Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
MARONI PROVA AD ALZARE LA VOCE E RIMEDIA DUE SCHIAFFONI: VOLEVA LA LOMBARDIA AL VOTO IN PRIMAVERA, ORA COTA E ZAIA SE LA FANNO SOTTO
La giunta regionale della Lombardia si avvia a nuove elezioni dopo l’ennesimo scandalo, che questa volta vede coinvolto l’assessore regionale Zambetti?
La Lega sul far della sera chiede al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, di azzerare la giunta da lui guidata e lo avverte che ha in mano le dimissioni di tutti i consiglieri e degli assessori della Lega in Regione. «Lasciamo a Formigoni la scelta se fare un passo indietro o uno di lato – ha detto il segretario regionale della Lega Matteo Salvini al termine di un incontro con i consiglieri al Pirellone – ci aspettiamo quanto meno l’azzeramento dell’intera giunta, l’eventuale dimezzamento dei nuovi assessori, eventualmente con un altro presidente di Regione».
In pratica se lasciasse il posto a un leghista si potrebbe andare avanti.
Qualche ora dopo è arrivata la replica di Formigoni: «Mi sono sentito con il presidente Berlusconi e con il segretario Alfano, che hanno confermato la linea del Pdl: se cade la Lombardia un secondo dopo cadono Veneto e Piemonte».
Così ha riferito il presidente della Regione Lombardia al suo entourage, secondo il quale il governatore è «assolutamente tranquillo» perchè «quella assunta stasera dalla Lega è una decisione presa a livello locale».
Come dire che Salvini non conta una mazza e che se Maroni vuole suicidarsi è libero di farlo.
Cota e Zaia saranno felici e riconoscenti a Salvini per le sue parole.
Forse il cantante del “senti che puzza, stanno arrivando i napoletani” farebbe meglio a preoccuparsi della visita di ieri della GdF al gruppo regionale dela Lega dove Boni è nuovamente indagato per la gestione dei fondi del gruppo.
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
ACCADE A CALTAGIRONE… L’AUTOMEZZO D’EPOCA HA TRASPORTATO CENTINAIA DI CITTADINI NEL LORO ULTIMO VIAGGIO
In tempi di crisi finisce all’asta pure…il carro funebre.
Succede a Caltagirone, in provincia di Catania, dove per fare cassa il Comune ha deciso di vendere al miglior offerente l’automezzo che ha trasportato centinaia di concittadini nel loro ultimo viaggio verso il cimitero.
«Chissà chi se lo compra», si vocifera in paese, magari tra i dovuti scongiuri.
Dal Municipio non c’è ancora un’indicazione chiara sulla base d’asta da cui partirà il battitore, ma è certo che la singolare compravendita pubblica si svolgerà tra un mese ed è prevedibile pensare che l’aula non sarà certo affollata di potenziali compratori, come nel caso degli altri mezzi dismessi dal Comune.
AUTOMEZZI IN VENDITA
Il carro per il camposanto, infatti, fa parte di un nutrito gruppo di automezzi comunali di cui l’amministrazione comunale vuole disfarsi: sono in tutto 24, tra i quali un vecchio scuolabus, un trattore agricolo, tre moto Ape, quattro motociclette, sette ciclomotori Vespa 125, due ciclomotori Vespa 50, due scooter, due auto, e un’autobotte.
Alcuni non funzionano più, altri rimangono posteggiati nell’autoparco comunale ad accumulare polvere.
Così, la scure della spending review si è abbattuta pure su di loro: «Le casse comunali — spiega l’assessore all’Autoparco Simone Monforte — avranno così un beneficio non solo e non tanto dal ricavato della vendita, ma anche dal fatto che su di essi non saranno pagati più nè il bollo, nè l’assicurazione, nè la revisione, e non sarà più effettuata la manutenzione ordinaria. Un risparmio ancora non quantificabile con precisione, ma che ammonta sicuramente ad alcune decine di migliaia di euro».
Anche il sindaco della Città della Ceramica, alle prese con le casse comunali sempre più vuote dopo spese urgenti e delibere, vede di buon occhio l’operazione economica: «La dismissione di questi veicoli — sottolinea il sindaco Nicola Bonanno — è una scelta di buon senso, che s’inquadra nell’avviata azione di revisione della spesa anche in relazione alle disposizioni della legge finanziaria sulla riduzione del parco macchine degli enti pubblici».
(da “Italpress“)
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
I RECENTI SCANDALI SCONSIGLIANO DI DARE TROPPA AUTONOMIA ALL’ENTE REGIONALE…IRA DELLA LEGA, APERTURA DI PDL E PD
Il disegno di legge costituzionale è pronto.
E così, a undici anni dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, il governo Monti è pronto a rivedere l’intero impianto «federalista» di quella riforma approvata, non senza polemiche, sul finire della legislatura del 2011.
La bozza messa a punto dal governo – anche a seguito degli eclatanti scandali nella pubblica amministrazione – tende ad «assicurare – è scritto così nelle premesse del Ddl – un esplicito fondamento nelle norme della Costituzione attraverso: a) la parziale rivisitazione degli elenchi delle materie di legislazione esclusiva statale e di legislazione concorrente; b) la rinnovata configurazione del ruolo della legislazione dello Stato nell’area della potestà concorrente; c) l’esplicitazione dei limiti della legislazione regionale c.d. residuale rispetto alla legislazione statale esclusiva; d) l’attenuazione della rigidità dei confini fra potestà regolamentare del Governo e potestà regolamentare delle regioni; e) la “costituzionalizzazione” della conferenza Stato – regioni e l’attribuzione agli esiti favorevoli delle intese e dei pareri espressi in tale sede di effetti limitativi nei confronti delle impugnazioni in via principale delle leggi e dei conflitti di attribuzione intersoggettivi.
Altri obiettivi importanti, sempre in chiave di unitarietà giuridica ed economica dell’ordinamento costituzionale, sono rappresentati dal riconoscimento a livello di Costituzione della competenza della Corte dei conti a svolgere controlli sugli atti e sui bilanci delle regioniIl testo messo a punto dal governo – anche in seguito agli scandali e le inchieste che hanno coinvolto la pubblica amministrazione – fronti delle impugnazioni in via principale delle leggi e dei conflitti di attribuzione intersoggettivi. Altri obiettivi importanti, sempre in chiave di unitarietà giuridica ed economica dell’ordinamento costituzionale, sono rappresentati dal riconoscimento a livello di Costituzione della competenza della Corte dei conti a svolgere controlli sugli atti e sui bilanci delle regioni.
Le reazioni non tardano.
Pdl e Pd aprono alla riforma, seppur con alcuni distinguo.
La Lega Nord, invece, dichiara guerra al governo ed evoca scenari di guerra: come «nel Paese Basco», dice Mario Borghezio alludendo ai separatisti dell’Eta. Completamente favorevole all’iniziativa è invece Pier Ferdinando Casini, che parla di superamento di un «federalismo confuso e pasticcione».
Insorgono anche i governatori. «È impensabile un percorso di modifica unilaterale», sbotta il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani.
«Il governo si sbaglia se vuole cancellare le Regioni. Neanche un governo tecnico può permettersi di distruggere questa identità storica», aggiunge Roberto Formigoni.
I partiti della maggioranza sembrano condividere la linea del governo.
«Ben venga un intervento» sulle competenze delle Regioni; «sediamoci attorno ad un tavolo per discuterne» anche se «i tempi per una riforma sono ristrettissimi», spiega Mario Valducci.
Ma «è molto complicato mettersi ora al lavoro con i pochi mesi che mancano alla fine della legislatura».
Apre al dialogo anche Davide Zoggia del Pd. «Un intervento è necessario perchè ci sono storture e cose da correggere» ma «non è possibile immaginare un ritorno al centralismo», avvisa. «Una riforma va fatta ma coinvolgendo il territorio».
I due principali partiti convergono sulla necessità di rivedere «le dimensioni e le funzioni delle Regioni», riducendone il numero e rendendole più omogenee per abitanti ed estensione.
Ma Monti sembra proprio seguire la scia della Spagna.
Il governo di Madrid, su sollecitazione dell’Europa, sta rivedendo l’organizzazione federalista (i buchi dei bilanci delle Regioni autonome spagnole sono una voragine per lo Stato centrale spagnolo).
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
“ROTTIAMAMO I NOSTRI DIRIGENTI, NON LUI: IL PDL E’ FINITO, SERVONO LE PRIMARIE”
«Berlusconi ha dato l’esempio. Adesso facciamo un passo indietro tutti. Dico: tutti. Dal segretario Angelino Alfano a scendere. Il Pdl è finito. Bisogna costruire qualcosa di più grande, ambizioso, una nuova casa. La vecchia impalcatura non serve più».
Ma davvero regge un centrodestra senza Berlusconi? Lei ha sostenuto il contrario, finora.
«No. Assolutamente no. Nessuno può pensare che Berlusconi vada ai giardinetti. Io ho detto che lui era il nostro miglior candidato premier. E lo dico ancora oggi: se il progetto non si realizzerà , lui rimane quello che tra tutti noi prende più voti. Ma ancora una volta ha dimostrato grande spirito di servizio, pur di dar vita al progetto destinato a tutti quelli che non vogliono consegnare il paese a Vendola e Bersani. Io chiedo: siamo tutti disposti a fare un passo indietro e azzerarci?»
Tutti chi?
«Tutti. Dal segretario del Pdl Alfano in giù. Possibile che sempre e solo il presidente debba fare un passo indietro? Io mi aspetto un azzeramento complessivo. Si tratta solo di seguire l’esempio di Berlusconi, per costruire il nuovo centrodestra».
Che ne sarà del Pdl?
«È un partito finito. Ha concluso la sua parabola. Bisogna costruire altro. Noi torneremo aì quella prima lista civica che è stata Forza Italia».
E per scegliere la guida? Primarie?
«Certo, senza Berlusconi hanno un senso. E io mi candido».
E gli ex An?
«Faranno una cosa loro, come ha già fatto Tremonti. Tutti poi ci ritroveremo sotto il medesimo tetto. Con Casini, se dirà sì, con Montezemolo, se ci starà ».
E perfino con Fini? Pronti a dimenticare il passato?
«In politica si supera tutto, se si pensa al bene del Paese. Io stessa sarei disposta ad archiviare vecchie questioni personali».
Ma Berlusconi rinuncia alla corsa alla premiership o anche al seggio in Parlamento?
«C’è qualcuno, anche tra le nostre file, che pensa che si possa rottamare Berlusconi. Quel che è certo è che i milioni di nostri elettori vogliono rottamare tanti dei nostri dirigenti. Ma non certo lui».
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
LA FINANZA E’ ENTRATA A PALAZZO DEI NORMANNI.. SI INDAGA SU ACQUISTI DI AUTO E DI APPARTAMENTI A SCOPI PRIVATI
Sono arrivati in abiti civili, si sono fatti annunciare in portineria e hanno quindi varcato senza clamore l’entrata di Palazzo d’Orleans.
Sono quattro gli ufficiali della guardia di finanza che hanno compiuto un vero e proprio giro di ricognizione tra i lussuosi corridoi dell’Assemblea regionale siciliana. Dopo l’annuncio dei giorni scorsi le fiamme gialle sono quindi entrate formalmente a Palazzo dei Normanni per acquisire tutta la documentazione utile all’indagine sui finanziamenti ai gruppi parlamentari dell’Ars.
Prima di cominciare lo screening dei documenti, i finanzieri hanno incontrato il presidente dell’Ars Francesco Cascio, che ha rinnovato “piena disponibilità e collaborazione per ogni esigenza attinente le competenze dell’Ars in materia di trasferimenti ai gruppi parlamentari”.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci e dai sostituti Sergio Demontis e Maurizio Agnello, vuole fare luce sull’effettivo utilizzo che i gruppi parlamentari hanno fatto dei fondi che ricevono ogni anno dall’Ars.
Sono quasi sessanta i milioni di euro che il parlamento regionale ha destinato al funzionamento dei gruppi negli ultimi quattro anni e mezzo.
Tredici milioni e mezzo sono finiti sul conto del gruppo parlamentare del Pdl (17 deputati), quindici e mezzo al Pd (25 deputati), 7,5 milioni al Movimento per l’Autonomia (15 deputati) , 6,5 ai Popolari di Italia Domani (4 deputati), tre milioni a Futuro e Libertà (4 deputati), 1,7 all’Udc (8 deputati), 1,2 a Grande Sud (5 deputati) e 750 mila euro al piccolo Movimento popolare siciliano, nato da una costola del Mpa appena un anno fa.
Tutti soldi che sarebbero utilizzati soprattutto per pagare dipendenti, portaborse, e — nel caso del Pid — addirittura un mutuo.
La settimana scorsa Cascio si era recato volontariamente in procura, accompagnato dal segretario generale dell’Assemblea Giovanni Tomasello e dall’avvocato Enrico Sanseverino per consegnare ai magistrati la documentazione relativa agli emolumenti che ogni anno il parlamento regionale destina ai gruppi parlamentari.
Da lì in poi i capigruppo hanno discrezionalità massima sull’utilizzo dei fondi, non avendo obbligo di rendicontazione.
Trattandosi però pur sempre di denaro pubblico, quei soldi devono comunque essere spesi per scopi istituzionali. Il limite tra lo scopo istituzionale e il reato però è molto labile.
Se faraonici convegni di partito a base di champagne possono essere considerati soltanto esempi di cattivo utilizzo del denaro pubblico, al contrario l’acquisto di auto o di un appartamento per scopi privati dei parlamentari diventerebbe un’ipotesi di reato per gli inquirenti.
Le fiamme gialle hanno chiesto ai dipendenti dei gruppi parlamentari gli estremi dei conti correnti che saranno quindi confrontati con i dati già acquisiti.
Prima di iniziare un serrato giro tra i vari uffici, gli ufficiali della guardia di finanza hanno infatti preso contatti con gli impiegati dello sportello di Banca Nuova che c’è in uno dei cortili interni a Palazzo dei Normanni.
Gli inquirenti vogliono verificare se i movimenti sui conti correnti dei gruppi parlamentari corrispondono effettivamente ai bilanci interni.
Dopo accerteranno, attraverso le fatture, l’effettivo utilizzo che i gruppi parlamentari hanno fatto dei fondi ricevuti dall’Ars.
Nei prossimi giorni l’inchiesta potrebbe interessare anche i fondi riservati del governatore.
Il presidente dimissionario Raffaele Lombardo ha utilizzato nel 2011 mezzo milione di euro del fondo riservato, mentre l’anno prima la spesa si è fermata a 200 mila euro. Un incremento dovuto alla crisi, ha spiegato Lombardo, dato che molti di quei soldi sarebbero stati utilizzati per aiutare le famiglie indigenti.
Anche sui fondi riservati però, sia il governatore che il presidente dell’Ars non hanno obbligo di rendicontazione.
Nel frattempo l’indagine sulle presunte “spese pazze” va avanti.
È probabile che nei prossimi giorni vengano interrogati tutti i capigruppo degli otto partiti che siedono nel parlamento più ricco d’Italia: complessivamente l’Ars costa infatti 162 milioni di euro l’anno.
E mentre gli inquirenti vogliono effettuare i riscontri nel più breve tempo possibile, fuori da palazzo dei Normanni, continua la campagna elettorale per le elezioni regionali del prossimo 29 ottobre.
Una campagna elettorale che si è trasformata in una battaglia a colpi di citazioni e carta bollata.
L’ex ministro dell’agricoltura Saverio Romano ha infatti deciso di querelare per diffamazione l’aspirante governatore di Pd e Udc Rosario Crocetta, reo di averlo definito “garante della realizzazione di quattro termovalorizzatori bloccati da Lombardo” insieme al senatore del Pdl Pino Ferrarello.
La vicenda, secondo Crocetta, sarebbe provata dal famoso videotape rubato a Gianfranco Miccichè, mostrato sabato scorso dallo stesso leader di Grande Sud.
Su Crocetta è piovuta anche la querela di un altro aspirante governatore.
Nello Musumeci non ha infatti gradito le parole che l’ex sindaco di Gela ha utilizzato sulle cosiddette liste pulite.
“Noi non abbiamo candidato indagati, condannati — avrebbe detto Crocetta — A Musumeci dico che di gente da arrestare nelle loro liste ce n’è parecchia”.
Giuseppe Pipitone
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
DOCENTE UNIVERSITARIO, GIORNALISTA, E’ STATO TRA I PROMOTORI DI FORZA ITALIA
Ma se Silvio getta la spugna, chi spingerà avanti al suo posto? Nessuno lo sa.
E nel buio fitto, si moltiplicano gli identikit dei possibili rimpiazzi.
L’ultimo che circola ai piani alti del Pdl, dove il panico dà le traveggole, è quello di Paolo Del Debbio.
Berlusconi, dicono personaggi degni di fede, gli ha messo gli occhi addosso.
È professore universitario (di Etica ed economia), dunque colto.
Ma niente affatto noioso, anzi frizzante quanto basta per andare in tivù.
Il suo programma su Rete4, «Quinta colonna», finora è andato sorprendentemente bene trattando temi tipici del berlusconismo, dalle tasse agli sprechi, con collegamenti in piazza stile Santoro.
In via dell’Umiltà c’è chi lo accusa di populismo temendo che Del Debbio diventi popolare, perlomeno nella fascia di pubblico dove andava forte Emilio Fede.
Non è giovane come lo gradirebbe Berlusconi (54 anni), però giovanile e con i riccioli.
Perchè il Cav dovrebbe puntare su di lui? Semplice: le sta tentando tutte.
Sono mesi che fa «casting», cioè seleziona possibili candidati.
A parte certi big i quali di correre per lui non ci pensano nemmeno (Montezemolo, Passera, Della Valle), sotto la sua lente sono passati personaggi che mai ti aspetteresti. Si parlò senza fondamento del giovane «gelataio» di Grom, Guido Martinetti.
Poi ci fu l’infatuazione per il «grillino» Paolo Piffer, giovane monzese invitato per una giornata intera ad Arcore.
Quindi circolò il nome di Luisa Todini, imprenditrice nel campo edilizio.
In maggio si è detto che per disperazione Berlusconi volesse «pescare» il proprio successore in campo avverso, arruolando nientemeno che Renzi, salvo smentire e rammaricarsi con l’interessato.
Infine fu il turno di Luigi Zingales, economista «liberal.
Ugo Magri
(da “la Stampa”)
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
LA TASSA SERVIRA’ A FINANZIARE POLITICHE AMBIENTALI
Alla fine sembra proprio che l’adozione della Tobin tax a livello europeo sia realtà . Anche l’Italia alla fine parteciperà a quel gruppo ristretto di Paesi che intende mettere una tassa del 0,05% sulle transazioni finanziarie.
Una grande vittoria per chi si batte da anni per un provvedimento mirante ad attingere almeno un poco ai capitali che transitano da un capo all’altro del mondo sulla scorta di istanze speculative quasi sempre poco trasparenti.
I Paesi europei aderenti alla Tobin Tax utilizzeranno il meccanismo della “collaborazione rafforzata”: se almeno 9 Paesi su 27 sono d’accordo possono agire in determinati ambiti senza il consenso degli altri, facendo in questo modo da apripista a chi si vorrà aggregare in un secondo tempo.
Il pressing sul Governo Monti da parte di numerose ONG è continuato fino ai giorni scorsi.
Così commenta il risultato raggiunto la Campagna Zerozerocinque: “Dopo vari tentennamenti e fino all’ultimo scettica, finalmente l’Italia è della partita. Ha sciolto le sue riserve ed esplicitato questa mattina la sua piena adesione. La lettera italiana alla Commissione verrà controfirmata a breve dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Grilli”.
Dunque la Tassa sulle Transazioni Finanziarie è ora una certezza.
La Campagna ZeroZeroCinque, sostenuta da oltre 50 organizzazioni della società civile italiana, da anni svolge la sua attività di sensibilizzazione e di promozione di una piccola tassa, quel famoso granello di sabbia negli ingranaggi della finanza che ha il duplice vantaggio di frenare la speculazione e di generare un gettito da destinare al welfare, alla cooperazione allo sviluppo e alla lotta contro i cambiamenti climatici.
“Quello di oggi è un risultato molto importante, ma è solo un primo passo nella giusta direzione” — sostiene Andrea Baranes, portavoce della Campagna ZeroZeroCinque – “Continueremo, con ancora più forza, la nostra attività di sensibilizzazione della cittadinanza e di pressione sulle istituzioni per vigilare sulle modalità di applicazione della tassa, ad esempio per quali strumenti finanziari verrà applicata, data l’importanza che comprenda le operazioni in valuta e derivati, e sulla futura destinazione del gettito. La dimensione della finanza è tale per cui anche un’imposta dello 0,05% permetterebbe di generare ogni anno risorse significative che chiediamo al Governo italiano di destinare per finanziare misure volte a sostenere il welfare nel nostro Paese e per onorare i nostri impegni a livello internazionale in tema di cooperazione allo sviluppo e contrasto ai cambiamenti climatici.”
Per il presidente delle Acli Andrea Olivero la decisione assunta ieri, come riporta un comunicato stampa: “rappresenta «una grande occasione per l’Italia e per l’Europa, un segnale importante per di ridare speranza ai cittadini e fiducia nelle istituzioni nazionali ed europee».
«Chi ha causato o addirittura lucrato sulla crisi — spiega Olivero — dovrà restituire qualcosa a chi ha già pagato molto e continua a pagare. Ci si avvia finalmente a voltare pagina rispetto ad un modello finanziario sganciato dall’economia reale e indifferente ai destini delle persone e degli Stati. Un primo passo verso quello sviluppo sostenibile capace di integrare etica ed economia».
Le Acli, insieme ai promotori della campagna ZeroZeroCinque, proseguiranno l’attività di sensibilizzazione dei cittadini e delle istituzioni, vigilando in particolare sulle modalità di applicazione della tassa, perchè possa comprendere le operazioni in valuta e derivati. La richiesta è che il ricavato dell’imposta vada a finanziare da una parte il sistema di welfare, dall’altra gli impegni internazionali di cooperazione allo sviluppo di contrasto ai cambiamenti climatici.”
Non bisogna tuttavia sedersi sugli allori. Un articolo di lettera43 descrive tutti i possibili futuri ostacoli: “Ma l’aliquota sulle speculazioni finanziarie, a 40 anni dalla sua invenzione a opera dell’economista James Tobin, da cui il nome, ha ancora molti avversari.
Il conto è facile: all’appello mancano 16 nazioni.
La maggioranza, nell’Europa a 27.
E anche se lo strumento della cooperazione rafforzata, con l’accordo a 11, consentirebbe ai Paesi aderenti di agire da soli in assenza di prassi condivise da tutta l’Unione (senza tuttavia escludere la possibilità di nuove adesioni) il risultato sembra arridere ai nemici giurati della tassa, a cominciare da Irlanda, Svezia e, soprattutto, Inghilterra.
Il rischio, ora, è che le transazioni finanziare a breve termine – quelle che la Tobin Tax vuole colpire, con l’obiettivo di stabilizzare i mercati valutari – si spostino semplicemente dalle piazze dell’Europa continentale a quelle d’Oltremanica o d’Oltreceano. Immettendo nelle casse dell’Unione un gettito molto inferiore ai 57 miliardi di euro auspicati inizialmente da Francia e Germania.
Insomma, una tassa Robin Hood ma “all’europea”, che anzichè “dare ai poveri” finirebbe per favorire gli astenuti, come il Lussemburgo (dove si è tenuta la riunione di EcoFin) e quello che gli economisti iniziano a chiamare il Tax heaven Uk , il paradiso fiscale di Cameron.
Senza contare che, con il rifiuto netto di Usa e Giappone a una Tobin Tax globale, infatti, la proposta di tassazione europea riguarderebbe solo i movimenti finanziari intra-comunitari, lasciando intatti quelli dei capitali extra Ue.
Ormai, però, la strada è spianata.
La Commissione presenterà la proposta di regolamento a metà novembre, e si scommette su un accordo entro fine anno.
Si parte dalla proposta della Commissione Ue già sul tavolo: tassa su scambio di azioni e obbligazioni dello 0,1%, sui contratti derivati dello 0,01%.
Meno di quanto suggerito dallo stesso Tobin (0,05%) in una famosa intervista rilasciata nel 2001 al settimanale tedesco Der Spiegel. Ma questo basterebbe, se la tassa fosse applicata globalmente, a estirpare la fame nel mondo.”
Vale la pena di sostenerla fino in fondo.
(da “Unimondo.org“)
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI FIRENZE STAVOLTA HA SBATTUTO CONTRO IL MURO DI UNO TOSTO E RIMEDIA UNA FIGURA BARBINA: PRIMA USA IL JET PRIVATO (QUANTO COSTA NON LO DICE) POI SI PRESENTA IN CAMPER AGLI ELETTORI
«Renzi ha sbagliato e continua a sbagliare. Si farà del male. Sono stato a Matera per una iniziativa su Berlinguer: c’era il doppio della gente rispetto a quanta era accorsa ad ascoltare Renzi. Però i giornali non lo scrivono, perchè rottamare il Pd conviene a molti».
Poi, l’affondo. «La settimana scorsa Renzi è andato a Sulmona, in jet privato da Ciampino, poi una Mercedes. In camper c’è salito alle porte di Sulmona, ma quando è arrivato in piazza, tutti ad applaudire il giovane ribelle che “altro che auto blu, lui viaggia in camper”».
A lanciare tante stilettate sul sindaco di Firenze, candidato alle primarie del centrosinistra, è un nome importante del Pd: Massimo D’Alema, presidente del Copasir.
Lo fa in un retroscena pubblicato su La Stampa a firma di Federico Geremicca e che viene – in parte – poi smentito dalla portavoce di D’Alema.
Ma la bomba è ormai lanciata.
La replica di Renzi nel merito è poco convincente:: «Ho preso quel volo, pagando di tasca mia, per andare al funerale di Piero Luigi Vigna che è un pezzo di storia di Firenze, e non avevo altra possibilità che fare 40 minuti di volo».
Un jet privato è forse alla portata di tutti?
E quanto gli è costato non lo dice, come non dice di essere poi salito su un Mercedes.
A Renzi però saltano i nervi: “Nelle frasi di D’Alema c’è un che di intimidatorio».
Il sindaco di Firenze ha detto di essere «veramente colpito», ma «quello che mi colpisce di più» – ha aggiunto – è che D’Alema «non vuole mollare: se perdo, do una mano a Bersani, ma se vinciamo noi li mandiamo a casa”.
Quindi in caso di vittoria, ha affermato il sindaco di Firenze, «non è che il giorno dopo il gruppo dirigente dice che si continua allo stesso modo: non penserete mica che facciamo le primarie, si sconfigge questo gruppo dirigente, e poi D’Alema e la Bindi hanno la deroga. La deroga la ripongono nella vaschetta, diciamo».
Renzi chiude in stile bulletto: “Occhio che ti fai male D’Alema lo vada a dire qualcun altro».
A noi resta una domanda: quanto costa la campagna elettorale di Renzi e chi la paga.
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Ottobre 10th, 2012 Riccardo Fucile
PSICODRAMMA DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA CHE SPERAVA IN UNA CANDIDATURA (POI SFUMATA) NELL’UDC
Mi dimetto. Non mi dimetto. Ho annunciato le dimissioni. Non ho annunciato le dimissioni.
E’ stata una giornata di psicodramma per Guido Podestà , presidente della Provincia di Milano, finita con una conferenza stampa in cui il politico del Pdl assicura che resterà al suo posto.
E se già si fa fatica a comprendere la versione “ufficiale” dell’interessato, si aggiungono i retroscena.
Il più accreditato dei quali vuole che Podestà abbia annunciato le dimissioni per poter correre alle elezioni politiche, dato che per legge possono candidarsi i presidenti di Provincia che abbiano lasciato il loro incarico almeno sei mesi prima del voto, previsto ad aprile.
Ma dopo aver ricevuto un no dall’Udc — a Milano Podestà rappresenta la minoranza del Pdl — il presidente sarebbe tornato in fretta sui propri passi.
“Credo non ci sia motivo per dare le dimissioni”, ha affermato in conferenza stampa, spiegando che in un momento difficile “bisogna rispettare il patto con i cittadini”. L’esposizione dei fatti che avrebbero portato all’equivoco è stata quanto meno contorta. Podestà ha assicurato di non aver cambiato idea rispetto a quando, poche ore prima, aveva convocato la conferenza stampa medesima con un messaggio su Twitter. Che recitava: “Alle 16 conferenza stampa sulle ragioni delle mie dimissioni. Governare una provincia in queste condizioni è (quasi) impossibile”.
Poi ha “spiegato” che è sempre stata sua intenzione andare avanti, ma di aver discusso “pure con la famiglia” e di aver capito le ragioni di altri presidenti che oggi si sono dimessi, chiamando in causa i tagli del governo.
E alla fine ha anche attribuito la colpa al suo ufficio stampa, che avrebbe sbagliato a scrivere il “twit” incriminato.
Nel fuorionda il presidente si rivolge al portavoce Andrea Radic. “Tu hai mandato veramente ‘sti twit?”. “Sì”. E il presidente: “E’ una stronzata. Se lo hai fatto è una cosa inaccettabile” .
In precedenza, Podestà aveva spiegato ai giornalisti che il twit conteneva un “mie” di troppo, dal che si dedurrebbe che fosse sua intenzione parlare di “dimissioni” altrui.
Sui motivi delle annunciate dimissioni erano circolate diverse ipotesi.
Da una parte nel 2014 la Provincia di Milano scomparirà perchè nascerà l’Area metropolitana. Dall’altra, appunto, una possibile candidatura alle prossime elezioni politiche.
Altra ipotesi, un gesto per protestare contro i tagli alle Province (stesso motivo addotto dalla presidente di Asti, Maria Teresa Armosino), e quindi che si tratti di una provocazione. E’ il caso anche del presidente della Provincia di Biella Roberto Simonetti (che è anche parlamentare della Lega Nord).
E ancora tra tre giorni Podestà si presenterà davanti al giudice per l’udienza preliminare per il caso delle firme false presentate per consentire alle liste Pdl di partecipare alle elezioni regionali del 2010.
L’accusa per l’attuale presidente della Provincia di Milano è quella di falso ideologico.
All’epoca il presidente della Provincia era coordinatore regionale lombardo del Pdl: è imputato perchè sarebbe stato il promotore della presunta falsificazione delle firme a sostegno della lista di Roberto Formigoni e di quella provinciale del Pdl per le regionali del 2010.
L’estate scorsa il procuratore aggiunto Alfredo Robledo aveva chiesto il processo per altre nove persone, tra cui Clotilde Strada, all’epoca responsabile della raccolta firme del partito e che è stata anche collaboratrice della consigliera regionale Nicole Minetti.
E poi, sullo sfondo, c’è il crepuscolo del Pdl, perfino a Milano.
Mentre Silvio Berlusconi dice di ritirarsi per far spazio a un’area dei moderati la più ampia possibile, il partito resiste solo nella figura del presidente di Regione, Roberto Formigoni.
Milanese, classe 1947, Podestà ha iniziato a lavorare con Silvio Berlusconi nella Edilnord nel 1976, diventandone anche amministratore delegato.
La sua carriera politica è iniziata nel 1994 in Forza Italia quando è stato eletto al Parlamento europeo, di cui in seguito è diventato anche vicepresidente.
E’ rimasto eurodeputato fino al 2009, quando è diventato presidente della Provincia, che sparirà nel gennaio 2014 per diventare città metropolitana.
Nel maggio 2008 è diventato coordinatore regionale di Forza Italia e poi del Pdl fino al 2011 quando è stato sostituito da Mario Mantovani.
Lo scorso febbraio si è candidato alla segreteria provinciale del Pdl a Milano, ottenendo il 22% dei voti contro il 72% dell’eletto Sandro Sisler.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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