Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
RENZI: “BASTA MELINE O TRATTO CON SILVIO”…IN ATTESA DELLE MOTIVAZIONI DELLA CONSULTA
Matteo Renzi riunisce subito il Pd. Non vuole aspettare la direzione di giovedì.
Oggi arriva a Roma e ha convocato, stasera alle 8 e mezzo a Largo del Nazareno, i capigruppo, gli uffici di presidenza e i referenti democratici nelle commissioni parlamentari.
All’ordine del giorno il patto di governo. Sottotitolo: la legge elettorale, il tema che gli sta più a cuore.
«Il mio sistema preferito è lo spagnolo», spiega il segretario ai fedelissimi che lo sentono tutti i giorni.
Un modello quasi bipartitico, quindi super bipolare. Lo stesso che piace a Berlusconi. «Ma del Cavaliere non mi fido quindi sono pronto a ragionare anche del doppio turno», aggiunge Renzi.
Vale a dire, il sistema che metterebbe d’accordo la maggioranza di governo, che Angelino Alfano sponsorizza come unica scelta e che, per salvare l’esecutivo, è stato “adottato” anche da Enrico Letta.
Il doppio turno è la proposta storica del Partito democratico. Avrebbe perciò la strada spianata all’interno delle varie correnti del Pd.
Il punto però sono i rapporti di fiducia instauratisi nella coalizione. «I tempi per me sono importantissimi. Se dovessi capire che Alfano svicola, rinvia o mette dei veti, mi tengo la porta aperta dell’accordo con Berlusconi. Va rispettata la scadenza del 27 gennaio in aula alla Camera. Non posso permettermi di perdere la faccia accettando slittamenti ».
Per questo Renzi tiene «l’arma carica» del dialogo con Forza Italia. Per far capire ad Alfano che non accetta dilazioni.
L’incontro con Berlusconi viene rimandato. Il sindaco non lo esclude ma lo immagina come la fine di un percorso.
«Semmai dovessimo sederci a un tavolo con lui sarà per sottoscrivere un’intesa già preparata. E non saremo soli: coinvolgerò tutte le forze che condividono la stessa riforma»
Adesso bisogna solo aspettare le motivazioni della sentenza con cui la Corte costituzionale ha cancellato il premio di maggioranza del Porcellum.
Il presidente Gaetano Silvestri e il relatore Giuseppe Tesauro le avrebbero già pronte nel cassetto.
Elaborate dopo un lungo confronto perchè la sentenza è a suo modo “storica”: coinvolge il rapporto tra governo e Parlamento (la governabilità ), il rispetto della sovranità popolare, il legame tra cittadini ed eletti. I princìpi-cardine di una Costituzione. Ma il testo c’è.
Oggi potrebbe diventare pubblico, secondo alcune indiscrezioni. Al massimo, con qualche limatura, si potrebbe arrivare a mercoledì. Renzi attende le motivazioni per accelerare in maniera definitiva.
E per capire su quale dei tre modelli proposti, che lui considera ancora tutti validi, si può procedere velocemente.
La commissione Affari costituzionali ha messo in calendario audizioni di esperti fino a giovedì.
Dopo è necessario arrivare a un testo base da votare. «Penso sarà un testo della maggioranza – spiega il capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza –. Pd, Ncd e Scelta civica possono convergere sul doppio turno di coalizione. Mi sembra difficile fare una legge contro Alfano, verrebbe giù il governo.
Ma Renzi fa benissimo a tenere aperto il canale con Berlusconi.
Dev’essere sterilizzato il potere di ricatto del Nuovo centrodestra». Il passaggio della direzione di giovedì non è secondario. In quella sede potrebbe emergere una maggioranza chiara a favore del doppio turno. Ma il segretario racconterà gli esiti delle consultazioni anche sulle altre proposte.
Ci lavorano Dario Nardella, che ha sentito anche il Ncd Cicchitto e la responsabile Riforme Maria Elena Boschi, che oggi alle 12 riunisce i membri Pd della commissione Affari costituzionali.
La Boschi ha parlato con il ministro Gateano Quagliariello che le ha confermato la linea Maginot degli alfaniani: il doppio turno e basta.
Questo non impedisce a Renzi, a Nardella e alla stessa Boschi di continuare la trattativa con Denis Verdini e Renato Brunetta.
Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
NCD ANTICIPA UNA PROPOSTA “PIU’ MODERNA” CON IL SUPERAMENTO DELL’ART 18
Il Jobs Act di Matteo Renzi? «Roba del secolo scorso. E’ molto più moderno il nostro piano per il lavoro». Angelino Alfano boccia senza appello le proposte del segretario del Pd e apre un nuovo fronte di scontro, dopo le unioni civili.
«Il Pd abbia più coraggio – polemizza il leader del Nuovo centrodestra – e sul lavoro non ci proponga idee e regole del Novecento».
Il ministro, che sabato ha tenuto a Bari la prima convention del nuovo partito, annuncia che un testo del Ncd è già pronto, preparato da Maurizio Sacconi, e che la prossima settimana sarà presentato a Letta, «al quale ribadiremo che il sostegno al governo è legato alla stipula di un contratto che possa fare il bene del-l’Italia ».
Un altolà che provoca l’immediata reazione, non solo dei democratici ma anche di Scelta Civica, in sintonia sul Jobs Act con Renzi.
Le critiche di Alfano sono «surreali» per Davide Faraone, responsabile welfare pd, perchè se c’è qualcosa di vecchio questo è proprio il piano Ncd, «il ministro faccia anche qualcosa, non commenti solo le proposte degli altri».
E Marianna Madia, responsabile Lavoro: «Sacconi è stato ministro del Lavoro, ma ancora siamo qui a parlare di riforme, a dimostrazione di quanto sia stata efficace la sua azione».
Il piano Alfano-Sacconi non piace nemmeno a chi nel Pd è lontano dalle posizioni del leader, come Cesare Damiano.
«Alfano dimostra una notevole faccia tosta – replica il presidente della commissione Lavoro della Camera – visto che quella del Ncd è una stanca riedizione di proposte di Berlusconi».
Polemico il vicepresidente di Scelta Civica, Renato Balduzzi, «non vorrei che le battute sul superamento del Novecento sottintendessero la volontà di tornare al secolo ancora precedente».
Ma per Alfano il piano per il lavoro del Ncd rappresenta «il completamento di una stagione di riforme che si era avviata con Marco Biagi».
Quando furono approvate le sue idee, ricorda il vicepremier, «l’Italia guadagnò più di un milione di posti di lavoro, poi l’occupazione si è bloccata e la disoccupazione è aumentata ».
Fra i punti principali, come ha spiegato il presidente dei senatori Maurizio Sacconi, l’idea di «liberare il lavoro per liberare i lavori». Con l’obiettivo di semplificare, liberare apprendistato e anche lavoro a tempo indeterminato, ovvero «superamento dell’articolo 18».
Va «liberata » anche la contrattazione in azienda sia a livello individuale che collettivo. Altro punto chiave, le tasse sul lavoro, «va detassato il lavoro produttivo per aumentare i salari. Ci riferiamo – spiega Sacconi – al salario di produttività ». Quella di Renzi invece «è una proposta timida, come ha detto anche Brunetta».
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
LE CARTE DELL’INCHIESTA SUL BAR DELL’OSPEDALE CHE FU OGGETTO DELLE PRESUNTE PRESSIONI
Il sindaco Fausto Pepe anticipa: «Molto probabilmente domani mattina (stamani, ndr) firmerò una ordinanza di chiusura del bar. Abbiamo accertato che sono stati eseguiti lavori abusivi in assenza di un parere della Sovrintendenza. I gestori del bar avevano presentato una autocertificazione infondata, che sarà posta all’attenzione della Procura della repubblica per gli evidenti profili penali».
Un brutto colpo per il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo.
Il bar della cugina, aperto nella struttura ospedaliera del Fatebenefratelli, stava molto a cuore alla futura ministra.
In uno scampolo di discussione registrata da un indagato, Felice Pisapia, a casa del padre della ministra, Nunzia De Girolamo non è stata tenera: «Stronz.. quelli del Fatebenefratelli… facciamogli capire che un minimo di comando ce l’abbiamo… mandagli i controlli e vaffanc…». Ora, tutte le pieghe della vicenda sono al vaglio della magistratura.
E c’è da scommettere che le sorprese, nella prossime ore, non mancheranno.
Se a Roma la «politica» prova a difendere la ministra denunciando le registrazioni delle riunioni come un atto abusivo e illegale (ministro Alfano), e comunque annunciando (Nunzia De Girolamo) che (la ministra) non è indagata, negli studi legali di Benevento, affollati anche di domenica mattina, si fa spallucce.
Non convince la linea Maginot tracciata dalla difesa De Girolamo.
«Non è una intercettazione abusiva – sostiene l’avvocato Enzo Regardi – ma una registrazione di una conversazione tra presenti ed è uno strumento di prova».
Tredici pagine, quelle depositate (per errore) dalla Procura.
L’avvocato Regadi che difende il principale indagato della inchiesta su una serie di truffe all’Asl di Benevento, Felice Pisapia, capo Servizio bilancio della Asl cittadina, domani depositerà al Riesame di Napoli, competente per decidere sulle misure cautelari personali, altre quattrocento pagine di trascrizione di due riunioni a casa del padre della ministra De Girolamo, presenti i vertici della Asl, la futura ministra, i suoi collaboratori.
Esplicita criticamente il gip Flavio Cusani: «Dall’esame del fascicolo trasmesso dal pm, emerge che non tutti gli atti di indagine risultano essere stati trasmessi a questo gip con la richiesta in esame, avendo il pm provveduto a tenerne riservati alcuni (di cui è rimasta però traccia fra gli atti trasmessi), evidentemente non strettamente conferenti ai fatti per i quali richiede l’applicazione di misure cautelari».
In realtà , l’avvocato Regardi ad una Procura impaurita – e bene inserita nella società civile beneventana con mogli, mariti e parenti nelle professioni (da avvocati a tecnici) che vivono di incarichi e consulenze da parte delle amministrazioni pubbliche – aveva depositato le trascrizioni complete delle due riunioni, ma con una scelta «discutibile», secondo la difesa di Pisapia, non le ha messe a disposizione delle parti.
Non è l’unica «stranezza» di questa inchiesta, perchè nella stessa ordinanza di custodia cautelare contro Pisapia e rappresentanti di società e aziende, emerge una dialettica molto accentuata tra pm e gip.
Lo «spessore delinquenziale» di Pisapia non intimorisce la Procura che si limita a chiedere al gip soltanto l’obbligo di dimora mentre chiede e ottiene i domiciliari per gli altri indagati.
Ma c’è un passaggio del gip nella sua misura che lascia ipotizzare che la mannaia della giustizia sia destinata ad abbattersi contro quel «ristretto direttorio politico-partitico» che governa la Asl.
Ininfluente la proclamazione di innocenza della ministra («Non sono indagata»), perchè quel «direttorio», «costituito al di fuori di ogni norma di legge», è composto da «componenti esterni all’amministrazione».
È un direttorio politico che ha fatto riferimento al Pdl. A Nunzia de Girolamo e ai vertici Asl da lei indicati.
La vicenda del bar, dell’appalto del 118, e poi una quarantina di consulenze esterne.
Storie affiorate in questi giorni di «clamore mediatico». Per l’appalto del 118 il direttorio aveva deciso di farlo vincere a una ditta che aveva sponsorizzato il congresso del Pdl, danneggiando le ditte che non erano sostenute.
Un superteste, Arnaldo Falato, mette a verbale: «Il direttore generale Rossi mi disse che la gara del 118 doveva essere bloccata assolutamente».
Rossi è quello che dalla registrazione della riunione a casa De Girolamo, pronuncia lo scioglilingua: «Nunzia io non resterei un secondo di più qui all’Asl se non per te e con te; perchè la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data ed è giusto che ci sia un riscontro».
Guido Ruotolo
(da “La Stampa“)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
DOMANI IL DUELLO DEL RIESAME… I TIMORI DI NUOVE CARTE IMBARAZZANTI PER LA DE GIROLAMO
Dove si potevano sottrarre, scrive il gip Flavio Cusani, «per notevole periodo di tempo, ingenti somme di denaro senza che nessuno se ne accorgesse ».
Dove s’erano radicate «prassi permissive, pregresse e nuove».
Si annuncia tesissimo, domani, il duello tra accusa e difesa dinanzi al Riesame di Napoli.
Si discute formalmente della posizione di Felice Pisapia, l’ex dirigente all’obbligo di dimora con l’accusa di truffa, che con le sue intercettazioni ha inguaiato Nunzia De Girolamo e lanciato gravi accuse sul suo cerchio magico e sul manager Michele Rossi. Saranno probabilmente depositati altri brani delle registrazioni che fanno tremare l’entourage del ministro.
L’avvocato di Pisapia, Vincenzo Regardi, ha sempre sostenuto che non si tratta di «intercettazioni illegali», ma di «registrazioni tra presenti», quindi «documenti e non atti», e in quanto tali utilizzabili.
D’altro canto, stando all’ordinanza, l’allora deputata sedeva in cima al «direttorio » extra legem che si occupava «di ogni aspetto gestionale della Asl, in funzione di interessi personali e di ricerca del consenso, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose».
Una ricostruzione, quella del gip, che rivela più di una divergenza, forse uno strappo, con la Procura.
Ma, se un mese dopo, questa è la radiografia di un’inchiesta che fatalmente assume le sembianze del caso De Girolamo, allora vanno confrontati inediti atti e dichiarazioni politiche, ipotesi giudiziarie e testimonianza di un ministro.
Vediamoli.
Afferma il ministro alle Politiche agricole: «Non posso che ribadire di non aver mai indicato un primario, una ditta, di non aver mai favorito parenti».
Proviamo ad interrogare i fatti, o quelli che come tali si presentano.
Quindi “Mai indicato un primario”. Il caso Molinaro.
Bisogna tornare al teste Asl Arnaldo Falato, che dinanzi al pm dice anche del marchio che lo accompagna.
«Tenga presente – dice Falato – che sono stato coinvolto nell’inchiesta su Mastella». Falato affronta il tema dei primari. «Del risentimento politico nei miei confronti mi parlò l’allora commissario dell’Asl, Enrico Di Salvo (ordinario all’Ateneo Federico II, stimato chirurgo napoletano, ndr).
Accadde che andavano in pensione anticipata due primari, il dottor De Maria pneumologo e il dottor Verusio radiologo.
Eravamo pronti a sopprimere quei posti». Obiettivo perseguito da Di Salvo, per adesione all’austerity e alla volontà del governatore Caldoro.
Ma cosa accade? Arrivano nella stanza di Di Salvo gli amici di Nunzia, si mettono di traverso: sono Luigi Barone, oggi capo della segreteria politica, e Giacomo Papa, oggi suo vicecapo di gabinetto.
Falato: «Alla soppressione si opposero sia Luigi Barone, sia Giacomo Papa, che ebbero due scontri violentissimi con me, volendo gli stessi favorire il subentro, al posto di uno, del dottor Giovanni Molinaro. Io ebbi il torto di dire che non era possibile perchè Molinaro non era nemmeno specialista in radiologia».
Come poteva diventare primario di Radiologia? Sempre Falato: «Papa mi disse di non preoccuparmi, perchè lui insegnava Diritto sanitario e avrebbe risolto lui il problema. Dopo di me andarono a parlare con il professor Di Salvo che mi riferì di un colloquio burrascoso, e dopo non molto tempo decise di dimettersi ».
Repubblica rintraccia il professor Di Salvo, che oltre ad essere capo dipartimento, è a capo di una missione umanitaria in Benin.
«È vero, ci furono divergenze forti – svela – . Ma nessuna richiesta mi fu fatta dalla De Girolamo ».
Ma a che titolo i due signori, nè medici nè dipendenti venivano nella sua stanza e si opponevano? In nome di chi? «Se diamo retta alla vox populi, certo, tutta Benevento sapeva che erano vicini a lei. In ogni caso, dissi no. Si capiva tra l’altro che i due ignoravano completamente le norme».
“Mai indicato una ditta”.
Il caso Sanit-Modisan. Appena arriva alla Asl il dg Michele Rossi, voluto dalla De Girolamo, comunica a Falato «che la gara del 118 si deve assolutamente bloccare». A gestire il servizio all’epoca è il binomio Sanit-Modisan. La prima è fatta fuori. Rossi, senza sapere di avere un registratore sotto il naso, dice: «Quelli non li voglio».
La Sanit ha presentato un esposto in Procura, avanza profili di «gravi abusi». La Modisan avrebbe finanziato congressi Pdl con altri imprenditori.
“Mai favorito parenti”.
I fatti raccontano un’altra storia. Lo zio del ministro, Franco Liguori, è l’attuale gestore del bar dell’ospedale Fatebenefratelli. Ha un bel dire che è stato «vittima di attacchi strumentali», oggi scatta lo stop dei vigili per mancanza di titoli. La De Girolamo si attiva per frenare il concorrente («Mandagli i controlli e vaffa»).
E poi, gli amici. Scrive il gip che il direttorio si occupava persino «di faccende spicce, come rimediare al sequestro di latticini di un rivenditore amico».
Quel rivenditore è Giovanni Perfetto, 39 anni, comico tv. Dice: «Sì è vero, violai i sigilli, mi rivolsi a Barone. Ma solo perchè era un giornalista locale».
Voleva quindi farsi cattiva pubblicità da solo? «Insomma, non pensavo che fosse andato dal ministro a perorare la mia causa, sono un ragazzo onesto».
Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 13th, 2014 Riccardo Fucile
DALLE 170 PREFERENZE CHE LA ESCLUSERO DAL CONSIGLIO COMUNALE DI BENEVENTO AL PARLAMENTO CON LA LISTA BLOCCATA
Come esultava Nunzia De Girolamo, il 12 marzo del 2012, per il suo successo nel congresso del Pdl a Benevento: “Le file per votare e l’interesse dei nostri tesserati per questo congresso dimostrano la grande vitalità del partito sannita”.
La prediletta di Berlusconi era l’unica candidata ma contava l’affluenza alle urne.
Al termine della giornata il risultato fu ottimo: votanti 6.743 su 10.529 iscritti aventi diritto. Non male per una deputata eletta con il Porcellum che mancò l’elezione al consiglio comunale di Benevento raccogliendo circa 170 preferenze.
Nel 2012 invece le cose andarono diversamente per lei e per il suo cerchio magico. Fu eletto vicecoordinatore Luigi Barone e poi anche Giacomo Papa.
Esattamente i collaboratori del ministro presenti alla riunione del “comitato” che impartiva direttive ai manager dell’Asl di Benevento a casa del padre di Nunzia De Girolamo nel luglio 2012.
Felice Pisapia, il direttore sanitario dell’Asl di Benevento indagato per truffa e malversazione, ha raccontato nell’interrogatorio pubblicato ieri dal Fatto la sua versione di quella campagna elettorale e l’andamento dei pagamenti nei confronti di due ditte impegnate nel servizio 118 per la Asl. “Michele Rossi, direttore generale dell’Asl di Benevento voleva favorire Modisan e danneggiare la Sanit. Così Sanit veniva demonizzata mentre la società Modisan, siccome sponsorizzava la campagna elettorale che c’era stata per il congresso del 2012 per il Pdl, veniva esaltata (…) come emerge dagli incontri politici ai quali ho partecipato”.
Dopo l’incontro del luglio 2012 registrato a tradimento da Pisapia, e nel quale Nunzia De Girolamo, Papa e Barone, il direttore generale della Asl, Michele Rossi e il direttore sanitario Mino Ventucci parlarono della gara del 118 (12 milioni per tre anni di appalto) ci fu un altro incontro dopo l’estate in un agriturismo, registrato dallo stesso Pisapia.
Papa era arrabbiato con lui perchè non gli aveva portato a domicilio, nella casa al mare di Palinuro, il capitolato di gara, come richiesto.
Al pm Giovanni Tartaglia Polcini, il 14 gennaio del 2013 Pisapia racconta: “Dovevo consegnare personalmente copia dei capitolati da predisporre all’avvocato Papa a Palinuro. Poi l’avvocato avrebbe operato le modifiche e lo avrebbe restituito a me per l’Asl. Ma non andai e non è mai avvenuto”.
Tutte accuse da verificare. Intanto si scoprono particolari nuovi sui verbali di Arnaldo Falato, il dirigente medico responsabile del Servizio organizzazione aziendale dell’Asl di Benevento che ha raccontato al pm Giovanni Tartaglia Polcini la sua versione dello spoil system beneventano.
Il direttore generale Michele Rossi sarebbe diventato il portatore degli interessi personali ed elettorali della ministra (non indagata) nella gestione della sanità pubblica, alimentando un sistema di promozioni e rimozioni che premiava gli amici e metteva in un angolo i nemici della vecchia guardia mastelliana.
In una denuncia allegata agli atti dell’inchiesta, l’ex Udeur Falato rivela che il 27 maggio 2013 fu convocato da Rossi nella sua stanza per “comunicazioni”.
Alla presenza di tutti gli alti dirigenti dell’Asl, tra cui il solito direttore sanitario Ventucci, gli fu sottoposto un contratto di lavoro per un incarico “confezionato ad arte, del tutto inconsistente, al solo fine di punirmi per i miei trascorsi mastelliani” di dirigente a Montesarchio.
Contratto che prevedeva un compenso aggiuntivo a titolo di “posizione aziendale variabile” pari a 30.000 euro circa, “del tutto spropositato rispetto all’incarico e superiore al valore massimo degli incarichi di massima affidabilità affidati in Asl che si attestano sui 10-11.000 euro annui. Capii — sostiene Falato — che era il prezzo per comprare il mio assenso: un regalo personalizzato”.
Piccatissima la lettera di rifiuto che ricostruisce l’episodio con toni sarcastici: “La situazione mi ha fatto sentire tanto Fantozzi, una voce immaginaria mi diceva: ‘Fantozzi merdaccia siediti, firma e falla finita, sei alla presenza di tutti i direttori megagalattici. Suvvia!”.
Il 14 gennaio 2013 Falato con il pm Giovanni Tartaglia Polcini ricostruisce così la tentata soppressione di due posti di primari, tra cui quello di primario radiologo, per mandare in pensione anticipata i titolari e risparmiare.
“Si opposero alla soppressione sia Luigi Barone che l’avvocato Giacomo Papa, che ebbero con me due diversi incontri violentissimi, perchè volevano favorire il subentro nel posto di primario del dottor Giovanni Molinaro. Io ebbi il torto di dire che non era possibile perchè Molinaro non era nemmeno specialista in radiologia. Mi ricordo che Papa mi disse di non preoccuparmi perchè lui insegnava diritto sanitario all’università ed avrebbe potuto risolvere il problema”.
Vincenzo Iurillo e Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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