho detto che bisogna azzerare e ripartire perchè il Pdl è messo malissimo. Non è vero, forse?”.
Una verità incontestabile.
E la questione dell’eredità politica sta diventando un affare di donne.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
VENTIDUE VELTRONIANI FIRMANO PER BERSANI
Sarà forse perchè ritiene di aver neutralizzato i due bersagli grossi che Matteo Renzi archivia la «fase uno della rottamazione» per dedicarsi ai programmi: ma sarà pure perchè conosce l’arte della guerra dei suoi amici ex democristiani, con i quali se la dovrà veder Bersani in una resa dei conti solo rinviata.
Infatti, se Veltroni si tira fuori e D’Alema decide di fare un passo indietro, al centro ce ne sono due che non si muovono di un centimetro: sono gli altri due bersagli preferiti da Renzi, la Bindi e Fioroni, che non paiono intenzionati a farsi da parte.
Come Franco Marini, che dopo aver annunciato a giugno che non si sarebbe ricandidato, dopo aver rinunciato a far esplodere una grana in assemblea sulla deroga allo statuto per Renzi, ha fatto sapere di aver cambiato idea.
La Bindi, a sentire i più fidati consiglieri politici, fatica a tenere a freno la rabbia e fino ad oggi ha preferito evitare esternazioni contro una piega che hanno preso gli eventi per lei poco tollerabile. Di sicuro non vuole sottostare al diktat della rottamazione e aspetta la nuova legge elettorale (è una delle poche sostenitrici delle preferenze), per affrontare la questione delle candidature.
Ma certo non è contenta del trattamento riservato da Bersani ai big più big, perchè quel «non chiedo a nessuno di ricandidarsi» era un evidente mancanza di riguardo pure a lei, che è pur sempre la presidente del partito, oltre che un presidio dell’area cattolico-moderata del Pd.
Approfittando della citazione regalatagli da Renzi su Repubblica, «non è che mandiamo via D’Alema e ci teniamo Fioroni», l’interessato invece gli risponde via sms: con un «grazie molte, perchè pensavo di non contare nulla e mi hai tranquillizzato, meglio tardi che mai. Buon lavoro»; un messaggino in cui a dispetto delle apparenze, il sugo sta in quel sibillino «buon lavoro», perchè l’altra postilla di Fioroni è che «le candidature si vedranno al momento opportuno e le vive male chi non ha un lavoro. Siccome io un lavoro ce l’ho questo problema non me lo pongo…».
Ma oltre alla «resistenza» dei big cattolici, il terremoto delle primarie riesce anche a far dividere la variegata area che fa capo all’ex leader Veltroni.
A differenza dei vari Gentiloni, Ichino, Morando, Tonini, Ceccanti, Vassallo, tutti a favore di Renzi, un gruppo di 22 veltroniani doc come Verini, Melandri, Minniti, Causi, Agostini, Morassut, firmano un documento pro-Bersani.
Quel Bersani però che dice in assemblea «Monti l’abbiamo voluto noi» e non quello che firma la Carta dei Valori con Vendola dove Monti non c’è, tengono a chiarire.
Perchè «le primarie possono rappresentare un’occasione per affermare il profilo che dal Lingotto era alla base della nascita del Pd, un partito coraggioso e innovatore».
Un altro segnale di quel cambio di marcia che ora si impone sulle primarie.
«Lo scontro diventa più politico, veniamo da retroterra diversi, sbaglia chi lo ha ridotto a uno scontro tra classi dirigenti, che altro finora non è stato se non un regolamento di conti a sinistra», fa notare il renziano Mario Adinolfi.
Renzi l’altra sera ha provato a rovesciare il celebre assioma maoista, «la rivoluzione non è un pranzo di gala», riunendo a Milano il gotha della finanza per spiegare la bontà del processo di rinnovamento da lui innescato.
Ma a Vendola e Bersani, questo spuntino fino a 5000 euro a coperto è piaciuto poco.
«Ne abbiamo abbastanza delle slides e delle proposte della finanza. Abbiamo già dato e consiglio molta cautela con i banchieri», lo ha avvisato Bersani.
Carlo Bertini
(da “La Stampa“)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
NEL CENTRODESTRA SI PENSA A UN CANDIDATO PREMIER DI ALTO PROFILO E SPUNTA IL NOME DELLA MARCEGAGLIA
La chiacchiera circola da un paio di settimane, un po’ come via di scampo, un po’ come minaccia: se alla fine davvero Berlusconi decidesse di dare vita a una lista tutta sua con donne, giovani e imprenditori (nonostante le deboli smentite, il nome di Briatore resta pur sempre tra i possibili candidati), in quel caso per reazione al centro potrebbe nascere un’altra cosa.
Quale cosa? E con chi?
Stando ai «si dice», l’obiettivo sarebbe quello di ricongiungere Casini e Fini con quei pezzi di Pdl (praticamente l’intero gruppo dirigente del partito, Alfano compreso) che verrebbero esclusi dal piano di rinascita berlusconiana.
E si vendicherebbero dicendo: «Silvio, ci molli per fuggire in compagnia delle fedelissime amazzoni Santanchè, Biancofiore, De Gregorio? Fai pure. Però noi certo non accetteremo di farci rottamare. Per cui passeremo armi e bagagli con le vecchie conoscenze Pier e Gianfranco…».
Contatti sarebbero in corso, ben più che semplici pourparler.
Addirittura tra Alfano e Casini esisterebbe già , secondo fonti centriste, la trama di una possibile intesa operativa.
Naturalmente l’operazione andrebbe meglio vestita, perchè detta così potrebbe sembrare un’adunata di esclusi, una zattera di naufraghi, una somma di perdenti.
E su queste basi fragili il progetto, se mai dovesse nascere, farebbe ben poca strada. Dunque lo sforzo è di elevare il livello delle ambizioni.
Si vocifera che la «cosa» moderata aprirebbe le porte a spezzoni del Pd in sofferenza per via dell’asse tra Bersani e Vendola: il pensiero corre subito ai reduci della Margherita.
Personalità del governo Monti darebbero lustro all’iniziativa, e in questa chiave Passera risulta tuttora il più gettonato tra i ministri (ma altri si aggiungerebbero).
Per non dare l’impressione (sbagliata) che l’aggregazione al centro debba nascere per forza all’ombra di Casini, quale candidato premier verrebbe scelta una figura esterna alla politica, nota nella società civile, possibilmente donna, meglio se imprenditrice.
E chi meglio corrisponderebbe all’identikit dell’ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia?
Questi sono i discorsi sottovoce che si fanno tra i generali della ormai disciolta armata berlusconiana. In casa centrista confermano sornioni.
Per dare il via alle danze, si attendono ormai solo le elezioni regionali siciliane di domenica 28, e soprattutto le prossime mosse del Cavaliere.
O lui torna sui suoi passi, e rinuncia alla lista, oppure il Big Bang del centrodestra non avrà alternative
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA CONDANNATO PER DIFFAMAZIONE :”PREPARO LA VALIGIA, COLPA DEI POLITICI CIALTRONI”
LA CONDANNA
Lo scorso 26 settembre la Corte di Cassazione aveva confermato la condanna a 14 mesi di reclusione per Sallusti: motivo, la diffamazione causata da un articolo scritto, il 18 febbraio 2007, dallo pseudonimo Deryfus (solo a condanna di Sallusti avvenuta Renato Farina, giornalista radiato dall’ordine, aveva ammesso la paternità dello scritto).
La pena era stata inizialmente sospesa, ma ora sta per arrivare l’arresto. Sallusti, contattato telefonicamente dal sito del settimanale di Condè Nast, ha assicurato di non avere «nessuna intenzione di trovare escamotage di alcun tipo, sono pronto alla galera. Resto convinto che solo se finirò dietro le sbarre questa legge ingiusta e indegna di un paese civile sarà modificata».
ACCUSE ALLA CASTA POLITICA
Sallusti ha anche già deciso di preparare le valige: «Mi sono informato su cosa potrò mettere. Tra poco la preparo».
Il provvedimento è atteso per i prossimi giorni: «Ho già deciso, non indietreggerò. Scriverò al Gip che non ho nessuna intenzione di rifugiarmi nei servizi sociali e che rinuncio a questa possibilità ».
Pensa che ci possa essere un intervento legislativo per scongiurare la prigione?
«Non più. Mi fa orrore sapere che i politici italiani sono così cialtroni che mentre si discute al Senato di una modifica della legge 47/1948 sulla diffamazione a mezzo stampa si pensa di inserire degli articoli che non c’entrano nulla, come l’emendamento per rendere possibile ai presidenti di Provincia di essere eletti in Parlamento. Un Paese con una casta politica così si merita di avere un giornalista in prigione per le opinioni espresse dal suo giornale».
(da “Il Corriere della Sera“)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
IL LEADER DEL M5S REGISTRA IL MARCHIO NEL TIMORE POSSANO USUFRUIRNE I DISSIDENTI
I pirati a cinque stelle? Beppe Grillo mette la parola fine.
Come riportato da L’Espresso, il marchio è stato depositato dal leader del Movimento Cinque Stelle, dopo che era circolata l’indiscrezione che il grillino «dissidente» Giovanni Favia e il consigliere emiliano Valentino Tavolazzi volessero staccarsi dal movimento unendosi al Partito dei Pirati italiani.
Ma Grillo evidentemente non deve aver gradito l’idea e, così, ha tagliato la testa al toro.
LIQUIDFEEDBACK E DEMOCRAZIA LIQUIDA
Secondo quanto riportato sul portale dei marchi del ministero dello sviluppo, il marchio Pirati a cinque stelle è stato registrato il 15 ottobre.
E immediatamente Giovanni Favia in un post su Facebook ha scritto (e poi cancellato): «La paranoia fa brutti scherzi avendo visioni di nemici che non esistono. E dando credito alla teoria di un giornalista. Mi spiace per i pirati che si trovano loro malgrado in questa situazione kafkiana».
Alla base degli screzi tra Grillo e Favia, una dichiarazione del consigliere emiliano in un «fuorionda» in cui Favia accusava il leader del M5s di gestire il movimento in maniera non democratica.
Poi nei giorni successivi Favia e Tavolazzi hanno organizzato un incontro a Reggio Emilia per discutere con gli esponenti del Partito pirata l’introduzione di LiquidFeedback nel M5s, piattaforma già usata proprio dai pirati per prendere le decisioni interne e per selezionare i candidati in maniera più trasparente.
Il gesto non deve essere piaciuto a Grillo che sta ancora valutando con il suo consulente Gianroberto Casaleggio se estendere LiquidFeedback, già in uso nel movimento a Bergamo e in Sicilia, al resto di Italia.
Ed ecco spiegata la decisione di sbarrare la strada ad eventuali scissioni e alleanze con altri gruppi di opinione in rete.
IN ATTESA DI ROMA
La rottura tra Grillo e Favia, insomma, sembra davvero definitiva.
Ma Favia ribadisce di non essere intenzionato a lasciare il movimento e a fare scissioni.
Salvo però il diritto di continuare a dire la sua sulle scelte del suo leader.
Così in un secondo post su Facebook Favia esprime fastidio verso Grillo per avere «legittimato un’accusa nei miei confronti che ritengo ingiusta» e cioè di aver cercato in qualche modo di spaccare il movimento cercando l’appoggio esterno dei Pirati, paladini della democrazia online.
Sia quel sia, l’attesa nel M5s è alta: bisogna ancora decidere chi correrà per i seggi a Roma.
Ed è su questo fronte che si gioca la prossima partita del movimento grillino.
Marta Serafini
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 20th, 2012 Riccardo Fucile
UNO CLICCA, SI APRE IL SITO DOVE LA FINESTRA CHIEDE DI ESSERE CLICCATA… MA QUANDO CI SI PROVA FUGGE DA UN LATO ALL’ALTRO DELLO SCHERMO
Il Time si era domandato se potesse essere lui l’Obama bianco d’Italia.
Solo che Matteo Renzi ha fatto la fine di Romney, o perlomeno è stato trattato allo stesso modo in cui il candidato repubblicano alla presidenza Usa è stato attaccato dagli obamiani. Il caso è un sito internet che gira da due giorni soprattutto su Twitter: «Ecco il programma di Matteo Renzi».
Uno clicca, si apre il sito dove una finestra chiede di essere cliccata, “leggi”: ma se si prova a cliccarla, fugge da un lato all’altro dello schermo.
Una provocazione di qualche fan dei suo avversari (bersaniani? Vendoliani?), ma è anche un piccolo plagio.
E arriva dagli Usa.
Dopo le numerose polemiche del presidente democratico Obama contro le proposte di riforma del sistema fiscale avanzate dal candidato repubblicano Romney, lo staff di Obama ha infatti partorito un sito: «Per tutti i dettagli su come Romney taglierà di 5 miliardi di dollari senza aumentare il debito pubblico o colpire la classe media».
E anche qui, la simpatica finestrella “Get the details”, ottieni i dettagli, fugge da un lato all’altro dello schermo quando si prova a cliccarla.
Quella del finto sito del programma di Renzi potrebbe però solo essere il primo pezzo di una campagna satirica-social dei suoi avversari: tra le altre, è gia finita su Facebook la pagina dei “Renziani per Bersani”.
Perchè, dopo le dichiarazioni di Massimo D’Alema (non si ricandida se vince Bersani, ma sarà “scontro politico” se vince Renzi e lui appare intenzionato a restare) c’è chi si domanda se non è il caso di far vincere il segretario del Pd per non far ricandidare l’ex premier e presidente del Copasir.
Ora, si attendono le contromosse.
Marzio Fatucchi
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