Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
E LA SINISTRA POTREBBE AVER TROVATO UN LEADER CHE MORDERA’ LE CAVIGLIE AL PUPO DI FIRENZE
Non si è salvato, alla fine, il ‘soldato Fassina’. Anzi, Fassina Stefano si è autoaffondato da solo. Anche se, magari, tra qualche mese si scoprirà che l’autoaffondamento della piccola corazzata Fassina si trasformerà nella leadership dell’Ultima Resistenza della sinistra-sinistra (dentro e, anche, ‘fuori’ il Pd, magari a partire da quella Cgil che è rimasta l’ultimo baluardo anti-Renzi, più movimenti vari…) contro la leadership di Renzi fino alle — estreme — conseguenze di una scissione e alla nascita — a oggi imprevedibile – di un ‘neo-Pds’.
Si vedrà . Il futuro è futuro, anche in politica.
Oggi conta il presente e il presente dice che Stefano Fassina (classe 1966, romano de’ Roma) ha deciso di mollare il governo di cui fa parte — e nel considerevole e cruciale ruolo di viceministro all’Economia — dopo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quel “Fassina chi? Fassina? Non sento, non sento…” — la frase pietra dello scandala pronunciato in modo, in effetti, assai irridente da Matteo Renzi durante la conferenza stampa post-segreteria Pd.
La prima segreteria del Pd, peraltro, tenuta non solo fuori Roma, ma proprio a Firenze, la ‘tana del lupo’. Fassina, nella fattispecie, sarebbe ‘l’agnello’, eppure trattasi di un ‘agnello’ che sa il fatto suo.
“E’ responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato — osserva nella nota con cui annuncia che ‘lascia’ il governo e, insieme, raddoppia (“Continuerò a dare il mio contributo al governo dai banchi della Camera”: una minaccia, per Renzi, questa, più che un auto-epitaffio) — proporre uomini e donne sulla sua linea”. Punto.
Ne conseguono, da parte di Fassina, dimissioni ‘irrevocabili’ consegnate nelle mani del premier, che ringrazia “per la fiducia che mi ha concesso, il ministro Saccomanni per l’opportunità di lavorare con lui, il viceministro Casero, i sottosegretari Giorgetti e Baretta per l’ottima intesa che abbiamo avuto tra di noi”.
Se ne va, insomma, sbattendo la porta, ma con gentilezza, Fassina.
Certo è che — come potrebbe dire il protagonista di un film di Sordi (quanti sfottò, a Fassina, per quel suo piglio e ciuffo ‘pasoliniano’ che, nella migliore e più garbata intenzione dei suoi detrattori voleva pur sempre dire: ‘ma dove l’avete preso, questo, dal Tufello?’) — ‘m’hanno lassato solo’, avrà pur sospirato.
Il tormento interno e interiore “durava — racconta un suo collega di governo e suo vicino di scrivania a via XX Settembre — da diverse settimane, sia per la vittoria alle primarie di Renzi (Fassina lo ha duramente contrastato, ndr.) sia per le ‘incomprensioni’ con il suo partito, il Pd, che — come ha detto, nero s bianco, in un intervista rilasciata proprio oggi a Repubblica — “dal partito sono arrivate solo bordate, non certo aiuti, sulla legge di Stabilità …”.
Legge che Fassina ha seguito passo passo, in Parlamento, perchè di questo incarico era stato investito dallo stesso premier.
E Letta, Fassina, lo stima molto, se non assai: “Nella diversità della formazione e delle scuole di pensiero politiche ed economiche (Letta allievo del tecnocrate dc Andreatta, Fassina studente alla Bocconi e alla Fmi, ma allievo di Visco e, alla lontana, del marxismo, ndr.) Enrico stima moltissimo Stefano, lo considera serio, leale e, non a caso, gli ha sempre conferito incarichi di rilievo” spiegano da palazzo Chigi, dove sono molto ‘addolorati’ per le sue dimissioni, ancorchè sappiano che sono più che irrevocabili.
E che Fassina sia uno ‘leale’ lo dimostra anche un’altra vicenda, quella legata all’ascesa e al declino medesimo del Fassina medesimo durante gli anni (2009-2013) in cui leader del Pd era Pier Luigi Bersani e Fassina, dopo essere stato l’ombra del Visco viceministro del Tesoro nel II governo Prodi (2006/08), responsabile economico.
Leale fino alla fine, fino all’auto da fè (di Bersani) finale, Fassina è e resta di ‘sinistra-sinistra’ nonostante gli anni passati all’Fmi e tutto il resto.
Infatti, lui che pure si era avvicinato alla nuova corrente dei ‘Giovani Turchi’ (Orfini, Orlando, Verducci) e con essi aveva corso alle parlamentarie (non senza l’appoggio della Cgil) guadagnandosi sul campo il diritto di un posto al sole da deputato sicuramente eletto alla Camera, dove è arrivato solo nel 2013, per la prima volta, quando Bersani punta, nelle elezioni per il nuovo Capo dello Stato, su Franco Marini e non solo Renzi, ma pure i ‘Giovani Turchi’ e molti giovani parlamentari democrat di prima nomina, si ribellano e si rivoltano ‘contro’ il loro segretario, affossando il nome di Marini nella notte dei ‘lunghi coltelli’ svoltasi all’hotel Capranica, Fassina ‘rompe’ con i Giovani Turchi e resta, da solo, dalla parte di Bersani.
E anche quando, alle primarie per la leadership del Pd, appoggia la candidatura di Gianni Cuperlo, lo fa da solo (e, poi, perde, da solo), è solo quando deve confrontarsi con i sindacati sul piede di guerra contro una Legge di Stabilità che non piace neppure alla ‘sua’ Cgil e contro un Parlamento che infila ‘leggi mancia’ all’ultimo minuto facendogli fare, a lui e al governo, una brutta figura su scala globale.
E così, anche oggi, Fassina si dimette ‘da solo’, con i Giovani Turchi che ne contestano la scelta (“dimissioni sbagliate e incomprensibili” le bolla il loro leader, Matteo Orfini), i renziani che godono, Renzi che lo sfotte, quelli della destra che lo applaudono solo a dispetto e Letta che non può manco dire quanto gli manca, il soldato Fassina.
Chissà , però, se in futuro resterà davvero solo, a sinistra, Fassina.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
“IL MIO PARTITO E’ SU POSIZIONI BIGOTTE, MA IO RISPONDO SOLO ALLA MIA COSCIENZA”
“Glielo dico senza tanti giri di parole. Sono pronto a votare la proposta di Renzi sulle unioni civili anche se mi delude un po’. Quella che avevo presentato io era più avanzata”
L’apertura è firmata Giancarlo Galan. È il fedelissimo di Berlusconi sin da quando lo conobbe nel lontano ’86 a Publitalia, liberale puro che in un’intervista all’HuffPost invoca uno shock sui diritti civili: “Su questi temi — scandisce Galan – si risponde solo alla coscienza. A chi nel mio partito si è schierato su posizioni bigotte dico che non c’è vincolo di partito. Io sono pronto a votare ogni proposta che faccia un passo avanti rispetto alla legislazione esistente”.
Giancarlo Galan ha già presentato, insieme ai laici di Forza Italia, una proposta dal nome “Gay and lesbian partnership”: “Non si chiamano matrimoni come in Francia — spiega – ma è solo un fatto semantico. Sono previste forti analogie al matrimonio per quanto riguarda diritti e doveri, perchè i gay devono essere cittadini come tutti”.
È questo ddl il metro per valutare le idee di Renzi: “La mia — aggiunge Galan — è più avanzata perchè disciplina i diritti delle coppie omosessuali, non di quelle etero. Comunque ben venga ogni passo in avanti”.
Scusi Galan, perchè nel suo ddl non parla di matrimonio?
Non è un fatto di nomi. I nomi sono diversi, ma la sostanza è simile. Come può vedere nella mia proposta ci sono analoghi diritti e doveri del matrimonio previsto dal nostro codice civile. È, di fatto, la stessa cosa: abbiamo evitato di impiccarci all’aspetto più mediatico e di andare al dunque, prevedendo delle procedure semplificate. In questa fase è importante il principio. Ecco perchè non possiamo non valutare con attenzione le proposte di Renzi, anche se mi sembrano timide. Fosse per me, io sarei favorevole anche alla adozioni da parte delle coppie gay…
È un fatto di civiltà ?
Certo. Ho visitato tanti orfanotrofi in Venezuela, Uruguay, Ucraina, Russia. Ho visto bambini che non hanno speranza di ricevere nella vita una carezza o un abbraccio, e magari destinati a finire in bordelli e nella delinquenza. È meglio questo o dare a loro la carezza di due papà o di due mamme? Vedremo se Renzi ha coraggio o se si lascia frenare dalla componente clerico-bigotta del Pd.
Dica la verità , Galan: questa sua mossa è una trovata per far cadere il governo…
Non me ne frega niente di questo. Io sono un liberale e questi temi sono un fatto di civiltà . E il mio partito, cioè Forza Italia, di cui sono stato tra i fondatori è quello della rivoluzione liberale, quello che pensa che le libertà economiche, libertà sociali e libertà civili siano aspetti di un’unica modernizzazione del paese. Guardi, questo è un punto per me fondamentale. In tutti i grandi partiti occidentali ci sono sensibilità diverse sui diritti. Io rispetto quelli che hanno una visione tradizionale della famiglia. Ma loro devono fare lo stesso con me.
Significa che su questi temi non può esserci niente disciplina di partito?
Ma ci mancherebbe… Come ai tempi dell’aborto, la questione è trasversale. Non ci vedrei nulla di male se sulla proposta di Renzi o sulla mia, sottoscritta da parecchi parlamentari di Forza Italia, si creasse una maggioranza trasversale.
Che ovviamente non contempla Alfano…
Vorrei ricordargli che è un deputato della Repubblica Italia e non dello Stato vaticano. Le sue posizioni si commentano da sole. Ma la verità sa quale è?
Quale?
Che i cittadini sono più avanti del Palazzo. È un paese che vuole essere libero, e vuole scegliere come amare e vivere. Solo qui dentro c’è l’ossessione del voto cattolico o dell’umore delle gerarchie. Suvvia, il voto cattolico, inteso come voto ideologico, non c’è più.
Dica la verità , Galan. Berlusconi è d’accordo con la sua iniziativa laica?
Non lo so, non ci ho parlato. Ma conosco Berlusconi e non ha mai negato a nessuno un diritto, men che meno il diritto alla felicità . E sa cosa le dico?
Cosa?
Che questa delle coppie di fatto dovrebbe essere solo il primo passo. Sui diritti siamo indietro rispetto al resto del mondo. Il Parlamento dovrebbe occuparsi di fecondazione assistita e eutanasia.
Una bestemmia per il suo partito.
E perchè? Anche su questo si vede se Forza Italia è un moderno partito liberale oppure no. Anzi, le do una notizia: mi iscriverò all’associazione svizzera che pratica l’eutanasia anche se di salute sto benissimo. Domando: perchè per esercitare questo diritto devo andare in Svizzera e chi ha meno possibilità di me non lo può fare? La libertà di scegliere come morire non può essere vietata.
Galan, il suo partito non credo la pensi alla stessa maniera.
Non fa niente. Su queste materie, come le ho detto, si risponde solo alla coscienza. Vedremo che succede in Parlamento.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
“AVEVO POSTO UN PROBLEMA POLITICO, IL SEGRETARIO DEL MIO PARTITO HA RITENUTO DI RISPONDERE SENZA RISPETTO DELLE MIE IDEE E DELLA MIA PERSONA”
“Mi sembra tutto chiaro quel che e’ successo…” Stefano Fassina , come si sente dal rumore di sottofondo, e’ in macchina e guida lui.
Di ritorno da Cineto, dalla riunione con 19 lavoratori licenziati durante la quale qualcuno lo ha avvertito del “Fassina chi?” di Matteo Renzi, il Segretario del suo Pd.
Chi l’ ha avvertita, il suo portavoce?
“Non ho portavoce…”
La decisione e’ stata presa li’ e subito
“Io avevo posto un problema politico. Il segretario del mio partito ha risposto senza rispetto non solo delle mie opinioni ma anche della mia persona. Visto che nel governo ci sono in rappresentanza del Pd, ho preso atto. È già difficile gestire l’attività di governo nelle condizioni date, immaginiamo in futuro dopo queste parole”.
Dunque si tratta di uno strappo deciso in un momento di rabbia
“Per nulla. Il Pd a mio parere non e’ ancora diventato un partito padronale, io non mi ci sono rassegnato”.
Le prime reazioni a queste sue dimissioni paiono molto tiepide. Al momento non sono molti quelli che si sono precipitati a difenderla. Non ha timore di rimanere isolato?
“Per nulla. Non mi pare, almeno, dal fiume di messaggi che sto ricevendo”.
Lucia Annunziata
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
“PUZZETTA SOTTO IL NASO” AVEVA DETTO: “FASSINA CHI?”, DIMOSTRANDO TUTTA LA SUA SPOCCHIA… IL VICEMINISTRO LAUREATO ALLA BOCCONI TOGLIE IL DISTURBO
“Dimissioni irrevocabili” dal governo “dopo le parole di Matteo Renzi“.
Stefano Fassina, viceministro dell’Economia che in un’intervista a Repubblica ha espresso la necessità di rimpasto e di ricambio della squadra del Pd a Palazzo Chigi, lascia l’esecutivo.
Perchè “la squadra nel governo Letta è la fotografia di un Pd archiviato dal congresso. Ora il partito nato dalle primarie è un’altra cosa, c’è un altro leader che legittimamente punta a una discontinuità con quel gruppo di ministri e con quel programma”.
E sul suo profilo twitter scrive polemico: “Cambiare ministri del Pd, dal partito solo bordate, mai aiuti“.
Ma l’ipotesi del rimpasto è stata rispedita al mittente dalla segreteria democratica a Firenze. Renzi, col coraggio che lo distingue, preferisce non assumersi resposansabilità per continuare a minare il governo senza i suoi uomini (che dovrebbero poi fare fatti e non spot).
Renzi, a una domanda durante la conferenza stampa su cosa ne pensasse della richiesta avanzata dal sottosegretario, si è limitato a rispondere: “Fassina chi?”, in modo arrogante.
Poco dopo è arrivata la comunicazione del viceministro. “Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c’è nulla di personale. È questione politica. È un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un’altra posizione”.
“È responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato — osserva Fassina, nel motivare le sue dimissioni dal governo — proporre uomini e donne sulla sua linea”. Di conseguenza “restituisco irrevocabilmente il mio incarico al presidente Letta — aggiunge — Ringrazio il presidente Letta per la fiducia che mi ha concesso. Ringrazio anche il ministro Saccomanni per l’opportunità che mi ha dato per lavorare con lui. Ringrazio i colleghi, il viceministro Casero e i sottosegretari Giorgetti e Baretta per l’ottima intesa che abbiamo avuto. Continuerò — conclude Fassina — a dare il mio contributo al governo Letta dai banchi della Camera“.
Bersaniano di ferro, bocconiano con un passato al Fondo monetario internazionale, Fassina non ha mai nascosto le sue perplessità rispetto ai temi proposti da Renzi nei mesi scorsi, soprattutto sul fronte economico.
Lo aveva definito “portaborse che ripete a pappagallo le ricette della destra” e in un post sull’Huffington Post criticava le sue “coraggiose proposte” che, spiegava, “hanno una rilevanza finanziaria pari a zero”.
Ad apprezzare la scelta delle dimissioni sono alcuni esponenti di centrodestra.
“Le dimissioni di Fassina evidenziano un aspetto pre-politico che in questo tempo appare purtroppo ricorrente: il rispetto umano che si deve a qualunque avversario interno ed esterno alla propria parte politica”, commenta il Nuovo centrodestra, Maurizio Sacconi.
“In un partito servono le idee ma, assieme, serve il rispetto per le persone. Tutte, a cominciare da quelle che fanno parte della tua stessa comunità ” il duro commento di Gianni Cuperlo.
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
I GRILLINI SARDI DEL “NUOVO CHE AVANZA” DIVISI IN PIU’ SETTE E FINISCE IN FARSA…. DELUSIONE E RABBIA TRA GLI ATTIVISTI, ALCUNI INIZIANO LO SCIOPERO DELLA FAME
Domani è un altro giorno, ma anche l’ultimo. Lunedì 6 gennaio scade il tempo a disposizione per depositare il simbolo. E ancora non c’è l’accordo, o meglio, il via libera ufficiale da parte dello staff nazionale di Grillo e Casaleggio.
E così il Movimento 5 Stelle, di ora in ora diventa più certo, non parteciperà alle elezioni regionali in Sardegna.
Il voto è infatti previsto per il 16 febbraio, e ancora non esiste un candidato per la presidenza della Regione.
Il motivo alla base di questa impasse apparentemente senza via d’uscita sono le divisioni fratricide in due gruppi che si sono rinforzate di riunione in riunione.
Fino a oggi. Beghe locali, dunque, che dovrebbero essere risolte con il beneplacito di Roma.
La diplomazia dell’ultim’ora
Nessun comunicato, e forse nemmeno arriverà . Una sorta di silenzio-dissenso. Solo un fitto giro di telefonate tra attivisti ed esponenti del M5S.
In queste ore è al lavoro la diplomazia dei parlamentari a 5 Stelle per trovare una mediazione dell’ultim’ora. Lavoro difficile — e pare — infruttuoso.
In Sardegna vanno avanti, nel frattempo, gli incontri serrati fino all’ultimo tentativo dell’assemblea plenaria prevista per domenica 5 gennaio in un paese dell’Oristanese: un momento di partecipazione attiva e “rinascita”.
E pensare che il Movimento alle ultime elezioni politiche era diventato, d’un solo balzo, la prima forza politica dell’isola, raggiungendo il 30 per cento dei voti (addirittura 37% nel Sulcis, roccaforte del centrosinistra).
Un esordio di belle speranze con l’obiettivo regionale, quasi incubo bipartisan, che si è infranto sulla litigiosità .
“Ho chiesto l’intervento di Beppe Grillo via sms e lui mi ha chiamato”, racconta a ilfattoQuotidiano.it Mario Puddu, primo cittadino 5 stelle di Assemini (unico paese conquistato in Sardegna).
“Mi è sembrato davvero risoluto, non concederà il simbolo. Era dispiaciuto e arrabbiato perchè in tutti questi mesi non si è trovata una soluzione. Eppure, gli ho ricordato, ci sono alcuni parlamentari più vicini a questa o a quella corrente, disponibili a trovare una sintesi. Ma ormai è tardi per lui, ha detto che ne uscirebbe un minestrone”.
Lo stesso sindaco si dice “addolorato”, ma non biasima il leader. “Peccato. La Sardegna avrebbe bisogno di una scossa e invece l’urna sarà orfana del Movimento, questo ci deve far riflettere. Eppure a livello locale stiamo lavorando bene, forse amministrare nel piccolo è più facile. In questi cinque-sei mesi le fazioni non hanno dato un bello spettacolo in vista delle regionali”.
Un pantano, insomma.
Continua Puddu: “Lo staff aspettava che la questione si autorisolvesse. In Sardegna si aspettava una parola dall’alto”. Negli ambienti vicini ai parlamentari arrivano ulteriori conferme: gli spazi di manovra sarebbero inesistenti.
Le reazioni degli attivisti
Sulla pagina Facebook “Amici di Beppe Grillo in Sardegna” le reazioni sono numerose e contrastanti: delusione, rabbia, speranza.
C’è chi punta il dito contro l’ex comico e l’assenza di democrazia, chi si colpevolizza (“Ce lo meritiamo”) e chi propone fughe in avanti con liste alternative, di richiamo autonomista.
Oppure rilanciano chiedendo il ritiro delle truppe: deputati e senatori sardi.
Ed è caccia a chi rilascia dichiarazioni ai giornalisti.
Lo sciopero della fame
Da un giorno, poi, alcuni attivisti sono in sciopero della fame per convincere Grillo. Si definiscono “un gruppo di cittadini sardi, partecipi della Rivoluzione Democratica Nonviolenta avviata dal MoVimento” che “vuole a tutti i costi che la Rivoluzione faccia il suo corso pure in Sardegna”.
I sei, supportati anche dalle onorevoli Emanuela Corda e Manuela Serra chiedono a Grillo “di consentire l’uso del simbolo per le imminenti elezioni Regionali” e “di consentire libere elezioni, tra gli iscritti certificati, per selezionare democraticamente i candidati da inserire nella lista”.
Ma forse anche questo sacrificio sarà vano.
L’ultima parola a meno di 24 ore dalla scadenza. Oppure, ancora una volta, il silenzio.
Monia Melis
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
AZZERATI I VERTICI DELL’ASSOCIAZIONE VICINA A LEGACOOP CHE AVEVA IN GESTIONE IL CIE… MA PERCHE’ NON RESTITUISCONO I SOLDI ?
«Un Centro da chiudere. Un Centro che sembra un lager. Un Centro accoglienza senza i requisiti minimi richiesti in un carcere». Questo il verdetto dei tre commissari inviati dalla Lega cooperativa per il «processo interno» sulla struttura di Lampedusa dove si è abbattuto lo scandalo del video-vergogna con riferimento alle cosiddette docce antiscabbia
BARACCHE DISASTRATE
I tre dirigenti arrivati dopo l’azzeramento dei vertici di «Lampedusa accoglienza» e la nomina di un esterno come amministratore unico, il professore Roberto Di Maria, sono rimasti increduli appena varcati i cancelli di Contrada Imbriacola, muovendosi fra baracche disastrate, materassi ammassati, bagni con i rubinetti che dal primo piano sputano acqua calda e allagano le camerate del pianoterra, serrande sfasciate, tutto come tre mesi fa, quando, sull’onda della tragedia del 3 ottobre con 366 annegati, arrivarono qui le più alte autorità italiane e europee, da Barroso a Letta, da Laura Boldrini ad Alfano.
DOSSIER VERGOGNA
Le incrostazioni di ruggine su lavandini e cessi, le docce rotte, le piattaforme incrostate, i gradini grigliati delle scale stratificati di sporcizia sono istantanee di un dossier che fa scattare la denuncia dei tre funzionari, la responsabile di LegacoopSociali in Sicilia Angela Maria Peruca, il direttore regionale di Legacoop Pietro Piro e il vicepresidente regionale di Legacoop Filippo Parrino.
Tutti da venerdì mattina a colloquio con i 17 migranti ancora ospiti del Centro, dopo lo svuotamento imposto dal Viminale, con la vice direttrice rimasta alla guida della struttura, Paola Silvino, medici e operatori inquadrati in quel video.
IL SILENZIO DEI POTENTI
«Abbiamo capito che il vero scandalo non è quel video, ma il silenzio che da mesi è calato sulle condizioni di vita di chi è stato accolto. E questo doveva essere chiaro ai ‘potenti’, alle autorità , a quanti hanno avuto libero accesso in una sorta di prigione dove nessuno poteva entrare senza autorizzazione», dice Pietro Piro, condividendo così la coraggiosa denuncia del deputato Khalid Chouki asserragliatosi qui per Natale.
«La grave responsabilità dei nostri uomini che hanno diretto il Centro è di non avere alzato la voce denunciando per primi la vergogna e l’indecenza in cui operavano», aggiunge Filippo Parino con riferimento al «contrasto fra quanto visto e l’idea di solidarietà , di fratellanza che ispira la filosofia delle nostre cooperative».
OPERAZIONE VERITà€
Infuriata Angela Maria Peruca: «Dopo quel video era necessario fare una operazione-verità . Abbiamo trovato giustificazioni e discolpe su quel trattamento. Perchè il disastro dei locali, quel giorno affollati da 500 migranti, costringeva a praticare le docce all’aperto, ma c’erano 18 gradi, un sole forte, una parete di vecchi materassi come precaria privacy e nessuno pensava che qualcuno filmasse dall’alto la scena, dalle finestre di un locale chiuso proprio perchè nessuno sbirciasse. La familiarità fra alcuni operatori e i migranti può essere stata male interpretata come arroganza. Non esiste invece alcuna giustificazione per lo sconcio di materassi sfatti e servizi peggio di un lager. E’ questo che dovevano vedere anche polizia e carabinieri presenti nel Centro, l’ufficiale sanitario e il sindaco, ministri e autorità che si presentavano per fittizie solidarietà mediatiche…».
BARELLE ARRUGGINITE
Sconvolgente il sopralluogo in infermeria. Una saletta di 4 metri per 4, due barelle con assi arrugginiti, senza un lavandino.
«Numerose le richieste in questi anni per avere almeno un container attrezzato con tre posti di isolamento, ma anche servizi, materassi, attrezzature che avrebbe dovuto fornire e riparare il ministero dell’Interno», ripetono i tre funzionari ricordando le richieste invano avanzate da Lampedusa accoglienza, la società ormai liquidata dal Viminale con una risoluzione del contratto non ancora notificata perchè la lettera spedita da Roma il 19 dicembre è arrivata solo venerdì 3 gennaio.
Un pasticcio fra i tanti. Adesso nelle mani del professore Di Maria, il costituzionalista allievo del presidente Antitrust Giovanni Pitruzzella, che incontra sabato sera i tre dirigenti per decidere cosa fare e cosa chiedere al ministro Angelino Alfano.
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
LA BONINO INTERVENGA, OCCORRE ISOLARE UN PAESE INDEGNO DEL MONDO CIVILE… ALTRO CHE GIUDICARE I DUE MARO’ ITALIANI, NON SONO IN GRADO NEANCHE DI TUTELARE LE DONNE
Una donna polacca di 33 anni è stata stuprata da un tassista che le aveva offerto un passaggio mentre era diretta a Nuova Delhi da Mathura, nell’Uttar Pradesh. Lo ha riferito la polizia.
Mathura si trova a circa 135 chilometri dalla capitale indiana. La notizia arriva a due giorni dalla morte di una ragazza 12enne, stuprata dal branco e bruciata viva nei pressi di Calcutta dopo aver denunciato i responsabili.
Nel clima rovente di questo periodo pre-elettorale che l’India sta vivendo in attesa delle legislative di primavera, il delitto della 16enne si è trasformato poi in una grottesca battaglia politica.
La polizia di Calcutta, ex roccaforte comunista demolita nelle ultime elezioni dalla «lady di ferro» Mamata Banerjee, ha fatto di tutto per accelerare la cremazione della vittima e impedire il corteo funebre voluto dal padre, scatenando così una dura reazione da parte dei partiti dell’opposizione.
Il primo gennaio migliaia di dimostranti hanno marciato a fianco dei genitori e di comuni cittadini esasperati per la mancanza di sicurezza.
Già pochi mesi fa, sempre a Calcutta, una madre di due figli, stuprata nel febbraio 2012 su un’auto nell’area di Park Street, aveva guidato una protesta per i diritti delle donne e aveva provocatoriamente rivelato la sua identità , sfidando la legge che protegge la privacy delle vittime di abusi sessuali.
Secondo le statistiche, in India avviene uno stupro ogni 22 minuti e il primato degli orrori sulle donne appartiene proprio a New Delhi, che circa un anno fa ha assistito impotente all’agonia di Nirbhaya (in sanscrito «colei che non paura») come è stata soprannominata dalla stampa: la ventitreenne è morta a Singapore dove era stata portata nel disperato tentativo di fermare l’infezione intestinale provocata dalle torture di sei ubriachi, tra cui un minorenne, ma anche per tentare di arginare la marea di proteste che aveva raggiunto le sedi del governo e che a malapena la polizia riusciva a contenere con gas lacrimogeni e idranti.
Nel 2012 i casi di stupro denunciati a New Delhi sono stati 1.439, il doppio rispetto all’anno precedente.
Difficile dire se questa impennata è dovuta all’«effetto Nirbhaya» (ora le donne provano meno vergogna nel denunciare gli abusi e le molestie) oppure se davvero è in corso un incremento del femminicidio, fenomeno che in India è visto come un tentativo di soffocare le libertà e le conquiste delle donne.
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
DA FONDI (COMMMISSARIATA PER INFILTRAZIONI MAFIOSE) A COORDINATORE REGIONALE DI FORZA ITALIA: LA SCALATA DEL POLIZIOTTO IN ASPETTATIVA, “SIGNORE DEI VOTI”
Per ricostruire la macchina elettorale di Forza Italia nel Lazio la scelta di Silvio Berlusconi non poteva che cadere su di lui: Claudio Fazzone.
Non un uomo, un partito. Il quarto della Provincia di Latina, dicevano nel 2000 quando il Nostro fece sfracelli alle Regionali.
Da solo, Fazzone portò al centrodestra tanti voti quanti quelli dei Democratici di sinistra.
Tanti da incoronarlo, a 38 anni, presidente del Consiglio regionale. E proiettarlo successivamente in Senato: per tre volte di seguito.
Un numero impressionante di preferenze, collezionato negli anni, pazientemente, partendo dalla militanza nella Democrazia cristiana.
«Il mio maestro è stato Nicola Mancino», disse all’epoca al «Corriere». Spiegando di essere stato spinto a passare a Forza Italia nel 1994 dallo spostamento a sinistra del Partito popolare.
C’è chi, come la giornalista Anna Scafati, lo ricorda «quando faceva l’agente di scorta dell’allora ministro dell’Interno» poi diventato presidente del Senato.
Senza immaginare che il curioso sodalizio si sarebbe trasformato per quel «tipetto non alto e paffuto (definizione della medesima Scafati, ndr )» in un formidabile trampolino di lancio per una insospettabile carriera nel Palazzo.
Oggi la città natale di Fondi è il cuore del suo feudo politico, che abbraccia l’intera Provincia di Latina con profondissime propaggini romane.
E che feudo. Lì c’è il secondo mercato ortofrutticolo d’Europa dopo quello di Parigi, dove lavora il 10 per cento della popolazione (38 mila anime): un giro d’affari talmente grosso, hanno sostenuto gli inquirenti, da aver attirato perfino le attenzioni dei clan camorristici del vicino casertano.
Infatti nel 2009 il prefetto di Latina Bruno Frattasi chiede al ministro dell’Interno Roberto Maroni, alleato di governo del senatore Fazzone, lo scioglimento del Comune di Fondi.
Pesantissimo il sospetto: infiltrazioni mafiose.
Secondo il prefetto erano «emerse chiaramente le connessioni fra la famiglia di Tripodo Domenico (boss mafioso di prima grandezza) e soggetti legati per via parentale anche a figure di vertice del Comune».
La reazione è immediata. Il poliziotto Fazzone Claudio contesta pesantemente le conclusioni del prefetto di Latina arrivando a chiedere una commissione d’inchiesta nei suoi confronti.
Ed evidentemente è anche più potente di un ministro, visto che le proposte di Maroni si arenano ripetutamente in consiglio dei ministri.
Finchè quando proprio lo scioglimento sembra inevitabile, su consiglio di Fazzone che nessuno si sogna di discutere, la giunta guidata dal geometra Luigi Parisella si dimette, per evitare il commissariamento e andare invece alle elezioni.
Vinte di nuovo, manco a dirlo, dai fedelissimi del senatore.
Con un altro schiaffo al ministro dell’Interno: il plebiscito per il nuovo sindaco Salvatore De Meo.
Ovvero l’assessore all’urbanistica della stessa giunta che Maroni voleva sciogliere.
Dice tutto, quella storia, del potere di Fazzone. Compreso un dettaglio che fa capire quanto solido sia il cemento che lo tiene insieme.
Perchè il senatore che il Cavaliere ha appena nominato coordinatore di Forza Italia per il Lazio è socio in affari proprio dell’ex sindaco Parisella e di un imprenditore ortofrutticolo, Luigi Peppe.
La loro società si chiama S.I.L.O. srl, e ha avuto in passato anche un finanziamento statale di 983 mila euro a valere sulla legge 44/86 sull’imprenditorialità giovanile al Sud.
Oggetto sociale, «lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi». Anche se piuttosto misterioso nelle dimensioni, visto che il fatturato degli ultimi due bilanci è pari a euro zero virgola zero.
Ma se c’è una cosa cui Fazzone non ha mai voluto rinunciare è stare, come si dice, «sul pezzo». Guai a toccargli i suoi concittadini.
L’ex sindaco di Fondi Onoratino Orticello si trova in difficoltà ? Eccolo dirigente del consiglio regionale del Lazio non appena Fazzone ne diventa il presidente.
I Comuni della Provincia di Latina costituiscono una società con un partner francese per gestire il ciclo idrico? Ecco Fazzone sedersi sulla poltrona di presidente, pur essendo onorevole in carica, sfidando l’indignazione dei comunisti con l’allora segretario di Rifondazione a denunciare di aver «scoperto che un senatore di Forza Italia becca anche un compenso in quanto presidente di Acqualatina: 100-150 mila euro l’anno».
La cosa non gli ha fatto nè caldo nè freddo.
Al pari delle polemiche suscitate dall’indagine giudiziaria innescata tre anni fa per alcune raccomandazioni alla Asl di Latina.
Inchiesta cui Fazzone ha replicato con queste parole testuali, riportate dall’«Ansa»: «Resta singolare che il giudice decida di aprire un caso per accertare l’esistenza di un reato che, se eventualmente commesso dal sottoscritto, sarebbe già prescritto».
Niente male, per un funzionario di polizia in aspettativa…
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 4th, 2014 Riccardo Fucile
TESTATA ANCHE LA POPOLARITA’ DI TOTI E ALFANO… MA “L’USATO SICURO” E’ LA FIGLIA
Forza Italia rischia di restare acefala tra un paio di mesi, tre al più tardi.
«Non abbiamo altro tempo da perdere» si lascia sfuggire in queste ore Silvio Berlusconi. Il d-day è quando inizierà a scontare la pena. E per quel giorno vuole sistemare le cose.
Ripescando dal cilindro l’unica, vera opzione che ha superato tutti i test dei sondaggi: la figlia Marina.
Pensava di avere più tempo. Le notizie filtrate nei primi giorni dell’anno dal Tribunale di sorveglianza di Milano, relative all’applicazione delle misure restrittive per la condanna Mediaset, fanno piombare invece una cappa minacciosa su Villa San Martino.
«Se si torna al voto a maggio — ha allora annunciato nelle riunioni natalizie di Arcore — c’è solo lei. E mia figlia lo sa»
Del resto il leader forzista ripete da giorni «al voto al voto» con un election day da tenere il 25 maggio con le Europee. Ma l’affidamento ai servizi sociali limiterà al minimo le sue uscite pubbliche.
Altro che campagna elettorale, fosse pure solo per l’elezione dell’europarlamento. Per questo serve un piano d’emergenza.
Nel partito la preoccupazione è palpabile e cammina di pari passo con l’ostilità verso i «nuovi» in ascesa, dal coordinatore dei club Marcello Fiori, al direttore del Tg4 e Studio aperto, Giovanni Toti.
I sondaggi parlano chiaro. La figlia Marina per ora non si muove dai box, ma la macchina elettorale pronta a supportarla sta già scaldando i motori.
Spostamenti e uscite pubbliche dell’ex premier necessiteranno un’autorizzazione giudiziaria, la visibilità tra 12-16 settimane sarà compromessa.
«Me lo aspettavo, Ghedini mi aveva avvisato, ricorreranno a tutto pur di mettermi fuori gioco prima possibile » si è sfogato giovedì con Denis Verdini e lo stesso Toti seduti nel suo studio ad Arcore, e ieri con alcuni coordinatori regionali.
Ecco allora che anche la pena giudiziaria Berlusconi intende giocarsela sul palcoscenico mediatico.
«Per la sinistra sarà un boomerang, costringeranno al silenzio il leader dell’opposizione, per noi si tradurrà in una valanga di voti» catechizza già i suoi. Detto questo, l’accelerazione impressa da Renzi al cammino della riforma elettorale lo ha convinto che il segretario Pd si prepari a «staccare la spina» al governo Letta- Alfano.
Una svolta che aprirebbe una voragine sulla sponda forzista: chi candidare premier? Problema che finora il capo ha imposto ai suoi di rimuovere.
Una qualsiasi investitura anzitempo lo avrebbe indebolito sotto il profilo politico, ma soprattutto giudiziario.
Adesso il quadro cambia rapidamente. Bisogna correre ai ripari. Ecco perchè in queste settimane natalizie ha fatto testare proprio Giovanni Toti e, a sorpresa, Angelino Alfano, in una prospettiva da ritorno del figliol prodigo.
I risultati dei sondaggi – da qui la preoccupazione crescente – non sono stati affatto incoraggianti.
Il direttore che di fatto non si è concesso ferie per restare ad Arcore, sogna la poltrona da vicepresidente unico del partito e lavora per organizzare le celebrazioni del ventennale del 26 gennaio, è risultato un tipo che «funziona» in tv.
Ma nulla più di quello.
Alfano non sarebbe andato meglio rispetto a quando guidava Forza italia da segretario.
Col vicepremier i contatti sono stati «affettuosi» anche in questi giorni festivi, ripresi ora sulla legge elettorale. La Santanchè sferza Angelino, invitandolo a «lasciare l’amante e tornare alla famiglia».
Ma il Cavaliere non ci pensa proprio a organizzare le primarie per coinvolgere il vicepremier. «A me interessa solo l’alleanza elettorale» assicura il Cavaliere ai dirigenti. Ma sta di fatto che in campo «c’è solo Marina».
Molto dipenderà dalla nuova legge elettorale.
Berlusconi ufficialmente tiene le carte coperte ma, racconta chi gli ha parlato ieri, esclude fin d’ora il Mattarellum corretto: «Saremmo spettatori della sfida tra Renzi e Grillo, per noi improponibile».
Verdini invece sembra lo abbia convinto a puntare sullo spagnolo. «Un proporzionale rivisto ci consente di giocarcela ancora da protagonisti ».
Ma non è detto si vada in quella direzione. E allora l’unico «jolly» resta la figlia Marina. «Il presidente sa che se scegliesse un uomo in chiave anti Renzi, sarebbe comunque un clone – spiega un ex ministro berlusconiano dell’inner circle – l’effetto sorpresa funzionerà solo con una donna. E il nome resta solo uno».
Quello più fidato, che salverà il brand nel simbolo e forse lo zoccolo duro alle urne.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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