Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
DEPOSITATO IL TESTO IN COMMISSIONE
Dopo un lunga giornata di consultazioni e rinvii, il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi è stato depositato in commissione Affari costituzionali della Camera.
Due articoli in tutto, ma molto corposi.
Il primo: «Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati». Il secondo, che probabilmente verrà gettato al macero qualora si faccia in tempo a cancellare con legge costituzionale il Senato elettivo: «Modifiche al sistema di elezione del Senato della Repubblica».
Nel testo ci sono lo stop alle candidature multiple («Nessun candidato può essere incluso in liste con il medesimo contrassegno o con diversi contrassegni in più di un collegio plurinominale») e l’ipotesi di un premio di maggioranza del 18% a chi ottiene «almeno il 35% di voti validi del totale nazionale».
In questo modo, il vincitore ottiene un totale di 340 seggi alla Camera. In caso nessuno ottenga il 35%, si va al doppio turno.
Nelle liste è previsto l’obbligo del 50% di donne: «A pena di inammissibilità nel complesso delle candidature circoscrizionali di ciascuna lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 50 per cento con arrotondamento all’unità inferiore e nella successione interna delle liste nei collegi plurinominali non possono esservi più di due candidati consecutivi del medesimo genere».
NODI DA SCIOGLIERE
Mercoledì sera il testo base verrà adottato con una votazione, ma Scelta civica ha già fatto sapere che non intende dare il suo assenso. I nodi ancora da sciogliere durante la discussione in Parlamento sono ancora molti: la «norma salva Lega», innanzitutto, che prevede un lasciapassare per i pariti regionali che non superano le soglie di sbarramento nazionali (8% per i non coalizzati e il 5% per i partiti coalizzati).
In pratica la Lega avrebbe la sua rappresentanza parlamentare a patto che raggiunga almeno il 15% in una sola regione o il 10% in tre circoscrizioni.
La «norma salva Lega», inizialmente inserita nel testo su richiesta di Forza Italia, è stata cancellata all’ultimo minuto dopo i mal di pancia nel Pd e soprattutto dopo una riunione di fedelissimi di Alfano, convocata a Palazzo Chigi, durante la quale si era escluso di concedere una chance all’alleato storico del Cavaliere.
Alla fine, la norma è stata accantonata e così Alfano ha potuto firmare il testo base per il Nuovo centro destra.
LA ROAD MAP
L’agenda per l’approvazione della legge prevede la discussione sugli emendamenti da mercoledì sera a venerdì, quando, sempre in serata, scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti. Poi, un’interruzione nel fine settimana per consentire il congresso di Sel in modo da votare gli emendamenti in commissione lunedì e martedì.
Mercoledì 29 si andrà in aula con soli due giorni di ritardo per poi avviare un iter con tempo contingentati nel mese di febbraio (come prevede il regolamento della Camera). Fonti parlamentari, comunque, segnalano un’altra possibilità : avanti tutta in aula per approvare la legge entro la fine della prossima settimana.
LE REAZIONI AL «SALVA LEGA»
Durante la giornata di mercoledì sono stati parecchi i commenti e le reazioni al «salva Lega». Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia)interviene così: «La cosa strana è che Berlusconi vuole salvare la Lega e ammazzare gli altri alleati».
Di segno opposto il commento del neo segretario leghista, Matteo Salvini: «La Lega non ha bisogno di “aiutini” ”
Maria Elena Boschi, la responsabile del settore riforme del Partito democratico, ha chiesto lumi ai colleghi del Senato. In particolare alla senatrice Doris Lo Moro (Pd) che fino a qualche settimana fa era relatrice insieme a Donato Bruno (FI) del cosidetto «pillolato», ovvero il penultimo schema della legge elettorale.
In quel testo, la norma «salva Lega» prevedeva che, alla Camera, superano lo sbarramento nazionale anche i partiti che raggiungono il 10 per cento in tre circoscrizioni e, al Senato, i partiti che ottengono il 15 per cento in una Regione. Questa norma, concordata a suo tempo al senato tra Pd, FI e Lega, dovrebbe essere il punto di caduta anche nel testo Renzi-Berlusconi.
Il problema infatti ora si ripropone e il Carroccio ha fatto le sue richieste all’alleato di Forza Italia anche perchè il risultato di febbraio 2012 ha prodotto un esito incerto: tanto da mettere a rischio la stessa costituzione dei gruppi parlamentari della Lega che, non avendo parlamentari e senatori sufficienti, hanno dovuto chiedere in prestito due senatori e due deputati.
L’aiutino per il Carroccio è arrivato da un drappello di parlamentari eletti in Sicilia. I gruppi infatti si chiamano Lega e Autonomie.
LE PLURICANDIDATURE
Un altro problema messo sul tavolo dai rappresentanti del Nuovo centro destra di Angelino Alfano è quello delle multicandidature, che però potrebbe presentare profili di costituzionalità .
L’Italicum prevede un meccanismo casuale che non mette direttamente in collegamento i voti espressi e il candidato eletto. Non sapendo dove scatta il quorum (visto che il riparto dei seggi è nazionale su base proporzionale) il partito di Alfano ritiene irrinunciabile la necessità di poter presentare i candidati forti in più collegi.
E subito Renato Schifani, presidente di Nuovo Centrodestra: «La nostra firma comporta la condivisione dell’impianto complessivo della proposta, ma non certo quello dell’inaccettabile metodo di selezione dei candidati attraverso liste bloccate. Questo sia ben chiaro».
Sisto comunque, ha detto che le norme «riguardanti la Lega non saranno comprese nel testo base. C’è da giurarci però che le norme «salva Lega» verranno presentate sotto forma di emendamenti.
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
COME SONO COSTRETTI A LAVORARE GLI UOMINI IN PRIMA LINEA NEL NAPOLETANO
Sono arrivati i decreti legge, le leggi speciali, le commissioni d’inchiesta, i commissari straordinari, le ispezioni dei ministri, i sopralluoghi dei parlamentari di tutti i colori politici, le discussioni in Parlamento; è arrivata l’indignazione, l’esercito, gli osservatori speciali, i nuovi piani per la raccolta rifiuti, perfino un numero di telefono anti roghi e una legge che punisce penalmente chi appicca un rogo tossico.
Ma non sono arrivate le mascherine. Sì, quelle che si mettono davanti alle vie respiratorie per evitare un tumore al polmone, ad esempio.
I vigili del fuoco, nella terra dei fuochi, dove si registrano circa 2000 incendi di materiale tossico all’anno (a cui vanno aggiunti quelli non censiti), intervengono ‘come possono’.
Nel video denuncia del Corriere della Sera si vede un grosso rogo. Si trova alle spalle di due affollatissimi centri commerciali: Ikea e Leroy Merlin.
La strada che porta a quest’ultimo è costellata di rifiuti industriali. Con i veleni interrati dalla camorra non c’entrano niente. O quasi. I roghi tossici sono una miscela esplosiva di pneumatici, fili di rame, grandi elettrodomestici non rottamati, bidoni di vernici e solventi, sacchi di stoffe e pelli delle piccole aziende tessili e calzaturiere della zona.
Aziende e fabbriche sconosciute al fisco ma note a tutti. Sono nei seminterrati, nei “bassi” dei palazzi abbandonati. Molto spesso sono specialisti della contraffazione.
Tutti sanno chi sono e in quale scantinato lavorano. E anche a che ora e dove si vanno a liberare dei rifiuti industriali prodotti.
Si stima una produzione di circa 200 tonnellate di scarti industriali al giorno.
Una buona parte viene smaltita in questo modo. Cioè bruciandoli.
E’ un cocktail micidiale che sprigiona un fumo nero come la pece, non si riesce a respirare.
Il rogo inizia verso le 20,30 di domenica sera.
Aspettiamo l’intervento dei vigili, che non arriva. Chiamiamo il 115. La gente ci passa accanto in auto come se niente fosse, abituata a uno scenario che ormai è normale coreografia da queste parti.
Dal centralino ci assicurano che una squadra sta per arrivare.
Intanto la collinetta di rifiuti prende fuoco. Ogni tanto si sente qualche piccola esplosione. Sono i gas contenuti nei frigoriferi abbandonati da chi invece doveva rottamarli o i coperchi dei bidoni che saltano in aria. Ma ci sono anche pneumatici esausti che costituiscono sistematicamente la base di ogni rogo.
Restiamo chiusi in auto tutto il tempo, a pochi metri dall’incendio. L’aria diventa veleno, brucia la gola e le narici. Inizia una tosse stizzosa.
Alle 21,30, un’ora dopo l’inizio del rogo tossico e mezz’ora dopo la nostra telefonata al 115 arriva la camionetta dei pompieri. Il grosso dei rifiuti è andato in fumo.
Scendono dal mezzo con la sola divisa. Nessuno adopera misure di protezione.
A mani nude impugnano gli idranti e iniziano a spegnere le fiamme. Incoscienza? Illegalità ? Superficialità ?
No. Semplicemente non li hanno. O meglio: ‘Li conserviamo per quando proprio non ne possiamo fare a meno. Di mascherine, ad esempio, ne abbiamo solo una. Sono monouso. Se le usiamo ora significa che in caso di intervento in un appartamento in fiamme non abbiamo niente con cui proteggerci’.
Tanto basterebbe per gridare allo scandalo. Sarà per questo che un pompiere ci avvicina e ci chiede di non riprenderli.
Un altro vigile ci mostra i suoi stivali. Sono logori, pieni di lacerazioni, usurati. ‘Ci ripetono sempre che per il momento non possiamo avere dei ricambi’, aggiunge.
Nessuno stupore. ‘Per regolamento dovremmo cambiare le divise dopo ogni intervento ma oltre a questa che indossiamo non ne abbiamo un’altra’.
Da tempo, alcune associazioni e comitati nati nella Terra dei fuochi chiedono il biomonitoraggio tossicologico di chi è in prima linea contro i roghi: i pompieri.
“I controlli li facciamo ma una volta all’anno, in genere nel periodo di ferie”. “La paura è tanta, soprattutto per le nostre famiglie ma intanto gli interventi li dobbiamo fare” aggiunge il collega accanto. Entrambi sono dell’opinione: “…purtroppo se qui vuoi lavorare…”.
Torniamo il giorno dopo sullo stesso posto. Ci sono i resti di bidoni, fusti di liquami industriali, elettrodomestici di ogni tipo, amianto, fili di rame, inerti di edilizia.
Tutto bruciato, trasformato in concime di morte. Perchè il buio della notte non ci aveva permesso di vedere quello che c’è alle spalle: ettari di terreni arati e coltivati.
Antonio Crispino
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
AL MINISTERO DELL’AGRICOLTURA SI DICHIARANO IN 84: PESCATORI, ALLEVATORI DI CAVALLI E INDUSTRIALI DI CARNI
Anacaitpr. Non è un errore di battitura, magari al posto di Anacapri.
Anacaitpr sta per Associazione nazionale allevatori del cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido ed è una delle 84 persone giuridiche portatrici di interessi particolari al ministero delle Politiche agricole, quello di Nunzia De Girolamo.
In una sola parola: lobbismo.
In Italia, solo nel mondo dell’agricoltura si è tentato di regolamentare e rendere trasparente questa attività che evoca realtà sinistre che si muovono nell’ombra, capaci di curare solo gli interessi particolari a scapito di quelli della collettività .
Un business che è impossibile quantificare e che gira attorno alla politica e alle grandi burocrazie.
Ci sono i benefici che si ricavano dalle leggi e dagli assalti alla diligenza. E poi ci sono i contributi a partiti e parlamentari.
Per quale motivo un’azienda dovrebbe finanziare un deputato o un senatore?
I settori più invadenti sono questi: assicurazioni, banche, energia, tabacchi, sanità , editoria, gioco d’azzardo.
E il governo Letta, come già con Monti, rappresenta il terreno ideale per le lobby. Massimo Micucci, socio dell’ex dalemiano Claudio Velardi in Reti, società di lobbying, ha descritto in una lettera aperta al Movimento 5 Stelle la giungla attuale: “Anche questo governo aveva in programma una regolamentazione della rappresentanza di interessi e non se ne è fatto nulla perchè quella ‘lobby del caos’ che è la tecnocrazia dominante, ha sbarrato il passo al tentativo di rendere davvero obbligatorie interazione e trasparenza”.
L’accusa è rivolta a quelli che preferiscono mantenere il loro potere di mediazione, come capi di gabinetto e funzionari ministeriali, e che bloccano ogni tentativo riformista.
Micucci si chiede anche che fine abbia fatto l’Unità per la trasparenza del ministero delle Politiche Agricole, incaricata di redigere l’elenco dei lobbisti “agricoli”.
L’organismo, infatti, non è stato aggiornato dai tempi del ministro tecnico Catania e sul sito del Mipaaf è possibile leggere tra i componenti il nome di Ernesto Carbone, oggi parlamentare renziano.
Dice: “È una sciatteria del ministero di cui non so nulla. Da vicecapo di gabinetto di Catania ne facevo parte, ma ora non più. Se non funziona più è un’occasione persa”.
Nell’elenco c’è di tutto: associazioni di cavalli, allevatori, frantoi, energie agroforestali, industriali di carni, salumi e vino, consorzi della pesca.
Oltre alla filiera ministeriale, c’è poi quella parlamentare.
Micucci riassume altro caos: “I presidenti di commissione favoriscono gli emendamenti che gli piacciono, i gruppi fanno spesso da passacarte. La presenza del governo in aula, nonostante tutta l’attività sia di origine governativa, è scarsa o concertata sulla base dei provvedimenti che interessa seguire. Se un provvedimento interessa i commercialisti ci va un sottosegretario che si occupa o ha rappresentato i commercialisti”.
Per gli ex politici, e non solo, il lobbismo è una grande occasione per riconvertirsi e mettere a frutto le loro relazioni nel Palazzo.
Da qui nascono società come Reti, ma non solo.
In Italia ci sono altre quattro società di spessore, che vantano clienti importanti, bisognosi di curare i loro affari presso i “decisori politici”: Cattaneo Zanetto (quest’ultimo è stato un forzista molto inserito), Fb e associati (Fb sta per Fabio Bistoncini), UtopiaLab di Giampiero Zurlo, Open Gate di Franco Spicciariello.
Cattaneo Zanetto, sul suo sito, si rifiuta di pubblicare l’elenco dei clienti per una questione di riservatezza, Open Gate invece lo fa e c’è persino l’Uefa-Europa League.
Nel suo advisory board c’è Giorgio Mulè, direttore di Panorama, caso ufficiale di giornalista-lobbista.
Altro esempio è il sito centrista di Formiche, dove informazione e relazioni si legano a doppio filo.
Gli incroci di interessi e nomi sono ampi e fittissimi. Da Open Gate (dove siede anche Tullio Camiglieri, ex uomo Sky) c’è un link che rimanda ad Arel, il centro studi di Enrico Letta.
Alcuni numeri della pensosa rivista che produce sono aperti da saggi di Giulio Napolitano, docente universitario di diritto e figlio di Re Giorgio.
Questo è il lobbismo italico, bellezza. E questi i servizi che offre. Da un sito già citato: “Mappatura dei principali decision maker e influencer; programma di accreditamento con i decisori politici di Governo e Parlamento; attività diretta di rappresentanza degli interessi del cliente; presentazione di emendamenti e position paper presso le istituzioni; monitoraggio dell’attività legislativa; reporting periodico sull’iter dei provvedimenti legislativi; intelligence sullo scenario politico italiano”.
Sì anche l’intelligence. Del resto come auspica Micucci, con una regolamentazione “noi faremmo i consulenti politici e non i peripatetici nei corridoi”.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
NEL 2013 I FINANZIAMENTI DAI PRIVATI SONO CRESCIUTI DI OLTRE 23 MILIONI… LE GRANDI SOCIETà€ DI IMMOBILI E COSTRUZIONI SGANCIANO DI PIÙ
I finanziamenti pubblici stanno per mancare, anni e non mesi di estrema sopravvivenza (forse nel 2017 l’addio), ma i partiti stanno già elaborando il lutto.
Il segreto sono le donazioni dai privati, amici o sodali, minuscole società o multinazionali e tante, tantissime cooperative.
Il 2013 ha segnato una crescita enorme: 61,1 milioni di euro, l’anno prima erano 39 scarsi.
Il documento di 64 pagine, che la Tesoreria di Montecitorio custodisce, può sembrare un elenco telefonico: nome, cognome, cifra.
Può sembrare, appunto.
Il duello a colpi di emendamenti, articoli e raffinati commi, nello scorso dicembre, ci ha illustrato il potere di Sergio Scarpellini, l’imprenditore romano che ospita la Camera, il Comune e un tempo il Senato: affitti milioni, contratti infiniti.
La Milano ’90 di Scarpellini, che si definì un po’ di sinistra, un po’ di destra e un po’ di centro, finanzia con insistenza il movimento di Mario Baccini.
A qualsiasi denominazione, Associazione o Federazione di Cristiano Popolari, corrisponde un bonifico da migliaia di euro per un totale di 38.000.
Milano ’90 ci guida fra centinaia di sigle e parlamentari, più o meno conosciuti, più o meno facoltosi, e finiamo alla voce Ugo Sposetti, leggendario amministratore dei Democratici di Sinistra che, seppur politicamente tumulati, valgono un patrimonio da (almeno) mezzo miliardo.
A che servono, a Sposetti, i 10.000 euro di Scarpellini?
Il senatore democratico, però, ha stravinto la classifica 2013: in dodici mesi, ha incassato 262.660 euro.
A maggio, Sposetti ha denunciato 37.000 euro ricevuti dalla Federazione Italiana Tabaccai. Non sappiamo se sia un accanito fumatore, ma va segnalata, per coincidenza storica, la presenza di Sposetti a una manifestazione della Federazione Italiana Tabaccai.
Assieme al deputato Alberto Giorgetti (Pdl), il senatore annunciava un emendamento per la regolamentazione delle sigarette elettroniche (che tanto fanno arrabbiare la Federazione).
Se mettiamo insieme Milano ’90 di Scarpellini e Federazione Italiana Tabaccai troviamo Fabio Bellini (Pd), consigliere regionale laziale, componente della commissione ambiente, lavori pubblici, politica della casa e urbanistica.
Oltre ai 10.000 euro dal palazzinaro e dai tabaccai, Bellini ha incassato 20.000 euro da Seci Real Estate, ancora un’immobiliare, sede a Bologna, che ha rapporti con le istituzioni locali.
Quando il pubblico s’è diviso sulla trilogia gli Anni spezzati su Rai1 di Albatross, Maurizio Gasparri su Twitter ha elogiato l’opera televisiva. Un gesto di cortesia.
Il senatore di Forza Italia, che siede in commissione di Vigilanza Rai, proprio da Albatross di Alessandro Jacchia ha ottenuto un finanziamento di 15.000 euro. Gasparri ha raccolto 75.000 euro, fra mattone e farmaci, ma il contribuito più significativo ha la firma di Mario Guidi, presidente di Confagricoltura.
Notoriamente esperto in materia, Gasparri ha partecipato ai convegni su politiche agricole e forestali.
Il mistero curioso riguarda Salvatore detto Totò Cuffaro, in carcere dal gennaio 2011 per una condanna definitiva a 7 anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra. L’ex governatore siciliano, il 21 maggio 2013, ha dichiarato una donazione di 220.000 euro da Forza Italia, che in quel periodo era in sonno, ancora non resuscitata da Silvio Berlusconi.
Fra risposte negate e smozzicate, fonti di Fi confermano il pagamento, ma non sanno chi l’ha disposto e perchè.
Agli uffici di Montecitorio è stato motivato come “finanziamento per una candidatura”. Però Cuffaro, pare evidente, non è stato candidato (e neanche un suo omonimo).
TEMA AMICIZIE
La munifica Daniela Garnero in Santanchè ha ricevuto soltanto una donazione: 20.000 euro da Paola Ferrari, giornalista Rai, amica.
Il finanziere Davide Serra, che ha già sostenuto le primarie di Matteo Renzi, ha sponsorizzato con 10.000 euro anche la campagna elettorale di Pietro Ichino.
Tra le numerose aziende che hanno conquistato l’attestato per collaborare con il ministero dei Trasporti, ci sono la Todini Costruzioni Generali (Luisa Todini è in Cda Rai) che ha donato 60.000 euro al gruppo Pdl-Fi e anche l’Impresa Pizzarotti & C. di Parma, 20.000 ad Anna Maria Bernini.
Una pagina è dedicata a Nicola Latorre, il senatore segue a ruota il collega Sposetti con 225.000 euro.
Ci ha rimesso Ilaria Borletti Buitoni, 710.000 a Scelta Civica di Mario Monti.
Mentre i soldi, il Cavaliere li fa girare davvero: a fine aprile, Berlusconi ha versato 17 milioni a Forza Italia.
Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL CALCIOMERCATO DEGLI EX AN STA PER CHIUDERE: TUTTI CERCANO UN INGAGGIO… VOLEVANO RICREARE AN, HANNO FINITO PER ALLONTANARE I POCHI SPETTATORI SUGLI SPALTI PER UN GIOCO BOLSO E PER LE TROPPE LITI IN CAMPO
La Destra di Storace potrebbe confluire nella nuova Forza Italia.
L’indiscrezione è stata lanciata dal giornalista Carlantonio Solimene de Il Tempo, storico quotidiano romano.
«Il leader de La Destra — si legge – secondo rumor che si fanno sempre più insistenti, sarebbe tentato dall’approdo a Forza Italia.
Nelle scorse settimane avrebbe più volte discusso con Silvio Berlusconi dell’opportunità di creare un’ala destra del partito capace di raccogliere i voti della defunta Alleanza Nazionale».
Un’ipotesi che prenderebbe quota dopo il sostanziale arenarsi delle trattative tra i FdI di Giorgia e Ignazio La Russa e La Destra di Storace e Musumeci, finalizzate a concorrere sotto lo stesso simbolo, la fiamma della vecchia An, alle prossime europee del 25 maggio.
Di fronte allo sbarramento del 4% per le Europee e del 5% alle prossime politiche (con un 12% per la coalizione) o un 8% se ci si presenta in solitudine, le prospettive sono pari a zero sia per F:d.I. (che viaggia intorno al 2%) che per la Destra (data all’1%).
La Meloni, come l’orchestrina del Titanic che continuava a suonare mentre la nave affondava, pensa a fare le primarie del condominio, spacciandole per una cosa seria.
Chissà che coda ci sarà a votare per incoronarla leader del nulla…
Il colpo di essersi impossessata del simbolo di An (che inserirebbe all’interno di quello di Fdi) ha avuto un riscontro pari a zero virgola: gli elettori ormai sono stanchi di riciclaggi.
I limiti della Meloni si sono confermati in tutta evidenza di fronte alla legge truffa proposta da Renzi: quello cerca di soffocare i partiti piccoli e lei sa solo replicare che l’importante sono le preferenze.
Il suo tentativo di porsi come leader emergente di una Nuova destra è naufragato per gli evidenti limiti politici: invece che rottamare e rinnovare, ha finito per riciclare vecchi tromboni, affiancare i leghisti su temi beceri, essere perennemente al servizio di Berlusconi e incarnare il vecchio modo di fare politica.
Sotto i marò, il nulla.
Il suo destino? Contrattare a tempo debito con l Cavaliere (o con Alfano) qualche poltrona per sè e qualche conoscente.
La grande “fase costituente” della destra italiana è finita ancor prima di cominciare: come avevamo previsto, gli inviati del Cardinale tornano tutti in Curia.
Ultimo dettaglio tecnico: anche in coalizione con Forza Italia sia Fdi che La Destra se non raggiungono il 5% non eleggono alcun deputato.
Quindi la scialuppa di salvataggio potrà essere solo nominale e riservata a pochi (inseriti nelle liste bloccate di Forza Italia).
Con un esito comico: qualcuno che oggi reclama le preferenze sarà eletto/a solo grazie alla lista bloccata di Papy.
Resta il premio di consolazione: il tesoretto di An…
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL MENDICANTE PADAGNO STRILLA ALLA LEGGE TRUFFA E POI TRATTA IN SACRESTIA L’ASSOLUZIONE CON DON MATTEO
Primo rinvio per la commissione Affari costituzionali della Camera che oggi alle 14 avrebbe dovuto inziare ad esaminare il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi.
La seduta slitta di almeno un’ora perchè gli uffici della Camera che assistono il relatore Francesco Paolo Sisto (FI) stanno cercando di confezionare la cosiddetta «norma salva Lega».
Il Carroccio, infatti, con lo sbarramento al 5% per i partiti coalizzati rischia di rimanere fuori dal Parlamento se si andasse a votare con l’Italicum (la legge Renzi-Berlusconi, appunto) visto che alle ultime elezioni di febbraio 2013 il bottino fu assai magro: 3,9% a livello nazionale.
UN AIUTINO PER LA LEGA
ll Porcellum (la legge in vigore dal 2005 cassata dalla Corte costituzionale lo scorso 4 dicembre) prevedeva un paracadute per i partiti regionali.
Una soglia più bassa per i simboli che avessero raggiunto il 10% almeno in tre regioni.
Oggi il problema si ripropone e la Lega ha fatto le sue richieste all’alleato di Forza Italia anche perchè il risultato di febbraio 2012 ha prodotto un esito incerto: tanto da mettere a rischio la stessa costituzione dei gruppi parlamentari della Lega che, non avendo parlamentari e senatori sufficienti, hanno dovuto chiedere in prestito due senatori e due deputati.
LE PLURICANDIDATURE
Un altro problema messo sul tavolo dai rappresentanti del Nuovo centro destra di Angelino Alfano è quello delle multicandidature che però potrebbe presentare profili di costituzionalità .
L’Italicum prevede un meccanismo casuale che non mette direttamente in collegamento i voti espressi e il candidato eletto.
Non sapendo dove scatta il quorum (visto che il riparto dei seggi è nazionale su base proporzionale) il partito di Alfano ritiene irrinunciabile la necessità di poter presentare i candidati forti in più collegi.
SEI MILIONI DI VOTI AL MACERO
Secondo una simulazione prodotta dal deputato Pino Pisicchio (Centro democratico) la legge Renzi-Berlusconi farebbe entrare in Parlamento (se si utilizzano i risultati di febbraio 2012) soltanto 4 partiti: M5S, Pd, Pdl, Scelta civica.
In totale, puntualizza Piscchio, «questi 4 partiti hanno raccolto 27,4 milioni espressi su 34 milioni. Ne consegue che con questo nuovo modello elettorale 6,6 milioni di italiani rimarrebbero senza rappresentanza in Parlamento».
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
“RENZI TRATTA TUTTI DA AVVERSARI INVECE CHE DA INTERLOCUTORI”
«Le dimissioni di Cuperlo? Erano inevitabili, dopo quello che è successo in direzione. Era ovvio da subito che sarebbero arrivate».
Pippo Civati, deputato del Pd e, nelle scorse primarie, candidato a guidarlo, non è sorpreso dagli atteggiamenti di nessuno dei suoi due ex rivali: «Avevo sconsigliato Cuperlo di accettare la presidenza del partito perchè conoscevo il modo assoluto e decisionista di Renzi di interpretare la leadership».
Decisionismo, o toni offensivi?
«Renzi avrebbe dovuto evitare di trattare Gianni da avversario invece che da interlocutore, di scendere così sul personale… Chi è forte non ha mai motivo di farlo. Però si vede che in lui c’era anche un sentimento di rivalsa, come a dire “prima i prepotenti erano altri, e adesso…”»
È una giustificazione?
«Non mi va di commentare con degli “io avrei detto, io avrei fatto”. Voglio avere un rapporto di dialogo con Renzi, è lui che ha vinto le primarie».
E nel merito della proposta di riforme?
«Renzi ha fatto bene a utilizzare la spinta del successo alle primarie per imprimere un’accelerazione. Però lo schema che ne è scaturito non mi trova d’accordo, è congeniale soprattutto a Berlusconi».
È con lui che Renzi ha scelto di fare un accordo privilegiato .
«Gli elettori del Pd dovevano aspettarselo da lui, chi lo ha votato immaginava già che avesse canali di un certo tipo. Comunque, l’unica soluzione alternativa sarebbe stata se Grillo avesse parlato con Renzi prima di Berlusconi. Invece il Movimento 5 Stelle si chiama sempre fuori da tutto: ha ripetuto adesso l’errore di un anno fa, non c’è stata intelligenza politica. Il postino suona sempre due volte, ma loro non aprono mai la porta».
La scelta di stringere un accordo preventivo con Berlusconi non rischia di procurare danni al Pd, in termini di futuri consensi elettorali?
«Non lo so. Vedo che la cosa è stata vissuta malissimo, peggio di quanto non pensassi. Ma Renzi ha puntato tutto sul risultato».
Ha intenzione di votare il modello di legge elettorale presentato alla direzione?
«Ora non voglio mettere i bastoni fra le ruote, non possiamo certo fermare la riforma del sistema di voto. Spero che, con un dibattito alla luce del sole, in Parlamento sia possibile fare modifiche. Credo che sia difficile, ma vedremo che cosa si potrà fare. Abbiamo la responsabilità verso il Paese di trovare una forma e anche una misura fra di noi. Se salta anche questa, salta tutto».
La legge elettorale è legata alle riforme costituzionali.
«Ecco, questo è il punto. Mi sembra impossibile usare quel tipo di sistema elettorale senza il superamento del Senato. Significa che il governo dovrà restare in carica almeno un anno, e questo non mi vede d’accordo. Sembra di essere tornati al primo discorso di Enrico Letta, quando vincolava alle riforme la fiducia al suo esecutivo. Siamo di nuovo allo stesso punto… Mi preoccupa l’idea di una durata indefinita di questo governo».
Le larghe intese ora sono più forti?
«Sono rafforzate, e la maggioranza è tornata ampia come prima che Forza Italia dichiarasse di andare all’opposizione».
Crede che ci saranno scissioni nel Partito democratico?
«C’è un clima pessimo, un’atmosfera da resa dei conti surreale: ma no, non ci sarà scissione».
Daria Gorodisky
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
FUOCO AD ALZO ZERO INVECE SU SINISTRA PD E ALFANO
Primo, «chiunque dei nostri vada in tv deve difendere Renzi in tutti i modi. Nessuna ironia, nessun attacco contro di lui».
E soprattutto secondo, «la nostra controffensiva mediatica deve essere incentrata contro la sinistra del Pd e contro il governo Letta».
Stavolta nessuna black list . Stavolta, direttamente da Arcore, Silvio Berlusconi impartisce ai suoi le regole d’ingaggio su come tarare la comunicazione forzista, «su cosa dire in televisione» all’indomani dell’accordo sulle riforme.
Poche regole ma chiare. Attacchi contro Renzi no, mirino contro l’ala bersanian-dalemiana del Pd e contro il tandem Letta-Alfano sì.
Tanto che vedendo il vicepremier in tv mentre protestava contro «il Parlamento dei nominati» e chiedeva a gran voce le preferenze, il Cavaliere avrebbe quasi perso le staffe. «Ma di che cosa sta parlando? Ma se l’ho nominato io, lui? Quali preferenze? Avesse almeno la decenza di tacere».
Berlusconi l’aveva detto già la settimana scorsa, durante una cena, che «alla fine dentro il Pd ci sarà la scissione».
E quando lunedì s’è accomodato sulla poltrona per assistere allo streaming della direzione dei Democratici, le sue convinzioni si sono trasformate in certezze.
«Il cammino delle riforme deve essere avviato in Parlamento senza intoppi», ha spiegato ai suoi. E «nessuno di noi deve mostrarsi diffidente o critico. Perchè questi del Pd si separano davvero e, contemporaneamente, lo spazio per partitini di centro sarà cancellato. È la nostra occasione d’oro…».
È per questo che, tra il vertice al Nazareno di sabato e la notte di domenica, Berlusconi s’è rimangiato tutte le perplessità su quel «ballottaggio» previsto dall’Italicum che inizialmente aveva respinto.
«Perchè quello che abbiamo da guadagnare è più di quello che abbiamo da perdere», è stata la spiegazione ufficiosa. Il resto è chiaro.
Difendere il leader Renzi significa acuire lo scontro interno al centrosinistra.
Mantenere il patto siglato nella sede del Pd vuol dire riaccreditarsi come «leader politico» e allontanare – in vista della campagna elettorale – la Grande Ombra della sentenza della Cassazione, di cui non a caso nessuno parla più.
Le «tavole di Arcore» sono state prese alla lettera da tutti. Renato Brunetta, che pure era un acceso sostenitore del Mattarellum e un arcigno censore del sindaco di Firenze, adesso la mette così: «Ho ascoltato Renzi alla direzione del Pd e sono d’accordo con quello che ha detto. L’accordo raggiunto non si può correggere e io mi fido di lui».
Per non parlare di Daniela Santanchè, prima fila dell’ala dei falchi, che adesso di «falco» mostra ben poco: «La legge elettorale sui cui s’è trovato l’accordo con Renzi deve essere approvata così com’è e al più presto».
Mentre Raffaele Fitto, lanciando la kermesse di Forza Italia di domenica prossima in Puglia, parla di un Cavaliere «che ha riaperto scenari di enorme interesse per il Paese».
E questa è soltanto la prima parte del piano.
Per la seconda, cioè gli attacchi ad alzo zero contro l’ala anti-renziana del Pd, basta dare un’occhiata al profilo Twitter del «Mattinale», l’house organ del gruppo forzista alla Camera. «Cuperlo è arrabbiato con Renzi solo perchè gli ha ricordato che si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultragarantiti», «Cuperlo si dimette dunque esiste», «Cuperlino listino», «Cuperlativo assoluto», e via dicendo, con attacchi anche a Letta e Alfano.
Perchè, citando (inconsapevolmente) Bettino Craxi, dopo sabato Berlusconi è sicuro di avere in mano «il poker d’assi».
L’ultima rilevazione di Euromedia dà il centrodestra (34) in vantaggio di 0,6 punti sul centrosinistra (33,4).
Un vantaggio che Tecnè rivede addirittura al rialzo, con la coalizione berlusconiana (37,1) che, al contrario degli avversari (33,4), supererebbe il quorum dell’Italicum.
«Con le riforme in Aula, noi possiamo solo crescere. Al contrario del Pd», è la scommessa che fanno ad Arcore.
Non a caso nessuno, tra i berlusconiani, ha in mente ritocchi all’accordo. «Abbiamo dato il via libera a quello. Se salta, per noi salta tutto. E non sarebbe certo colpa nostra…», sorride Paolo Romani.
Come hanno sorriso in serata anche gli avvocati del Cavaliere, quando hanno saputo che la Corte di Straburgo ha dichiarato «ricevibile» il ricorso di un candidato alle regionali del Molise sulla retroattività della legge Severino.
Che potrebbe essere la breccia verso quel muro normativo che l’ex premier conta ancora di sfondare. Per ritornare in campo, in prima persona.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
E LA BINDI LO AVVERTE: “ATTENTO MATTEO A NON TIRARE LA CORDA…”
La vittoria di Matteo Renzi in direzione Pd sulla legge elettorale potrebbe tramutarsi in un Vietnam in Commissione Affari Costituzionali, dove dovrà avvenire il primo passaggio cruciale per il cosiddetto Italicum.
In Commissione, infatti, i numeri parlano chiaro: Renzi è in minoranza rispetto ai cuperliani. Tredici a otto per Cuperlo, fa i conti il Sole 24 Ore.
Cuperlo può contare su nomi come quelli di Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Andrea Giorgis, Maria Gullo, Enzo Lattuca e Giuseppe Lauricella.
Con lui ci sono anche Pier Luigi Bersani (appena uscito dall’ospedale) e Rosi Bindi, che proprio al segretario manda un messaggio di avvertimento: Matteo deve stare attento, “in Commissione abbiamo la maggioranza […] se presenteremo degli emendamenti, il segretario li deve accettare”.
Dalla sua parte Renzi ha Maria Elena Boschi, Matteo Richetti, Luigi Famiglietti e Daniela Gasperini, oltre ai franceschiniani Emanuele Fiano, Gianclaudio Bressa e Ettore Rosato e al lettiano Francesco Sanna.
Un altro lettiano, Marco Meloni, non vuole essere elencato tra i fedelissimi di Cuperlo, ma è comunque critico della proposta di riforma renziana.
“Insieme agli altri partiti, abbiamo la maggioranza”, ha detto ieri Rosi Bindi.
Non solo: su 21 membri democratici della Commissione, solo 9 hanno votato il sindaco di Firenze, mentre gli altri 12 si sono schierati con Cuperlo o non si sono espressi.
“L’Italicum sarà cambiato”, ha assicurato D’Attorre, annunciando che depositerà modifiche per evitare le liste bloccate.
“Sono convinto che alla fine Renzi si convincerà ad abbandonare le liste bloccate e non tradirà il popolo delle primarie”.
A fargli eco è ancora Rosi Bindi: “Se mezzo gruppo parlamentare dovesse firmare emendamenti per cambiare alcuni punti del testo, dovrebbe essere il segretario a prenderne atto e accettarli. Io non voglio spaccare il partito, ma nemmeno lui lo deve fare”.
(da “Huffingtonpost”)
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