Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
“SONO GRASSO, VECCHIO E MILIARDARIO. MA CI CREDO”… E RECITA: “OGNUNO STA SOLO SUL CUOR DELLA TERRA, TRAFFITTO DA UN RAGGIO DI SOLE, ED E’ SUBITO MICCICHE’…”
Se ha un problema, qui, Beppe Grillo ce l’ha con la toponomastica.
Sono sbarcato a nuoto dice, dopo che già erano sbarcati Giuseppe Garibaldi a portare lo Stato e gli Americani a portare la mafia.
Che poi nella dottrina grillesca lo Stato e la mafia sono all’incirca la stessa cosa.
Lo dice nella notte di martedì, in una piazza pienotta ma non traboccante e alle sue spalle c’è via Megara.
“Già colonia greca”, riporta l’insegna di pietra.
Siamo ad Augusta, città di raffinerie e aria lercia che scirocco e maestrale provano a soffiare altrove. Si chiama così per volere di Federico II, Stupor mundi, ma far l’elenco di chi sbarcò a portare un mondo migliore, e a forgiare la noncuranza e la disillusione, è come recitare la formazione a memoria: romani, svevi, saraceni…
Lui lo sa. Picchia i pugni sui tubolari del palco. “A Modica sono rimasti tutti sotto i portici! Qua sotto non veniva nessuno!
Ma la dovete cambiare voi questa terra!”. A ogni comizio, e sono due al giorno, più la nuotata fra Reggio e Messina, più la scalata all’Etna, la voce è un po’ più roca.
A ogni comizio spiegano che stavolta sarà breve e invece lui si lascia prendere e non molla il microfono, urla, strepita, snocciola certificati di morte, promette sputi digitali, sprona alla ribellione contro la Bce, recita Salvatore Quasimodo per non dimenticare da dove viene: “Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito Miccichè”.
Una forza della natura. Prestazioni fisiche di rara generosità .
Una classe suprema nell’arte dell’incantamento: “Io che c… ci faccio qua? Sono miliardario! Sono vecchio! Sono grasso! Ho sei figli, due vanno in Nuova Zelanda, uno va in Australia, il quarto vuole andare a Los Angeles. Con la morte nel cuore gli ho detto vai, perchè questo è un paese di m… Ma no! Non posso fregarmene! Non può essere anche colpa mia! Non può essere anche colpa vostra! Datevi una mossa!”. Ed è qui che la folla sbanda, vibra, ha la commozione in gola, guarda su verso le colline di Enna o giù verso il mare di Siracusa, applaude e si gonfia dei buoni propositi di ogni nostra sera.
E’ una partitaccia. Grillo non sa nemmeno chi sono i suoi.
Arriva a Piazza Armerina – città meravigliosa di collezionisti d’arte, dove si capita in un albergo a dormire su un letto di Gaetano Pesce — e scende dal camper e chiede: chi sono i candidati?
E’ dura così.
Lui lo ripete: “L’animo umano è quello che è, qualche mascalzone capiterà anche da noi”. Ma questa, dice, è una rivoluzione culturale.
E dalle piazze lo guardano un po’ come un ufo, perchè qui — spiegano quelli che ne sanno, quelli che della Sicilia sanno il perchè e il percome di ogni pietra — la politica non è filosofia. La filosofia è una cosa seria.
La politica è ufficio di collocamento.
E soprattutto la politica non deve rompere i cosiddetti.
A Piazza Armerina a metà pomeriggio (comizio fissato alle 18 in piazza Falcone e Borsellino) alle 16 sgombrano anche piazza del Duomo nella città alta, da dove pare comincerà , per modifica di programma, la passeggiata di Grillo.
Così arrivano i vigili a far spostare le macchine e lo scandalo è messo in poesia da uno che parla con confidenza a un carabiniere: “Ma come? Arriva ‘no strunz e non si parcheggia più?”.
Un’altra signora: “E che deve fare? La processione?”. E per completare il quadretto ecco Nunzio, ottant’anni: “Davvero passa qua Grillo? Ci devo parlare”.
E che gli deve dire? “Io ci avevo un forno. E l’ho lasciato a mio figlio. E quello non sa fare il pane e s’è mangiato il negozio”.
E di questo gli deve parlare? “E di che cosa sennò?”.
Nunzio è uno che ricorda del padre che gli raccontava di quando arrivò il Duce, e si calò quattrocento metri in miniera, a fare vedere come si lavora.
E poi la concorrenza è piuttosto complicata. Ti chiamano a casa, gli altri candidati. Raffaele Lombardo ti fa chiamare dalla segretaria: “Il presidente avrebbe piacere di vederla quest’oggi alle 15”. “A me?”. “Certo, a lei”.
Nei giorni di guerra Lombardo riceve dall’alba a notte.
Così si fa la politica a raccattare voto su voto. Ha bisogno di qualche cosa? Tutto bene? Suo figlio?
E non sono mica cose nuove. Lo sa anche Grillo. La gente lo aspetta alla scaletta del palco e lui è un santo. Saluta. Fa le foto coi ragazzi e le vecchiette. Si prende i baci. Si rimette a discutere.
C’è chi gli dice: «Sei venuto qua e che pensi di cambiare?». Arriva un ragazzo, ad Augusta, e gli chiede perchè sia così sprezzante coi siciliani. Grillo si china. Gli mette le mani sul petto. «Non sono sprezzante. Ma la dovete piantare di dire: va bè vediamo che fanno questi… Dovete cominciare a pensare a che cosa volete fare voi per cambiare le vostre vite. Il mio movimento è soltanto un tramite. E’ la rivoluzione della Rete!».
E il ragazzo insiste («ho ventuno anni, studio economia”), gli mostra una lettera che un candidato del M5S ha mandato a Silvio Berlusconi, chiamandolo affettuosamente “zio”, e intestata “Giovani del Pdl Augusta”.
Io queste cose non le so, dice Grillo, «magari qualcuno vuole fare carriera, ma non è questo il punto…». Uno dello staff fa il fenomeno, con una grinta caricaturale, «ha già spiegato tutto», dice secco e nervoso.
Spunta qualche telecamera. E Grillo: «Hei, pivello, guarda che quelli ti fregano…».
E lui amareggiato: «Sono venuto perchè pensavo fossero diversi».
E’ sempre dura. Ma qui lo è di più. Lo spiega la toponomastica. I neon dei locali. “Caffè Gattopardo”. “Ristorante i Vicerè”.
Il timbro eterno. «C’è Grillo? E che c’è uno spettacolo?», dice la moglie del meccanico di Piazza Armerina.
«Comizio? E chi mi frega a me? Mio marito lavora e alla sera si mangia».
Però attenzione: anche qui le cose non tornano. Non è tutto così stampato, così scontato.
Secondo gli ultimi sondaggi, su cinque milioni di aventi diritto, due milioni e più non andranno a votare e di questi soltanto ottocentomila non escludono di cambiare idea. «Abbiamo sempre votato il meno peggio, è che stavolta non riusciamo a individuarlo», dice uno ridendo ad Augusta.
I grillini, dicevano quei sondaggi, erano all’otto per cento.
Ora loro stessi sostengono di viaggiare al quindici, al sedici.
«Siamo la prima forza politica della Sicilia!», ha urlato ieri sera Grillo (Gianfranco Miccichè tiene discorsi in deserti di desolazione, con quattro pensionati seduti sulle sedie, mentre sgranocchiano “calìa e simenza”, ceci tostati e semi di zucca).
E poi ringhia, parla dell’Argentina, della presidente Cristina Kirchner che è andata alla Banca mondiale a mandarli tutti al diavolo, e la gente in piazza si dà di gomito: «Ma che minchia dice?». Però non se ne va. Ascolta.
Applaude sempre meno timida.
A Piazza Armerina, 20 mila abitanti, ieri forse ad ascoltare erano duemila.
Comunque tanti. Tanti.
E ridere di loro — ridere di Grillo — è roba per ciechi.
Mattia Feltri
(da “La Stampa“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
DEPUTATO DAL 1976, IL POLITICO SI INFERVORA SU RADIO 24 E SE LA PRENDE CON IL GIORNALISTA CHE GLI HA POSTO LA DOMANDA
Poi Mario Tassone dell’Udc, deputato dal ’76, insulta il conduttorePoi Mario Tassone dell’Udc, deputato dal ’76, insulta il conduttore
«Il mio vitalizio? 6.800 euro, una cifra molto modesta?.
Mario Tassone, deputato dell?Udc in Parlamento da ben 36 anni, ha spiegato così a 24 Mattino su Radio 24 a quanto ammonta la pensione da parlamentare che lo attende al termine della sua lunga militanza politica (semmai dovesse finire…).
Una domanda normale di questi tempi, in cui l’opinione pubblica desidera conoscere a quanto realmente ammontano i presunti “privilegi” della casta politica.
Il deputato Tassone avrebbe potuto rispondere semplicemente confermando l’importo senza definirlo “modesto”, vista la situazione economica in cui versano milioni di famiglie italiane.
Ma nno è finita qua.
A conduttore Alessandro Milan che gli chiedeva se non fosse esagerato considerare molto modesto un vitalizio da 6.800 euro, Tassone ha risposto: «Deve farsi un quadro di riferimento più serio. Le auguro moltissimo che la mantengano a Radio 24, però ritengo che gli scoop che lei fa sono di bassa lega»
A parte che se avesse detto “siano”, invece che “sono di bassa lega”, forse avrebbe reso meno problematico il suo rapporto con l’italiano, il buon Tassone ha solo dimostrato l’arroganza del ceto politico di fronte alle domande che si pongono i cittadini.
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
RAPPORTO POVERTA’: LA DISPERSIONE DI MISURE ECONOMICHE, I RITARDI E I TAGLI RENDONO IMPOSSIBILE LA FRUIZIONE TEMPESTIVA DEI SERVIZI
Dispersione delle misure economiche, ritardi nell’attivazione delle stesse e un progressivo restringimento delle disponibilità finanziarie nel settore socio-assistenziale: sono questi alcuni dei fattori che secondo la Caritas Italiana sottolineano “l’evidente incapacità dell’attuale sistema di welfare a farsi carico delle nuove forme di povertà , delle nuove emergenze sociali derivanti dalla crisi economico-finanziaria”. Secondo il Rapporto sulla povertà 2012, infatti, l’attuale sistema di welfare è un “percorso a ostacoli, dotato di irrazionale logica, in cui la presenza di barriere e veti incrociati rende quasi impossibile l’esigibilità dei diritti e la fruizione tempestiva del servizio, anche in presenza di oggettive situazioni di bisogno”.
Un sistema caratterizzato da diversi limiti.
Primo fra tutti quello della “dispersione delle misure economiche su un gran numero di provvedimenti nazionali, regionali, locali, gestiti da enti e organismi di diversa natura, al di fuori da qualsiasi tipo di regia e coordinamento complessivo”.
Ulteriore ostacolo è “l’estremo ritardo con cui vengono attivate le misure di sostegno economico, soprattutto quelle legate alla perdita del lavoro e alla perdita di autonomia psico-fisica”.
A non permettere risposte efficaci anche l’estrema varietà nella definizione del livello di reddito della famiglia, necessario per poter usufruire di determinate prestazioni, spesso calcolato sulle condizioni socio-economiche dell’anno precedente e la varietà di soglie e i criteri di accesso alle varie opportunità assistenziali che spesso creano “vicoli ciechi spesso difficili da prevedere all’avvio dell’iter di richiesta della misura”. Infine, preoccupa, “il progressivo restringimento delle disponibilità finanziarie nel settore socio-assistenziale” che secondo quanto afferma il rapporto della Caritas “sta determinando la chiusura o la negazione repentina dei diritti ad una serie di fasce sociali che, fino a poco tempo prima, erano state beneficiarie dell’intervento”.
(da “il Redattore Sociale“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
IL CALCIATORE DEL GUBBIO VA ALL’ASTON VILLA PER INSEGNARE AI BAMBINI LE REGOLE DELLA LEALTA’ NELLO SPORT
Simone Farina, il calciatore del Gubbio che disse no ai 200 mila euro di una combine e denunciò il tentativo di truffa alla magistratura, è da ieri il «community coach» del settore giovanile dell’Aston Villa.
Insegnerà ai bambini di Birmingham le regole del calcio e quelle, meno note, della lealtà . Affidare al simbolo del calcio pulito un incarico di educatore. Che bella idea.
Possibile non sia venuta in mente ai dirigenti di qualche squadra italiana?
Secondo me, per pensarci ci hanno pensato. Però hanno saputo resistere alla tentazione.
E sì che nei nostri club professionistici ci sarebbe una certa urgenza di ripassare alcune regole di educazione civica o più semplicemente umana.
Non truffare il prossimo tuo come te stesso, non chiudere gli occhi davanti a un reato, non fare la vittima.
Chiunque assista a una partita di calcio fra bimbi italici rimane colpito dalla presenza a bordo campo di torme di assatanati che gridano ai pargoli di buttarsi in area di rigore e che ricordano all’arbitro quanto sia sentimentalmente leggera sua moglie.
Ultrà ? No, genitori.
Il «community coach» servirebbe soprattutto a loro.
Invece Farina lo hanno ingaggiato gli inglesi.
Ormai nel calcio ci siamo abituati a vedere emigrare i più bravi.
Adesso cominciano ad andarsene anche i più buoni.
E mica solo nel calcio, a giudicare dai tanti ragazzi orfani di raccomandazione che stanno lasciando l’Italia per cercare fortuna in Paesi dove parole come talento e onestà non suscitano ancora fastidio, piuttosto il brivido di un potenziale splendore.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
IL DDL PASSA CON LA FIDUCIA AL SENATO. SEVERINO: IL FALSO IN BILANCIO È FUORI TEMA
Sulla volta che sovrasta l’aula del Senato sono affrescate le personificazioni della Giustizia, del Diritto, della Fortezza e della Concordia.
Ogni tanto il Guardasigilli Paola Severino alzava gli occhi e le osservava. Forse pensando che la sua legge anticorruzione avrebbe dovuto avere a che fare più con i primi tre che con la quarta.
E invece, per assecondare la pace tra i membri di una “strana” maggioranza bipartisan, a vincere è stata l’ultima.
Quando si è issata in piedi per esprimere il parere del governo dopo un’ora e mezzo di dibattito, il ministro ha chiesto conto ai parlamentari delle mancanze di questa legge: “Anch’io appartenevo ad una categoria di grilli parlanti, ogni legge che usciva la mia critica era pronta, era forte. Ma bisogna passare qui dentro per capire la fatica che c’è dietro ogni provvedimento, la necessità di conquistarsi la fiducia di tutti su ciò che si propone”.
Una fiducia raggiunta solo dopo riduttivi compromessi.
Il provvedimento che dovrebbe aiutare lo Stato a recuperare 60 miliardi l’anno introduce maggiore trasparenza, impedisce ai condannati per mafia di ricevere appalti pubblici e crea l’Authority anticorruzione.
Ma non ripristina il falso in bilancio, non accorcia i tempi dei processi nè allunga quelli della prescrizione (men che meno abolisce la ex Cirielli).
Tutti i temi su cui il Pdl ha alzato le barricate .
Inoltre depenalizza il reato di concussione per induzione, offrendo un “aiutino” ai processi di Filippo Penati (aree Falck) e Silvio Berlusconi (caso Ruby).
Lo stesso reato ha a che fare anche con i casi P4 (Papa), sanità pugliese (Tarantini), nomine Asl (Tedesco).
“So perfettamente che il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e il tema della prescrizione rappresentano mondi che stanno intorno alla corruzione e che ne condizionano le possibilità di scoperta e di punizione” ha dichiarato la Severino, “sono le premesse della corruzione: il falso in bilancio serve per nutrire di denaro nero la corruzione; l’auto-riciclaggio rappresenta la parte postuma, ciò che si fa con il denaro”.
Ma “i reati satellite non devono diventare la tomba del ddl” ha chiarito.
In realtà sono strumenti fondamentali ai quali gli inquirenti non potranno ricorrere nonostante l’Europa ci chieda di adeguarci dagli anni ’90.
“La riforma dei reati societari ci deve essere — ha continuato il ministro — ma non nel provvedimento sulla corruzione, perchè lo affollerebbe”.
Non lo affollano invece le numerose clausole sui magistrati fuori ruolo.
La regolamentazione chiesta dalla Camera con l’emendamento del deputato Pd Roberto Giachetti è stata stravolta.
Il 2,6% dei togati che hanno un alto incarico nelle amministrazioni potranno usufruire di speciali eccezioni per preservare il loro ruolo.
Alla fine della sua arringa Severino ha chiesto la fiducia, che è stata votata dopo sei ore.
Per lei solo il tempo di un pranzo veloce, di cambiarsi una delle sette camicie sudate per trovare un accordo tra i partiti e di nuovo in aula.
Ma di fronte ha trovato una platea scarsa.
C’erano solo 12 senatori del Pdl. A sinistra banchi più popolati ma nessuno pareva scontento.
Tranne l’IdV, che ha votato contro la legge “per l’impossibilità di modificarla” e Giovanardi, secondo cui “i fenomeni di corruttela aumenteranno con l’introduzione di funzionari ad hoc in ogni comune che dovranno controllare persino gli amici e i parenti”.
Il calcolo è finito con 228 favorevoli, 33 contrari e 2 astenuti, una delle fiducie più basse registrate da questo governo che, come ha detto Mario Monti, “ci ha messo la faccia”.
Ora dovrà fare i conti con un nuovo rinvio del provvedimento alla Camera. Nonostante gli auspici a “fare presto” non c’è da sottovalutare il parere del Csm richiesto dalla Severino sulla legge, atteso per la prossima settimana .
Difficile che l’organo di autogoverno della magistratura non faccia rilievi su un provvedimento imperfetto.
E come faranno a quel punto i deputati a non recepirli?
Solo dopo l’approvazione definitiva scatterà l’impegno del governo a scrivere la delega sull’incandidabilità dei condannati in Parlamento.
Un altro compromesso con la politica: la norma prevede infatti che non potranno partecipare alle elezioni i condannati in via definitiva a una pena oltre i due anni per i reati contro la pubblica amministrazione, a tre negli altri casi.
Peccato che l’87% dei corrotti ne patteggia meno di due e può andare dritto a premere un bottone sotto la volta di Palazzo Madama, ringraziando la Dea Concordia.
Caterina Perniconi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
CANCELLATO IL SILENZIO-RIFIUTO… COME FARANNO LE SOVRINTENDENZE SENZA ORGANICO?
Se gli efficientissimi uffici tedeschi impiegano 97 giorni a dare l’okay per costruire un capannone, può bastare una legge a miracolare le nostre soprintendenze spingendole a dire sì o no a un eventuale abuso entro 45?
E questo nonostante gli uffici di tutela abbiano qua e là paurose carenze d’organico? Eppure è questo l’intento della nuova legge sulla semplificazione.
Che rischia di essere un pasticcio dalle conseguenze da brividi.
In linea di principio, ovvio, è impossibile non essere d’accordo. Anzi, il sogno di tutti i cittadini sarebbe quello di ottenere una risposta alla domanda di una licenza edilizia entro una settimana. O magari il giorno dopo.
Ma un conto sono le dichiarazioni di principio, un altro il buon senso.
Immaginate una legge che dica: le ambulanze devono arrivare in ogni luogo d’Italia entro 5 minuti dalla richiesta di soccorso. Evviva.
Ma le strade dovrebbero essere in ordine, le piazzole attrezzate, i centralini sempre all’erta, le autolettighe nuove e non vetuste con 22 anni di anzianità media, i volontari e i medici abbondanti, i serbatoi della benzina sempre pieni…
Insomma: calare dall’alto un bellissimo principio su una realtà sgangherata non solo non risolve i problemi ma rischia di aggravarli creando aspettative impossibili da accontentare.
Certo, la storia dei permessi edilizi nei luoghi soggetti a qualche forma di tutela paesaggistica, monumentale o archeologica era regolata fino a ieri da due leggi che finivano per andare in conflitto.
Una diceva che il silenzio delle sovrintendenze equivaleva al rifiuto, un’altra che equivaleva al consenso.
E sul tema da anni si erano aperte infinite baruffe politiche e giudiziarie.
È lì che interviene il disegno di legge: «La nuova disciplina del permesso di costruire, oltre a garantire tempi certi per la conclusione dei procedimenti, elimina il silenzio rifiuto previsto per il rilascio del permesso medesimo nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali».
D’ora in avanti le novità «consentono una maggiore certezza del rispetto dei termini e una riduzione dei tempi di conclusione del procedimento, in virtù dell’obbligo dell’amministrazione competente, di emanare il provvedimento, una volta decorso il termine per l’espressione del parere da parte del soprintendente, che viene ridotto a 45 giorni».
Sulla carta, benissimo.
Ma si può chiedere a una tartaruga di farsi di colpo lepre?
Dice Confindustria che per tirar su uno stabilimento in una zona industriale una media azienda deve aspettare 97 giorni in Germania, 184 in Francia e 258 giorni da noi.
E parliamo di aree industriali, pezzi di territorio già compromessi. Non delle colline terrazzate del Chianti, dei dintorni di un sito archeologico o di una costa ancora incontaminata.
Non bastasse, quella tartaruga è azzoppata da un’antica e progressiva carenza di organici.
Solo tra i dirigenti, ne mancano uno su sei.
E tra quelli che dovrebbero compiere i sopralluoghi i vuoti in certe aree sono drammatici.
«In Molise abbiamo quattro persone che possono andare a fare le verifiche, coi mezzi pubblici o con l’auto propria ricevendo rimborsi bassissimi e pagati a volte molti mesi dopo», spiega il direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici Gino Famiglietti.
«Quattro persone per 4.400 chilometri quadrati: ammesso che passino la vita in giro, e ancora non basterebbero, poi i controlli sulle carte in ufficio chi li fa?».
Tanto per dare un’idea: come ricorda il deputato Roberto Morassut il carico di lavoro a Roma è tale che le 600 mila pratiche dei condoni edilizi craxiani e berlusconiani (l’ultimo 9 anni fa) sono state sbrigate solo per la metà .
C’è anzi chi sta perfino peggio: a Messina i fascicoli ancora da smaltire sono circa 11 mila su 16 mila.
E il giorno in cui tentarono di chiudere il contenzioso con la «sanatoria delle sanatorie» gli abusivi che scelsero di aderire con un’autodichiarazione furono lo 0,37%.
Perfino nelle realtà mediamente più virtuose come Torino la soprintendenza ammette: «Data l’impossibilità di verificare tutto, la maggior parte delle pratiche vengono sbrigate col silenzio-assenso». Figuratevi nel resto del Paese e soprattutto nelle quattro Regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania) in cui si concentra secondo il Cresme il 59,6% delle abitazioni abusive.
Immaginatevi quei 45 giorni di tempo dati ad esempio nello sgangherato hinterland napoletano o a Ischia, dove su 62 mila abitanti sono stati denunciati 28 mila abusi. Sinceramente: davvero c’è chi pensa di potere arginare la devastazione del territorio, continuare a tagliare gli organici e allo stesso tempo raggiungere una produttività e una rapidità dimezzata rispetto agli uffici tedeschi?
Ma dai…
Dice una nota di Lorenzo Ornaghi che no, «non c’è nessuna diminuzione del livello di tutela del paesaggio e dei beni culturali poichè la nuova norma, obbedendo a un principio generale di trasparenza della funzione pubblica, ha solo ribadito il diritto del cittadino ad avere in ogni caso una risposta espressa e motivata (negativa o positiva) sulla propria domanda di permesso di costruire o sulle altre istanze che presenti all’amministrazione».
Può essere.
Eduardo Zanchini di Legambiente spiega però di essere preoccupatissimo: «Oggi le competenze sulla tutela sono in qualche modo contese, di fatto, tra le sovrintendenze e le Regioni. Non vorremmo che, nell’attesa di una risposta fuori tempo massimo dei soprintendenti asfissiati dal lavoro le Regioni e i Comuni consentissero di costruire anche nelle aree più delicate».
Conosciamo già la risposta di rito: se succederà si tratterà di case illegali.
Bella consolazione: in Italia, stando agli studi di Paolo Berdini, sono già quattro milioni e mezzo.
E perfino quelle con decreto di abbattimento vengono poi abbattute nello 0,97% dei casi.
Per non dire, se non arriverà qualche ritocco salvifico, di un rischio ulteriore: ogni cittadino che non riceverà la risposta delle sovrintendenze entro 45 giorni sarà autorizzato a fare causa per danni allo Stato.
Accettiamo scommesse: rischia di scatenarsi una baraonda avvocatesca mai vista.
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
IL SEDICENTE CANDIDATO DELLA SINISTRA NEL LUOGO DOVE SI RIUNISCONO I GIOVANI MILANESI RAMPANTI… ECCO I NOMI DEI PRESENTI DELLA MILANO BENE
Giorgio Gori arriva da solo poco dopo le venti, quando Matteo Renzi è già dentro la fondazione Metropolitan, un palazzo nel centro milanese dove ha deciso di riunire i giovani del panorama economico e finanziario lombardo per attovagliarli a una cena su invito e donazione partita da cinquemila euro e scesa nel corso dei giorni a mille. Pagati prima della cena su iban comunicato in anticipo.
Incontro segretissimo e riservatissimo, gestito direttamente dallo staff fiorentino estromettendo completamente i comitati milanesi renziani, salvo Alessandro Alfieri, consigliere regionale del Pd e uomo ponte al nord del sindaco fiorentino.
Ma l’idea di chiamare a raccolta il mondo finanziario è stata di Gori, l’organizzazione è toccata a Davide Serra, che ha anche realizzato, con la sua Algebris investments, lo studio argomento di discussione della serata: “L’Italia: problemi, conseguenze e raccomandazioni”.
Rilegato in brochure, dimensioni quaderno, in una cinquantina di slide è fotografato “il dramma che vive il nostro paese”, per dirla con le parole dello stesso Renzi: tanto debito e crescita ferma.
Con un paragone debito/pil tra prima e seconda Repubblica e il risultato che il peggio è cominciato nel 1994 e l’inversione non è mai cambiata.
Motivi? Secondo il duo Serra-Renzi la prima causa è l’evasione fiscale, “l’Italia messa peggio del Messico”; poi un sistema tributario complesso, spesa pubblica troppo alta, stipendi statali esagerati, troppa corruzione, servizi arretrati e via dicendo fino al berlusconiano “troppe tasse” per i cittadini certo ma anche e soprattutto per le imprese.
Perchè qui il rottamatore parla ai portafogli nella speranza di convincerli che con lui si apriranno per ricevere se oggi sono disposti a lasciar andare qualcosa per finanziare la sua campagna elettorale.
Le spese del camper, che a Milano non s’è visto, sono ridicole rispetto a quanto costeranno sei mesi in giro per l’italia. Renzi lo sa, Gori pure.
E lo sanno gli invitati. Per lo più ex Mckinsey, come Stefano Visalli e Yoram Gutgeld (due uomini di punta del pool economico del sindaco fiorentino).
Arrivano portafogli interessanti: il numero uno di Deutsche Bank Italia, Flavio Valeri, il presidente di Lazard e Allianz Italia, Carlo Salvatori, l’ex dg di Bpm, Enzo Chiesa, Andrea Soro di Royal Bank of Scotland e l’amministratore delegato di Amplifon, Franco Moscetti. Da Firenze sono arrivati Jacopo Mazzei, presidente dell’Ente Cassa di risparmio di Firenze ed Enzo Manes, presidente della Kme, il finanziere, Francesco Micheli.
Non è voluto venire, invece, Tito Boeri, nonostante le insistenze di Renzi che lo ha incontrato nel primo pomeriggio alla Cattolica insieme a Massimo Bordignon.
Alle diciassette si è spostato al Four Season. Dove ha avuto un colloquio con Roger Abravnel per definire ulteriormente la linea economica del suo programma. Neanche Abravnel si è palesato alla Fondazione Metropolitan. Ma il parterre è comunque degno di nota.
Poco prima delle ventidue tra i primi a lasciare la cena è il banchiere d’affari Guido Roberto Vitale non è deluso, anzi se ne va soddisfatto e convinto.
“Renzi è bravo, parla come una persona di sinistra che non demonizza il capitalismo e non ha letto Marx, fortunamente”.
Vitale è un finanziere di sinistra che si distinguono dagli altri, spiega, “perchè paga le tasse” ma è “ovviamente interessato al profitto”.
Massimo Moratti, altro banchiere da sempre col cuore tendenzialmente a sinistra, non si è visto, seppure fosse tra gli invitati.
Come Tronchetti Provera anche lui dato per certo non pervenuto.
Ma ci sono giovani manager della Pirelli come di Mediobanca, del banco Santander e molti avvocati di studi che curano mediazioni societarie.
Di politici nessuno, escluso Alfieri che si presenta a fine serata.
Alle 22 e 30 la cena finisce e i portafogli cominciano a lasciare la Fondazione. Nessuno dice se e come ha finanziato il rottamatore fiorentino.
(da “Il Fatto Quoitdiano“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
GIORNATA DI COMICHE NEL PDL, ORA LA PASIONARIA VUOLE CHE SI DIMETTA ANCHE ALFANO: “UN MONDO E’ FINITO, SEGUITE L’ESEMPIO DI SILVIO”
Daniela Santanchè tuona che «il Pdl non esiste più», che è «un mondo finito», che «devono dimettersi Alfano e i coordinatori».
Il suo intervento a «La zanzara» su Radio24 ha scatenato una tempesta in seno al centro destra, tempesta rafforzata da un altro intervento, mercoledì sera, al Tg4: «In questo momento abbiamo un mercato elettorale ma non abbiamo il prodotto», ha commentato l’onorevole.
Bene la «generosità » dimostrata da Silvio Berlusconi con il suo passo indietro ma, è stata la bordata dell’ex sottosegretario, «sono invece rammaricata che il nostro gruppo dirigente, da Alfano in giù, non abbia seguito questo esempio».
LE REAZIONI
Giuliano Cazzola ha replicato alla «pasionaria» in modo altrettanto diretto: «Daniela Santanchè propone di cacciare i parlamentari del Pdl che appoggiano il governo di Mario Monti, sarei onorato di stare ai primi posti nella sua lista di proscrizione. Anzi credo proprio di averne diritto».
Un altro deputato del Pdl, Sergio Pizzolante, si appella direttamente a Berlusconi: «Spero, anzi ne sono certo, che prenderà le distanze da chi attacca storie e persone che lo hanno sostenuto con determinazione e amore», censurando il fatto che «la Santanchè attacca il gruppo dirigente che ha scommesso su Alfano che rappresenta, come dimostrano anche gli ultimi sondaggi, l’ultima possibilità di rinnovamento del Pdl e del centrodestra».
Sulla stessa lunghezza d’onda Jole Santelli: «Non mi meraviglia che Daniela Santanchè attacchi il Pdl ed il suo segretario Alfano. In fondo non è mai stata d’accordo con la costruzione del nuovo partito, tanto da essersi candidata nel 2008 contro Berlusconi».
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 18th, 2012 Riccardo Fucile
NELLE CARTE SEQUESTRATE A CORALLO EMERGE CHE GIANCARLO ED ELISABETTA TULLIANI INVIARONO I LORO PASSAPORTI A JAMES WALFENZAO CHE DOPO UN MESE ACQUISTO’ L’IMMOBILE
Le carte che oggi Il Fatto Quotidiano pubblica impongono al presidente della Camera Gianfranco Fini di convocare immediatamente la stampa per una conferenza che potrà concludersi con due possibili esiti.
Delle due l’una: o Fini spiega le relazioni di affari del cognato Giancarlo Tulliani e della moglie Elisabetta con il re delle slot machines Francesco Corallo (attualmente latitante e già noto per i suoi rapporti di affari con due parlamentari ex AN, cioè Amedeo Labocetta e Francesco Cosimi Proietti) e con James Walfenzao, prestanome e consulente di questo imprenditore italo-caraibico oppure semplicemente Gianfranco Fini deve dimettersi da presidente della Camera.
Le carte sono quelle depositate dai pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici della Procura di Milano per chiedere il 29 maggio scorso l’arresto di Francesco Corallo nell’ambito dell’inchiesta che ha portato ai domiciliari anche l’ex presidente della Banca Popolare di Milano Massimo Ponzellini.
Quando i finanzieri del Nucleo Polizia Tributaria di Milano, coordinati dal colonnello Vincenzo Tomei, sono entrati per perquisire Corallo nella sua splendida casa in piazza di Spagna nel novembre del 2011, si sono imbattuti nel passaporto della moglie del presidente della Camera Elisabetta Tulliani e nella dichiarazione firmata da Giancarlo Tulliani nella quale il cognato di Fini attesta a una banca che è lui il possessore beneficiario al 100 per cento di una società di Saint Lucia che fa attività immobiliare. Entrambi i documenti sono stati inviati da Francesco Corallo via fax a James Walfenzao, che non è solo il consulente di Corallo ma è il rappresentante formale della società (diversa da quella dei documenti sequestrati) che ha comprato la casa ereditata da An in quel di Montecarlo.
Ilfattoquotidiano.it pubblica integralmente i fax e il documento del Governo di Saint Lucia nel quale si ricostruisce la storia della società ‘posseduta’ da Giancarlo Tulliani, la Jayden Holding.
Il 23 dicembre del 2011, alla vigilia di Natale, i finanzieri scrivono ai pm un’informativa.
Nel paragrafo intitolato in neretto ‘Rapporti di Francesco Corallo con James Walfenzao’ si legge: “Di sicuro interesse investigativo appare altresì il ruolo ricoperto da James Walfenzao, soggetto che con ogni probabilità gestisce per conto di Corallo varie realtà societarie, rapporti bancari e attività site all’estero. A titolo esemplificativo, si segnala che il 23 agosto del 2006, Corallo indica James Walfenzao quale soggetto al quale rivolgersi per ritirare, per proprio conto, un’autovettura Lamborghini modello Roadster grigio metallizzato, a Montecarlo …. Lo stesso Walfenzao”, prosegue l’informativa, “è destinatario da parte di Corallo, di varia documentazione relativa ai noti fratelli Elisabetta e Giancarlo Tulliani, tra cui: 1) un fax inviato l’undici aprile 2008, con allegato application form per la Bank of Saint Lucia International Limited, dal quale si rileva che Giancarlo Tulliani è il beneficiario economico della società Jayden Holding Ltd; 2) fax del 13 marzo 2008, con allegata copia del passaporto di Giancarlo Tulliani; 3) fax del 19 giugno del 2008 con allegata copia del passaporto di Elisabetta Tulliani”.
Walfenzao è il soggetto chiave della storia.
Questo professionista con base a Montecarlo e ai Caraibi figura da un lato nella società che controlla una parte del gruppo delle slot machines (Bplus) di Corallo ma dall’altro è famoso per avere creato le due società , Timara Ltd e Printemps Ltd, coinvolte nell’acquisto della famigerata casa di Montecarlo.
Walfenzao è anche l’uomo che scrive una mail al ministro della giustizia di Saint Lucia nella quale sembra ammettere che Giancarlo Tulliani controlla Printems e Timara.
La società al centro del carteggio sequestrato a Corallo è però una terza Limited che non è coinvolta nell’affare immobiliare di Montecarlo.
Si chiama Jayden holding ed è controllata da Giancarlo Tulliani al 100 per cento.
La Jayden Holding Ltd nasce il 15 gennaio del 2008 e muore il 27 maggio 2011, dopo lo scandalo Fini-Montecarlo, quando viene messa in liquidazione da Cathy Walfenzao (del medesimo studio monegasco probabilmente sorella di James) che ne è liquidatrice.
Il 13 marzo 2008 Giancarlo Tulliani invia tramite Corallo il suo passaporto a James Walfenzao.
L’11 aprile Giancarlo — sempre tramite Corallo — invia un modulo alla banca di Saint Lucia nel quale dichiara di essere il possessore beneficiario al 100 per cento della Jayden, società che si occupa di ‘affari immobiliare e di borsa’.
E fin qui siamo alla prova di affari Corallo-Walfenzao- G. Tulliani.
Il 19 giugno 2008 però accade una cosa ben diversa: è la sorella Elisabetta Tulliani, moglie del presidente della camera e leader di An, che invia il suo passaporto, sempre tramite Corallo, a Walfenzao.
Passa meno di un mese e l’undici luglio 2008 un’altra società , la Printemps, rappresentata da Walfenzao compra da Alleanza Nazionale a un prezzo di favore la casa di Montecarlo.
Ora Gianfranco Fini e la sua compagna devono spiegare se esiste una relazione tra quel passaporto di Elisabetta e gli affari immobiliari in quel di Saint Lucia del fratello.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Commento del ns. direttore
Fermo restando che Fini avrebbe fatto bene a dimettersi da presidente della Camera un anno fa per dedicarsi al nuovo partito che aveva creato, qualora fosse provato che il cognato sia davvero il proprietario del tormentone “casa di Montecarlo” farebbe bene a lasciare l’incarico istituzionale: non perchè abbia commesso un reato, semplicemente perchè l’aveva promesso in Tv.
Lasciamo perdere la manica di ex piduisti, faccendieri, corrotti, aspiranti carcerati e puttanieri che da tempo ce l’hanno con Fini per aver osato alzare quel dito contro Berlusconi, non accorgendosi del puzzo e del lerciume vero che usciva da casa loro.
Per aver dedicato approfonditi articoli alla vicenda, possiamo dire che le nuove carte pubblicate dall’Espresso in realtà non sono certo la pistola fumante che dimostrano le tesi accusatorie dei predetti.
Al di là della ingombrante presenza di Elisabetta Tuilliani in versione affari non precisati accanto al fratello, le nuove carte dicono semplicemente che Giancarlo Tulliani nel 2008 aveva aperto una società di mediazione immobiliare, la Jayden Holding, mentre la casa di Montecarlo è notoriamente intestata a Timara Ltd e Printemps Ltd.
Dato che nel 2008 nessuno avrebbe pensato allo scandalo “casa di Montecarlo”, nulla avrebbe vietato a Tulliani di intestarla alla sua società se ne fosse stato il reale compratore.
Quindi semmai è una prova a sua discarico.
E’ un reato avere rapporti di affari con James Walfenzao, rappresentante formale della società (diversa da quella dei documenti sequestrati) che ha comprato la casa ereditata da An in quel di Montecarlo?
No, visto che (per chi non ha memoria) Fini per primo disse che per la casa di Montecarlo, in stato di abbandono da anni, era stato il cognato Tulliani a fargli presente che lui avrebbe avuto un potenziale acquirente interessato.
Ovvero James Walfenzao, con cui il Tulliani diceva di essere in rapporti di affari.
E Fini gli disse di farlo mettere in contatto con il segretario amministrativo di An che ne avrebbe valutato l’offerta.
Quindi per una volta il racconto filerebbe rispetto agli elementi forniti dall’Espresso.
Anche il fatto che il Tulliani, in cambio della segnalazione, abbia poi avuto l’opportunità di godere dell’appartamento in affitto (peraltro regolrmente registrato a una cifra congrua).
Quando qualcuno dimostrerà il contrario ne prenderemo visione.
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