Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
DALLA LOMBARDIA AL LAZIO GLI SCANDALI DA RECORDMAN
Una lettura consigliata è quella della relazione che il Prefetto di Reggio Calabria ha spedito al ministero dell’Interno.
Sono 231 pagine in cui si racconta di come la mafia, attraverso la politica, si è presa la città .
Pino Plutino, assessore all’Ambiente (scrive il gip), «ha beneficiato sia delle preferenze elettorali provenienti direttamente dagli affiliati» della cosca dei Caridi sia di un sostegno costante evoluto in «alterazione della libera competizione elettorale». A Reggio Calabria – dice chi indaga, poi si vedrà – ogni boss, ogni clan, ogni quartiere aveva il suo politico di riferimento a cui consegnare chili di voti in uno strepitoso mutuo soccorso.
L’assessore lombardo Domenico Zambetti, per i medesimi motivi, si era appoggiato alla ‘ndrangheta da cui acquistò quattromila voti al prezzo di cinquanta euro l’uno, per un totale di duecentomila euro.
Gli servivano per entrare in consiglio fra trombe e tamburi, e gli riuscì, e ne ricavò un assessorato di quelli di lusso, alla Casa.
Non è che quelle preferenze gli siano costate soltanto in denaro. Ricevette minacce. Fece favori. «Lo abbiamo in pugno», dicevano i boss, i quali naturalmente puntavano alla ciccia sugosa, i lavori per l’Expo.
Scandali e scandaletti recenti sono il giro d’Italia attorno ai campioni delle preferenze, come li ha definiti Roberto De Luca, docente di Sociologia e Scienze della politica dell’Università della Calabria.
In suoi numerosi studi (pubblicati anche dal Mulino) è spiegato che le preferenze impongono una campagna elettorale permanente, un’organizzazione articolata ed efficace, la disposizione di serate e convegni e cene, e poi volantini e comparsate in tivù e sui giornali. Roba costosa.
I casi del Lazio spiegano perfettamente come crescano i costi della politica (oltre a una naturale voracità umana).
Franco Fiorito, il consigliere ciociaro del Pdl, era stato eletto con quasi 30 mila voti di preferenza, e dalle sue parti ricordano una campagna elettorale sfarzosa, muri tappezzati, camion coi manifesti, orchestrine.
Un caravanserraglio che Fiorito ha dovuto mantenere anche dopo essere stato eletto, sennò si rischia l’oblìo e uno più furbo, o più briccone, si piglia il banco.
Vale per Samuele Piccolo, il ragazzo d’oro del Pdl che nel 2008, a 27 anni, entrò nel consiglio comunale di Roma col record di preferenze: 12 mila.
Pochi mesi fa è stato arrestato con l’accusa di aver costituito una associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.
I denari che ne ricavava servivano (sempre parola di chi indaga) per noleggiare le sale dei ristoranti, per stipendiare i ragazzi del call center a disposizione della sua struttura o per i santini.
Non è un’equazione: nel 2010 Maurizio Cevenini a Bologna raccolse più preferenze di Silvio Berlusconi e in percentuale fu il più votato d’Italia, ed era un galantuomo. Però anche Vincenzo Maruccio, il consigliere laziale dell’Idv accusato di essersi messo in tasca quasi 800 mila euro, si insediò alla Pisana (da esordiente, perchè aveva fatto un giro da assessore nella giunta Marrazzo, e arrivava dal nulla, se non dalla devozione a Tonino Di Pietro) con ottomila preferenze, primo degli eletti nel suo partito.
Che la questione sia complicata lo ha detto anche un’autorità come Alfredo Vito, che nella Prima repubblica era chiamato “mister centomila preferenze”, sebbene a Napoli arrivasse anche a 150 mila.
Le preferenze furono abolite proprio per le distorsioni che provocavano, «ma adesso è peggio», ha detto Vito a febbraio al Mattino.
«Oggi la malavita ha rapporti organici coi partiti, e il rischio è che il voto sia filtrato dai clan».
Mattia Feltri
(da “La Stampa”)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
TUTTI CONTRO TUTTI, DESTRA E SINISTRA, IMPRENDITORI E SOTTOSEGRETARI: COSA NON SI FA PER APPARIRE
“Litigo, quindi sono. O quantomeno appaio”.
à‰ l’ultima frontiera della politica italiana. Si litiga, si polemizza, ci si scontra. Possibilmente su temi effimeri. Meglio ancora se appartenenti alla stessa fazione politica.
I casi sono continui. Matteo Renzi, due giorni fa, è riuscito a beccarsi gli strali di D’Alema (gli ennesimi) e di Marchionne (con cui fino al giorno prima flirtava). All’elevata discussione si è poi aggiunto Bersani, personaggio perennemente in cerca d’autore.
L’affaire Renzi, peraltro, dimostra come spesso l’attacco altrui costituisca la campagna elettorale più efficace: quando rimani antipatico, in un colpo solo, a D’Alema e Marchionne, qualche pregio (anche involontario) devi averlo per forza.
Il litigio è trasversale.
Alligna come sempre a sinistra, o presunta tale.
La faida, assai avvincente, può scoppiare tra un Fassina che intende rottamare Monti e un Letta (Enrico) che per questo trasecola.
Lo stesso Letta che, tra un tweet e l’altro, rimprovera Vendola — in via teorica suo alleato — perchè troppo felice della vittoria di Chavez.
La litigata riguarda però anche i tecnici, pronti a scannarsi più o meno sobriamente su temi appassionanti.
Magari l’Irpef (Monti versus Polillo). La lotta nel medesimo pollaio è quantomai di moda anche in quel che resta del centrodestra. Alfano, leader senza quid, lascia intendere che Berlusconi farà un passo indietro; Daniela Santanchè lo smentisce, sostenendo più o meno che Angelino conti quanto il due di picche (se briscola è quadri ); Cicchitto lamenta l’agonia del Pdl (se n’è accorto pure lui); e Stracquadanio parla — perchè se ne intende — di partito-zombie.
Scontro autentico tra titani.
La Nuova Era del Litigio contagia pure la Lega, tra cerchi magici e pre-ultimatum: chi con Maroni, chi con Bossi, chi con nessuno. Non troppo dissimile la risacca dell’Italia dei Valori: chi con Di Pietro, chi con Donadi, chi con De Magistris (e chi con Maruccio, ennesimo Scilipoti interno).
Perfino il Movimento 5 Stelle non è esente dalla deriva rissosa, scisso (non tanto ma un po’ sì) tra fedelissimi di Grillo-Casaleggio e presunti ribelli in Favia style.
Se il litigio muta modalità e dialettiche in base al luogo dello scontro (apparentemente garbato nel centrosinistra, puntualmente cafone tra i berluscones), sono riscontrabili alcuni punti fermi. In primo luogo, mai come adesso il litigio coincide con il dissenso interno.
Ci si sportella (si direbbe con discreto gaudio) con chi teoricamente è tuo alleato, molto più che con chi dovresti combattere. In secondo luogo, il litigio sostituisce il vuoto idelogico.
Si litiga per sollevare polveroni.
Sperando che i toni beceri mascherino la penuria culturale del politico medio.
C’è però un terzo aspetto: il litigio è la scorciatoia più comoda per ricordare agli altri, e a se stessi, di esistere.
Lo scontro garantisce quasi sempre attenzione. Titoli di giornale. E ospitate in tivù. Più si abbassano stile e livello (e in questo i politici italiani non hanno rivali), più si evita l’oblio: l’unica cosa che terrorizza i nuovi statisti.
Il litigio, oltretutto, è altamente democratico: non fa distinzioni di fama.
Aiuta grandi e piccini. Soprattutto i piccini.
Più il pesce sarà marginale, più le acque mosse ne agevoleranno la scia.
Emblematici i recenti exploit della pidiellina Michaela Biancofiore.
Berlusconiana estatica, negli ultimi giorni recita (a memoria e maluccio) la parte della fedelissima.
Dalla Gruber su La7, in Rai: persino nel pianerottolo di casa, si presume.
Caricaturale senza accorgersene, è una sorta di nuova Bondi, appena più graziosa ma molto meno credibile.
Non appena si imbatte in una finiana (Perina) o comunque in un infedele, si erge a pasionaria. Butta là qualche perla. Descrive scenari tragicomici.
Poi, il giorno dopo, legge i giornali. Sognando che qualcuno abbia parlato di lei.
Bene o male non importa: l’importante è apparire. Rigorosamente vaghi. Possibilmente rissosi.
Litigo ergo sum.
Andrea Scanzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
NUMEROSI I PERSONAGGI FINITI NELLE TELEFONATE CON IL NUMERO UNO DELLA BANCA POPOLARE DI MILANO, INTERCETTATE DALLA PROCURA
Ministri, banchieri, magistrati e generali della Guardia di Finanza.
Sono numerosi i personaggi eccellenti finiti nelle intercettazioni effettuate dalla procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari l’ex numero uno della Banca Popolare di Milano, Massimo Ponzellini.
Quei colloqui sono raccontati in un articolo pubblicato dal settimanale “l’Espresso” nel numero in edicola venerdì .
Si legge dell’ex procuratore nazionale antimafia, Giovanni Tinebra, che chiama Ponzellini per cercare il sostegno della Lega Nord nella speranza di diventare procuratore a Catania.
O di Ignazio La Russa che fa pressioni sul banchiere per aiutare una società partecipata dalla moglie, la Quintogest, che a detta dell’allora ministro si trova in serie difficoltà .
I vertici della Popolare milanese si danno da fare per rispondere alle richieste di credito che vengono dal mondo della politica, da Daniela Santanchè a Paolo Romani. Di fronte a un funzionario della banca che frena su un finanziamento considerato troppo rischioso, Paolo Berlusconi chiama il factotum di Ponzellini, Antonio Cannalire, per dirgli di “fare presto perchè ho dei rientri, anche di due milioni”, spiega.
E se i dipendenti della banca cercano di resistere, il banchiere manda degli avvertimenti.
Come quello tramesso dalla sua segretaria: “Ha detto che lo manda a Foggia a fare fotocopie per cinque anni, dopo averlo degradato, se non gli sistema la roba della Brambilla”.
Le intercettazioni pubblicate da “l’Espresso” svelano poi numerosi passaggi delle complessa vicenda che un anno fa ha portato il finanziere Andrea Bonomi alla guida della Bpm.
Quando si diffondono le voci di una possibile scalata da parte della banca francese Bnp, il numero uno di Mediobanca, Alberto Nagel, chiama Ponzellini — in teoria un suo cliente — prendendolo di petto: “Ma cos’è sta cazzata di Bnp”?, gli chiede allarmato.
Ma il banchiere ora in carcere ha contatti, negati ufficialmente, anche con il rivale sconfitto di Bonomi, Matteo Arpe, che gli suggerisce delle modifiche al nuovo statuto della banca.
Non manca, tra gli altri, anche l’intervento della Banca d’Italia, nella persona di Anna Maria Tarantola, oggi trasferita alla presidenza della Rai.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
DAL FINANCIAL TIMES AL WALL STREET JOURNAL E’ UN CORO UNANIME DI CONSENSI
Il Financial Times promuove le misure fiscali della legge di stabilità italiana. Sottolineando che il pacchetto, nel quale ci sono il taglio delle prime due aliquote Irpef e le misure a favore del salario di produttività , «non devono essere viste come un rilassamento rispetto al rigore», rileva come il taglio delle tasse deciso dal premier italiano Mario Monti sia «una lezione per i partiti politici italiani».
LE SCELTE
«Come Monti ha dimostrato – sottolinea Ft nel commento – è possibile sostenere misure che siano allo stesso tempo politicamente popolari ed economicamente sostenibili senza rinnegare il consolidamento del bilancio».
Giudizio abbastanza positivo arriva anche dal Wall Street Journal che, in un commento dedicato in gran parte alla situazione dell’economia della Spagna, conclude dicendo: «Non tutte le notizie che arrivano questa settimana dall’Europa sono terribili» e cita la decisione di Monti di tagliare l’Irpef per le prime due aliquote e di aumentare di un punto l’Iva.
«Un passo avanti e un passo indietro – commenta Wsj – che è meglio di quanto accade normalmente oggi in Europa».
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
“IO TRADITO DA UOMINI DELLO STATO”
È tornato libero nel primo pomeriggio, dopo che due agenti della polizia penitenziaria gli hanno notificato l’ordinanza di “fine pena” del Tribunale di sorveglianza di Palermo.
Bruno Contrada ha finito di scontare la condanna a dieci anni per concorso in associazione mafiosa: in anticipo, rispetto al previsto, per via della “liberazione anticipata” e della buona condotta tenuta durante l’esecuzione della pena, poco meno di quattro anni trascorsi in due diversi penitenziari militari, a Palermo e a Santa Maria Capua Vetere, e altri quattro anni fra detenzione domiciliare e sospensione della pena per motivi di salute.
A 81 anni, l’ex numero tre del Sisde fa i conti con numerosi acciacchi e problemi fisici, ma non ha perso la sua determinazione nel negare la propria colpevolezza: «Un giorno la verità sarà ristabilita — ha detto subito dopo la notifica del provvedimento di remissione in libertà — e qualcuno si dovrà ravvedere del male fatto a me e alle Istituzioni».
Con Contrada, nella modesta abitazione popolare di via Maiorana, zona Leonardo da Vinci, a Palermo, ci sono la moglie e i figli e l’avvocato Giuseppe Lipera.
L’ex 007 non si fa attendere e accetta di parlare con i cronisti.
Si appoggia al bastone, è affaticato, la voce è debole, ma la grinta è quella di sempre. «Non odio nessuno, nè provo rancore», dice a chi gli chiede se, dopo 8 anni di detenzione e l’infamia di una condanna per mafia, ha risentimenti verso qualcuno. Ma, e lo ripete più volte, «non mi rassegno, nè mi pento».
Di un’esistenza passata a «servire le istituzioni» rifarebbe tutto.
«Ho passato la maggior parte della mia vita al servizio dello Stato e non cambierei nulla – dice – Con me nella tomba non porterò segreti».
Mai un passo indietro nel ribadire la sua innocenza.
Nonostante le condanne in tutti i gradi di giudizio. E la certezza che un giorno chi gli sopravviverà , e nel dirlo la voce gli si spezza, vedrà ristabilità la verità .
«Quando – sussurra – il 10 maggio del 2007 sono entrato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per scontare la pena ingiusta che mi era stata inflitta dissi che ero sicuro, come lo sono ora, che un giorno che vedranno i miei figli o i miei nipoti la verità sarà ristabilita e allora qualcuno dovrà pentirsi per quello che ha fatto a me ed alle istituzioni che ho servito fedelmente da quando avevo 20 anni e indossai la divisa da bersagliere».
Lui, per quanto potrà , continuerà a lottare perchè quella verità possa essere affermata. «Finchè avrò respiro», dice.
A chi gli chiede cosa pensa degli altri uomini delle istituzioni coinvolti in indagini di mafia – il riferimento è all’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia – Contrada risponde senza tirarsi indietro: «per il generale Mori in particolare provo stima e ammirazione. Ma dell’indagine preferisco non parlare, non ne so nulla».
Venti minuti sotto il fuoco di fila delle domande dei cronisti, poi un commiato.
«Sono a vostra disposizione per qualunque incontro nei prossimi giorni», dice, stanco. «Ora, però – prosegue appoggiandosi al bastone – è il momento che torni a casa».
(da “la Stampa”)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
SI’ AL TESTO VOLUTO DA PDL, LEGA E UDC, MA E’ SOLO UNA BASE DI PARTENZA
Hanno finalmente adottato un testo base sulla legge elettorale: 16 voti contro 10 è passata la proposta del Pdl.
Quella che prevede il ritorno delle preferenze per eleggere due terzi dei parlamentari. Hanno votato a favore, oltre al Pdl, l’Udc, la Lega, Coesione nazionale, il Mpa e il rappresentate di Fli.
Contro solo l’Idv e il Pd che insiste sui collegi e su questo annuncia battaglia. Mercoledì prossimo scadrà il termine per presentare gli emendamenti.
Giovedì si inizierà a votare.
E Renato Schifani è convinto di portare il testo all’esame dell’aula a fine mese.
Il progetto presentato dal senatore Lucio Malan prevede un premio di maggioranza del 12,5 per cento.
Tradotto in seggi vuol dire 76 deputati e 37 senatori alla coalizione, o alla lista, che vince le elezioni.
Oltre ai due terzi eletti con la proporzionale in 31 circoscrizioni, è previsto anche un terzo di parlamentari scelto all’interno di listini bloccati.
C’è anche la soglia di sbarramento al 5 per cento nazionale che scende al 4 per cento per i partiti coalizzati.
Inoltre parteciperanno alla ripartizione dei seggi anche i partiti che supereranno la soglia del 7 per cento nelle circoscrizioni che rappresentano un quinto della popolazione.
Infine si prevede anche che il voto di preferenza sia unico, ma raddoppia se si sceglie di votare un uomo e una donna.
E ci sono provvedimenti di “contorno” sui tetti delle spese elettorali.
Giudizi politici molto positivi dal centrodestra, dove si è ricomposta lo schieramento che aveva vinto le elezioni politiche del 2001.
E anche dal Pd arrivano commenti favorevoli sul metodo seguito.
Il relatore Enzo Bianco fa notare come buona parte dei due testi presentati siano sovrapponibili e questo è il frutto del buon lavoro fatto in queste settimane.
Il relatore democratico sottolinea come nel testo Malan siano passate idee come il controllo dei costi, la preferenza unica, al massimo quella doppia di genere, e la norma anti-Scilipoti: chi viene eletto con una lista non può arrivare in Parlamento, dissociarsi e fare un suo gruppetto.
Va al gruppo Misto.
Ma Bianco dice no in maniera netta alle preferenze.
Anche Anna Finocchiaro sottolinea come «il testo Malan è simile al nostro».
Ma «prevede come strumento per scegliere gli eletti le preferenze. Io penso che la cronaca di queste settimane e di queste ore ci consegna una nuova questione morale», dice il capogruppo del Pd.
Dunque sarebbe meglio lasciar perdere e passare ai collegi.
Condivide il presidente della commissione Carlo Vizzini, ha votato no, che parla delle preferenze come di un pericoloso «bacillo»
Nel Pd si schierano contro anche il senatore Stefano Ceccanti e il gruppo montiano del Pd.
Un no alle preferenze arriva però anche da una quarantina di deputati del Pdl che si sono appellati a Berlusconi.
E sul dissenso interno punta anche Luigi Zanda.
«La partita al Senato non è chiusa. — dice il vicecapogruppo del Pd — Nel corso dell’esame questo testo uscirà modificato. Anche sulle preferenze».
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO DI TERMOMETRO POLITICO: PDL 15%, PD 14,3%, CINQUESTELLE 9,9%, MUSUMECI PRESIDENTE 9,1%, GRANDE SUD 8,4%, CANTIERE POPOLARE 7,8%, UDC 7,6%, MPA 6,9%, CROCETTA PRESIDENTE 5,2%, FED. SIN., SEL, VERDI 5,1%, FLI-MPS 3,7%, IDV 2,9%
Dieci liste oltre lo sbarramento, dieci al di sotto.
E qualche sorpresa non da poco.
Il sondaggio sulle liste di Termometro politico per LiveSicilia.it, condotto dall’1 al 9 ottobre con metodo CAWI su un campione di 8.000 casi, fotografa un Parlamento regionale diviso in dieci gruppi, con il Pdl e il Pd in testa.
Ma attenzione: “Su questi dati — afferma Gianluca Borrelli, direttore editoriale di Termometro politico — peserà molto la capacità che i singoli candidati avranno di catturare la preferenza. Il sondaggio registra il consenso per la lista, ma sul territorio potranno esserci importanti variazioni”.
Tanto più che, come si è detto per il sondaggio sui presidenti, questa rilevazione, l’ultima possibile prima del silenzio imposto dalla legge, tiene conto di un solo giorno di effetto-Grillo: il leader del Movimento 5 Stelle, sbarcato in Sicilia appena ieri, potrebbe condizionare in una direzione o nell’altra il consenso del suo partito.
Un consenso che al momento è molto forte.
Il Movimento 5 Stelle è forse la sorpresa di questa competizione elettorale: il sondaggio, che ha un margine d’errore del 3%, lo registra al 9,9%, appena cinque punti percentuali alle spalle del Pdl e del Pd, i due partiti che guidano la graduatoria (rispettivamente con il 15 e il 14,3%).
Importante anche il risultato della lista collegata a Nello Musumeci, che si fermerebbe al 9,1%, e di Grande Sud, all’8,4%.
Al centro, invece, la sfida Udc-Pid andrebbe agli uomini di Saverio Romano.
Il Cantiere popolare, la formazione che fa capo all’ex ministro dell’Agricoltura, si attesta al 7,8%, con un vantaggio dello 0,2% sui centristi di Giampiero D’Alia. Decisamente in calo i consensi del Movimento per l’Autonomia/Partito dei siciliani, fermo al 6,9%.
Chiudono l’elenco delle liste oltre lo sbarramento del 5% la formazione che porta il nome di Rosario Crocetta, che si attesta al 5,2%, e il cartello Federazione della Sinistra-Sel-Verdi, al 5,1%.
Le delusioni, invece, riguardano finiani e dipietristi.
La lista “Nuovo polo per la Sicilia — Fli”, infatti, è data al 3,7%, ben lontano dalla soglia di sbarramento.
Peggio farebbe l’Italia dei Valori, che in base alla rilevazione si fermerebbe al 2,9%, un risultato decisamente più modesto di quello ottenuto a Palermo alle Amministrative.
Alle loro spalle si piazzano la lista di Cateno De Luca, al 2,1%, e quella di Gaspare Sturzo, ferma all’1%.
Sotto quella soglia gli altri partiti: i Forconi (0,5%), l’Alleanza di Centro (0,2%), il Partito comunista dei lavoratori (0,1%), il Partito Pensiero Azione (0,1%), i Volontari per l’Italia (0,1%) e Piazza pulita, per la quale il risultato è inferiore allo 0,1%.
(da “Sicilia Live“)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
L’ULTIMO SONDAGGIO DI TERMOMETRO POLITICO A DUE SETTIMANE DAL VOTO: IN AUMENTO I CONSENSI PER MUSUMECI, CROCETTA E IL CANDIDATO CINQUESTELLE, IN CALO MICCHICHE’ E IL CANDIDATO DI SEL
Nello Musumeci è ancora in testa, ma Crocetta lo avvicina.
Eccolo, il risultato dell’ultimo sondaggio commissionato a Termometro politico da LiveSicilia.it: nella corsa alla presidenza della Regione, secondo un campione di 8.000 casi raccolto con la metodologia CAW: il candidato del centrodestra otterrebbe il 32,9% e la spunterebbe per 5,2 punti percentuali su quello di Pd, Udc, Socialisti e Api (fermo al 27,7%).
Il distacco, quindi, si è ridotto dell’1,3 per cento rispetto alla rilevazione precedente, quando Crocetta era dato in svantaggio del 6,5%.
Ma questo sondaggio, condotto fra l’1 e il 9 ottobre, ha per ciascun candidato un margine di errore del 3%, e quindi l’ultima parola non è ancora detta.
Anche perchè nei 15 giorni di silenzio sui sondaggi che scattano dalla mezzanotte di sabato può accadere di tutto: “La potenza di fuoco dei candidati — spiega Gianluca Borrelli di Termometro politico — si scatenerà soprattutto nei prossimi giorni, e quindi il risultato potrebbe subire variazioni”.
Un esempio può arrivare sicuramente dall’effetto-Grillo: il comico e leader politico genovese è appena sbarcato in Sicilia, e quindi la rilevazione non ha potuto saggiarne pienamente l’impatto sulle opinioni degli elettori.
Anche perchè il candidato del Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri, corre.
Rispetto al sondaggio precedente l’esponente grillino scala una posizione, portandosi al quarto posto con il 9,3%, ma soprattutto guadagna l’1,1%.
Davanti a lui, invece, si piazza Gianfranco Miccichè: il leader di Grande Sud si attesta al 18,5%, con una flessione dello 0,3% rispetto allo scorso sondaggio.
Chi paga di più, però, è Giovanna Marano.
Per lei non c’è una rilevazione precedente, visto che fino al sondaggio di due settimane fa il candidato della sinistra era Claudio Fava, ma la sua coalizione paga lo scotto proprio di questo cambio in corsa: la sindacalista si ferma al 7,9% contro l’11,6% di consensi affidati a Fava, con una flessione che premia in parte Rosario Crocetta.
Alla sostituzione del candidato, d’altro canto, si somma probabilmente anche un effetto “voto utile”: se Crocetta guadagna il 2,4%, infatti, anche Musumeci vede crescere il proprio bottino, anche se nel suo caso l’incremento più lieve (l’1,1%).
Inseguono tutti gli altri, guidati da Cateno De Luca: “Scateno” è al 2,1%, con una buona crescita rispetto a due settimane fa (+0,4%), e precede Gaspare Sturzo, che invece si ferma all’1% e registra una lieve flessione (-0,1%).
Molto più modesti i risultati di Mariano Ferro (0,4%, stabile), Giacomo Di Leo (0,1%, stabile) e Lucia Pinsone (0,1%, in calo dello 0,1%).
Le ultime due settimane, però, saranno decisive.
E le calcolatrici dei sondaggisti dovranno stare ferme.
(da “Sicilia Live“)
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Ottobre 12th, 2012 Riccardo Fucile
DALLE ORE DI LAVORO AGLI STIPENDI
In piazza oggi ci sono professori vicini alla Flc-Cgil, di ruolo e precari, ma anche studenti e universitari uniti da molti motivi di malcontento, che riassumiamo.
– Aumentano le ore di lavoro.
Il Consiglio dei Ministri ha deciso di aumentare le ore di insegnamento, da 18 a 24 ore settimanali.
Le 6 ore in più di lavoro saranno utilizzate per approfondimenti ma anche per sostituire gli assenti togliendo quindi lavoro ai precari.
Secondo la Flc-Cgil perderanno il posto 30 mila supplenti, secondo il Miur 10 mila.
Il Consiglio dei Ministri ha previsto però anche un aumento delle ferie di 15 giorni, che passano quindi da 30 a 45 giorni l’anno.
I risparmi ottenuti dovrebbero essere notevoli, il governo promette di utilizzarli tutti per attivare l’organico di rete, l’edilizia scolastica, le spese di funzionamento degli istituti.
– Tagli alla scuola.
La Flc Cgil denuncia che con la spending review verranno sforbiciati altri 200 milioni di euro, cui occorre aggiungere altri 184 milioni previsti dalla legge di stabilità .
– Le retribuzioni dei professori.
Il contratto del personale scolastico è bloccato dal 2009, gli scatti stipendiali automatici altrettanto.
Una parte dei fondi accantonati (300 milioni) sono stati utilizzati per garantire quest’anno i professori di sostegno e ora il governo non intende spendere altro.
Ieri al ministero è sfumato un tentativo di accordo proprio sugli scatti.
Nuovi scioperi degli insegnanti ci saranno nelle prossime settimane.
– Edilizia scolastica e investimenti .
E’ una delle voci più dolenti, le carenze e la sono state ammesse anche dal Miur in un’analisi molto critica dello stato degli edifici.
– Concorso.
Inutile e costoso, secondo la Flc-Cgil.
– Pensioni.
La Flc-Cgil è contraria ad un allungamento dell’età pensionistica dei professori perchè blocca il rinnovamento di personale nella scuola e non tiene conto delle sue specificità come le difficoltà del corpo docente di insegnare per trenta o trentacinque anni di seguito come risulta anche dai dati sulle malattie della categoria pubblicati in un recente studio. Le immissioni in ruolo non coprono tutti i posti vacanti, quindi il precariato non diminuisce”.
– Diritto allo studio.
Gli studenti denunciano di essere costretti a spendere ogni anno tra i 900 e i 1.600 euro e di non avere praticamente accesso a Borse di studio, comodato d’uso dei libri di testo, gratuità dei trasporti pubblici.
– Innovazione della didattica.
Gli studenti chiedono nuove forme di insegnamento invece del solito, vecchio modello frontale di lezione che non crea alcuna interazione fra studente ed insegnante, con materiali didattici preistorici, con programmi datati.
– Democrazia scolastica.
Il disegno di legge ex-Aprea ha cambiato le regole della rappresentanza scolastica e secondo gli studenti ha limitato i diritti degli studenti.
– Tasse universitarie.
Gli studenti denunciano un aumento negli ultimi anni del 60 per cento.
– Il numero chiuso.
Secondo gli studenti l’aumento dei corsi a numero chiuso è lesivo del diritto allo studio.
– Disoccupazione giovanile.
I giovani denunciano una disoccupazione giunta ormai a livelli insostenibili.
Flavia Amabile
(da “La Stampa“)
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