Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
ESCLUSA LA CANDIDATURA DI COTA, ORMAI BRUCIATO
«Le speranze sono minime, ma noi il ricorso lo presentiamo lo stesso». Nello staff di Roberto Cota si respira un’aria cupa.
Oggi il governatore del Piemonte riunisce la giunta, chiamata ad approvare il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar che annulla le elezioni del 2010.
Ma sembra un po’ inutile, perchè nella Lega, al di là di quel che dice il segretario Matteo Salvini («Io ci credo, l’obiettivo di ottenere una sospensiva è a portata di mano»), sono tutti più o meno convinti che il verdetto di appello della giustizia amministrativa confermerà quello di primo grado.
Insomma: tutti a casa, i piemontesi saranno chiamati al voto anticipato prima della scadenza naturale del 2015.
Semmai ci si chiede se le regionali potranno essere convocate a maggio, in concomitanza con le europee, oppure a ottobre.
La prima ipotesi non sembra convincere Bobo Maroni, per una questione di tempi: il governatore della Lombardia ne ha parlato di recente con Berlusconi, ed entrambi sembrano non credere all’accorpamento.
In ogni caso tutto è già deciso: si voti a maggio oppure a ottobre, verrà confermata l’alleanza di centrodestra che ha vinto quattro anni fa, ma con un candidato presidente che non potrà più essere Cota, («ormai indifendibile soprattutto per la storia dei rimborsi e delle mutande verdi », si lascia andare un colonnello), ma neppure un altro leghista.
Perchè così pretendono gli alleati del Carroccio, visto che quest’ultimo al nord governa già due regioni.
Finora si è fatto avanti Guido Crosetto (Fdi), ma è una candidatura di cui i “padani” non vogliono neppure sentir parlare
Scontata, dunque, l’uscita di scena di Cota, ed è lo stesso governatore a lasciar trasparire un certo sconforto: «Devono farmi fuori a tutti i costi, e ogni mezzo è buono; in questi anni ne ho subite di tutti i colori, adesso non so più veramente che cosa aspettarmi».
Il Consiglio di Stato ha 90 giorni per esprimersi sul ricorso, e in teoria si potrebbe anche votare in primavera.
Ma è un dettaglio. Non per Salvini, convinto che «tecnicamente » si possa tirarla per le lunghe e arrivare al 2015 con Cota ancora presidente.
Il nuovo segretario non vuole neppure prendere in considerazione l’ipotesi del voto regionale anticipato, e si rifiuta perfino di delineare le alleanze per la partita piemontese: «Una cosa alla volta, prima ci sono le amministrative e le europee»
Non la pensa così Maroni, anche lui dell’idea che il Consiglio di Stato dovrebbe confermare la sentenza del Tar, aprendo la strada del voto regionale a ottobre.
E anche questo alimenta la sensazione che il nuovo segretario e il suo successore non vadano più così d’amore e d’accordo.
Maroni smentisce ogni dissapore: «È vero, sabato non sono andato alla manifestazione di Torino, ma solo perchè avevo degli impegni improrogabili; ho comunque chiamato Cota per esprimergli tutta la mia solidarietà ».
E se lui nel giorno della sentenza è rimasto muto, mentre il segretario sbraitava contro le toghe rosse, è solo perchè «voglio che sia Salvini a fare il mattatore, e me ne sto un po’ in disparte; ma tra noi c’è piena sintonia ».
Sarà . Ma c’è un altro indizio di questo doppio registro in casa leghista.
A chiedergli se il suo progetto di macroregione del Nord non rischi di andare definitivamente in frantumi con la perdita della presidenza della Regione Piemonte, Maroni risponde così: «Premesso che vorrei che Cota andasse avanti fino al 2015 e che rivincessimo noi, aggiungo che se ci fosse un governatore non della Lega la macroregione marcerebbe forse più spedita, perchè si capirebbe che questa non è una proposta solo nostra».
Ma il bello deve ancora venire: e se a vincere fosse invece Sergio Chiamparino? Risposta: «Lo conosco bene e lo stimo, credo che se diventasse presidente, e non faccio il tifo, lui non sarebbe affatto ostile al progetto di macroregione alpina che comprende sette regioni italiane del Nord».
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
IL SEN. SCAVONE, MEMBRO DELLA VIGILANZA RAI, E’ RINVIATO A GIUDIZIO CON L’ACCUSA DI TRUFFA AGGRAVATA AI DANNI DELLO STATO E ABUSO D’UFFICIO
Il presidente del Senato Pietro Grasso, Partito democratico, ha nominato come componente della commissione di vigilanza Rai, azienda partecipata dallo Stato, il senatore Antonio Scavone, rinviato a giudizio con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d’ufficio.
Secondo le ipotesi della magistratura, Scavone, nella qualità di manager dell’Asp catanese, avrebbe avallato il procedimento burocratico che ha consentito di affidare senza gara un appalto milionario alla società partecipata da Melchiorre Fidelbo, marito della senatrice Anna Finocchiaro.
Scavone si difende sottolineando di aver “soltanto trasferito alla Regione l’idea progettuale di informatizzare il Presidio sanitario di Giarre”.
In questo modo però – secondo gli inquirenti – avrebbe favorito l’impresa, tanto che anche il marito della Finocchiaro è imputato nello stesso processo.
Scavone è stato anche condannato dalla Corte dei Conti con l’accusa di aver provocato un danno erariale da quasi 400mila euro, si difende sottolineando di aver nominato “i migliori esperti della pubblica amministrazione che hanno portato benefici economici all’azienda”.
In Commissione di vigilanza Scavone non è rimasto a guardare, ha presentato un emendamento chiedendo che parte del canone venga destinato alle televisioni private. Resta sempre aperto un interrogativo: è opportuno che un imputato di truffa aggravata ai danni dello Stato vigili su un’azienda dello Stato?
Scavone non pensa sia uno scandalo e ripone fiducia nella magistratura.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
LA SENTENZA DELLA CONSULTA PROPORZIONALE SENZA PREMIO DI MAGGIORANZA
Un meccanismo “proporzionale”, “depurato dell’attribuzione del premio di maggioranza” con la possibilità di esprimere una preferenza.
Questo è quanto resta della legge elettorale, spiega la Consulta, dopo la sentenza sull’illegittimità del Porcellum.
“La normativa che rimane in vigore – si legge nella sentenza depositata – stabilisce un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che consente l’attribuzione di tutti i seggi, in relazione a circoscrizioni elettorali che rimangono immutate, sia per la Camera che per il Senato”.
Distorsivo il premio senza soglia
Il premio di maggioranza previsto dal Porcellum “è foriero si una eccessiva sovra-rappresentazione” e può produrre “una distorsione”, perchè non impone “il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”. Così la Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza sulla legge elettorale.
Preferenze
“Per quanto riguarda la possibilità per l’elettore di esprimere un voto di preferenza – evidenziano i giudici -, eventuali apparenti inconvenienti, che comunque non incidono sull’operatività del sistema elettorale”, “possono essere risolti mediante l’impiego degli ordinari criteri d’interpretazione” e “mediante interventi normativi secondari”.
Consulta apre a liste bloccate corte
Le liste bloccate lunghe previste dal Porcellum “rendono la disciplina – si sottolinea nelle motivazioni – in esame non comparabile nè con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per parte dei seggi, nè con altri” che prevedono un “numero dei candidati talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi”.
Prevale continuità degli organi di Stato
“Il principio fondamentale della continuità dello Stato”, “non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento” e tale principio prevale.
Così la Corte Costituzionale. “Le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”.
Effetti solo da nuove elezioni
“È evidente – sottolinea la Consulta – che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale”.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
DEPOSITATA LA SENTENZA DI ABOLIZIONE DEL PORCELLUM
Dopo quattro ore di camera di consiglio — preceduta comunque da lunghe consultazioni informali — i 15 giudici della Corte costituzionale hanno dato il via libera al testo delle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 4 dicembre, hanno azzerato il Porcellum.
La sentenza — 35 — 40 pagine in tutto — è auto applicativa e questo significa che in caso in inerzia del Parlamento si andrebbe a votare con ciò che resta del porcellum mutilato del premio di maggioranza e delle liste bloccate: in altre parole, se si andasse alle urne nei prossimi giorni si voterebbe con un sistema proporzionale puro con la preferenza unica.
A quanto si apprende, la sentenza è stata depositata in Cancelleria alle 20.30 ma non è ancora pubblicata, i punti qualificanti del testo sono due: quello sul premio di maggioranza, che può sussistere ma deve avere una soglia di accesso e non può essere cumulato a altri meccanismi maggioritari; e quello che non vieta le liste bloccate purchè siano corte (4-5 candidati al massimo) in modo da consentire all’elettore di identificare bene il candidato.
VIA LIBERA AI TRE SISTEMI PROPOSTI DA RENZI
Questo significa che tutti e tre i sistemi proposti dal segretario del Pd, Matteo Renzi, agli altri leader di partito sarebbero compatibili con la Costituzione secondo l’ultima decisone della Corte.
In particolare avrebbe il via libera il sistema spagnolo, che prevede le liste bloccate corte, mentre, per quanto riguarda il premio di maggioranza, la Corte invita il legislatore a non moltiplicare gli effetti maggioritari.
Non ci sarebbero ostacoli infine per il Mattarellum corretto (75% uninominale e 25 % proporzionale) ma anche in questo caso va prestata grande attenzione all’entità del premio che si vuole inserire nella parte proporzionale.
Anche per il doppio turno, infine, vale il via libera per il listino bloccato corto che potrebbe essere alternativo alla preferenza.
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
“PREMIO MAGGIORANZA DISTORSIVO”….”SENTENZA NON RETROATTIVA, QUINDI CAMERE PIENAMENTE LEGITTIME”
“Premio maggioranza distorsivo”
Firmata la sentenza di abolizione del Porcellum da parte della Consulta.
Dopo quattro ore di Camera di Consiglio, i quindici giudici hanno depositato le motivazioni.
Si tratta di 26 pagine (il relatore è Giuseppe Tesauro), con i dettagli che tutti aspettavano anche per la trattativa sulla futura legge elettorale.
Il premio di maggioranza previsto dal Porcellum, si legge nel dispositivo, “è foriero si una eccessiva sovra-rappresentazione” e può produrre “una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica”, perchè non impone “il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”.
Secondo la Consulta, la legge elettorale bocciata d’incostituzionalità delineerebbe “un meccanismo premiale manifestamente irragionevole, il quale, da un lato, incentivando il raggiungimento di accordi tra le liste al fine di accedere al premio, si porrebbe in contraddizione con l’esigenza di assicurare la governabilità , stante la possibilità che, anche immediatamente dopo le elezioni, la coalizione beneficiaria del premio si sciolga o uno o più partiti che ne facevano parte ne escano; dall’altro, provocherebbe una alterazione degli equilibri istituzionali, tenuto conto che la maggioranza beneficiaria del premio sarebbe in grado di eleggere gli organi di garanzia che, tra l’altro, restano in carica per un tempo più lungo della legislatura”.
La sentenza è cosiddetta autoapplicativa, ovvero prevede che una volta cancellato il vecchio sistema elettorale resti in vigore un proporzionale puro, quindi senza premio di maggioranza e con la possibilità per l’elettore di espriremere una sola preferenza. Inoltre la sentenza non è retroattiva e pertanto non esiste un problema di legittimità del Parlamento eletto, come preteso dal Movimento 5 Stelle.
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
CON 15.839 VOTI CONTRO 9.093 LA BASE VOTANTE DICE NO AL REATO DI CLANDESTINITA’… GRILLO NON RIESCE A INGABBIARE LA VOLONTA’ POPOLARE
Alla fine gli iscritti certificati al Movimento 5 Stelle hanno espresso il loro parere, così come richiesto da Beppe Grillo, sulla depenalizzazione del ‘reato di clandestinità ‘: 15.839 hanno votato per la sua abrogazione, 9.093 per il mantenimento.
I votanti sono stati 24.932 sugli 80.383 aventi diritto.
Tradotto: sarà questa la posizione ufficiale che i ‘cittadini’ pentastellati porteranno domani a Palazzo Madama quando sarà il momento di votare l’emendamento.
Una votazione che rappresenta una vittoria per l’ala dissidente Cinquestelle e una pesante sconfitta di chi ha cercato fino all’ultimo di portare il Movimento verso una deriva razzista.
Una norma che aveva scatenato un vero e proprio caso quando era stata presentata da due senatori a 5 stelle (Maurizio Buccarella e Andrea Cioffi). Grillo aveva lanciato un duro attacco contro gli esponenti perchè il tema non era all’interno del programma elettorale: “Decide il Movimento” aveva tuonato in un post a doppia firma con Gianroberto Casaleggio.
Il referendum lampo. Ma non sono mancate le polemiche.
Grillo aveva lanciato in mattinata, quasi all’improvviso, un referendum online tra gli iscritti per decidere la linea sull’abrogazione del reato di immigrazione clandestina. “Si chiede a tutti gli iscritti certificati al 30 giugno il parere vincolante sul voto che il gruppo parlamentare del Senato dovrà esprimere sul ‘reato di clandestinità ‘. Il sistema di votazione – concludeva Grillo – sarà attivo oggi lunedì 13 gennaio dalle ore 10 alle ore 17 e i risultati saranno comunicati ufficialmente sul blog alle 18”.
Le critiche di iscritti e dissidenti.
Una modalità contestata nei modi e nei tempi da alcuni iscritti. Il senatore Francesco Campanella, una tra le voci più critiche del Movimento, parlava del blog come “arma” e invitava a togliere “la pistola a Casaleggio”.
Campanella sottolineava anche l’orario in cui aveva ricevuto la mail per votare: 10.10, mentre le consultazioni si aprivano alle 10. E anche sul blog del leader M5S, effettivamente, il post in cui si annuncia il voto è stato pubblicato poco dopo le 10.30.
Decisamente più duro e diretto Luis Alberto Orellana, che contestava sul suo blog e rilanciava sui social network: “Stamattina ho ricevuto la mail dallo staff di Grillo alle 10.49 chiedendomi di votare, come tutti gli iscritti, a favore o contro il reato di clandestinità . Sarebbe dovuta essere una buona notizia. Per la prima volta si può sentire la voce degli iscritti. Finalmente. Invece no. Niente di tutto questo. Si tratta o dell’ennesima presa in giro o di una palese dimostrazione di totale incapacità e di approccio dilettantesco a una questione così importante”.
Queste le principali critiche di Orellana: “Si lasciano poche ore agli iscritti per esprimersi. Queste ore si riducono se si riceve la mail in ritardo. Se l’invio delle mail è stato fatto in ordine alfabetico i nostri attivisti con il cognome con la lettera zeta hanno avuto ancora meno tempo per votare. Le ore per votare, infine, coincidono con l’orario di lavoro”
I parlamentari M5S cosiddetti ‘ortodossi’, non appena diffusi i risultati del referendum, hanno cercato di rigirare la frittata: “E adesso chi dice che la democrazia a cinque stelle non esiste, è in malafede!” commenta, tra gli altri, la senatrice Elena Fattori;
“E adesso voglio sfidare chi dice che comanda Beppe Grillo!” concorda Angelo Tofalo. Più realisticamente diciamo che Grillo e Casaleggio hanno cercato fino all’ultimo di far passare la linea da becero-destra ma gli è andata male.
A gioire è anche Andrea Cioffi, uno dei due senatori che con un suo emendamento aveva proposto l’abolizione della norma: “Grazie a tutti per la partecipazione – il suo primo commento.
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL SENATORE ESPOSITO (PD): “HO DOVUTO PORTARE MIA MOGLIE A PARTORIRE IN UN’AUTO BLINDATA”… “MI PEDINANO INSIEME AL GIORNALISTA DE LA STAMPA”
“Eravate proprio belli tu e Numa ai giardinetti: vi vogliamo sempre vedere così”.
È questo il post scriptum del biglietto che accompagnava le tre bottiglie molotov ritrovate sul pianerottolo di casa del senatore Pd Stefano Esposito, vicepresidente della commissione Trasporti a Palazzo Madama.
Un politico da sempre in prima linea a favore della costruzione della Tav.
Mentre Numa, Massimo, è un giornalista della Stampa che si occupa da tempo delle vicende di ordine pubblico legate alla protesta contro l’alta velocità Torino-Lione.
Da quasi tre anni è pedinato in ogni suo spostamento come testimonia un video recapitatogli via mail qualche giorno fa.
“È un video disgustoso – dice Esposito ad HuffPost -Numa è stato seguito per anni: si può vedere il suo indirizzo, il suo numero di telefono nonchè le targhe delle sue auto e la moglie quando va a fare la spesa”.
Esposito è arrabbiato, una rabbia che si mescola a stanchezza.
“Massimo mi è venuto a trovare qualche giorno fa – afferma il senatore – per dirmi del video. Siamo scesi nel giardino davanti a casa e mentre parlavamo c’era qualcuno che ci guardava, ci spiava. Non è possibile, sono stufo”. La minaccia delle molotov davanti alla porta del suo appartamento con cui vive assieme alla sua famiglia può essere la goccia che fa traboccare il vaso. Portando il vicepresidente della commissione Trasporti ad abbandonare la politica.
“Non lo farei per paura: questo deve essere chiaro – spiega Esposito -. Però ho una famiglia, tre figli piccoli, e andare avanti così non si può. Ho dovuto accettare la scorta e mettere telecamere a casa. E tre mesi fa ho dovuto portare mia moglie a partorire su un’auto blindata. È tutto molto difficile da accettare”.
Il senatore aggiunge: “Andrò a Roma dove ho alcuni impegni, poi entro la settimana deciderò cosa fare insieme alla mia famiglia”.
Ciò che non va giù al democratico piemontese è l’essere stato sempre troppo solo.
“Questi gruppuscoli di delinquenti – dice – che con il movimento no Tav non c’entrano nulla e non sanno nemmeno di cosa si parli, hanno avuto gioco facile nell’individuarmi. Ormai sono diventato un simbolo per loro, dato che è da prima delle indagini della magistratura che metto in guardia sulla violenza che poteva crescere attorno alla costruzione della Torino-Lione”.
Una battaglia solitaria. “Ovvio che se contrasti queste intimidazioni in maniera corale – spiega Esposito – è più facile avere ragione. Purtroppo ci sono ancora troppi silenzi e troppi distinguo”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
DALLE 10 ALLE 17 POCHI INTIMI DECIDERANNO SUL REATO DI CLANDESTINITA’ PER CONTO DI OTTO MILIONI DI ELETTORI…ATTACCO DEI DISSIDENTI: “AVVISATI CON VOTO GIA’ IN CORSO”… SCOMMETTIAMO CHE L’ESITO SARA’ DI AFFOGARE GLI IMMIGRATI?
“Sì o no alla depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina?”. Gli elettori del Movimento 5 Stelle tornano alle urne e lo fanno online per votare il più delicato degli emendamenti.
Lo hanno presentato due senatori, Cioffi e Buccarella, a inizio ottobre, ma l’idea non era piaciuta ai leader Casaleggio e Grillo.
”Iniziativa personale”, è come avevano bollato la decisione dei due cittadini a Palazzo Madama con una lettera, la prima della storia del Movimento a doppia firma, pubblicata sul blog.
Seguirono riunione dei gruppi, incontri e una discesa a Roma di Beppe Grillo per spiegare il dietrofront e la presa di posizione contro gli stessi parlamentari.
Ora la decisione passa agli iscritti, ma non mancano le perplessità .
“Giovedì scorso”, ha commentato a ilfattoquotidiano.it il senatore Maurizio Buccarella, “abbiamo parlato dell’argomento tra noi parlamentari a Palazzo Madama. Ho letto un testo ai miei colleghi che avevo scritto per spiegare le ragioni del sì e del no e che avrebbe dovuto essere pubblicato a fianco del referendum.
Mi spiace non sia stato fatto. Sarebbe stato opportuno dare più informazioni e spiegare il tema delicato”.
Un’incomprensione che non è piaciuta a molti dei più critici del gruppo, ma che Buccarella cerca di minimizzare. “Sono aspetti da imparare per le prossime consultazioni online. E che sicuramente dobbiamo chiarire con Grillo e Casaleggio per avere una migliore comunicazione. Continuiamo ad essere i parlamentari più liberi della politica italiana”.
Chi non ci sta è invece il gruppo dei “dissidenti”.
“Togliamo quella pistola a Casaleggio”, ha scritto sulla sua pagina Facebook il senatore Francesco Campanella.
“Il blog gestito così diventa un’arma nelle mani di qualcuno che si è convinto di poter gestire più di 150 parlamentari con strategie di organizzazione di rete aziendale”. Duro anche Lorenzo Battista: “Abbiamo ricevuto una mail all’ultimo minuto”, ha detto a ilfattoquotidiano.it, “Abbiamo solo sette ore per votare e così ci giochiamo tutti i lavoratori: gli operai ad esempio cosa fanno, tornano a casa per votare? Chiudere il voto alle 17 è troppo presto. Non funziona così”.
Il senatore Luis Alberto Orellana invece parla di “dilettantismo”. “E’ una cosa molto positiva”, ha commentato, “poter avere il parere finalmente degli elettori. Ma come mai aspettare fino all’ultimo per comunicare la votazione? Chi fa parte dello staff di Casaleggio? Questo dimostra la totale incapacità di gestire temi legislativi da parte di queste persone”.
Così, a ventiquattro ore dal voto in Senato della legge sulle depenalizzazioni, arriva il referendum più delicato per gli iscritti al Movimento e il primo vero tentativo di “democrazia diretta“.
Il sistema operativo (quello che avrebbe dovuto essere “la piattaforma per la partecipazione”) è partito a dicembre 2013 con tre leggi messe online per ricevere commenti e osservazioni.
Un primo rodaggio ancora zoppicante, con le bozze piene di commenti e segnalazioni. Ma un primo passo. Ora si chiede il voto degli elettori per una questione urgente e il sistema sarà messo alla prova.
Manca però la società terza che certifica la votazione, o almeno non ne è stata data comunicazione come nel caso delle Quirinarie (elezioni per la scelta del candidato Presidente della Repubblica).
“Si chiede a tutti gli iscritti certificati al 30 giugno”, scrive Grillo sul blog, ”il parere vincolante sul voto che il Gruppo Parlamentare del Senato dovrà esprimere sul reato di clandestinità . Il sistema di votazione sarà attivo oggi lunedì 13 gennaio dalle ore 10:00 alle ore 17:00. I risultati saranno comunicati ufficialmente sul blog alle 18.00″.
La votazione rischia di spaccare il gruppo all’interno, con una parte “critica” già in subbuglio da alcuni giorni. Il più duro è Francesco Campanella, senatore del Movimento 5 Stelle: “Questa vicenda del reato di clandestinità è stata gestita dal blog in modo discutibile. Non è così che va gestita la democrazia diretta. La vita delle persone non è un videogioco nè una battuta da condividere sui social media. Il Movimento 5 Stelle è un fenomeno troppo serio per essere gestito in questo modo”. La sua critica riguarda i tempi ridotti per la consultazione: “Indetta senza il preavviso necessario. Siamo tutti d’accordo sul fatto che le leggi votate in parlamento hanno conseguenze serissime? à‰ così che vogliamo gestire la vita dei nostri concittadini? A mò di rischiatutto?”.
Perplesso anche il senatore Fabrizio Bocchino: “Questi temi”, scrive su Facebook, “non possono essere liquidati con votazioni frettolose. Mesi di lavoro dei nostri colleghi, liquidati da un mezzo paragrafetto presentato agli attivisti con una email mandata già a votazione aperta e con solo poche ore per fare una scelta. Questa non è democrazia diretta, secondo me. La democrazia diretta non è decidere su un tema come il reato di clandestinità con un frettoloso ‘click dal telefonino’”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
LA SQUADRA DELLE GIOVANI MARMOTTE TARGATA RENZI
Avete presente Qui, Quo, Qua e il Manuale delle giovani marmotte? I tre nipotini svegli e saggi, che indagano, capiscono, sbrogliano le situazioni? E alla fine tirano lo zio Paperino fuori dai guai in cui si è cacciato…
Ci ho provato a fermare il flusso dei ricordi, ma non ci sono riuscito. Più mi addentravo nella cronaca politica, più leggevo quel che Renzi e i suoi dicono e ripetono in questi giorni, più la sensazione di essere in un episodio di Paperino si impadroniva inesorabilmente di me.
Prima le battute, non si sa se originali o un po’ trasfigurate dai suoi, sul povero e confuso zio Paperino, il presidente del Consiglio Enrico Letta: «Ormai siamo diventanti i badanti di questo governo. Sanno solo combinare guai e noi dobbiamo rimediare» (la Repubblica, 9 gennaio).
Poi le baldanzose parole con cui la giovane marmotta Renzi presenta la prima versione del «Jobs Act»: «Qui c’è un sommario, con le prime azioni concrete, formulato insieme ai ragazzi della segreteria a partire da Marianna, che si occupa di lavoro, e di Filippo, che è responsabile economia».
La sensazione di essere in un fumetto di Walt Disney è irresistibile.
La stragrande maggioranza delle persone normali, che lavorano e non vivono di politica e di talk-show, sa forse chi è Qui-Matteo, ma non ha la minima idea di chi siano Quo-Filippo e Qua-Marianna.
Ma non importa, quel che importa veramente è solo il messaggio: siamo amici, siamo ragazzi, siamo ottimisti, abbiamo un piano per voi.
Un piano che vi salverà , farà ripartire l’Italia, un Paese «che ha le risorse per essere leader in Europa e punto di attrazione nel mondo» perchè il mondo «ha fame di bello, quindi di Italia».
Mah, sono perplesso, e anche un po’ pentito. Pensate un po’.
Non ho mai avuto la tessera di un partito. Non ho mai votato Pd. Però alle penultime primarie (quelle vinte da Bersani e perse da Renzi) ero andato a fare la coda e a votare.
A votare per lui, mentre quasi tutti i miei amici e conoscenti preferivano Bersani (ora preferiscono Renzi).
Ho votato per Renzi non solo e non tanto perchè con lui avevamo l’occasione di archiviare Berlusconi (anzichè eliminarlo per interposta magistratura), ma perchè mi ero scaricato da youtube il discorso di Verona, e ci avevo trovato diverse ottime idee. Perchè avevo letto il suo programma, e molte proposte mi sembravano non solo giuste, ma realistiche, e realizzabili in tempi brevi.
Perchè con Renzi avevano lavorato o lavoravano persone di grande valore, studiosi con delle idee sul futuro dell’Italia. Gente che da anni analizzava i problemi, e pensava le soluzioni. Che quasi sempre sono complesse, controintuitive, e richiedono anni di duro lavoro sui dati, sulle leggi, sul funzionamento dell’economia e della società . Insomma, mi pareva che nel giornalino a fumetti del sindaco di Firenze un posto di rilevo fosse riservato anche ad Archimede pitagorico, non solo allo zio Paperino e ai suoi simpatici nipotini.
Vedo ora che le cose non stanno così.
Il mercato del lavoro è, probabilmente, l’oggetto più complesso di cui la politica possa essere chiamata ad occuparsi.
Riformarlo in modo non disastroso richiede competenze di economia e di diritto che si acquisiscono solo in anni e anni di studi. E infatti, molto saggiamente, Renzi aveva fatte sue diverse proposte degli esperti, e segnatamente il «Codice semplificato del lavoro» di Pietro Ichino, un testo frutto di anni di lavoro e ormai perfettamente pronto ad essere trasformato in legge dello Stato.
Una riforma a costo zero che renderebbe più facile fare impresa in Italia, e che si può varare in pochissimo tempo, se c’è la volontà politica.
Ora invece, in una situazione in cui non si sa neppure se il governo arriverà a maggio, Renzi parla di «presentare» (notate bene: presentare, non approvare) il Codice semplificato «entro 8 mesi», ossia entro settembre (Jobs Act, Parte C, punto 1).
Che cosa è successo?
Renzi non condivide più il testo che egli stesso ha sottoscritto più di un anno fa?
Ne ha pronto un altro e diverso? Perchè far passare tanto tempo?
Che fine ha fatto il decisionismo del sindaco di Firenze?
Come si fa ad accusare lo zio Paperino di inerzia, di lentezza, di praticare la politica degli annunci, se poi Qui-Quo-Qua, con l’unico disegno di legge pronto, perfezionato in anni e anni di lavoro e di consultazioni, prevedono di «presentarlo» l’autunno prossimo?
Di per sè, questa esitazione non sarebbe preoccupante se il resto del documento contenesse proposte precise, piani dettagliati, idee incisive e ben strutturate.
Ma non è così. La bozza del «Jobs Act» è, per ammissione dei suoi stessi estensori, poco più che un insieme di «spunti», su cui — dicono — «ci apriremo alla discussione. Con tutti».
Ma che tipo di discussione? E che significa «con tutti»?
La risposta ce la dà lo stesso Renzi nell’intervista di ieri al Corriere della Sera: «Abbiamo sottratto la discussione agli “esperti” e l’abbiamo portata in pubblico. I dilettanti hanno fatto l’arca. Gli ‘esperti’ hanno fatto il Titanic».
Come dire: la specie si è salvata con l’arca di Noè, opera di dilettanti, il disastro del Titanic è quel che ci aspetta se ci affidiamo agli esperti.
Curioso. Negli ultimi anni un simile elogio dell’incompetenza l’avevo sentito solo dalla deputata Pd Marianna Madia («metto la mia inesperienza al servizio del Paese»), nelle cui dichiarazioni, tuttavia, almeno si poteva avvertire una punta di autoironia. Con Renzi no.
La metafora dell’arca di Noè e l’elogio del dilettantismo sono così sfacciati che l’intervistatore, Aldo Cazzullo, non riesce a trattenersi e gli chiede: «È segretario da un mese e già si celebra?».
Difetto di stile a parte, resta la domanda di sostanza: perchè Renzi snobba gli esperti ed esalta i dilettanti?
L’unica risposta che riesco a darmi è la seguente.
Il problema numero 1 di Renzi non è costringere lo zio Paperino a riformare il mercato del lavoro in modo utile all’Italia.
Se questo, o principalmente questo, fosse il suo scopo, incalzerebbe il governo con proposte ben definite, scelte fra le molte che sono disponibili da anni e che un aspirante premier dovrebbe ben conoscere.
Il problema numero 1 di Renzi, a giudicare dai suoi comportamenti, è logorare Letta, e al tempo stesso convincere l’elettorato che solo lui, l’enfant terrible della politica italiana, potrà fare quello che il duo Letta-Alfano non sono stati in grado di fare.
Per questo servono i dilettanti.
I dilettanti sono perfetti per aprire dibattiti, lanciare slogan, animare i talk-show, riempire le cronache dei giornali di «retroscena» più o meno succosi.
I dilettanti sono preziosi sia perchè alimentano l’idea che i problemi abbiano soluzioni semplici, sia perchè aiutano a creare un clima di partecipazione (o di guerra di tutti contro tutti) che permette ai leader populisti di offrirsi come salvatori della patria. L’idea di Grillo di far scegliere la legge elettorale alla mitica Rete non è molto distante dall’idea di Renzi di affidare ai dilettanti un problema formidabile come la riforma del mercato del lavoro.
Del resto, basta provare a immaginare che cosa succederebbe se Renzi avesse il coraggio di proporre, anzi di imporre, al premier Letta una delle proposte messe a punto dai detestati esperti di mercato del lavoro, i vari Ichino, Boeri o Garibaldi
Il risultato sarebbe la spaccatura del Pd, l’ostilità della Cgil e della Fiom, un’ennesima rottura del fronte di sinistra fra riformisti e massimalisti.
In breve: Renzi potrebbe candidarsi a premier, ma senza l’appoggio pieno e convinto del suo popolo.
Ecco perchè quel che mi aspetto, di qui a marzo (poi la campagna elettorale sommergerà tutto e tutti), sono solo diversivi.
Tanti discorsi su legge elettorale, riforme istituzionali, costi della politica, ma pochissime azioni veramente incisive per dare un posto di lavoro ai giovani e alle donne.
Per ridurre i costi della politica basta una rivolta popolare, ma per riformare il mercato del lavoro, sfortunatamente, ci vogliono persone competenti, molto competenti.
Fossi Renzi, mi terrei stretto il Manuale delle giovani marmotte ma non rinuncerei mai a fare due chiacchiere con Archimede Pitagorico.
Luca Ricolfi
(da “La Stampa”)
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