Destra di Popolo.net

BERLUSCONI: “TREMONTI? NON SAPEVAMO CHE ERA PAZZO”

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

“ORA I GIOVANI SI AFFIANCHINO AI SUPERSTITI DEL PARTITO”… “CHI E’ IN MINORANZA NON SE NE VA DAL PARTITO”

Forza Italia è appena nata che ha già  bisogno di linfa nuova.
Silvio Berlusconi lo ha detto un paio di giorni fa a Villa Gernetto, dove ha incontrato circa 150 giovani dei circoli coordinati da Marcello Dell’Utri.
“Alcuni se ne sono andati, i più giovani sono diventati adulti, qualcuno è diventato un vecchietto quindi c’è bisogno di linfa nuova, di un entusiasmo, di gente giovane che venga a schierarsi di fianco ai superstiti per portare avanti questa rivoluzione liberale che noi abbiamo sempre detto di voler organizzare nel nostro Paese”.
Il Cavaliere è tornato anche sull’esito del consiglio nazionale: “Sempre la minoranza, così si fa in democrazia, ha accettato il voto e la decisione della maggioranza, non questa volta, avete visto che è successo, se ne sono andati”.
Quanto ha detto Berlusconi è stato pubblicato sul sito “Italia chiama Italia” e poi rilanciato da quello di Europa.
“E’ venuta fuori — rivela Berlusconi — l’idea di dividere in due il movimento (il partito è una parola che non mi piace perchè significa parte, mentre invece Forza Italia è un’idea ecumenica che vuole rivolgersi a tutti): da una parte la struttura del partito, che risente moltissimo dell’età . Cosa succede in tutti i partiti? Non è una patologia solo di Forza Italia: in tutti i partiti a poco a poco la passione, l’entusiasmo iniziale si trasformano in assuefazione al mestiere, alla professione della politica, al piccolo potere…”.
Secondo l’ex presidente del Consiglio c’è “anche bisogno di protagonisti rilevanti. Avevamo Urbani, Baget Bozzo, Colletti, Melograni e lo stesso Tremonti, che si è aggiunto a noi dopo e che non sapevamo che era pazzo, ma era sicuramente molto dotto ed esperto e parlava molto bene. Tutte queste persone non ci sono più e dobbiamo tampinare qualcuno nelle università  per ricostruire un trust di cervelli da dedicare al programma e alla formazione”.
Nel suo discorso Berlusconi sembra voler dare nuova energia a Forza Italia anche dandole due “anime”.
“Da una parte, la struttura del partito che risente moltissimo dell’età ”. Una “patologia” di tutti i partiti, dice. “A poco a poco — sottolinea — l’entusiasmo iniziale si trasforma in assuefazione al mestiere, alla professione della politica, al piccolo potere”.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SPESE PAZZE IN REGIONE EMILIA ROMAGNA: LEGA, 100.000 EURO IN PUBBLICITA’

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

CONTESTATE ANCHE CENE CON BOSSI E MARONI… “SPESE PER INTERVISTE A PAGAMENTO”

La Lega Nord versione ultima legislatura ha speso oltre mezzo milione di euro, in quei 19 mesi sotto inchiesta, dal maggio 2010 al dicembre 2011.
Si è fatta una bella propaganda, compreso un libro di una sedicenne di Parma, “Amare veramente”, «autorizzato – secondo comunicato leghista – da papa Benedetto XVI con l’avvallo della segreteria vaticana».
Nell’ottobre 2010, lo volevano regalare a tutte le parrocchie di Piacenza, dissero che c’era l’assenso del vescovo Gianni Ambrosio, il quale però, il giorno dopo, smentì sulle pagine della Libertà .
Il libretto, in compenso, venne rimborsato con 1600 euro di soldi pubblici.
I consiglieri regionali leghisti sono quattro (il capogruppo Mauro Manfredini, Manes Bernardini, Stefano Cavalli e Roberto Corradi) e la media fa 125 mila euro a testa. Manfredini e Corradi hanno ricevuto l’avviso di fine indagine con l’accusa di peculato per la vecchia legislatura, insieme a Maurizio Parma e Luigi Fogliazza.
Per la nuova, è per ora indagato di peculato solo Manfredini, il capogruppo, che quindi oltre al secondo mandato è anche alla seconda iscrizione nel registro degli indagati.
Le spese della Lega Nord nella nuova inchiesta sui costi dei gruppi consiliari della Regione Emilia-Romagna condotta dai pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, con la supervisione del procuratore Roberto Alfonso e dell’aggiunto Valter Giovannini, hanno delle peculiarità .
Per esempio, Manfredini, Bernardini e company hanno pensato poco ai regali: solo 4 mila euro.
Hanno viaggiato poco con auto blu e tanto meno si sono trattenuti in alberghi di lusso come altri colleghi: solo 5 mila euro di trasporti e solo 1.600 miseri euro per pernottamenti.
I trasporti salgono a 130 mila euro se parliamo di rimborsi chilometrici, dei quali 42 mila solo per Mauro Manfredini che fa la spola tra Modena e viale Aldo Moro.
Ma anche questa cifra, seppure molto alta, è comprensibile perchè altri due consiglieri, Corradi e Cavalli, abitano rispettivamente a Parma e Piacenza, anche se, per fare un raffronto, i 24 consiglieri del Pd hanno speso in tutto 85 mila euro (taxi e auto blu comprese).
Le cifre cominciano ad avere un significato maggiore se si considerano le spese per le cene: 52 mila euro per ristoranti in quattro (i 12 del Pdl, per fare un altro raffronto, hanno speso 145 mila euro). E poi vengono in evidenza le somme riservate a consulenze e personale (215 mila euro, il che significa che non hanno perduto l’abitudine della precedente legislatura).
Ma la vera peculiarità  del gruppo del Carroccio non è questa. Quello che salta agli occhi sono le altissime spese postali (24 mila euro), i 20 mila euro di telefonate e gli oltre centomila euro di pubblicità  (70 mila euro in volantini, cartelloni ecc. e 32 mila per “radio e tv”).
La domanda che si pongono gli investigatori è la seguente: cosa se ne fa un gruppo regionale di tanta pubblicità ? Per illustrare il lavoro compiuto nelle commissioni e nell’Assemblea o parte di quel denaro è servito per pura propaganda o addirittura campagna elettorale?
Sono i dubbi che verranno rivolti ai consiglieri non appena si sarà  conclusa l’indagine, tenuto anche conto che come molti altri capigruppo, anche Manfredini è accusato per le interviste a pagamento, continuate in questo periodo.
Per quanto riguarda Manes Bernardini, spuntano tre voci da approfondire risalenti al gennaio 2011, poco prima che entrasse ufficialmente in lizza come candidato sindaco per Palazzo d’Accursio: 2.400 euro per «volantini pubblicità  Bernardini», 2.000 euro di una cena «per presentazione campagna nuova mobilità  urbana di Bologna» e perfino 900 euro per aver offerto un buffet ad una conferenza stampa il 10 gennaio 2011.
“È arrivato l’avviso, domani vado a ritirarlo e lo darò all’avvocato. Nel momento in cui sarà  possibile andare a chiarire i punti, siamo pronti a farlo”.
Così il capogruppo della Lega Nord in regione Emilia-Romagna, Mauro Mafredini, ha risposto ai giornalisti, che a margine dell’Assemblea gli chiedevano un commento all’inchiesta per peculato sulle spese della Lega Nord.
Manfredini ha detto di non saper nulla delle contestazioni: “Non sappiamo nulla, bisogna vedere le cose. Poi fra l’altro quello era un periodo in cui ci sono stati due capigruppo. Io risponderò per me, che lo sono stato nell’ultimo anno”
Il capogruppo ha anche commentato la notizia dei centomila euro in pubblicità  finiti al vaglio della Guardia di Finanza, che indaga sulle spese di tutti i gruppi nella legislatura in corso: “Loro intendono i soldi spesi per le trasmissioni”, ha detto il consigliere. Tutte interviste a pagamento? “Sì, interviste a pagamento. Tra l’altro in quel periodo c’era la par condicio, cioè erano sospese le attività . Tutto da rivedere”.

Luigi Spezia

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SUOLO E RISCHI, UNA BABELE DI COMPETENZE: COSI’ FALLISCE IL FEDERALISMO AMBIENTALE

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

CONSUMO ABNORME DI TERRITORIO E LA PREVENZIONE DIVENTA IMPOSSIBILE

«Centri funzionali decentrati»: con questo nome astruso si chiamano le strutture regionali che dovrebbero essere i pilastri del sistema di allerta in caso di alluvioni.
Ieri si è scoperto che nella Sardegna funestata dal ciclone Cleopatra quel «Centro» non era attivo. Anche se non è stata proprio una scoperta.
Si sapeva dal 9 ottobre scorso, quando il capo della Protezione civile Franco Gabrielli aveva denunciato, in un’audizione alla Camera dei deputati, che a dieci anni di distanza dal provvedimento che le ha istituite, il 24 febbraio 2004, soltanto in dieci Regioni quelle strutture funzionano a pieno regime.
Quali sono? «Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Campania e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Le Regioni non ancora attive sono sei: Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna. Umbria, Lazio, Molise e Calabria hanno invece attiva solo la parte idro e hanno il supporto del Dipartimento per la parte meteo». Parole del medesimo Gabrielli
Il Friuli Venezia Giulia potrà  rivendicare di avere una struttura regionale di Protezione civile assolutamente eccellente, mentre la Puglia ha già  rispedito l’accusa al mittente, sostenendo che la colpa dei ritardi è tutta dell’apparato nazionale.
Replica non incassata a sua volta da Gabrielli, che ha invitato le autorità  pugliesi a non girare la frittata.
Episodio, a prescindere dalle ragioni di ciascuno, che fa ben capire come il nostro federalismo pasticcione non abbia risparmiato nemmeno la Protezione civile: vittima di quella che il suo capo ha bollato come «una Babele di competenze» capace di frenare la prevenzione dei disastri ambientali.
«Sul dissesto idrogeologico hanno competenze Autorità  di bacino, Province, Regioni e Comuni», ha spiegato Gabrielli, aggiungendo che davanti a un alluvione come quella del 1966 a Firenze saremmo indifesi come allora.
Si è forse dimenticato qualcuno, il capo della Protezione civile: i consorzi di bonifica, per esempio. Ma il quadro è ugualmente disarmante.
Tanto più che in questa Babele chi ha il compito di prevenire i dissesti fa esattamente il contrario.
Dal febbraio del 2004 a oggi, quando sono stati formalmente istituiti i «Centri funzionali», i Comuni e le Regioni hanno continuato nell’opera di selvaggio e scriteriato consumo di suolo, ponendo le basi per future catastrofi più gravi.
Se i cambiamenti climatici producono con sempre maggiore frequenza eventi estremi, i loro effetti «sono stati esacerbati», denuncia anche Gabrielli, «dagli ormai ben noti caratteri di elevata antropizzazione del territorio, dall’aumento del consumo di suolo alla conseguente notevole impermeabilizzazione delle superfici».
Un allarme simile a quello lanciato nel rapporto 2012 perfino dall’Istat, che mai si era spinto prima di allora in valutazioni tanto critiche sulle questioni ambientali. E qui l’abusivismo c’entra ben poco
C’entrano invece i piani regolatori sfornati con leggerezza dai Comuni e vidimati con altrettanta leggerezza dalle Regioni. C’entrano programmi territoriali e piani paesistici regionali spesso insensati. C’entrano le sconsiderate variazioni di destinazione d’uso delle superfici che hanno fatto perdere all’Italia negli ultimi quarant’anni qualcosa come 5 milioni di ettari di terreni agricoli.
E qui le responsabilità  sono tutte delle classi dirigenti locali, spesso coinvolte nel torbido intreccio di interessi affaristici e speculativi.
Dice una indagine di Legambiente che «negli ultimi quindici anni il consumo di suolo è cresciuto in modo abnorme e incontrollato», con il risultato che nel 2011 il 7,6% del territorio italiano non era più naturale: parliamo di una superficie superiore a quella dell’intera Toscana.
Si tratta di una percentuale nettamente superiore a quella della media europea (4,3%) e della stessa Germania (6,8%), Paese pressochè interamente pianeggiante (mentre un terzo del territorio italiano è montuoso) e con una densità  abitativa superiore di circa il 15 per cento alla nostra
Ancora. Nel 2007 a Napoli e Milano il 62% del suolo comunale era impermeabilizzato.
A Roma, nei 15 anni fra il 1993 e il 2008, ben 4.800 ettari di terreno agricolo sono stati resi edificabili e occupati da abitazioni inutili.
Nel 2009 si contavano nella capitale 245.142 abitazioni vuote: record nazionale assoluto. Ma al secondo posto c’era Cosenza con 165.398 case vuote, numero superiore di quasi due volte e mezzo a quello degli abitanti della citt�
E mentre si prosegue a tirare su dappertutto palazzine e centri commerciali al ritmo (stime del ministero dell’Agricoltura) di cento ettari al giorno, un anno fa il Dipartimento della Protezione civile informava che ben quindici Regioni non avevano presentato l’elenco dei Comuni con i piani d’emergenza aggiornati: questo in un Paese come l’Italia che ha ben 6.600 enti locali su poco più di 8 mila sui quali incombe il rischio idrogeologico.
Per non parlare poi delle scaramucce fra il centro e la periferia che vanno avanti dal 2001, anche a colpi di ricorsi alla Corte costituzionale
Al verificarsi di tragedie come quelle di Sardegna 2013, Maremma 2012 e Liguria e Toscana 2011, contribuisce certo la cronica mancanza di denari da destinare alla prevenzione.
Trenta milioni l’anno, quanti ne sono stanziati dalla legge di stabilità , in effetti sono pochini per un Paese che avrebbe bisogno di un miliardo e mezzo l’anno per almeno un decennio.
Ma siamo sicuri che la carenza di risorse non sia in qualche caso una scusa per pietose autoassoluzioni? Ha fatto scalpore in Liguria una denuncia del gruppo regionale del Popolo della Libertà , spalleggiato dall’allora capogruppo del partito all’europarlamento, l’attuale ministro della Difesa Mario Mauro, secondo cui appena il 7 per cento dei fondi europei venivano impiegati per prevenire il dissesto, in una delle Regioni più a rischio. Argomentazioni «pretestuose», per l’assessore regionale Enzo Guccinelli.
E ricordate invece la tragedia di Messina del 2009, quando un alluvione provocò la morte di 37 persone?
Mentre infuriavano «pretestuose» polemiche la Regione siciliana, punta sul vivo, diramò un comunicato nel quale sosteneva che in dieci anni aveva speso 200 milioni di euro allo scopo di prevenire il dissesto idrogeologico nel solo messinese.
Ma qualcuno dei solerti dirigenti regionali si era forse accorto delle palazzine spuntate come funghi nell’alveo dei torrenti?

(da “il Corriere della Sera”)

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ALLUVIONE, L’ALLARME ARRIVO’: VIA FAX, NEGLI UFFICI DEI MUNICIPI GIA’ CHIUSI

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

LA REGIONE ALLERTATA DOMENICA POMERIGGIO… ORA E’ A RISCHIO L’ACQUA POTABILE

Arriva l’allerta meteo con criticità  elevata, la peggiore di tutte.
La Protezione civile la segnala con 12 ore di anticipo. Il ciclone strapazza la Sardegna da un capo all’altro e porta morte e distruzione.
Ora la domanda è: cos’è che non ha funzionato?
E poi: chi doveva fare cosa per evitare i 16 morti, il disperso, i feriti e la devastazione?
Nemmeno il tempo di seppellire le vittime e tutto questo è già  materia di polemica quando non di insulti veri e propri.
Antonio Sanò, direttore di ilmeteo. it, è fra i primi a dar fuoco alla miccia. Dice che «modelli fisico- matematici avevano previsto già  da giovedì quello che sarebbe successo lunedì» e che, in sostanza, l’allarme è stato lanciato troppo tardi.
Ci sono sindaci che allargano le braccia ripensando al fax di allerta arrivato dalle Regioni domenica, a municipio chiuso.
E ci sono gli ambientalisti, come il leader dei Verdi Angelo Bonelli, che danno ai «rappresentanti delle istituzioni» dei «commedianti che accorrono sulle tragedie» mentre «approvano programmi edilizi e urbanistici che sfasciano il territorio».
Così in un pomeriggio già  concitato per politici e tecnici alle prese con sopralluoghi e riunioni sugli interventi operativi (fra le altre cose ci sono 20 depuratori danneggiati e 6 potabilizzatori in tilt che potrebbero mettere a rischio la potabilità  dell’acqua) il governatore Ugo Cappellacci trova il tempo di replicare a Bonelli chiedendo che la smetta di «giocare bluff da biscazziere da strapazzo » e il capo della Protezione Civile Franco Gabrielli non risparmia critiche a chi fa risalire tutto (o quasi) alle previsioni meteo.
«Sono sconcertato da questa polemica costruita sul nulla», attacca. Si dice «sicuro che se i sindaci sapessero quali sono le loro responsabilità  sulla protezione civile avremmo una crisi vocazionale. Si lamentano per i soldi che non hanno e perchè si sentono soli ma chi vuole sa come organizzarsi, anche nei Comuni piccolissimi ».
Gabrielli spiega che «lo Stato dà  le direttive, le Regioni fanno i dettagli e ciascuna stabilisce le procedure che i livelli intermedi devono seguire. Ce ne sono alcune che non hanno un progetto di pianificazione degli interventi e io ripeto che le previsioni sono importanti, ma se non c’è pianificazione, tutto è inutile».
Il senso è che le ore di anticipo nel lanciare l’allerta sono importanti ma «fondamentali restano sempre gli effetti al suolo delle previsioni meteo, e quelli non si improvvisano. Si pianificano».
Le lancette tornano a domenica pomeriggio.
Alle 14.12 il Centro funzionale della Protezione civile emana l’avviso di criticità  elevata, il più alto sulla scala delle cosiddette «condizioni meteorologiche avverse». Alle 16.30 la Regione manda ai singoli Comuni i fax, che però arrivano a destinazione in uffici vuoti e, più in sintesi, in serata, sui telefonini dei sindaci con un sms.
Alle 8 del mattino dopo, nei municipi ciascuno si organizza per far fronte all’emergenza, soprattutto per le questioni di viabilità  perchè nessuno può immaginare la furia delle «raffiche di burrasca forte» di cui parlava la previsione.
Il maltempo arriva da sud e in un crescendo di violenza Cleopatra investe tutta la fascia orientale dell’isola.
Quando tocca Olbia c’è ancora abbastanza luce per vedere l’acqua mentre devasta ogni cosa che trova sul suo cammino. Pioggia su pioggia per ore finchè, quando ormai è sera inoltrata, si cominciano a contare i morti e a capire che la situazione è andata ben oltre quello che più o meno tutti si aspettavano.
«A me è arrivato un messaggino e ho cominciato a darmi da fare. Lunedì all’inizio abbiamo mandato i nostri uomini a Olbia perchè lì c’era il peggio, poi è arrivato anche qui da noi» ricorda il sindaco di Arzachena, Alberto Ragnedda.
Il suo collega di Loiri, Giuseppe Meloni, si chiede: «Noi sindaci dei Comuni piccoli che possiamo mai fare davanti a una cosa del genere? Ci lasciano soli… ».
E c’è amarezza anche nelle parole di Antonella Dalu, alla guida del Comune di Torpè. «Sono stata avvisata con il classico messaggio di criticità  elevata che riceviamo venti volte l’anno… in passato abbiamo fatto evacuazioni per la stessa allerta e poi non è successo nulla. Come potevamo sapere che stavolta sarebbe stato diverso?».

(da “il Corriere della Sera”)

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UFFICIO INSULTI

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

TRASPARENZA E INFORMALITA’: IL NUOVO RAPPORTO TRA CITTADINI E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Ha destato qualche scalpore il cartello apparso nei giorni scorsi in un ufficio del Comune di Roma e poi inspiegabilmente rimosso per ordine di un assessore.
«Il pubblico si riceve nei giorni di martedì e venerdì dalle 10 alle 12, previo appuntamento telefonico. L’altri giorni dobbiamo lavorare. Si prega di non essere insistenti, altrimenti ci vedremo costretti, anche se contrario alla nostra educazione, a prendervi a parolacce ed insulti». Lo scalpore, naturalmente, è tutto per quelle quattro generose ore di apertura alla settimana, indicate con inusitata chiarezza all’inizio dell’avviso.
La frase successiva — «L’altri giorni dobbiamo lavorare» — parrebbe invece la conferma di qualcosa che si sapeva già , e cioè che il dialogo con i contribuenti non è un lavoro, ma una gentile concessione, e che per ottenere un impiego pubblico la rivisitazione dialettale della lingua italiana non è obbligatoria però certamente aiuta.
Quanto alla promessa dei dipendenti comunali di seppellire i postulanti sotto un profluvio di contumelie, essa rientra nel quadro di un nuovo rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione, improntato a trasparenza e informalità : adesso chi si avvicina allo sportello sa cosa lo aspetta.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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FORZA ITALIA, BERLUSCONI PREPARA IL RITORNO ALL’ OPPOSIZIONE

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

“QUESTA LEGGE DI STABILITA’ E’ INVOTABILE”

“Così com’è, questa legge di stabilità  è invotabile. Non possiamo dare il nostro appoggio a un provvedimento che alza le tasse”.
È il grande ritorno all’opposizione il piatto forte che Silvio Berlusconi serve ai fedelissimi riuniti a pranzo a palazzo Grazioli. Opposizione sulle tasse. E su una legge di stabilità  che “massacra famiglie e imprese”. In nome del “non consentiremo che venga rovinato il Natale agli italiani”.
Quando rientra a Roma, l’ex premier è determinato, pimpante.
È nel corso di un pranzo con Marcello Dell’Utri, Paolo Romani, Annagrazia Calabria, Valentino Valentini che apre il dossier della legge di stabilità . Paolo Romani, che rimarrà  capogruppo pro-tempore in attesa di restare capogruppo punto e basta, dipinge al Cavaliere un quadro a tinte fosche.
Spiega che non solo il provvedimento non recepisce nessuna istanza di Forza Italia, ma che il governo si sta pure sottraendo al confronto: “Nonostante le nostre richieste — spiega – Letta non ha mantenuto l’impegno di affrontare insieme con la sua maggioranza i temi più delicati all’esame della legge di stabilità ”.
Il risultato è che Forza Italia si trova davanti a un “prendere o lasciare” su un provvedimento invotabile.
Non si contano i capitoli dello scontento: Imu, cuneo fiscale, utilizzo del contante, concessioni demaniali. E i margini per cambiarlo — si ragiona nella war room – sono ridotti visto che Letta è al lavoro su un maxi emendamento su cui porre la fiducia senza ascoltare i rilievi che arrivano dai gruppi.
E’ come se, dopo la scissione di Alfano, il governo fosse a lavoro per certificare la sua autosufficienza spingendo Berlusconi all’opposizione: “Su queste basi – ragiona uno dei presenti al pranzo – votiamo contro intestandoci politicamente il dissenso rispetto a un provvedimento lacrime e sangue”.
È un coro contro l’esecutivo. Anche perchè il primo effetto della scissione di Alfano è che ormai Forza Italia è esclusa dai tavoli di confronto.
Una nuova maggioranza è già  nei fatti. Non è un caso che Berlusconi fa coincidere il rientro a Roma con una nota che suona come una presa di distanza da Alfano.
Dopo un week end in cui sono stati fatti filtrare contatti amichevoli con l’ex delfino, nero su bianco il Cavaliere fa scrivere che “è destituita di fondamento la notizia che Berlusconi parteciperà  alla convention di Ncd”.
È più di una smentita. È il segno che il Cavaliere si muove su un altro schema.
Che prevede il ritorno all’opposizione. La valutazione è su “come” tornarci. Se sulla legge di stabilità  o sulla decadenza. L’idea su cui è al lavoro prevede che le distanze vengano messe sulle tasse. Per ragioni di opportunità  politica. Ma anche di calendario.
Perchè la stabilità  si vota al Senato prima della decadenza. Ma poi molto probabilmente torna a palazzo Madama a dicembre, dopo il passaggio alla Camera: “Se torniamo all’opposizione sulla decadenza — spiega un azzurro di rango — rischiamo che votiamo sì al primo giro sulla legge di stabilità  e no al secondo, dopo che è intervenuta la decadenza”.
Epperò la scelta definitiva non è stata ancora compiuta.
Prima di azionare il timing della rottura Berlusconi vuole essere certo della data della sua cacciata dal Parlamento.
È il metro su cui calibrare l’escalation. Politica e mediatica. Non è un caso che nei prossimi giorni il Cavaliere tornerà  in tv, per dare la sua versione agli italiani, a Porta a Porta o a Matrix. E non è un caso neanche che si è dedicato in prima persona all’organizzazione di Forza Italia come non accadeva da tempo, partecipando nella nuova sede di San Lorenzo in Lucina alla riunione con i big del suo partito per nominare i coordinatori regionali che dovranno contrastare l’emorragia verso gli scissionisti di Alfano.
Berlusconi ha spiegato che la nuova Forza Italia dovrà  avere due gambe, una più partitica e una più movimentista, e che non può dare l’immagine di una ridotta.
E che seguirà  personalmente il rilancio dei club sul territorio: “Voglio da parte di tutti un impegno straordinario — è il messaggio — dobbiamo stare pronti”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL PDL SI FA IN TRE ANCHE A STRASBURGO

Novembre 21st, 2013 Riccardo Fucile

SCISSIONE ALL’EUROPARLAMENTO TRA PRO SILVIO E A FAVORE DI ANGELINO… IL PPE PRENDE QUELLO CHE C’E’

Quattro ore di riunione e di confronto fra lealisti vecchi futuristi di Silvio e nuovi tradizionalisti alfaniani, poi un rinvio per un secondo round all’ora di cena e la decisione a tarda sera.
La delegazione del Pdl al parlamento ha deciso la scissione, Strasburgo come a Roma. Come atteso, si è scomposta tre parti: Forza Italia, fedele a Berlusconi e in rotta col governo; Nuovo Centro destra (nome provvisorio, si sente dire), in linea col ministro degli Interni e con l’esecutivo Letta; Fratelli d’Italia.
Clemente Mastella, solitario Udeur, risulta aver compiuto l’ennesima capriola per diventare autonomo fra i forzisti.
I nomi, a quanto si apprende, sono quelli di ieri. Adesione alla lista del Cavaliere per le tre eurodeputate che lui scelse personalmente (Ronzulli, Comi, Matera), della Zanicchi, di Iacolino e Baldassarre, quest’ultimo nominato capo delegazione.
Risulta anche che Verdini, e Berlusconi, abbiano avviato un’offensiva di convincimento degli indecisi, uno shopping che alla fine ha gonfiato parecchio la squadra degli irriducibili.
Sul fonte di Angelino Alfano, si incontrano i due pezzi grossi dello schieramento La Via (attuale capo di Pdl confermato alla leadership NCD) e Angelilli (vicepresidente dell’assemblea), ma anche Bonsignore, Mazzoni, Pallone e Antoniozzi.
Solitari i Fratelli d’Italia Scurria e Fidanza, mentre resta un quarto gruppo, i Popolari per l’Europa con gli esponenti di Udc, Fli, Svp e l’ex leghista Rossi.
Tutti insieme, e non proprio appassionatamente, conserveranno il loro posto nella grande famiglia del Partito Popolare europeo, gente pragmatica che in vista delle elezioni di maggio è impegnata a rastrellare tutti i voti possibili.
«Abbiamo una manciata di seggi di vantaggio», confida un pezzo grosso del Ppe. Vuol dire che il gruppo è in testa, ma la vittoria non è sicura: i socialisti e democratici incalzano. «Tutti i voti sono buoni – spiega una fonte europea – anche quelli di Berlusconi».
Il Corriere della Sera pubblica stamane una bella carrellata di foto della Signora Ronzulli, deputata europeo Pdl, che vota con la figlia in parlamento a Strasburgo. Lo fa da due anni. Lei dice che è per restare vicina alla figlia. Qui si pensa che cerchi sempre pubblicità , che una bambina dovrebbe giocare e crescere   tra i bambini, e non essere esibita magari   a fini elettorali. E’ un comportamento offensivo per tutte quelle madri lavoratrici che la figlia debbono lasciarla ai nonni, ai vicini, o a una tata (sempre che se la possano permettere). La piccola meriterebbe un ambiente più salubre che un aula parlamentare.

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