Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
COSI’ UNA LEGGE DELLE LARGHE INTESE FRENERA’ LE RUSPE
Morte e sepolte, le larghe intese precedente versione continuano tuttavia a riservare sorprese.
Per esempio, il ringraziamento sentito che l’ex Guardasigilli del governo Berlusconi Francesco Nitto Palma ha rivolto a Rosaria Capacchione e a due altri senatori democratici, perchè «rendendosi interpreti presso il loro partito delle buone ragioni del provvedimento, hanno fornito un fattivo contributo all’approvazione».
Roba da stropicciarsi gli occhi, considerando che Palma si è sempre dichiarato «pronto a dialogare con il diavolo» pur di riaprire le porte al condono edilizio in Campania.
Mentre la napoletana Rosaria Capacchione, giornalista costretta a vivere sotto scorta per il suo impegno contro la camorra, milita in un partito che alle sanatorie ha ufficialmente dichiarato guerra.
Perchè il provvedimento di cui sopra, che ha rinverdito per un attimo la ex maggioranza dissolta dalla scissione del centrodestra, è proprio di quelli che fanno torcere le budella alla sinistra.
Tema, le demolizioni delle case abusive.
Trattasi di una legge passata ieri a palazzo Madama di cui è primo firmatario il senatore Ciro Falanga di Forza Italia, avvocato di Torre del Greco: area urbana di Napoli.
Con lui l’hanno sottoscritta una trentina di senatori berlusconiani, per metà campani. Come la casertana Mariarosaria Rossi, ombra inseparabile del Cavaliere, oppure il napoletano Riccardo Villari, un tempo onorevole democratico.
Nonchè Domenico De Siano, originario di Ischia: isola di 62 mila abitanti devastata da 28 mila abusi.
Quindi la romana eletta in Campania Alessandra Mussolini, ma anche l’abruzzese Antonio Razzi e il siciliano Domenico Scilipoti.
E il neocoordinatore del partito per il Lazio Claudio Fazzone, spettatore qualche anno fa di una disavventura edilizia familiare: la villa di Fondi intestata alla moglie fu sequestrata per abusivismo su incarico del procuratore di Latina Giuseppe Miliano (notizia Ansa del 25 febbraio 2005).
Che cosa dice la legge?
È una semplice lista delle priorità , dalla lettera a) alla lettera m) con cui viene stabilito l’ordine delle demolizioni degli abusi edilizi.
Per primi vanno buttati giù quelli pericolosi. Quindi le case abusive non ancora ultimate.
Poi quelle utilizzate per le attività criminali, quelle dei mafiosi, i villaggi turistici frutto di lottizzazioni abusive, le seconde case, gli immobili commerciali, quelli occupati da persone che dispongono di un’altra abitazione…
Dulcis in fundo, ecco la lettera m): si possono abbattere le case abitate da chi non sa dove altro andare, con «contestuale comunicazione alle competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti in caso di indigenza».
Sulla carta potrebbe avere pure un senso. Anche se non si capisce, ad esempio, il motivo per cui l’abbattimento degli immobili «in corso di costruzione o comunque allo stato grezzo e non ultimati» debba avere la precedenza rispetto alla demolizione delle case abusive «utilizzate per lo svolgimento di attività criminali».
Il problema sono le possibili conseguenze, in un Paese massacrato dagli illeciti edilizi e dove mancano perfino i denari per fare il pieno di benzina alle ruspe.
E qui arriviamo ai disturbi intestinali, in primo luogo degli ambientalisti. «Ho parlato con alcuni magistrati. Sono convinti che con questa lista gli abbattimenti, già dispensati con il contagocce, rallenteranno ulteriormente», dice il deputato del Partito democratico Ermete Realacci.
Promettendo battaglia alla Camera contro quello che considera un autentico condono mascherato.
L’ennesimo tentativo di salvare centinaia di migliaia di abusi proprio in Campania, che questa volta potrebbe andare a segno dopo tanti fallimenti.
Tesi fieramente contestata dalla sua collega di partito Capacchione: «Sono sconcertata.
Non è altro che il regolamento già adottato da alcune Procure della Repubblica per cadenzare i pochissimi abbattimenti che vengono disposti ogni anno».
Qualcosa però non torna. Almeno a giudicare dall’entusiasmo, per questo apparentemente asettico elenco di priorità , di uno come Palma che per due anni ha guidato il partito del condono.
Non solo con le dichiarazioni, ma con proposte di legge.
Chiedeva che venissero riaperti in Campania i termini della sanatoria edilizia del 2003, mutilata da una legge regionale voluta dall’ex governatore Antonio Bassolino con Marco Di Lello assessore all’urbanistica, che ne restrinse il raggio d’azione.
Quel provvedimento fu subito impugnato dal governo Berlusconi e finì alla Consulta, che lo smontò.
Da allora, era il 2006, i tamburi dei condonisti non hanno mai smesso di rullare. Sempre più forte in occasione delle campagne elettorali: toccando l’apice alla vigilia delle regionali del 201o, quando a Ischia i proprietari delle case abusive scesero addirittura in piazza.
E subito il governo Berlusconi approvò un decreto per bloccare le demolizioni in Campania, provocando la rivolta della sinistra, convinta che avrebbe fermato gli abbattimenti anche nelle zone ad alta densità camorristica.
Con l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino a rivendicare: «Era una promessa elettorale fermare le ruspe». Che poi, diciamo la verità , in questo Paese non hanno mai avuto molta fretta di entrare in azione.
L’anno scorso gli abbattimenti sono stati circa un migliaio.
A questo ritmo, sempre che ci fossero i soldi (ma non ci sono) servirebbero 27 anni per buttare giù i soli 270 mila immobili abusivi per cui nelle sole Province di Napoli, Caserta, Benevento e Avellino l’autorità giudiziaria o i sindaci hanno già chiesto la demolizione.
La storia del resto insegna come nel Paese delle sanatorie eterne il condono possa assumere le forme più stravaganti.
La prova? Secondo una norma del decreto Bankitalia-Imu che si vota oggi, chi comprerà immobili pubblici avrà un anno di tempo per sanare eventuali abusi. Utilizzando nientemeno che le norme del condono 1985: quello di Bettino Craxi.
Non stupitevi. Delle 597 mila domande presentate nel solo Comune di Roma per le tre sanatorie susseguitesi da quell’anno fino al 2003 ne devono essere ancora esaminate circa 200 mila.
Campa cavallo…
Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
LO SCONTO, LE OPZIONI, I CONTRIBUTI, LE CARTELLE
La mini sanatoria sulle cartelle Equitalia, accessibile già dal primo gennaio, entra nel vivo, anche se finora non ha riscosso grande interesse da parte dei contribuenti morosi.
Per il pagamento delle cartelle emesse entro il 31 ottobre dello scorso anno senza gli interessi di mora, ha spiegato ieri Equitalia, ci sarà tempo fino al prossimo 28 febbraio.
Il mini sconto sarà possibile non solo sulle somme dovute all’erario, ma anche per il pagamento del bollo auto e delle multe stradali, ma non sulle somme dovute all’Inps o all’Inail.
L’operazione, che prevede il pagamento delle somme dovute, dell’aggio e delle spese di notifica, con un pagamento in un’unica soluzione, anche di quelle già rateizzate, permetterà un risparmio assai limitato, circoscritto ai soli interessi di mora, che per il 2103 sono pari al 5,22% su base annua e, nel caso dei debiti erariali, agli interessi per la ritardata iscrizione a ruolo.
Conviene, in sostanza, a chi deve pagare somme molto elevate, o a chi ha debiti molto vecchi, circostanze nelle quali il peso degli interessi di mora è rilevante.
Molto di meno a chi ha pendenze recenti o di importo relativamente modesto, e soprattutto a chi ha problemi di liquidità , per i quali la strada della rateizzazione è sicuramente più allettante che non quella del pagamento in un’unica soluzione allo scopo di risparmiare pochi euro di interesse.
Fatto sta che dal primo gennaio a oggi, secondo Equitalia, sono stati appena 200 i contribuenti che hanno chiesto la sanatoria degli interessi.
Che in compenso comporterà , in ogni caso, un forte rallentamento delle attività di riscossione di Equitalia.
Sui ruoli emessi entro il 31 ottobre, in attesa che i contribuenti decidano di avvalersi o meno della sanatoria sugli interessi, ogni ulteriore attività per la riscossione del debito sarà infatti sospesa.
Tutto rimarrà fermo fino al prossimo 15 marzo.
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
PD DIVISO TRA LISTE BLOCCATE E REFERENDUM
Matteo Renzi ha rotto un tabù: “Se c’è l’accordo di tutti l’Italicum si può modificare”. Così la minoranza del Partito democratico sta affinando la strategia per poter far passare alcune correzioni a una legge elettorale che tanto hanno criticato.
In questi minuti i ventidue membri Dem della commissione Affari costituzionali si stanno riunendo.
E la strategia dei non renziani è quella di presentare le proposte di emendamento al gruppo, in modo da tentare di far passare correzioni al testo che abbiano la forza di essere state condivise anche dall’anima del partito vicina al segretario.
Alcune sono note. Si va dall’alzamento della soglia utile a ottenere il premio di maggioranza al 38/40%, all’abbassamento dello sbarramento per i partiti singoli al 5/6%.
Ma è sulle modalità di selezione dei candidati che si gioca la vera partita. Su questo versante, gli esponenti dell’opposizione interna presenteranno a Renzi un ventaglio ampio di possibilità tra cui scegliere.
Le preferenze, anzitutto.
Il tentativo di mediazione sarà quello di prevedere non la possibilità di scrivere il nome del candidato su uno spazio bianco della scheda, bensì quello di inserire uno spazio accanto ai nomi dei collegi plurinominali un quadratino da poter crocettare. Magari con una doppia preferenza di genere.
Complicato che la proposta passi. Così come quasi impossibile che venga accolto l’emendamento che vorrebbe inserire le primarie per legge.
La contrarietà di Forza Italia è netta, e i proponenti ne sono consapevoli.
Una proposta che punta ad alzare il tiro, per puntare ad un accordo su un punto più basso della scala.
Così il vero punto di caduta sarà la terza modifica della quale, secondo gli uomini di Gianni Cuperlo, il partito dovrebbe farsi carico.
Vale a dire trasformare i collegi plurinominali in collegi uninominali. Mantenendo l’impianto generale che prevede un proporzionale con il riparto dei seggi calcolato sul piano nazionale.
Dividere il paese in 630 pezzetti per la Camera e in 315 per il Senato, in modo che ogni territorio abbia il proprio parlamentare di riferimento.
Un po’ come funzionava il sistema elettorale per l’elezione delle Province.
Una proposta che in queste ore sta intercettando trasversalmente molti favori.
Perchè farebbe salva la possibilità dell’individuazione chiara della scelta dell’elettore, così come invocato da Cuperliani, Giovani Turchi e dal Nuovo Centrodestra, e scongiurerebbe le preferenze tanto invise a Renzi e Berlusconi, superando anche – con un escamotage maggioritario – le perplessità di Enrico Letta sulle liste bloccate.
Intanto oggi pomeriggio il plenum della Commissione è chiamata a votare l’adozione della bozza dell’Italicum.
Salvo sorprese, voteranno a favore Pd, Fi, Ncd e i popolari di Mario Mauro.
Contrarie le opposizioni di Lega, Sel e M5s e i montiani di Scelta civica.
Ma la battaglia si giocherà sugli emendamenti. Ci sarà tempo per presentarli fino a domenica sera, al massimo lunedì mattina.
Poi si inizierà a ballare.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
LETTA GALLEGGIA, MA AVVELENA I POZZI. E IL RENZI UNO È PIÙ VICINO
“Il governo è a Letta, io faccio un altro mestiere”. Ma “si dia uno sprint”.
Ore 19 e 15, Tg3, Matteo Renzi appare in un’intervista a Bianca Berlinguer annunciata solo mezz’ora prima.
Doveva essere la giornata del ritorno in tv di Enrico Letta, atteso a Otto e mezzo dalla Gruber, dopo 12 giorni di assenza televisiva. Ma il segretario democratico lo brucia sul tempo. E da Palazzo Vecchio a Firenze manda a dire che “se i franchi tiratori affossano la legge, la legislatura fallisce”.
Pochi minuti, nello scenario fiorentino, la condensazione del Renzi-pensiero di giornata.
Passa poco più di un’ora e Enrico Letta appare su La7. Quaranta minuti di intervista da cui emergono sostanzialmente due cose: il premier per tutto quel che riguarda rapporto con Renzi, rimpasto, patto di governo galleggia.
Non ha carte da giocare, non ha ricatti da fare, non ha strategie da contrapporre. Arranca nel rispondere alle domande della Gruber, che vorrebbe spingerlo alla polemica, arranca persino nella difesa del lavoro del governo (“avremmo voluto fare di più”, “siamo stati bloccati” dalla questione della decadenza).
Ma non gli risparmia qualche bella zeppa.
Sulla legge elettorale dice la sua: “Credo che i cittadini debbano essere resi più partecipi nella scelta dei candidati”.
Esattamente la battaglia sulla quale la minoranza dem sembra pronta a fare le barricate.
Nonostante la richiesta del segretario che se modifiche si fanno, siano con tutti. E poi l’annuncio: “Inserirò il conflitto d’interessi nel patto di governo”.
Proprio ora che con l’altro ci si tratta. I renziani: “Legge antitrust? Enrico provoca, se ne ricorda solo ora”
Nel braccio di ferro continuo tra “Goldrake” Renzi e “Joe Condor” Letta, il premier è evidentemente nell’angolo , con l’altro che detta l’agenda e si rifiuta di fermare il richiesto patto di governo fino a quando la legge non sarà fatta.
La scadenza del patto di governo per questo week end è bella che saltata. Le armi sembrano tutte spuntate. Senza legge si va a votare, il segretario ormai lo dice ufficialmente.
Ma nel caso Napolitano non voglia, l’ipotesi di Renzi a Palazzo Chigi diventa più concreta, anche se lui smentisce.
A mettere in giro la voce che il sindaco vuole immediatamente occupare la poltrona del premier negli ultimi due giorni è stata soprattutto la minoranza Pd. Ma anche renziani di certa fede erano pronti ad accreditarla: “Napolitano non vuole sciogliere le Camere. Se le riforme non si fanno il governo Renzi diventa la prima ipotesi”.
Chi lo conosce bene racconta che “a Matteo l’idea non piace, ma ci pensa. Ma non per ora”.
Magari, “per il 2015, a riforme fatte”, invece del voto. E dunque, con un minimo di credito in più. Anche se non è detto che la questione si ponga prima.
Lui ha paura del “trappolone”, di trovarsi incastrato in un contesto politico che comunque non governa.
È pur vero che i rapporti con il capo del Governo sono sempre peggiori.
La distanza anche caratteriale è abissale e Renzi fatica a credere che Enrico riuscirà a far qualcosa. E allora, se proprio deve rischiare, non è uno che si tira indietro.
Forte della legittimazione delle primarie, dei sondaggi (ieri la Gruber mostrava una rilevazione secondo la quale il giudizio negativo nei confronti dell’azione di governo è del 60%). E poi, assomiglia sempre più a un premier ombra.
Il rimpasto? Non lo vuole. E se i ministeri di peso renziani dovessero diventare troppi, perchè non impegnarsi in proprio?
Si attendono contro mosse del premier. Chissà che alla fine dimettersi non diventi l’unica scelta e anche il modo di spingere l’altro nel pantano.
Soluzione ardita, certo. C’è chi ieri in Parlamento fantasticava di una reazione spiazzante, di un Letta renzizzato, che per mettere in difficoltà il Sindaco potrebbe tirare dentro personaggi renziani ma non assimilabili al segretario, dall’imprenditore Renzo Rosso a Ivan Lo Bello.
Ma lui ancora una volta non prova a cambiare la fisionomia della battaglia, non rovescia il tavolo. Andrà a Bruxelles la prossima settimana con un nuovo programma? chiede la Gruber “No”. Metterà mano alla squadra di governo? “La difendo, ha lavorato bene” dice, e si lancia in un elogio di Saccomanni.
Su De Girolamo, Cancellieri e Zanonato, invece, “si può lavorare”. Matteo Renzi? “Andiamo nella stessa direzione”.
Il punto è capire quale.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
RESSE, ERRORI E IMPRECAZIONI NELLE POSTE DI ROMA: SI STA IN FILA ANCHE QUATTRO ORE
Poste di Roma, quartiere Prati, traffico, uffici e deliri.
Corse, sospiri, gomitate. Imprecazioni, tante. E macchine in terza fila. All’ingresso scatta una gara olimpionica sui cinquanta metri per arrivare primi a un anonimo, e poco comprensivo, marchingegno giallo che distribuisce il tagliando.
L’epitaffio che ti comunica per quante ore dovrai morire in coda. Ogni minuto è vitale, ogni errore è fatale.
Stanno per scadere le rate di Imu e Tares, le tasse a scomparsa: ci sono, non ci sono, eccole qua.
La signora Ivana, fondotinta latte di mandorla, pelliccia sintetica, panama da spiaggia, regge la testa con la mano sinistra, la destra fa ondeggiare il ventaglio, e aspetta il turno.
Una voce metallica, nel tutto esaurito in queste Poste centrali, annuncia quasi con entusiasmo: “A420”. Ivana possiede un prezioso biglietto A430, l’amica Livia è dietro con il B010: “Ormai tocca a me, che bello. Guardi, io sono una contribuente onesta. Mi sono ritagliata questa mattina per fare il mio dovere. Mi manca l’Imu, una sciocchezza. Il commercialista è stato perfetto, davvero professionale. E poi non sono anziana, non rischio di commettere errori marchiani”.
Accigliata per il cappello stile colbacco (usurato) che spinge verso il basso, sommessa, Livia fa notare: “Hai pagato il modello F24, imposte non divisibili, che va con la Tares?”.
Ivana ha un mancamento, la sigla F24 le suona sconosciuta, e non si tratta di cacciabombardieri. Composta, telefona a Sandro, il marito: “Caro, scusa il disturbo. Ti chiamo per un ragguaglio rapido. Tu hai? Ah, ottimo, bravo tesoro mio. E anche? Che preciso, amore mio. E questo F24? Cosa, cosa: l’hai strappato? Te possino ammazzà , che te passa pe’ la capoccia? Che imbecille!”.
Testaccio, via Marmorata.
L’ex insegnante Emanuela vuole festeggiare e s’accende una sigaretta, ma non s’accorge di avere un mozzicone ancora fumante: “Mi sembra di aver vinto un premio. La mia è un’impresa e, se permette, sono stremata!”.
Inspira: “Cinque ore fa mi è arrivata questa roba: guardi la busta, proprio fresca di giornata”. Tremendo. E come ha risolto? “Non mi sono fidata”. Di chi? “Il Comune e l’azienda Ama dicevano che le lettere erano spedite da tempo, smaltite con anticipo. No, non mi faccio prendere in giro. Da due giorni non vado al lavoro. E ce l’ho fatta, capisce?”.
Antonia s’intromette: “Io la prendo con filosofia”. Buon segno: “È la terza volta che ritorno questa settimana. Oggi per l’acqua. Io pago e dormo tranquilla, mio marito bestemmia. Noi con i capelli bianchi siamo avvantaggiati, e sapete perchè”. Perchè? “Ci fregano, e siamo rassegnati. Il cetriolo va sempre in quella direzione, no?”. Che ne pensa? “Ah, io ne sono sicura. Neanche le contesto più queste cartacce. Lo fanno apposta per farci sbagliare e rubarci di più”.
Piazza Bologna, fra la stazione Tiburtina e il popolare quartiere San Lorenzo. I controlli saltano, la rabbia s’ingrossa: “Signori, siate ordinati”.
Un coro: “Li mortacci vostra”. Pausa caffè (macchiato freddo). Il barista: “Io preparo i cornetti per domani, sarà una bolgia. Le Poste hanno revocato le ferie, però io ci guadagno”.
Alessandro è furibondo: “Lo scriva, mi raccomando : mi vergogno di quest’Italia. Io sono disoccupato, disabile e mia madre, morta pochi mesi fa, mi ha lasciato un appartamento e ora mi ritrovo sommerso da calcoli che non capisco e spese che non posso sostenere. Me ne andrò in Germania”.
Un pensionato, evidentemente facoltoso, non è preoccupato: “Ci passo il tempo, oggi sono qui per la terza casa, una piccoletta, non abitata, non lontano dal mare, neanche vicino”.
Panico. La signora Maria, che trascina con sè il figlio adolescente, sguscia via fra la folla e va a ritirare una raccomandata. Ne esce frastornata: “Il catasto mi informa che la mia rendita è cambiata. E dunque devo fiondarmi dal commercialista, moltiplicare i metri quadrati, sottrarre l’esenzione, aggiungere la mansarda, togliere il garage e domani verrò a saldare il credito”.
Debito. “No, credito: lo Stato ci deve migliaia di euro per la pazienza”.
La giovane Debora, dipendente postale che fa un po’ di consulenza e un po’ di sportello, ha visto cose che noi umani: “Pomeriggi e mattine intere per pagare queste tasse, poi i cittadini vengono da noi e siamo costretti a rispedirli all’Ama o ai Caf. Scommetto che ci saranno rincari terribili perchè in tanti si presentavano con il bollettino per la Tares, ma senza il famigerato F24. È un foglietto incomprensibile, vede? Non è intuitivo”.
Sta per fare buio. La tensione inghiotte le speranze.
Occhiali quadrati, giacca con le toppe: “Non mi rompete le palle! Che ore sono?”.
Le 16:45: “Sette ore, dico sette ore qui dentro. Vaffanculo!”.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
UN GUADAGNO DI OLTRE 4 MILIARDI PER LE BANCHE, DI MENO DI UN MILIARDO PER LO STATO
Il governo di Enrico Letta non è poi fermo come si crede.
Con un rapido uno-due oggi si appresta, infatti, a cominciare il percorso di alienazione del patrimonio dello Stato così assiduamente caldeggiato da Commissione europea, Bce, Fondo monetario e grande finanza internazionale.
Fabrizio Saccomanni non poteva che annunciare a Davos, durante il World Economic Forum, che il Consiglio dei ministri di oggi inizia il percorso di dismissione delle partecipazioni azionarie dello Stato: “Nella riunione ci sarà il decreto privatizzazioni: si comincia con il 40 per cento di Poste.Poi vediamo”, ha detto ai giornalisti il ministro dell’Economia, confermando che l’obiettivo è “raccogliere quattro miliardi entro il 2014”.
Ci vogliono circa sei mesi, infatti, per portare a termine la collocazione in Borsa di quel pacchetto di azioni di Poste e il guardiano dell’ortodossia brussellese, il commissario Olli Rehn, ha già fatto ufficialmente presente al governo italiano che mancano almeno otto miliardi al bilancio pubblico di quest’anno.
È appena il caso di ricordare che le privatizzazioni non si sono mai rivelate una buona idea se pensate per mettere a posto i conti pubblici e, d’altronde, non si tratta nemmeno di procedere verso una completa apertura dei servizi postali: il Tesoro ha già fatto sapere, infatti, che intende mantenere la quota di controllo di Poste Italiane. Non così, peraltro, dovrebbe andare per Enav, la Spa di proprietà del ministero dell’Economia che gestisce i servizi per il traffico aereo civile: oggi il governo dovrebbe dare il via libera alla privatizzazione integrale.
Niente Borsa, in questo caso, ma probabilmente la vendita diretta ad una grande azienda privata: il governo, riportava ieri l’Ansa, ha già riscosso interesse tra fondi di investimento dei Paesi del Golfo ed in Nord Europa.
Gli stessi vertici Enav preferiscono questa soluzione, perchè un partner industriale “tenderebbe ad orientare a suo favore le scelte aziendali”.
In via di conversione, infine, il cosiddetto decreto Imu/Bankitalia.
Si tratta del testo che abolisce la seconda rata 2013 della tassa sulla casa e, contemporaneamente, ridisegna l’azionariato della Banca d’Italia.
Invece di ripubblicizzarla, come prevede una legge del 2005, l’esecutivo rivaluta le quote in mano alle banche private (ma erano pubbliche fino agli anni Ottanta) da 150 mila euro a sette miliardi e mezzo e dà il via ad una operazione che finirà per regalare oltre quattro miliardi ad alcuni istituti di credito (Intesa e Unicredit su tutti).
Intanto c’è il problema dei dividendi: nel 2012 palazzo Koch ha pagato agli azionisti 70 milioni, con le nuove regole questa cifra passa a 450 milioni.
In secondo luogo c’è il limite al possesso di azioni: nessuno potrà avere più del 3 per cento.
Significa che Intesa dovrà cedere il 27,3 per cento, Unicredit il 19,1 e altri (Generali, Carige, eccetera) percentuali tra il 3,3 e l’1 per cento.
Sarà la stessa Bankitalia a comprare le azioni e rivenderle: un’operazione che vale per le banche 4,2 miliardi di soldi freschi in cassa.
Il guadagno dello stato, che deriva dalle tasse sulla plusvalenza, vale invece solo 900 milioni: l’aliquota, infatti, è quella super-agevolata del 12 per cento.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
CONDONI FISCALI, RATE E GIUDICI DISTRATTI
“Le tasse le pagano solo i plebei», diceva Leona Helmsley, l’anziana imperatrice immobiliare di New York.
Quando la incastrarono, si offrì in cambio della libertà di donare i suoi alberghi alla città: le diedero 16 anni di galera, le fecero la foto segnaletica e la misero dentro.
E aveva evaso molto meno di quanto eÌ€ contestato ad Angiola Armellini, accusata d’aver nascosto al fisco oltre due miliardi.
Sia chiaro: la figlia del palazzinaro Renato Armellini, il «re del mattone» per il quale fu adattato («Quod non fecerunt barbari, fecerunt Armellini») un antico e feroce adagio contro la famiglia Barberini, è innocente finchè non sarà condannata nei tre gradi di giudizio. Auguri.
Come ricorda il Messaggero , tuttavia, non solo il padre finì in numerose inchieste giudiziarie per bancarotta e truffa, e si sa che le colpe non possono ricadere sui figli, ma lei stessa «nel 1991, assieme al padre e alla sorella Francesca, era rimasta coinvolta in una frode fiscale e falso in bilancio per oltre 500 miliardi di lire.
E ancora, nel 1996, la donna fu coinvolta, assieme all’ex marito Alessandro Mei, in una bancarotta fraudolenta da 200 miliardi di lire».
Insomma, non è nuova a grattacapi del genere.
Un’Ansa del 1996 ricorda: «Un’amnistia “salva” dal Fisco gli eredi del costruttore Armellini. La settima sezione del Tribunale di Roma ha infatti concesso l’amnistia ad Angiola, Francesca ed Alessandra Armellini, figlie di Renato, imputate di evasione fiscale e falso in bilancio per avere occultato – secondo quanto afferma l’associazione Codacons in un comunicato – profitti per circa 1000 miliardi di lire. In seguito ad una denuncia di un collaboratore di Armellini gli inquirenti indagarono su quattro società che attraverso un gioco di fusioni e accorpamenti e false partecipazioni avrebbero occultato profitti di un’attività edilizia molto vasta: ben 2.500 appartamenti costruiti e venduti nella Capitale.
La Guardia di finanza accertò nel 1988 l’evasione fiscale e le falsità compiute per nascondere i profitti.
Le eredi di Renato Armellini hanno ottenuto un condono per 10 miliardi rateizzati al posto dei 350 miliardi evasi.
Nel corso del processo i difensori hanno sostenuto che la somma sborsata dagli Armellini era sufficiente perchè nessun ufficio fiscale aveva inviato un avviso di accertamento dei redditi evasi.
Così come nessun giudice aveva inviato entro il novembre ’92 un decreto di citazione a giudizio. In casi del genere, hanno spiegato gli avvocati, il condono si ottiene pagando un’imposta sul 20% di quanto dichiarato nella denuncia dei redditi».
Come mai, chiedeva furente l’associazione dei consumatori avvertendo che avrebbe denunciato tutti, «queste fortune capitano solo ai palazzinari?
Come mai l’ufficio delle imposte ha omesso di notificare agli Armellini gli avvisi di accertamento per i profitti occultati?
Come mai il giudice istruttore ha lasciato trascorrere due anni prima di ordinare il rinvio a giudizio?
Come mai il presidente della settima sezione ha lasciato passare un altro anno prima di citare a giudizio gli Armellini?».
Dice oggi la Finanza che la signora, pur avendo portato nel 1999 la residenza a Montecarlo e risultando cittadina monegasca fino al 2010, risulta aver vissuto dapprima «senza dichiararlo, in un’ampia villa all’Eur e, successivamente, in un lussuoso appartamento su due piani intestato a società lussemburghesi» nel centro di Roma, neppure «classificato come civile abitazione».
Se Angiola Armellini abbia davvero nascosto negli ultimi anni al Fisco, attraverso un giro di società , due miliardi e cento milioni di euro frutto della rendita di 1.243 immobili sui quali non sono mai state pagate neppure l’Ici e l’Imu, così come risulta dalle accuse del sostituto procuratore Paolo Ielo e dei finanzieri che hanno «proceduto al disconoscimento degli effetti scriminanti di 10 scudi fiscali presentati nel 2009», lo accerteranno i giudici.
Ma certo stupisce la velocità con cui la notizia della (presunta) mega-evasione sembra essere stata cotta, mangiata, ruminata, digerita e rimossa dall’opinione pubblica. Come se gli italiani dessero ormai per scontata, anche in momenti come questi di difficoltà pesanti, la presenza di furbetti e furboni che sottraggono risorse alla collettività .
Pochi mesi fa la Guardia di finanza comunicò di avere scoperto dal 1 gennaio alla fine di agosto 4.933 evasori totali (poi saliti a oltre ottomila in tutto il 2013) e di avere denunciato 1.771 protagonisti dei casi più scandalosi, che avevano nascosto al Fisco redditi per almeno 17 miliardi e mezzo di euro.
Una cifra che da sola vale quattro volte l’Imu sulla prima casa.
E più del doppio di quel margine di flessibilità per 7,5 miliardi promessoci dall’Europa che a luglio fece scattare verso Enrico Letta una standing ovation in Parlamento.
Eppure, su 62.536 persone detenute a fine dicembre 2013 nelle patrie galere di evasori fiscali diciamo così «semplici» praticamente non ce n’è uno.
La legge, infatti, prevede il carcere solo per chi è colpevole, in base all’articolo 2 della legge 74/2000, di «dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti».
Traduzione: chi non fa fatture false ma finge semplicemente di non esistere («Non ho mai pagato le tasse e me ne vanto. Le tasse sono come la droga, le paghi una volta e poi entri nel tunnel», dice Antonio Albanese nei panni di Cetto La Qualunque) in galera come evasore non ci va.
Una situazione che i cittadini perbene, che si trovano a sopportare il peso di un’evasione che si collocherebbe tra i 120 miliardi stimati dalla Corte dei Conti e i 180 calcolati dalla britannica «Tax Research», trovano insopportabile.
E che certo non può essere giustificata dall’eccesso (che c’è) di pressione fiscale.
All’Agenzia delle entrate contano le ore: proprio in questi giorni potrebbe finalmente passare in Parlamento la delega al governo «alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti, prevedendo la punibilità con la pena detentiva compresa fra un minimo di sei mesi e un massimo di sei anni, dando rilievo, tenuto conto di adeguate soglie di punibilità , alla configurazione del reato per i comportamenti fraudolenti…».
In bocca al lupo. Sarebbe bene, tuttavia, che i cittadini restassero con gli occhi aperti sul cammino reale di questa iniziativa.
C’è una notizia dell’agenzia Ansa, infatti, che ricorda come la promessa fosse già stata fatta: «L’omessa dichiarazione sarà punita con la reclusione da uno a tre anni: il limite di punibilità sarà più basso: 100 milioni di imposta evasa.
Per le dichiarazioni fraudolente sarà previsto il carcere da sei mesi a sei anni (ridotti a 2 anni se l’evasione è sotto i 300 milioni).
La dichiarazione infedele, invece, diventerà reato e sarà punita da uno a tre anni di carcere se supera i 150 milioni di imposte evase e un reddito imponibile occultato pari al 10 per cento…». Non si parlava di euro, ma di lire.
E quella promessa di mettere le manette agli evasori fu fatta il 3 marzo del 2000.
Da allora sono passati quattordici anni.
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
COME VIVONO LE PAPI GIRL NELL’ERA DEL POST BUNGA BUNGA
Olgettina, resta la parola. Perchè il condominio s’è svuotato. Meglio: ci vivono ancora anonime famiglie.
Ma chi la sera scende a passeggio col cane, non assiste più alla processione di tacchi e acconciature sulla rotta Milano-Arcore.
Papi-girls , atto finale: da stipendiate (alcune fino allo scorso dicembre dal presidente ), a indagate (dalla Procura). Nel mezzo, una diaspora.
Viaggi, trasferimenti, vacanze, trasferte: meglio all’estero.
Non così per Francesca Cipriani (ex Grande fratello , ex La pupa e il secchione , ex Colorado ), che a metà pomeriggio risponde al telefono con la consueta cordialità mescolata al fastidio per il nuovo passaggio giudiziario catalogato come Ruby-ter: «Una pagliacciata». Prego? «Guardi – argomenta tranquilla la showgirl – la questione è molto semplice: sono stata chiamata in Tribunale per raccontare delle cose e se mi richiameranno le ripeterò tali e quali. Per questo mi sembra una cosa senza senso».
I reati ipotizzati sono però piuttosto gravi. «Parlo per me: non ho mai ricevuto compensi. Ho detto la verità e se serve la ribadirò, ma è uno spreco di denaro, tempo ed energia, mentre l’Italia ha ben altri problemi».
Dei problemi dell’Italia sono forse un po’ meno informate le ex Olgettine che cercano un rilancio di celebrità all’estero.
Alessandra Sorcinelli, ad esempio, sul suo profilo Twitter si presenta così: «Singer, dancer, fashion designer, living in La». Los Angeles, american dream .
Da dove, probabilmente, arriva l’esplosiva foto in bikini che ha dedicato nei giorni scorsi ai suoi hater : a chi la odia e la invidia.
Sogno americano anche per Barbara Faggioli, immortalata lo scorso settembre da «Diva e donna» nel momento del neonato legame con Danilo Gallinari, stella del basket Usa.
E poi Barbara Guerra, che qualche tempo fa alcune voci davano ad Antigua (dove si trova una delle più ricche magioni berlusconiane).
E che ieri, in contemporanea con le notizie sulla nuova indagine, diffondeva il suo buongiorno al mondo con una foto via Twitter : in palestra a sollevar pesi.
Per il congedo di giornata ha regalato invece un passaggio di saggezza: «Solo coloro che rischiano di andare lontano possono eventualmente scoprire quanto lontano si può andare».
(da “il Corriere della Sera“)
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Gennaio 24th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO DUE GIORNI IN CUI CHIEDEVA SOLO LE PREFERENZE, QUALCUNO DEVE AVERLE SPIEGATO LA LEGGE TRUFFA… MA LA DICHIARAZIONE RIVELA UN LAPSUS FREUDIANO
«Il giudizio generale è che questa proposta di legge elettorale sia una via di mezzo tra il ‘porcellum’ e il ‘verdinum’, sistema da sempre sognato e decantato da Denis Verdini (quello che lei ha frequentato per anni.. n.d.r.). Nasce per ammazzare tutti i non allineati fuori dai grandi partiti e all’interno dei partiti (salvo chi si allinea all’ultimo minuto… n.d.r.) Ci riconsegna un Parlamento di nominati che risponde al capo (come ha fatto lei per una vita, cambiando al massimo capo n.d.r.) . Fratelli d’Italia ha posto come unica condizione il voto di preferenza. Ci hanno risposto ‘no’ perchè le preferenze portano corruzione. Questi ‘dittatori illuminati’, dunque, ci fanno il favore di nominare i rappresentanti del popolo italiano al loro posto (come è stato anche per lei, insomma n.d.r.) ».
È quanto ha detto a margine di una conferenza stampa il presidente dei deputati di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.
«Segnalo a Matteo Renzi che la politica italiana non è tenuta in ostaggio dai piccoli partiti ma dei parlamentari ribaltonisti, che si fanno eleggere con un partito e poi passano con un altro. E di solito vengono dai grandi partiti ( ci ricorda qualcuno, in effetti…n.d.r.)
Soglie di sbarramento? È un tema che non ci spaventa perchè abbiamo imparato che gli italiani sono molto più intelligenti di come li dipingono i partiti», conclude Giorgia Meloni ( che sia per questo che Fdi è fermo al 2%? n.d.r.)
In ogni caso, la Meloni, in attesa di allinearsi come sempre a Berlusconi, ha indetto il gioco a premi “Componi e proponi il tuo simbolo” (entro il 24 gennaio, affrettarsi…): come inserire il simbolo di An, avuto in affitto per un anno, nel cordame di FdI senza rimanere con il cappio al collo.
Al vincitore andrà la raccolta completa della penosa corrispondenza intercorsa tra lei e Storace per litigarsi sull’uso del simbolo.
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