Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
ALLE REGIONALI 2010 NEL 75% DEI COMUNI EMILIANI SUPERAVA IL 10% E IN 34 COMUNI SI ATTESTAVA SOPRA IL 20%, CONQUISTANDO SINDACI, POI IL TRACOLLO… I CASI DI GUASTALLA, SALSOMAGGIORE E VIANO DOVE LA LEGA SI OPPOSE A UNA SPECULAZIONE EDILIZIA PER POI APPROVARLA UNA VOLTA DIVENTATA PRIMO PARTITO
Giusto il tempo di fare cassa per gli interessi di Umberto Bossi e poi se ne sono andati. ![](http://sphotos-c.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc6/282248_4143604901040_1322248847_n.jpg)
Parla così, Sara del negozio di souvenir di Brescello, lei che con il Circolo della Lega Nord del paese di Peppone e Don Camillo ci divide il pianerottolo da anni.
Siamo in Emilia, la famosa terra di conquista del partito di Bossi di qualche tempo fa.
Sullo sfondo i circoli locali e lo scenario è sempre lo stesso.
“Non si vede più nessuno”, dice la ragazza cinese che lavora al bar della piazza.
Deserto.
Una bandiera con il Sole delle Alpi, il verde simbolo del partito e un campanello, che suona a vuoto.
Stessa storia a Guastalla, là dove un tempo c’era la sede di Angelo Alessandri, ex segretario nazionale della Lega Nord Emilia.
I caroselli avevano accompagnato la presa del palazzo comunale e ora la sede non ha nemmeno la bandiera, è chiusa.
Circoli abbandonati e dirigenti in fuga, di fronte ad un progetto che non funziona più.
L’ultimo duro colpo è arrivato martedì corso, con le dimissioni di alcune pedine fondamentali del partito: il capogruppo in consiglio comunale a Reggio Emilia Giacomo Giovannini; il primo sindaco leghista della provincia reggiana Giorgio Bedeschi; i consiglieri provinciali Francesca Carlotti e Stefano Tombari.
Ma l’ecatombe è appena cominciata, perchè, “non ci riconosciamo più in questo partito e dobbiamo fare un atto di onestà ”, annunciano i dirigenti.
Il punto di non ritorno a Venezia, quando Maroni ha presentato a “La Festa dei Popoli Padani” una macro-regione europea del nord, dove però non c’era nessun accenno a Emilia o Romagna.
“Tagliati fuori e dimenticati, ancora una volta”, dice Bedeschi.
La recriminazione è sempre la stessa, aver portato il partito là dove sembrava impossibile, nella terra rossa di operai e cooperative ed essere dimenticati con un colpo di spugna.
“Non sono io ad essere cambiata, ma il partito”, sottolinea la giovane Francesca Carlotti ai tempi benedetta dallo stesso Bossi.
Erano le politiche del 2008, le europee del 2009 e le regionali del 2010.
Dai 331 000 voti per il partito di Bossi all’inizio, si è arrivati ai 145 000 del 2012 con un calo di oltre il 50%.
È la storia dell’occupazione dell’Emilia, quella gridata dai gazebo verdi e che annunciava un’invasione senza precedenti.
Da una parte una sinistra arrogante, di quelle che “tanto qui si vince sempre”.
Dall’altra un partito venuto dal basso, con proposte di pancia e voglia di ricominciare dalle sezioni rosse che altri avevano abbandonato.
Poi è successo qualcosa.
A raccontarlo impallidisce Marco Lusetti, ex vice segretario nazionale della Lega Nord Emilia, braccio destro di Alessandri e poi espulso dal partito:
“È successo che sono diventati come quelli che volevano combattere. Si sono adagiati”. Uomo di sinistra cresciuto nelle file del Pci, ha scelto la Lega perchè guardava ai cittadini e ne capiva il malcontento.
“Dal 2008 in poi ho cominciato a denunciare quella che io credevo una mala gestione dei soldi pubblici che venivano affidati ai gruppi regionali. Poi mi hanno chiesto di firmare un foglio in cui negavo tutto. Non l’ho fatto e nel settembre 2010 sono stato espulso”.
Una vicenda spinosa, con Lusetti che da visionario diventa traditore e infine vittima sacrificale; poi un’accusa per la condotta a guida dell’Enci (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) ed è catapultato al centro di indagini ancora in corso.
“È stato un doppio tradimento, perchè se rubano gli altri te lo aspetti, ma dalla Lega Nord non te lo saresti mai aspettato”.
E il malcontento corre lungo tutta la via Emilia.
“Festa della Lega qui?”, dicono dal centralino del circolo di Reggio Emilia, — sì l’anno scorso ne abbiamo organizzata una a Brescello, ma quest’anno mancano i fondi”.
E forse c’è poco da festeggiare.
Tanti i comuni e gli alleati persi: a Guastalla, dove la giunta Pdl-Lega Nord dopo la cacciata del vice sindaco Lusetti ha dovuto procedere al “rimpasto” tra le polemiche; o Bettola, in provincia di Piacenza, il paese originario di Pier Luigi Bersani dove nel 2010 alle regionali la Lega conquista il 35%, per poi ritrovarsi un sindaco Pd nel 2012.
Oppure i casi più recenti: Salsomaggiore con il “padano” sindaco Carancini costretto a sciogliere la giunta.
Poi Castellarano con la promettente Francesca Carlotti candidata sindaco e poi sconfitta nel 2011.
Senza dimenticare i grandi risultati delle europee del 2009: 12,8% Reggio Emilia, 13,2% Modena, 14,9% Parma, 16,7% Piacenza.
Poi lo scandalo del tesoriere leghista Francesco Belsito e il sistema che comincia a tremare.
Il caso esemplare è il paese di Viano, dove nel 2009 vinse Giorgio Bedeschi, primo sindaco leghista della Provincia di Reggio Emilia.
La sua venne definita un’impresa storica, ma anche qui l’inarrestabile ascesa del Carroccio si arena.
A raccontare la vicenda di Ca’ Bertacchi, borgata di Viano, è Giovanni De Vito, membro del comitato apolitico Salcaber, nato per salvare Il Cannocchiale, zona panoramica che per volontà della precedente amministrazione di sinistra avrebbe dovuto ospitare 3.950 mq di edificabilità per una nuova zona residenziale.
“Il sindaco della Lega Nord, — dice De Vito — era al nostro fianco, aveva firmato la petizione. Con lui due assessori e l’attuale vicesindaco. Pur non facendo parte del nostro comitato cavalcavano la protesta e avevano fatto promesse. Per questo hanno vinto, ma una volta al potere, hanno votato quello stesso piano. Non è democrazia. La politica non può dire una cosa e fare il contrario, se prima c’era delusione ora c’è disgusto”.
E là dove tutto sembra crollare, in una ritirata senza precedenti dall’Emilia, a parlare è Fabio Rainieri, eletto segretario nazionale della Lega Nord Emilia nel post Alessandri e pronto a difendere il progetto: “Abbiamo avuto dei problemi interni prima delle elezioni amministrative di quest’anno, però siamo tranquilli. Siamo stati gli unici tra i partiti a rivoluzionare il movimento quando ce n’è stato bisogno. Occupare l’Emilia, non è solo d’attualità ma è l’obiettivo che abbiamo. La gente ricomincerà ad avere fiducia in noi”.
La chiamavano conquista dell’Emilia, con la presa delle sezioni un tempo del Pci, la capacità di parlare agli operai e sporcarsi le mani là dove la sinistra non era più tornata.
Così si raccontava.
A parlare sono i circoli abbandonati e le sconfitte locali, ma il vero banco di prova saranno le prossime legislative.
“Non me lo chieda, — dice una signora a Guastalla, — non vogliamo più saperlo dov’è il circolo della Lega Nord”.
Abbassano la testa, con la vergogna delle città rosse che per un attimo hanno osato votare Carroccio e che ora, si chiedono chi riempirà quella ferita aperta.
Martina Castigliani
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
LE MINACCE DEL SINDACO AMICO DEI BOSS: “TU NON DEVI PIU’ SCRIVERE CONTRO DI ME”
Che cosa può fare contro la ‘ndrangheta una giovane giornalista del profondo Nord?
Può scrivere o stare zitta.
Se scrive però, si può fare molto male.
Sollevare polvere è pericoloso nei dintorni di Milano, soprattutto se il sindaco è amico di quelli là : i mafiosi.
In quest’Italia che sembra capovolta è quasi più difficile parlare di boss e di «amicizie» nelle grandi periferie lombarde contagiate da cosche e ‘ndrine piuttosto che laggiù, nel labirinto di Reggio o nella soffocata Palermo.
Leggete cosa è capitato a una reporter di Sedriano, il paese vicino a Magenta dove l’altro giorno hanno arrestato il sindaco Alfredo Celeste per i suoi ravvicinati rapporti con Eugenio Costantino, uno degli uomini in odore di ‘ndrangheta coinvolti nell’inchiesta che ha portato in carcere anche l’assessore alla Casa della regione Lombardia Domenico Zambetti.
Leggete bene come si muoveva nel suo reame quel sindaco accusato di avere preso voti in cambio di favori agli emissari del clan, come pretendeva il silenzio, l’omertà .
Lei, la giornalista, si chiama Ester Castano e ha 22 anni, lavora per “l’Altomilanese” che è un settimanale.
Per mesi ha fatto una vita d’inferno in un comune di poco più di diecimila abitanti, pendolari, una quiete apparente e tanta ‘ndrangheta.
La colpa di Ester: scrivere. Scrivere sul sindaco e i suoi compari. Troppe domande. Troppi articoli. Troppa curiosa quella ragazzina con il vizio del giornalismo.
Così il sindaco di Sedriano si è scatenato con querele e diffide contro Ester, richieste di risarcimento danni, false accuse di molestie, persino l’intimazione – attraverso i solerti carabinieri della locale stazione – a non avvicinarsi fisicamente a lui.
L’ultimo «consiglio» di Alfredo Celeste a Ester Castano: cambia zona, scrivi d’altro.
Ogni volta che lei pubblicava un articolo partiva subito la chiamata del comandante dei carabinieri.
Ricorda lei: «Era sempre la stessa storia: “Vieni in caserma il prima possibile”, mi dicevano i carabinieri e poi mi notificavano una nuova diffida».
Così Alfredo Celeste ha tentato di sbarazzarsi di una cronista che aveva intuito prima di tutti gli altri chi aveva allungato le mani sul Comune di Sedriano.
La «campagna» contro Ester e “l’Altomilanese” – rivelata con molti dettagli ieri mattina da un articolo di Alberto Spampinato su “Ossigeno per l’Informazione, l’Osservatorio sui giornalisti minacciati” – è iniziata dopo una cronaca del maggio 2011 su Nicole Minetti a Sedriano.
La consigliera regionale amica di Ruby era stata invitata da Celeste – laureato in teologia, devotissimo alla Madonna di Medjugorie, insegnante di religione che non ha mai voluto sposare coppie nel suo comune («Per me il matrimonio è solo quello davanti a Dio») – per una serata sulla «creatività femminile».
Siccome il sindaco aveva paura di polemiche, ha avuto l’idea di chiamare in suo soccorso il suo amico «calabrese» Eugenio Costantino – così scrivono i magistrati milanesi nella loro ordinanza di custodia cautelare – «per portare con sè un certo numero di persone per poter far fronte a eventuali contestatori».
La Minetti arriva a Sedriano e la temuta protesta c’è.
Una suora e una maestra vengono maltrattate dal servizio d’ordine, quello organizzato dal sindaco e dalla ‘ndrangheta.
Loro presentano denuncia per violenza, Ester Castano scrive.
E scrive pure che il Comune stanzia 7.020 euro per l’ingaggio di un legale incaricato di querelare suora e maestra.
Un’altra denuncia parte contro la giornalista (Ester riporta nella sua cronaca che l’avvocato «è amico del sindaco») e tutti gli edicolanti di Sedriano vengono diffidati da Celeste a esporre le locandine dell’”Altomilanese”.
Ma non è finita.
Pochi mesi dopo a Sedriano qualcuno esplode sei colpi di pistola contro un’automobile, è parcheggiata davanti a un locale collegato al giro delle slot machine.
Ester prova a chiedere ad Alfredo Celeste «che cosa sta accadendo» nel loro tranquillo paese, dopo pochi giorni i carabinieri tornano alla carica e la diffidano «a non entrare più in contatto con il sindaco».
Ricorda ancora Ester: «Il comandante dei carabinieri mi ha riferito che il sindaco gli aveva espressamente detto che dovevo smetterla di scrivere articoli su Sedriano».
Passa qualche settimana ed Ester viene accusata ancora, questa volta di aver dato fuoco ad alcune auto alle spalle del palazzo comunale.
Un paio di giorni prima aveva chiesto informazioni su come funzionava il servizio antincendio in Comune.
A Sedriano Ester è isolata.
Le vietano di parlare con i vigili urbani. Le vietano di avvicinarsi alle fonti. Provano a cucirle la bocca.
Per fortuna, in questo anno di incubo nel paese del sindaco «amico degli amici» Ester Castano è stata più volte difesa dal suo direttore Ersilio Mattioni, con tanti editoriali contro le prepotenze di Alfredo Celeste.
Per fortuna, ha trovato sostegno legale dai colleghi di Ossigeno.
Per fortuna, qualcuno ha scoperto un po’ di mafia anche lì, alle porte di Milano.
Attlio Bolzoni
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
L’ELENCO DEGLI AUSILI FERMO A 13 ANNI FA, INSORGONO LE ASSOCIAZIONI
Respiratori, carrozzine, deambulatori, materassi anti-decubito e tanti altri ausili e protesi: sono essenziali per i pazienti e quindi garantiti dal Servizio sanitario nazionale.
Il loro elenco è contenuto nel Nomenclatore tariffario, che però è fermo a 13 anni fa (Decreto n. 332/99 del Ministero della Salute).
Da allora, infatti, non è stato più adeguato, sebbene quella stessa norma preveda un suo aggiornamento periodico “con cadenza massima triennale”.
Ora è arrivato l’ennesimo rinvio da parte della Commissione Affari sociali della Camera, dove si sta discutendo il Decreto legge “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”.
«Dopo anni di attesa, l’aggiornamento del Nomenclatore tariffario è rimandato a maggio 2013, cioè alla prossima legislatura, nonostante le sollecitazioni dei pazienti» commenta Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici di Cittadinanzattiva, che martedì presenterà a Roma il Rapporto sulle politiche della cronicità , con un capitolo dedicato all’assistenza.
CARENZE
«Nel frattempo, i malati sono costretti a usare dispositivi spesso obsoleti e, per avere ausili innovativi e adeguati, devono pagare la differenza di costo rispetto alla tariffa prevista per quelli presenti nel Nomenclatore» sottolinea Aceti.
Nell’attuale Nomenclatore, poi, non rientrano alcuni ausili. «Mancano, per esempio, i comunicatori a comando oculare per i malati di Sclerosi laterale amiotrofica, finora erogati solo grazie a fondi stanziati ad hoc – dice Pietro Barbieri, presidente della Federazione italiana superamento handicap – .
Altro problema: mancano controlli sulla qualità dei prodotti da parte di un organismo preposto, come per esempio avviene sui medicinali da parte dell’Agenzia italiana per il farmaco».
Già , la qualità . Non si tratta di avere protesi agonistiche come quelle utilizzate dai campioni paralimpici, ma ausili che consentirebbero a chi ha una disabilità di condurre una vita il più possibile autonoma.
Invece, riferisce Aceti: «Soprattutto nelle Regioni sottoposte a piani di rientro, le Asl non riescono a fornire nemmeno i dispositivi previsti dal vecchio Nomenclatore tariffario».
«Si risparmia addirittura sulla qualità di pannoloni, cateteri e sacche per la stomia – fa notare Giuseppe Sciacca, presidente della Fais (Federazione che riunisce le Associazioni di incontinenti e stomizzati) –. E in questi casi non stiamo cerco parlando di “innovazione tecnologica”, ma del diritto di questi pazienti a condurre una vita dignitosa».
LINEE GUIDA
«Le Asl fanno gare di appalto al massimo ribasso per risparmiare, ma a volte forniscono prodotti peggiori a costi più alti – aggiunge Alessandro Giustini, membro della Società italiana di medicina fisica e riabilitazione (Simfer) –.
Un esempio: carrozzine che arrivano in container dall’Estremo Oriente sono vendute allo stesso prezzo di quelle prodotte nel nostro Paese, pur avendo metalli e tessuti scadenti». In attesa dell’aggiornamento del Nomenclatore tariffario, gli esperti stanno mettendo a punto Linee guida su come condurre gare di appalto per offrire dispositivi di migliore qualità a costi contenuti.
«Le presenteremo a fine ottobre al Congresso della Simfer – anticipa Giustini –. Alla loro stesura hanno partecipato, oltre a noi fisiatri, i rappresentanti del Ministero della Salute, delle Regioni, della Consip (l’Agenzia che controlla gli acquisti della Pubblica amministrazione, ndr) e del Centro studi e ricerche sugli ausili tecnici di Confindustria (costituito da medici, pazienti, produttori, tecnici, ortopedici)».
Maria Giovanna Faiella
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
LA LINEA DOVEVA ESSERE UN’ATTRAZIONE TURISTICA… DOPO VENTI ANNI DI LAVORI ED ESBORSI PUBBLICI VERRA’ SMANTELLATO PER ERRORI DI PROGETTAZIONE E DI ESECUZIONE… LA CORTE DEI CONTI HA APERTO UN PROCEDIMENTO
Doveva essere una delle più singolari attrazioni turistiche della regione ed invece è
diventato l’emblema dello spreco pubblico valdostano.
Dopo vent’anni di lavori e 30 milioni di euro di spesa, il famoso “trenino dei minatori” in servizio tra i comuni di Pila e Cogne si è trasformato in poco più di un triste e costoso ricordo.
La Giunta regionale lo ha definitivamente dichiarato “inservibile, ai fini di un sistema di trasporto pubblico”, decidendo la riconversione delle stazioni, la vendita di locomotori e vagoni e, dove sarà conveniente, addirittura lo smantellamento di quanto costruito.
Un autentico fallimento.
È dal 1985 che la Regione autonoma vagheggia di trasformare in un’opportunità per i turisti la tratta un tempo utilizzata per trasportare il ferro delle miniere da Cogne a fondo valle. Fino al 2007, quando ne sembrava ormai prossima l’inaugurazione.
A quel punto sono trapelate le prime notizie sui problemi della tranvia. Errori di progettazione ed esecuzione: si è scoperto ad esempio che il rivestimento delle gallerie cedeva a causa delle infiltrazioni d’acqua e che i locomotori scelti non avevano la necessaria autonomia.
Morale della favola, cinque anni dopo la Regione guidata dal partito Union Valdà’taine, lo stesso che poco tempo prima prospettava il successo dell’iniziativa, deciderà di celebrarne invece i funerali.
Addio al sogno di centinaia di passeggeri felicemente trasportati su e giù per i dodici chilometri di binari e storiche gallerie.
Addio ai tre locomotori verdi e alle 10 carrozze “Firema R27″ che probabilmente nessuno ricomprerà mai.
Ma soprattutto addio ai milioni di euro stanziati per il progetto, di fatto a fondo perduto.
Nessun addio invece all’idea di collegare i due comuni, attualmente connessi attraverso una strada di 40 chilometri.
Dall’aprile 2011 si è affacciata l’ipotesi di costruire al posto del trenino una funivia e lo scorso dicembre la giunta ha incaricato la Finaosta Spa di studiarne la fattibilità .
Si è anche deciso di trasformare in strada un tratto del percorso ferroviario e di realizzare una pista ciclabile tra Cogne ed Epinel.
Altri soldi insomma e una tempestività nella conversione del progetto, dopo i milioni già spesi, che hanno generato perplessità e proteste tra gli oppositori della maggioranza di giunta.
Tra questi anche Legambiente e un comitato spontaneo di cittadini che chiedevano di mantenere utilizzabile il collegamento almeno per le eventuali emergenze. Intanto della vicenda si sta occupando anche la Corte dei Conti che ha messo sotto accusa l’ingegnere Alberto Devoti, progettista e direttore dei lavori della struttura, chiedendogli un maxi risarcimento da 15 milioni di euro.
Il procedimento è sospeso da due anni, in attesa dei risultati della perizia tecnica chiesta dai legali di Devoti, che rischia di diventare il capro espiatorio dell’intera vicenda. Il processo riprenderà nei prossimi mesi.
Elena Ciccarello
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
IL CASO DEI TRATTORISTI DELLA REGIONE: SONO 550 MA NON HANNO I TRATTORI, NON LAVORANO E NON LI PAGANO
Assediata dalla piazza, con cinquemila tra forestali e docenti della formazione che tiravano le uova contro la sede del governo regionale, la giunta siciliana vara una mini manovra che gira gli ultimi finanziamenti della legislatura in gran parte proprio ai contestatori, e cioè ai forestali, ai professori che si occupano della costosissima e inefficiente macchina della formazione professionale e ai dipendenti dei teatri.
A Roma si sblocca il tesoretto da 420 milioni, il governo Monti consente alla Sicilia di sforare il patto di stabilità , e subito partono gli interventi-tampone: erano fondi da usare per lo sviluppo, ma sono stati distribuiti anche a Comuni e imprese che lavorano nel campo dei rifiuti.
Ci sono pure 25 milioni per gli straordinari dei regionali.
Nella busta paga di novembre, subito dopo le elezioni regionali, arriveranno somme comprese fra 150 e 600 euro, secondo la categoria cui il dipendente appartiene.
C’è un giallo per quel che riguarda il possibile finanziamento della cassa integrazione destinata a frenare l’emergenza rappresentata dalla Gesip, società partecipata dal Comune di Palermo, un carrozzone con 1.800 dipendenti, pronti a mettere sottosopra il capoluogo dell’Isola se rimarranno senza lavoro e soprattutto senza stipendio.
Il sindaco, Leoluca Orlando, si era impegnato a far sbloccare la situazione fino a dicembre e sembrava quasi fatta, ma alla Regione, dove non amano molto il primo cittadino dipietrista, frenano.
Ma tra meno di due settimane in Sicilia si vota per le Regionali e la soluzione forse spunterà .
Ed ecco che allora c’è un altro giallo: riguarda i soldi per i trattoristi dell’Ente di sviluppo agricolo, 550 di numero, tutti privi di trattore, perchè i privati non considerano affatto competitivo, sul mercato, utilizzare i conducenti di mezzi agricoli mandati dalla Regione.
Il segretario generale siciliano della Uil, Claudio Barone, chiede che i trattoristi vengano inseriti nella soluzione riservata ai forestali: «Sono senza stipendio — dice — e anche se siamo a pochi giorni dalle elezioni, il governo non si può esimere dal dare risposte ai lavoratori e alle parti sociali».
Arrivano soldi a pioggia, ma anche i concorsi. Pure questi a pioggia.
Scatta infatti la corsa ad entrare nelle graduatorie, per sperare poi in contratti a termine nelle Asp, aziende sanitarie provinciali, e negli ospedali.
Trenta graduatorie sta formando l’Asp di Siracusa, due quella di Enna e cinque il Civico di Palermo.
Ci sono poi due bandi dell’Asp di Catania e uno di quella ennese, che mettono in palio 25 posti.
L’Asp di Palermo mette in palio 81 posti da dirigente e avvia la formazione di altre 15 graduatorie: i bandi scadono il 22 ottobre. Il 28 e il 29 si vota.
Mentre i carabinieri tenevano a bada la piazza, la giunta di Raffaele Lombardo decideva l’impiego dei fondi messi a disposizione dal ministero dell’Economia: sarebbero stati 600 milioni, ma una clausola nell’accordo firmato dal ministro Grilli e dall’assessore regionale Gaetano Armao ha vincolato circa 180 milioni al finanziamento dei bandi europei, principalmente nel settore dell’agricoltura. La vera manovra dispone dunque la spesa di 420 milioni: 77 e mezzo andranno alla formazione professionale, per far partire i corsi del 2012, garantendo gli stipendi agli 8 mila formatori fino a fine anno.
Altri 21 milioni sono destinati alla cassa integrazione e serviranno a pagare un vecchio debito con l’Inps: Roma garantisce così l’arrivo in Sicilia di altri 50 milioni, per finanziare le vertenze fino a fine anno.
Deluse le imprese, che hanno ricevuto solo 45 milioni, più l’impegno di Armao di sbloccare i fondi europei destinati alle opere pubbliche.
“Non pagare le imprese significa fermare l’economia reale — protesta il vicepresidente di Confindustria, l’agrigentino Giuseppe Catanzaro —. Usare risorse per investimenti per pagare spese di esercizio, cioè stipendi, è il segno di come certa politica percepisca il concetto di sviluppo”.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
STRETTA ANCHE SULLE POLIZZE VITA… IL FISCO COLPIRA’ OLTRE I 15.000 EURO DI REDDITO
Non solo il giro di vite sulle detrazioni e le deduzioni fiscali. ![](http://sphotos-a.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash4/416913_4141585610559_1869726682_n.jpg)
Con la crisi e l’esigenza del pareggio di bilancio le maglie del fisco si stringono anche su molte rendite rimaste finora protette dall’imposizione tributaria, e che da domani, per la maggioranza dei contribuenti italiani, saranno tassate.
È il caso, ad esempio, dei capitali riscossi in caso di morte in funzione dei contratti di assicurazione sulla vita.
Ma anche delle pensioni e delle indennità di accompagnamento per gli invalidi, le pensioni di guerra di ogni genere, gli assegni previdenziali reversibili, le tredicesime e le indennità dei ciechi civili, le pensioni privilegiate dei militari, quelle connesse alle decorazioni all’Ordine militare, e perfino i “soprassoldi” (così ancora si chiamano gli assegni mensili) legati alle medaglie al Valor militare.
Tutte queste prestazioni non saranno più esentasse, come oggi, ma sottoposte all’imposizione progressiva dell’Irpef per tutti i contribuenti che dichiarano oltre 15 mila euro annui lordi.
I tagli interessano una platea molto vasta di cittadini.
Solo le prestazioni dell’Inps legate all’invalidità sono 2 milioni e 733 mila.
L’importo medio è piuttosto modesto, 404 euro mensili, ma le cifre in ballo sono impressionanti: pensioni e assegni di invalidità costano 3,8 miliardi di euro l’anno, le indennità di accompagnamento raggiungono addirittura i 12,9 miliardi di euro l’anno.
Ed è proprio lì che i tagli (e i conseguenti risparmi) saranno più consistenti.
Mentre le pensioni e gli assegni sono già commisurati al reddito, l’indennità di accompagnamento, anche questa esentasse, viene concessa agli invalidi che non possono camminare o hanno bisogno di assistenza per le attività quotidiane a prescindere dal reddito percepito.
D’ora in poi chi beneficia di queste prestazioni e ha già redditi superiori ai 15 mila euro dovrà inserire gli assegni nella dichiarazione Irpef e sottoporli all’imposta.
Il tetto dei 15 mila euro di reddito vale anche per continuare a godere dell’esenzione fiscale prevista da una legge del 1973 sui «capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita».
Le somme versate dalle compagnie assicurative a titolo di capitale, per chi dichiara oltre 15 mila euro, saranno dunque sottoposte «all’imposta sul reddito delle persone fisiche e alle imposte locali sui redditi».
Perdono l’esenzione fiscale, sempre per i contribuenti con i redditi oltre il limite, le pensioni privilegiate militari, ovvero quelle riconosciute ai militari di leva invalidi per cause di servizio, che finora erano esenti in quanto considerate “risarcitorie”.
Esattamente come le pensioni di guerra (l’Inps ne paga 300 mila l’anno, un quarto delle quali supera i 2 mila euro mensili) riconosciute agli ex combattenti, ai partigiani, ai mutilati e agli invalidi di guerra, così come alle vedove e agli orfani, e che da domani saranno anch’esse tassate.
Difficile calcolare l’impatto economico dei nuovi vincoli. Sicuramente faranno salire il costo della manovra a carico delle famiglie italiane.
Secondo gli artigiani di Mestre, tra aumento dell’Iva, la franchigia e il tetto su deduzioni e detrazioni, anche considerato l’abbattimento dell’Irpef, costerà alle famiglie italiane 2,5 miliardi l’anno (100 euro a famiglia in media).
Le associazioni dei consumatori, Adusbef e Federconsumatori, si spingono oltre: 172 euro a famiglia, per un totale di 3,8 miliardi.
La relazione tecnica della Ragioneria, che darà il quadro degli effetti finanziari delle singole misure, non c’è ancora (e del resto non c’è ancora il testo definitivo della legge di Stabilità ). Anche se l’impatto della manovra nel suo complesso è definito: servirà per risparmiare 6,6 miliardi di euro quest’anno e altri 4 nel 2013.
Mario Sensini
(da “Il Corriere della Sera”)
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
“I RAPPORTI MAFIA-POLITICA SONO ORMAI EMERGENZA NAZIONALE”
Per Roberto Saviano, il ddl anticorruzione “così com’è impostato, non va bene, non basta.
Il provvedimento deve essere rafforzato sul falso in bilancio, sul voto di scambio, sulla concussione e in altre sue parti fondamentali.
“Quella legge va approvata con urgenza, ma senza scendere a compromessi”.
L’autore di Gomorra, che torna stasera da Fabio Fazio a “Che Tempo che fa” per ripartire con le sue analisi sullo scambio politico-mafioso e sulle alleanze tra clan ed economia legale, lancia un appello al ministro Paola Severino e un altro al premier Monti.
Il ministro della Giustizia, auspica Saviano, “si faccia garante perchè non si sia ostaggio di questa politica”. L’altra sollecitazione riguarda l’allarme dei condizionamenti mafiosi nel paese: “Il governo deve fare presto ad affrontare la questione come emergenza nazionale e non come un problema tra i tanti”.
Saviano, partiamo da un tabù che è crollato. C’era una volta l’orgoglio nordista che puntava il dito contro la complicità o la colpevole indifferenza del sud con i clan.
“In effetti, fino a poco tempo fa, poteva essere rischioso parlare di infiltrazioni mafiose al Nord. Della Lega, ad esempio, ti lasciavano anche dire che era razzista, un po’ incolta, ma guai a parlare di tolleranza con le mafie”.
Lei stesso, due anni fa, fu accusato dall’ex ministro Maroni di aver rivolto accuse infamanti alla Lega perchè disse che la ‘ndrangheta “interloquiva” col suo partito.
“Purtroppo i fatti di oggi mettono in ridicolo le parole di Maroni, oltrechè la campagna orchestrata contro di me. La reazione del Carroccio fu così risentita perchè nessuno aveva ancora detto con chiarezza, al grande pubblico, che il pericolo era già lì, negli appalti, nelle imprese. Il caso ha voluto che cadesse la maschera del tesoriere della Lega Francesco Belsito, che secondo due procure aveva rapporti con la cosca dei De Stefano in Calabria. Poi è arrivato l’arresto dell’assessore Zambetti che, come sottolinea il procuratore aggiunto Boccassini, svela un pezzo di democrazia inquinata. E in tutto questo, la Lega ha esibito negli anni un’antimafia di facciata: quella che ti fa organizzare la fiaccolata contro il soggiorno obbligato di qualche boss o contro gli spacciatori, ma niente di più”.
La replica del Carroccio è che l’assessore accusato di aver pagato 200mila euro per 4000 voti, è del Pdl.
“Ecco, la Lega sta dicendo che loro non c’entrano. Ma è una bugia. Perchè hanno appoggiato incondizionatamente il Pdl che ha sempre avuto un atteggiamento disinvolto con i faccendieri di queste organizzazioni. Perchè se fai percepire alla tua base elettorale che il problema mafioso riguarda solo bande calabresi o campane che si fanno il racket tra loro, stai mentendo. A Milano, si è superata la linea d’ombra. In alcune aziende, c’è chi si domanda: voglio essere perdente o vincente? Se non voglio alzare bandiera bianca, faccio entrare capitali opachi”.
In Lombardia nessuno fa un passo indietro. Perchè?
“A Milano fino a ora non è nata una vera cultura antimafia. Non nelle persone, non nelle imprese. Forse perchè non ci sono stragi, non ci sono faide e i summit non avvengono alla luce del sole. Una parte della politica se ne occupa, ma la maggior parte delle persone ritiene che la criminalità organizzata sia un fenomeno meridionale…”.
Eppure, un mese fa a Milano hanno ucciso una coppia per la cocaina: i killer hanno sparato a lei mentre teneva una bimba in braccio.
“Esatto, una scena tipicamente mafiosa quasi scivolata addosso. Con sporadiche eccezioni, la politica pratica l’esercizio della rimozione. Così avviene con le estorsioni a tappeto, in un’omertà generalizzata che ricorda aree depresse del Sud”.
Con la differenza che pezzi del Sud si ribellano, dal moto collettivo delle donne di San Luca in Calabria all’onda antiracket di Ercolano, nel vesuviano.
“Invece al Nord tanti continuano a dire che l’infezione arriva dal Meridione. Non è così: sono cellule locali, con meccanismi d’azione mafiosa, che ormai parlano lombardo e che nella terra della finanza si arricchiscono di nuovi capitali. Di questo fa le spese proprio l’economia del Sud: se il fenomeno criminale non fosse così florido al Nord, le cosche laggiù sarebbero molto indebolite”.
Sulla lotta alla ‘ndrangheta si sconta un grande ritardo. Non occorre un’autocritica anche da parte dei media?
“Credo che autocritica debba farla soprattutto la politica nazionale: direi che il nostro governo si è dato altre priorità . Il mio appello a Monti è: fate presto a porre la questione antimafia come un’urgenza da affrontare e non più come un problema fra tanti”
E sul ddl anti-corruzione, qual è il suo appello?
“È un testo ancora debole. Il ddl anticorruzione è un decreto salva-democrazia: non viatico per una politica pulita, ma la premessa per un sistema che possa davvero dirsi democratico. Una classe politica corrotta e impunita è permeabile ai capitali criminali, come le recenti inchieste attestano. Dopo l’appello lanciato da Repubblica, 300mila cittadini hanno firmato. Ora il Guardasigilli dovrà farsi garante perchè non si scenda a compromessi, perchè non si sia più ostaggio di questa politica che quando non è colpevole di connivenza, lo è di ignoranza. Un’ignoranza che, ai vertici di una regione come la Lombardia, non è consentita”.
Quali sono i punti del Dda da rivedere?
“Sono numerosi, ma tre i più importanti: voto di scambio, (che nel testo risulta punibile solo se il politico lo paga in denaro e non con favori di altro tipo), falso in bilancio e autoriciclaggio. Ma il vero salto di qualità nella lotta alla corruzione sarebbe l’introduzione – che l’Europa ci chiede – di una norma che rendesse imprescrittibili i reati dopo la sentenza di condanna di primo grado”.
Siamo in piena febbre da primarie. È sottovalutato il tema delle infiltrazioni criminali e del voto di scambio?
“La crisi del sistema lombardo è inaugurata dal caso Penati, peccato originale che ha depotenziato l’opposizione del centrosinistra ai disastri del centrodestra. Spero che il dibattito non si limiti alle regole delle primarie”.
Umberto Eco, propone una specie di mobbing verso chi ostenta tenori di vita sospetti. Anche lei ha un consiglio per gli onesti?
“Sì: voler sempre sapere. Quando uno è stanco dei giornali, di conoscere il caso Lazio o Lombardia, quello è il modo per lasciare tutto invariato. Perciò, direi: non smettere di approfondire, essere aperti e non ideologici. Conoscere cambia le cose”.
Saviano, lei è alla terza stagione televisiva, ora di nuovo in Rai. L’ha delusa lo share di due settimane fa, alto (11%) ma comunque inferiore ai picchi da record (31%) della passata edizione di “Vieni via con me”?
“No. Intanto, con i nuovi vertici Rai lavoro in armonia e nessuno mi chiede i contenuti degli interventi. Le mie presenze sono concepite come una rubrica, legata all’attualità . Quindi, in questo test del lunedì voluto da Fazio, sono più libero dalle ansie di perfomance. Voglio liberarmi della ‘dittatura’ dell’evento. Credo sia importante essere in tv, occupare uno spazio da scrittore”.
Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)
argomento: Giustizia, governo, mafia | Commenta »
Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
STESSA DIAGNOSI: “CONDIZIONA IL FIGLIO CONTRO IL PADRE”… “MI HANNO FATTA ANDARE IN OSPEDALE E CI HANNO DIVISI, IL PICCOLO VIVE IN COMUNITA’
Quelle parole sono un tarlo, tornano alla mente ogni sera, quando il sonno tarda ad
arrivare: «Signora, la aspetto oggi pomeriggio, venga con suo figlio».
Chissà quante volte si è poi detta: se non fossi andata… se avessi capito…
«È successo qualcosa?» ha invece chiesto in quel momento. «Niente, non si preoccupi, va tutto bene».
Alle due e mezzo la signora era davanti all’ingresso dell’Unità sanitaria locale dove le avevano dato appuntamento.
Suo figlio, 12 anni, ha visto i carabinieri: «Che ci fanno qui, mamma?».
«Faranno un giro d’ispezione» ha risposto lei tranquillizzandolo.
Pochi minuti dopo il bambino era in una stanza, la madre in un’altra al piano di sopra. E attorno a loro c’erano tante persone a spiegare che per il bene del piccolo, così dicevano, era necessario staccare la spina degli affetti, che dal quel giorno in poi avrebbe vissuto in una comunità , a un’ora e mezza di strada dalla sua casa, dai suoi giocattoli, dai suoi amichetti e dalla sua mamma.
Così è stato.
Uno strappo doloroso come quello di Leonardo, il bambino conteso fra i genitori e portato via a forza da scuola, nel Padovano.
Stessa zona di questa seconda storia che conta un’altro punto in comune con quella di Leo: anche questa volta compare nelle carte il nome del perito dei giudici che ha suggerito l’allontanamento di Leonardo dalla madre, Rubens De Nicola.
«È una coincidenza che le storie trattate da lui finiscano in modo così drammatico?» si chiede la mamma divisa dal suo bambino tre mesi fa.
In realtà De Nicola era solo ausiliario del consulente tecnico scelto dal tribunale dei minori di Venezia: ha firmato una relazione sulla personalità della signora e del padre del bambino (non sono sposati) stabilendo peraltro che nessuno dei due mostrava aspetti patologici.
«Mi hanno detto che io avrei manipolato il bambino e che lui ha gravi problemi psicologici» dice la madre del piccolo.
«Ma non è vero, la verità è che lui non voleva vedere suo padre, che assieme a lui non stava bene. Io non l’ho mai condizionato e credo che un bimbo abbia il diritto di essere ascoltato. È da luglio che non dormo e adesso dico grazie a Leonardo perchè con il coraggio della sua ribellione è riuscito a portare a galla la tragedia che c’è sempre dietro alle storie come la sua». Magari ci sarà anche lei stasera alla fiaccolata organizzata per Leonardo…
«Sono adulta e voglio essere rispettata, io chiedo soltanto questo. Voglio che i sentimenti di mio figlio contino qualcosa, non mi sembra di chiedere la luna. Adesso lo vedo una volta ogni quindici giorni e morirei se non potessi incontrarlo nemmeno così poco. Io so che quella mattina alla Usl, mentre era lontano da me, ha singhiozzato e implorato senza che nessuno lo ascoltasse. Era disperato al punto che avevano deciso di sedarlo. E per amor suo io stessa l’ho accompagnato in comunità , perchè ha problemi di cuore, non può essere sedato. Non lo scorderò mai, siamo saliti su un furgone scortati come criminali e io avevo la morte nel cuore mentre provavo a dirgli che sarebbe andato tutto bene».
Notti e notti senza sonno, mille volte a riavvolgere il filo dei ricordi per capire se e cosa aveva mai sbagliato per meritare una decisione così drastica dei giudici.
E adesso il terrore di fare un passo sbagliato, una leggerezza qualsiasi che possa compromettere ancora di più la situazione.
«Io vivo solo per riportare a casa il mio bambino e per farlo riavvicinare anche a suo padre. È mi fa impazzire ricordare quel pomeriggio di luglio, il viaggio fino alla comunità , le parole di mio figlio. Mi ha detto “mamma aiutami ti prego”. Può una madre sopportare tutto questo?»
Giusi Fasano
(da “Il Corriere della Sera“)
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Ottobre 15th, 2012 Riccardo Fucile
IN ABRUZZO UN’AUTO CON PADRE, MADRE E BAMBINO ERA FINITA IN UN CANALE: TUTTI SALVI GRAZIE AL GESTO DI UN MAROCCHINO IRREGOLARE
Ora gli danno tutti la caccia.
Ma non per notificargli il rimpatrio nel suo paese, quanto piuttosto per ringraziarlo per quello che è considerato un gesto di eroismo.
Da sabato sera tutti cercano un giovane marocchino che ha salvato la vita ad una famiglia che viaggiava su un’auto finita in un canale a causa della fitta nebbia.
È avvenuto in Abruzzo, lungo la strada provinciale 20 tra Avezzano e San Benedetto. Subito dopo l’incidente erano stati chiamati i vigili del fuoco, ma prima che arrivassero i soccorsi dalla nebbia è sbucato il giovane marocchino che ha aiutato la famiglia a mettersi in salvo.
SI È LANCIATO IN ACQUA
A quanto raccontano alcuni testimoni il giovane non avrebbe esitato a togliersi i vestiti e lanciarsi in acqua.
Il suo intervento sarebbe stato determinante per salvare la vita di tre persone che comunque sono finite in ospedale ad Avezzano.
Ancora grave il capofamiglia, ricoverato in prognosi riservata, mentre sono fuori pericolo la moglie e il figlio.
Quanto all’immigrato eroe subito dopo il salvataggio ha fatto perdere le tracce, molto probabilmente perchè sprovvisto di regolare permesso di soggiorno.
E dunque come migliaia di irregolari presenti nel nostro paese teme di essere rimpatriato.
REGOLARIZZARLO
Tra i tanti che ora lo cercano per ringraziarlo c’è anche chi prova a rassicurarlo. «L’immigrato che ha salvato la famiglia dall’annegamento dev’essere uno di quei ragazzi che lavorano nel Fucino e sono qui per necessità – afferma il presidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo- ha perciò tutte le caratteristiche per rientrare nel processo di regolarizzazione in atto in questi giorni. Se si farà avanti intercederò presso la prefettura».
Del Corvo si è detto particolarmente colpito dal gesto del giovane marocchino. «Andrà eventualmente sensibilizzato il suo datore di lavoro, vedremo chi è – continua – questo ragazzo ne ha tutti i meriti. È la dimostrazione che tra gli immigrati ci sono tante brave persone».
Alfio Sciacca
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Immigrazione, radici e valori | Commenta »