Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
FIORITO ARRESTATO “PERCHE’ AVREBBE POTUTO SCAPPARE ALL’ESTERO”
Gli uomini del nucleo valutario hanno arrestato per ordine della procura di Roma l’ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito accusato di peculato per aver utilizzato fondi del partito a fini personali.
Nell’ordinanza si evidenzia il pericolo di fuga e l’inquinamento probatorio. Sono in corso perquisizioni nelle sue abitazioni.
Un «depistaggio mediatico» nei confronti di avversari e persone coinvolte nella vicenda, sarebbe stato messo in atto, secondo l’accusa, da Franco Fiorito. Il convincimento è espresso nel provvedimento cautelare del gip Stefano Aprile.
FATTURE NEL TRITACARTE
«Frammenti di fatture destinate al gruppo consiliare del Pdl sono stati ritrovati nel tritacarte e nella pattumiera dell’abitazione di Fiorito» scrive il Gip nell’ordinanza.
Dunque Fiorito, che disponeva «liberamente della documentazione che custodiva», avrebbe di fatto manipolato o distrutto parte della stessa.
La documentazione, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, ha come oggetto «cravatte di seta, sciarpe in lana-seta e portadocumenti in pelle».
NON PRONTAMENTE REPERIBILE
Sempre il Gip contesta a Fiorito «di non essere stato prontamente reperibile in occasione della perquisizione del 14 settembre scorso».
Quel giorno, è scritto nel provvedimento, «la Guardia di Finanza non ha trovato la documentazione sottratta al gruppo Pdl della Regione, che invece lo stesso ex capogruppo ha consegnato cinque giorni dopo».
Secondo il giudice, l’ex capogruppo del Pdl ha utilizzato, in particolare, alcune fatture per «formare dossier riguardanti i suoi più diretti avversari politici nell’ambito del Gruppo consiliare e consegnarli agli organi di informazione».
«POTEVA FUGGIRE ALL’ESTERO»
E Fiorito avrebbe potuto fuggire all’estero: il Gip ne è convinto: «Come emerso dall’esito delle indagini compiute – si legge nel documento – Fiorito dispone di tre immobili a Tenerife e lì è anche titolare di cinque conti correnti. L’indagato può avvalersi di una grande imbarcazione e ha in corso di acquisizione un immobile a Mentone (Francia). Tali circostanze rendono concreto il pericolo che, con l’evolversi delle indagini e disponendo l’indagato di ingenti risorse economiche, possa darsi alla fuga».
DOMICILIARI NON IDONEI
Anche per questo motivo la misura dei domiciliari, per Fiorito, «non è idonea». Ma soprattutto non garantirebbe che « l’indagato non approfitti dei sostanziali margini di libertà per proseguire, anche trasgredendo la prescrizioni fondamentali, la sua illecita attività o comunque per non disperdere i contatti necessari per poterla riprendere in tempi migliori». In casa, infatti, avrebbe disposizione “tutti gli strumenti tecnologici necessari” a tal fine.
L’ORDINANZA
Nell’ordinanza del gip di Roma si spiega che sono 193 i bonifici, per 1,380 milioni di euro, finiti sui conti di Fiorito. La somma, per i pm, è stata sottratta dal conto del gruppo Pdl. Complessivamente Fiorito ha movimentato, in due anni, 6 milioni di euro.
Non corrisponde poi al vero che Fiorito avesse diritto a triplicare la propria disponibilità di fondi in base al cumulo delle cariche.
Lo hanno accertato i pm dopo avere esaminato i regolamenti regionali. In virtù di questa cumulabilità Fiorito percepiva 300mila euro l’anno, oltre lo stipendio, perchè capogruppo e presidente commissione.
LA JEEP
L’ordinanza contiene anche una raccolta delle stravaganze di Fiorito.
Ci sono infatti anche un caldaia per la villa al Circeo e una Jeep acquistata durante l’emergenza neve a Roma tra le spese effettuate da Fiorito con i fondi del gruppo Pdl.
Fiorito, come detto, avrebbe acquistato anche una caldaia per la villa al Circeo.
Pm e Guardia di Finanza hanno accertato che Fiorito ha acquistato il 13 febbraio scorso (nei giorni in cui Roma era alla prese con una storica nevicata) una Jeep per un valore di 35 mila euro.
Gli inquirenti poi definiscono come «vendita singolare» anche il passaggio del suv Bmw e di una Smart dal gruppo Pdl alla Regione Lazio.
Un’operazione in cui l’ex capogruppo risulta sia venditore che acquirente. Le due autovetture furono comprate proprio da Fiorito quando era capogruppo.
Per la procura, tale compravendita appare anomala. Su queste due auto gli esperti nominati dal partito per la gestione del passaggio di consegne tra Fiorito e Battistoni hanno annunciato l’avvio di una azione giudiziale per la restituzione dei due mezzi.
«SONO INNOCENTE»
«Urlo forte la mia innocenza». Queste le prime parole di Fiorito dopo l’arresto al telefono con l’Ansa.
«Su cosa punterò per difendermi? Sulla verita», dice spiegando di essere in attesa della formalizzazione dell’arresto.
«Mi devono prendere le impronte digitali e poi fare la foto segnaletica», ha concluso Fiorito. «Non ho paura del carcere sono un uomo forte e mi sento innocente, sono certo che verrà dimostrato. E poi in carcere non credo che troverò gente peggiore di quella che ho frequentato in regione e nel partito. Anzi».
«L’ordinanza – aggiunge Fiorito – si basa su un ipotetico pericolo di fuga e sul fatto che essendo ancora consigliere e presidente della Commissione bilancio potrei reiterare il reato: ma Consiglio e Commissione sono ufficialmente sciolto. Di certo non mi aspettavo di essere arrestato, e non credo che sia giusto», ha concluso Fiorito.
LA DIFESA
Dura invece la reazione del difensore dell’arrestato, Carlo Taormina: «Al di la di quelle che sono le pressioni mediatiche che reclamano che il capro espiatorio paghi per tutto.
Accanto a Fiorito mancano 70 consiglieri.
Il peculato non è pertinente, quei soldi entrano nelle casse del gruppo che è espressione del partito quindi equiparato a un’associazione privata. Al massimo si può discutere di un’appropriazione indebita».
Fiorito potrebbe essere interrogato dal giudice già domani.
«Faremo le nostre rimostranze nelle sedi opportune», dice Taormina, annunciando così il ricorso al tribunale del riesame contro il provvedimento di arresto del suo assistito.
(da “Il Corriere della Sera“)
argomento: Giustizia, Regione | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
LA GIOVANE EX AN ESCLUSA DAL PDL: “VORREI CAPIRE QUALI SONO NEL PDL I CRITERI DI SELEZIONE”
Carolina Varchi, 28 anni, vice-presidente dei giovani del partitoCarolina Varchi, 28 anni, vice-presidente dei giovani del partito.
Forse è opportuno che inizi lei, presentandosi.
«Mi chiamo Carolina Varchi, ho 28 anni, sono palermitana: completato il biennio di pratica forense, sto cercando di diventare avvocato…
Però la mia grande passione è la politica: ho cominciato a scuola, da ragazza, con i giovani di An, e adesso sono la vicepresidente nazionale di Giovane Italia, il movimento giovanile del Pdl. In pratica, sono la numero tre, dietro ad Annagrazia Calabria e a Marco Perissa. Continuo?».
No, è sufficiente così. Ora entriamo nella baruffa che la vede coinvolta e che, secondo alcuni osservatori, è emblematica per valutare lo stato dei rapporti all’interno del Pdl.
«Ah, beh… la storia è semplice. In Sicilia, il prossimo 28 ottobre, si vota per il rinnovo del Consiglio regionale.
Poichè pagarsi la campagna elettorale per un giovane è spesso impossibile, è abitudine dei partiti valorizzare i propri giovani migliori inserendoli nei cosiddetti listini bloccati, quei listini che ti garantiscono l’elezione in caso di vittoria del tuo schieramento.
E a me, ecco, avevano assicurato un posto nel listino di Nello Musumeci, il candidato a governare l’isola indicato da La Destra di Storace e appoggiato anche dal Pdl, da Pid e da Alleanza di centro.
Sembrava tutto a posto, solo che venerdì, a un’ora dalla presentazione delle liste, mi dicono che sono fuori, che c’è stato un problema».
Quale?
«Al posto mio e di un altro, hanno inserito due donne».
Chi sono?
«Conosco solo i loro nomi: Tiziana D’Anna, che dovrebbe essere della provincia di Catania, e Cettina Spataro, una trapanese che, mi raccontano, è vicina al senatore D’Alì».
Capita, nella politica italiana, d’essere segate all’ultimo.
«Capita, però io vorrei capire quali sono i criteri di selezione all’interno del mio partito, il Pdl.
Qualcuno deve spiegarmi perchè la Minetti può essere candidata al Consiglio regionale della Lombardia e io, che ho studiato, mi sono laureata, che ho un lavoro mio e che faccio politica da sempre, che mi pago i biglietti dei treni per andare a fare iniziative, devo restare fuori dalle liste siciliane: come si valuta una candidata nel Popolo della libertà ? Alfano può gentilmente darmi una spiegazione?».
Le hanno comunque proposto di candidarsi nella lista pdl, e di andarsi a cercare le preferenze come tutti.
«A parte che le preferenze, per com’è il regolamento elettorale siciliano, devi andare in giro a cercartele anche se sei nel listino bloccato di Musumeci: che senso avrebbe avuto candidarmi in solitaria contro i ricchi gattopardi del Pdl?
La loro forza economica, capace di tappezzare la regione con maxiposter, di organizzare feste e festoni, mi avrebbe schiacciata… No, ho preferito stare ferma un giro, ma porre il problema. Anche perchè…».
Anche perchè?
«Beh, insomma… dietro questa storia c’è…».
Coraggio.
«Beh, vede: il mio referente politico, nel Pdl, è Gianni Alemanno… e io, ecco, io pago anche e soprattutto il regolamento di conti in atto a livello nazionale… Pago il tentativo di ridimensionare gli ex An… C’è un progetto preciso, inutile girarci intorno. Ed è così preciso, così studiato a tavolino da procedere senza imbarazzi anche nei giorni in cui si scopre che il capogruppo del Pdl nel Lazio è un tipo che si fa chiamare Batman, con altri consiglieri che organizzano baccanali travestendosi da Ulisse, in un turbine di sprechi e champagne…».
Lei dice che…
«Io dico che, almeno davanti a realtà tragiche come quelle scoperte nel Lazio, un partito serio avrebbe dovuto dire: no, scusate, adesso le liste in Sicilia, che sono il primo appuntamento elettorale, cominciamo a farle seguendo logiche meritocratiche, dando spazio a facce pulite, a giovani che magari un bel lavoro già ce l’hanno, e che se si mettono a fare politica è solo per passione, e non per guadagnare facilmente».
Lei ha detto cose gravi.
«Io le ho raccontato come vengono decise le candidature nel Pdl».
(Finita l’intervista, la dottoressa Carolina Varchi spedisce una e-mail con il suo curriculum. «Così, tanto per farle capire chi sono e che storia ho»).
Fabrizio Roncone
(da “Il Corriere della Sera”)
argomento: elezioni | 1 Commento »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
OBIETTIVO DEL CAVALIERE: RESTARE IN MAGGIORANZA GRAZIE AL PAREGGIO
Nel pantano del Senato, dove stanno per essere spedite in aula 46 proposte di riforma elettorale, Silvio Berlusconi si prepara al blitz in aula.
Il disegno di legge messo a punto da Verdini contempla un Porcellum corretto con un premio non più alla coalizione ma al partito, di un risicato 10 per cento.
È la strada spianata per un Parlamento privo di una maggioranza stabile.
La via del «pareggio», della riproposizione obbligata di Mario Monti e della permanenza del Pdl in maggioranza.
Obiettivo, cancellare dal sistema attuale il premio che ha garantito maggioranze del 55 per cento e dunque ostacolare la marcia di Bersani e Casini verso Palazzo Chigi.
«È la strada giusta, l’unica che dobbiamo percorrere», il mandato affidato dal Cavaliere agli sherpa che stanno conducendo le trattative.
Silvio Berlusconi rientra ad Arcore dopo il compleanno trascorso dalla figlia Marina in Provenza ed è un rientro reso più amaro dai sondaggi.
Il rilevamento pubblicato ieri sera dal Tg di Mentana lo da al 19,3, addirittura inferiore, vicino al 16, quello Ipr pubblicato dal Tg3.
Ma anche il sondaggio settimanale consegnatogli da Alessandra Ghisleri (Euromedia Research) inchioderebbe il partito, segnato dagli scandali regionali, sotto quota 20. Come se non bastasse, gli ex An si sono dati appuntamento domani per decidere una volta per tutte se uscire davvero da quel che resta del Pdl.
A Berlusconi a questo punto è chiaro che la rimonta elettorale, nonostante l’impegno personale, potrebbe rivelarsi impossibile.
Così, un meccanismo elettorale «non ostile» diventa la scialuppa di salvataggio.
Da condurre in porto, al Senato, magari col sostegno della Lega di Maroni.
I numeri in commissione Affari costituzionali non ci sono.
Ma in aula, complice il caos, tutto può succedere.
Le trattative con Pd e Udc sono al palo. Oggi la commissione di Palazzo Madama dovrà stilare il calendario della sua ultima settimana di lavori. Poi tutta la partita si trasferirà in aula. E se lì si areneranno le 46 proposte di riforma, sarà il Vietnam.
Ed è proprio a quel caos che i berlusconiani punteranno.
Lo schema messo a punto da Verdini è stato utilizzato dai tecnici del Pd per simulare cosa accadrà in primavera se i consensi fossero simili a quelli rilevati da Ipsos il 22 settembre.
Il meccanismo è quello con sbarramento al 5 e premio al 10.
Il Pd si aggiudicherebbe alla Camera 237 deputati, il Pdl 127 e il terzo polo 56, ma il Movimento 5 stelle ben 101 seggi.
Maggioranze molto labili, soprattutto al Senato.
Ed è proprio a Palazzo Madama che i berlusconiani prevedono si possa «pareggiare» e costringere tutti a un nuovo governo di larghe intese.
«Quel che è certo è che noi non faremo alcun patto che punti a escludere o a penalizzare il Pd» mette le mani avanti il capogruppo Udc, Gianpiero D’Alia. Bersani ha già detto ai suoi che sotto quota 15 per il premio non ha senso.
È la «linea del Piave» del Pd. Nello scontro, la paralisi.
«Procediamo ormai al buio, la preoccupazione è tanta – avverte Carlo Vizzini, presidente della commissione – Stanno prevalendo troppi calcoli di parte. Se in aula arriveranno 46 ddl il Parlamento ridicolizzerebbe se stesso, sarebbe un disastro».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
argomento: elezioni | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IL PD SI SVEGLIA: ORA DEVE DIMETTERSI… L’IMPUTATO: “GIUDICATEMI SUBITO, SONO INNOCENTE”
Bastano sette pagine ai pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, per riassumere quasi due anni di indagini e chiedere il processo per Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano ed ex capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, e per altri 22 indagati.
Nella richiesta di rinvio a giudizio, accuse che abbracciano oltre dieci anni di politica, a Sesto San Giovanni e in Provincia, e una mole di affari sospetti che vanno dalla riqualificazione dell’area ex Falck agli appalti della Serravalle.
«Sono estraneo alle accuse – insiste Penati – chiederò il processo immediato». Se però il gup lo rinvierà a giudizio lui e il suo ex capo di gabinetto Giordano Vimercati, dovranno rispondere di concussione, corruzione e finanziamento illecito.
La procura li definisce il «direttorio finanziario democratico» con un «peccato originale» da scontare: «Gli ingenti finanziamenti percepiti che condizionano le decisioni di Penati».
Con loro ci sono l’ex segretario della Provincia, Antonino Princiotta, l’imprenditore Piero Di Caterina, accusatore del “Sistema Sesto”, banchieri e imprenditori.
Insieme a Udc, Sel e Idv, anche il Pd in Regione chiede le dimissioni.
«Se il gup decretasse il rinvio a giudizio per gravi ipotesi di reato, siamo certi che Penati per primo ne trarrebbe le immediate conseguenze».
L’AREA EX MARELLI
Penati, Vimercati e Di Caterina dovranno rispondere di concussione per la riqualificazione della ex Marelli.
Secondo i pm, avrebbero «indotto» l’imprenditore Giuseppe Pasini «a una permuta di terreni a condizioni inique», con «un conguaglio di un miliardo 250 milioni di lire a Di Caterina» come «condizione per l’attuazione dell’intervento sull’area».
L’IMPOSIZIONE DELLE COOP
Chiesto il processo per concussione anche per Omer Degli Esposti, il vicepresidente del Consorzio cooperative costruzioni di Bologna, che per i lavori sull’area ex Falck avrebbe imposto due consulenti, Francesco Agnello e Giampaolo Salami, anche loro indagati, pagati per «attività inesistenti » oltre due milioni. Per Pasini, era la «condizione per compiacere la controparte politica nazionale».
LA FINTA CAPARRA
Di Caterina dice di aver “prestato” denaro a Penati sin dagli anni ’90, da restituire grazie alle tangenti incassate da Pasini.
I pm hanno una mail inviata da Di Caterina a Penati e Bruno Binasco. «Ho cercato di tornare in possesso dei soldi senza successo».
Per i pm, viene escogitato il preliminare di vendita con Binasco, gruppo Gavio, che non esercita l’opzione di acquisto e fa incassare a Di Caterina due milioni.
Chiesto il processo per Renato Sarno, «intermediario nella trattativa», Norberto Moser, ad di Codelfa, Massimo Di Marco e Gianlorenzo De Vincenzi, di Serravalle.
LA TERZA CORSIA DELLA A7
La Codelfa è indagata per aver incassato dalla Provincia «oltre 18 milioni di euro con un provvedimento illegittimo della Provincia» per la terza corsia della A7. Per i pm, i due milioni a Di Caterina sono «corrispettivo per il riconoscimento » per i 18 milioni.
I FINANZIAMENTI ILLECITI
Per 368mila euro a Fare Metropoli, definita «mero schermo destinato ad occultare la diretta destinazione delle somme a Penati», sono indagati per illecito finanziamento Pietro Rossi e Carlo Parma, responsabili dell’associazione; Massimo Ponzellini, ex presidente di Bpm; Enrico Corali, presidente di Banca di Legnano, nominato da Penati in Expo 2015.
Rischiano il processo anche Enrico Intini, coinvolto nell’inchiesta sugli appalti nella sanità barese, che ha versato 30mila euro, e Roberto De Santis (versati 20mila), ex socio di D’Alema del veliero Ikarus.
I NUOVI FRONTI DI INDAGINE
La procura scava ancora sulla Serravalle. La supervalutazione del 15% venduto alla Provincia dai Gavio, con una plusvalenza di 179 milioni; le consulenze milionarie all’architetto Renato Sarno, indicato come «il collettore di tangenti » per Penati; le tangenti per la vendita della nuova sede ad Assago. «C’è ancora molta carne al fuoco » dice un investigatore.
Sandro De Riccardis
(da “La Repubblica“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
DUE EMENDAMENTI PER FAR ASSOLVERE BERLUSCONI
Una salva-Ruby non si nega a nessuno. Tantomeno a Berlusconi.
Una alla Camera l’aveva proposta Sisto, un Pdl. Ma cadde a giugno nel nulla.
Due senatori sempre Pdl, Compagna e Galloni, si precipitano a riproporla al Senato.
Non s’accontentano. Mettono su carta pure la salva-Ruby/2.
L’Ansa la scopre nel librone degli emendamenti. Non ha chance d’essere approvata perchè salterebbe la maggioranza. Ma tant’è. Conta il gesto. E le benemerenze.
Il trucco è ormai sperimentato.
Aggettivi, avverbi, che fanno smottare la norma precedente.
Qui è in ballo il reato di concussione. Articolo 317 del codice penale. Testo chiarissimo.
Il pubblico ufficiale che costringe uno indebitamente a dare o promettere denaro o altra utilità è punito col carcere.
Il Guardasigilli Severino crea un secondo reato, ma mantiene sia l’avverbio “indebitamente” che la ricompensa.
Che fa il Pdl? Propone di cambiare «indebitamente» con «illecitamente» e pretende che la concussione scatti solo se c’è un’utilità «patrimoniale».
È ovvio che se passassero malauguratamente queste due modifiche il reato sarebbe un altro, non ci sarebbe più quella stessa condotta che i giuristi dicono sia necessaria per evitare di far evaporare i processi.
Invece questo vuole il Pdl, che svanisca quello di Berlusconi per concussione a Milano per aver premuto sul funzionario di polizia Ostuni per liberare Ruby. Ora.
Dice il vice presidente dei senatori Pdl Quagliariello che «se Severino presentasse emendamenti che modificano i due punti che abbiamo indicato, traffico di influenze e corruzione tra privati, noi ritireremmo i nostri».
Non si fa alcun cenno alle salva-Ruby, segno che non è su di esse che il Pdl punta per approvare la legge.
Certo, come dice il capogruppo Pd in commissione Della Monica, «c’è sempre il rischio di un blitz visto che loro, con la Lega, sono più di noi».
Ma che interesse può avere il Carroccio di Maroni, proprio in questo momento politico, a fare un favore del genere a Berlusconi?
Potrebbe servire solo per far saltare il governo Monti.
Per star tranquillo il Pd ribadisce – ormai da una settimana – che il ddl anti-corruzione va approvato «con la fiducia» proprio com’è uscito dalla Camera. Insistono il capogruppo Finocchiaro, il responsabile Giustizia Orlando, la capogruppo alla Camera Ferranti.
L’Idv, con Belisario e Li Gotti, chiede che si fermi «la politica dei ricatti». È un coro.
Ma il ministro della Giustizia Severino, nella sua riservatezza divenuta ormai proverbiale, lavora a via Arenula per produrre un maxi-emendamento che, se il consiglio dei ministri di giovedì sui costi degli enti locali non dovesse durar troppo, potrebbe essere già presentato nelle commissioni Giustizia e Affari costituzionali nel pomeriggio.
Altrimenti se ne riparla martedì. La via è segnata.
Le salva- Ruby, tranne sorprese, non hanno chance, soprattutto perchè, come sostengono molti tecnici, il nuovo reato di corruzione per induzione (punito fino a 10 anni) già così aiuta Berlusconi e naturalmente anche l’ex pd Penati, appena richiesto di un rinvio a giudizio per concussione.
Potrebbe salvarli dai loro processi, checchè ne dicano sia Severino che Ghedini, visto che è una norma diversa, più favorevole, quindi impugnabile.
Tempi.
Il presidente Schifani spinge sull’acceleratore («sono ottimista»), ma il presidente della Giustizia Berselli lo frena, «qui stiamo andando a 300 all’ora, guarda che deragliamo».
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi, Giustizia | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
L’EX SOTTOSEGRETARIO ALL’AGRICOLTURA A GIUDIZIO PER LE SOMME STANZIATE DAL COMUNE E DALLA PROVINCIA DI VERCELLI ALLA SOCIETA’ “TERRE D’ACQUA” DA LUI PRESIEDUTA
L’ex sottosegretario all’Agricoltura e deputato Pdl, Roberto Rosso, deve rispondere al Tribunale di Vercelli di associazione a delinquere e peculato, per i fondi pubblici stanziati dal Comune di Trino Vercellese e dalla Provincia di Vercelli, alla società , da lui presieduta, Terre d’Acqua.
Firme false e feste di promozione culturale che si sono trasformate, secondo i magistrati della Procura vercellese, in veri e propri comizi, queste le accuse lanciate dai primi testimoni del processo alla società Terre d’Acqua.
Otto gli imputati.
Il Comune di Trino Vercellese e la Provincia di Vercelli hanno fornito, tra il 2005 e il 2010, diversi milioni di euro alla società Terre d’Acqua.
Secondo gli inquirenti la società ha speso meno di quanto stanziato, ma i soldi avanzati sarebbero spariti.
Tra gli imputati anche l’ex assessore al Bilancio trinese Alessandro Giolito, che avrebbe fatto assumere la moglie falsificando le firme di quest’ultima.
Rosso nei giorni scorsi è tornato sulle prime pagine dei giornali dopo che ha denunciato su Telelombardia come un suo amico consigliere regionale del Piemonte si sia fatto rimborsare dall’ente la settimana bianca passata come ospite da lui
argomento: Giustizia | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
ACCUSATO DI PECULATO PER L’UTILIZZO INDEBITO DI SOLDI PUBBLICI… SI SAREBBE APPROPRIATO DI 1,3 MILIONI DI EURO
L’inchiesta sui fondi della regione Lazio finiti nelle tasche dei consiglieri Pdl fa il salto di qualità .
Franco Fiorito, ex capogruppo regionale del Popolo della Libertà , è stato arrestato dagli uomini del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza.
E’ indagato per peculato per l’utilizzo illecito dei fondi destinati ai suoi colleghi eletti alla Pisana. Lo scandalo, che ha travolto il partito di Silvio Berlusconi, ha portato alle dimissioni della presidente Renata Polverini.
A indagare sugli sprechi e le ruberie dei consiglieri è la Procura di Roma.
Anche se sui fondi è stata aperta una inchiesta anche dalla Procura di Viterbo, in cui Fiorito è indagato per i reati di falso e calunnia.
L’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari Stefano Aprile su richiesta del procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna e del pm Alberto Pioletti.
Il politico è stato portato nel carcere di Regina Coeli.
Gli uomini della Fiamme gialle stanno eseguendo anche diverse perquisizioni negli uffici e abitazioni riconducibili all’ex capogruppo chiamato “Er Batman”.
L’ordinanza di arresto è stata motivata per il pericolo di fuga e il rischio di inquinamento delle prove.
La procura gli contesta l’appropriazione di una somma superiore a quella che era stata resa nota nei giorni scorsi ovvero quasi un milione e 300 mila euro. ”Stiamo valutando le motivazioni addotte dai magistrati”, ha commentato l’avvocato Enrico Pavia, uno dei legali di Fiorito.
I primi accertamenti degli inquirenti e degli investigatoti avevano attestato a un milione di euro l’ammontare di fondi passati dai due conti del gruppo regionale del Pdl a quelli di Fiorito.
Dopo essere stato ascoltato dalla Procura di Viterbo la settimana scorsa, il consigliere regionale aveva annunciato la sua ricandidatura alle prossime elezioni regionali.
In una intervista al Fatto Quotidiano Fiorito aveva “confessato” che i soldi, che dovevano essre destinati ai consiglieri per la loro attività politica, venivano spesi in “festini” e “gnocche”.
A scandalo deflagrato però Fiorito aveva detto di aver la coscienza tranquilla e che avrebbe restituito il maltolto.
Nel corso degli interrogatori aveva anche puntato il dito contro i compagni di partit0, indicati come dei veri e propri stalker: “Ero perseguitato, tutti mi chiedevano soldi”.
Fiorito agli inquirenti aveva raccontato che su 17 consiglieri che formavano il gruppo Pdl alla Regione sette avrebbero presentato fatture false.
Il consigliere aveva consegnato anche le ricevute rimborsate agli ex colleghi durante l’interrogatorio con gli inquirenti durato sette ore.
Le indagini all’inizio si erano concentrate su gli oltre 100 bonifici che avevano portato 753mila euro dalle casse del partito su conti esteri intestati al consigliere o ai familiari, ma la contestazione presente nell’ordinanza fa lievitare di quasi il doppio la somma dei soldi “rubati”.
Nell’ambito dell’inchiesta è stata sentita l’ex fidanzata Samantha Reali cui erano stata bonificata una somma come compenso per il suo impegno in campagna elettorale.
La donna, però, ha dichiarato di non sapere da dove provenissero i soldi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Giustizia, PdL, Regione, Roma | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
DALLE START UP ALLE SEMPLIFICAZIONI… AI PRECARI PAGA MEDIA DI 945 EURO, IL 28% IN MENO RISPETTO AI LAVORATORI GARANTITI
Anagrafe, sanità , scuola e giustizia online, un nuovo regime d’impresa per le piccole aziende impegnate nella ricerca, la defiscalizzazione delle grandi infrastrutture, nuove semplificazioni per le piccole e medie imprese, le norme a difesa dei consumatori nei contratti per le polizze rc auto.
Il nuovo pacchetto di misure messe a punto dal governo per favorire lo sviluppo e l’attività delle imprese è ormai pronto.
Il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare giovedì il decreto con le misure a favore delle «start-up», l’attuazione dell’Agenda digitale e un nuovo alleggerimento degli oneri burocratici delle imprese, ha detto il ministro dello Sviluppo Corrado Passera, ospite ieri della trasmissione «Che tempo che fa» di Rai 3.
Passera si è detto fiducioso che il trend negativo dell’attività economica possa fermarsi nel corso del prossimo anno. «Confermiamo la nostra attesa che l’Italia possa annullare la recessione» ha detto il ministro, soffermandosi anche su alcuni nodi della politica industriale.
Dalla Fiat Passera ha detto di aspettarsi che dimostri che anche dall’Italia si possono fare macchine di successo in Europa», aggiungendo che «se come pubblico possiamo fare qualcosa per agevolare le esportazioni, purchè siano cose ragionevoli, lo faremo». Passera non ha nascosto le difficoltà indotte dalla crisi Alcoa in Sardegna, augurandosi che «gli altri soggetti interessanti non chiedano condizioni impossibili: non intendiamo andare oltre le regole, anche se dovremo trovare con le amministrazioni locali altre occasioni di sviluppo».
Dal decreto all’esame del Consiglio di giovedì Passera ha invece detto di attendersi occasioni di crescita per le imprese e semplificazioni per la vita dei cittadini. Innanzitutto con la spinta sull’informatica, col completamento della banda larga e la garanzia che tutti i cittadini abbiano connessioni ultraveloci in pochi anni.
Partiranno la tanto attesa carta d’identità elettronica, il fascicolo degli studenti, le cartelle cliniche e le prescrizioni mediche digitali, mentre la pubblica amministrazione trasferirà atti e procedure online.
Nel decreto ci sono nuove semplificazioni per le piccole e medie aziende e misure specifiche per favorire fiscalmente la creazione di nuove imprese impegnate nella ricerca, anche con particolari contratti di lavoro.
Proprio ieri, intanto, l’Isfol ha diffuso i dati sui redditi dei lavoratori precari, che nel 2011 sono stati pari in media 945 euro, appena un euro in più rispetto al 2010.
La differenza del salario medio tra i lavoratori precari e quelli con il posto fisso, che è pari a 1.313 euro, è del 28% in meno.
Mario Sensini
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: economia | Commenta »
Ottobre 2nd, 2012 Riccardo Fucile
IN LIBRERIA IL NUOVO LIBRO DI CORRIAS, PEZZINI E TRAVAGLIO SUL SENATUR… PUBBLICHIAMO UNA PARTE DELL’INTRODUZIONE
Umberto Bossi ha avuto tre vite. La prima è stata uno spasso, la seconda un trionfo, la terza una tragedia.
È venuto su nel verde assoluto di Soiano, frazione di Cassano Magnago, provincia agricola di Varese, quando ancora c’erano i carri trainati dai buoi, l’acqua si prendeva dal pozzo e il granturco asciugava nelle aie al sole.
Per quarant’anni ha impiegato il tempo sgocciolandolo via senza curarsene troppo.
“Mai studiato in vita sua, mai lavorato un giorno” dicono di lui i paesani.
Ma si sbagliano, quel disfare è stato il suo apprendistato.
Compresa la mitica Scuola Radio Elettra di Torino — “Fu la prima tappa nella mia marcia di avvicinamento alla cultura” —, che in realtà fabbricava diplomi per corrispondenza e alibi per gli studenti più svogliati.
E poi i lavori da due lire, il barista, il fattorino, l’installatore di antenne, l’impiegato all’Aci, il supplente, l’infermiere, il finto medico, persino il cantante.
E nei mesi da disoccupato, battitore libero dei biliardi di zona, ad assorbire le chiacchiere da nulla degli amici e degli avventori al bancone, che poi sono il racconto quotidiano di quella terra, di quella gente — fatto con parole semplici: la famiglia, la casa, i figli, le donne, le tasse, i meridionali, il lavoro — che ha ascoltato nei bar e nelle bocciofile di Cassano, di Samarate, di Besnate, su fino a Sesto Calende, dove il cielo d’alta Lombardia entra nel Lago Maggiore e i piccoli sogni dei laghèe diventano la malinconia del tempo immobile che fugge.
Da laggiù Umberto Bossi ha scalato Roma e poi l’Italia intera nominandosi guerriero del Nord, narratore di una rivoluzione sempre imminente, di una battaglia che non si vedeva ancora a occhio nudo ma che lui sentiva nel pugno e nel cuore.
Una lotta che nei primissimi anni della sua marcia gli capitava di dettare ai fogli del ciclostile in forma di vaticinio, anzi di minaccia: “Si avvicina l’anno del Samurai, quando la Lega taglierà la gola al Sistema da orecchio a orecchio”.
Così, straparlando da finto guerriero, finì per trovarsi un vero esercito di delusi disposto a seguirlo. E, seguendolo, a infiammarsi.
Da quella polvere di parole — “Basta! È il momento di liberare la Lombardia dalla vorace e soffocante egemonia del governo centralista di Roma ladrona!” — Bossi ha inventato una nuova lingua politica fatta di punti esclamativi, invettive, insulti, semplificazioni di massima efficacia compresa la pernacchia, il gestaccio, la chiamata alle armi per la “lotta di liberazione da Roma!”.
Ha inventato uno stile, battezzato barbarico, che esibiva le giacche stazzonate e la canottiera come simbolo di purezza popolana, e il dito medio come scettro del nuovo Regno che avrebbe liquidato il vecchio.
Ha inventato un territorio da difendere e uno da sconfiggere: il primo immaginario, la Padania, il secondo tanto vero da coincidere con lo Stato unitario.
Si è attribuito la protezione di un dio che scorre nel Grande Fiume e nell’Ampolla.
La titolarità di un colore sacro, il verde della Pianura.
Un inno con cui commuoversi, un destino da condividere.
E anche se il destino era fatto con gli elastici del rancore sociale, lo spago della rivolta antitasse e la vernice spray con cui di notte, per anni, ha disegnato sui cavalcavia della pedemontana le lettere immense e bianche di lega nord, a certificarne un’esistenza almeno visiva, quattro milioni di italiani adulti gli hanno creduto.
Perchè comunque quel destino immaginario e immaginifico era meglio del nulla che passava la vecchia Italia dei partiti e dei Palazzi, dell’assistenzialismo meridionalista e del pubblico impiego fannullone.
Perchè sollecitava un ideale puro, la “Libertà del Popolo!”, che sembrava più attraente delle vuote promesse della politica.
Perchè i partiti sguazzavano negli scandali, mentre la gente annegava in un mare di tasse pagate senza vantaggio.
Perchè quel destino era una identità . Era l’idem sentire che tornava a declinarsi coerente ai vincoli del sangue e del suolo, negli stessi anni in cui l’economia globale, governata dai misteriosi poteri forti che sovrastano persino gli Stati centralisti, quei vincoli iniziava a triturarli, mischiando geografia e culture, cancellando orizzonti antichi, abitudini, sicurezze, tradizioni, fino a trasformare la lingua e il territorio.
La prima minacciata dall’arrivo dei forestieri, “prima i terroni, poi gli africani”, che la corrompevano fino a renderla irriconoscibile.
Il secondo alterato dalle speculazioni, dalla crescita sregolata, oppure malamente abbandonato, e comunque violentato fino a sfigurarlo, a renderlo spesso ostile, se non addirittura estraneo.
Al punto da innescare quella furente malinconia che genera lo spaesamento, quella paura orizzontale, quotidiana, di chi non si sente più, come ai bei tempi andati, “padrone a casa propria”.
Per dissigillare quei tempi andati Bossi ha promesso la chiave.
Affidandola alle avanguardie del risarcimento, i militanti della Lega, detta anche la Potentissima, l’Imbattibile, la Padrona del Nord.
Il territorio e la lingua sarebbero stati restituiti ai legittimi proprietari: il popolo.
E anche l’anima, anche lo spirito: un immenso conguaglio politico che aveva bisogno di una sola parola magica per diventare vero, bastava pronunciarla e pronunciarla bene, scandendo le sillabe come nei mantra: “Fe-de-ra-li-smo!”.
Elezione dopo elezione, dai 186.255 voti raccolti nel 1987, passando ai 3,4 milioni del 1992, fino ai 4 milioni e rotti del 1996, Bossi ha trasformato quel primo movimento di eccentrici, fabbricato con gli scampoli del vecchio autonomismo regionale, nel più dinamico tra i nuovi partiti della Seconda repubblica e il quarto per consistenza numerica. Capace di diventare la compatta colonna della destra di governo, la dura guarnigione della protesta al Sistema e infine il caposaldo del berlusconismo trionfante — anni 2001-2006 —, che è stato insieme l’apogeo della sua storia e l’inizio del suo declino.
Pino Corrias, Renato Pezzini e Marco Travaglio
Edizioni Chiarelettere pag. 208 Euro 13
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Bossi | Commenta »