Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
È IL 30 NOVEMBRE 2010, 18 MESI DOPO IL SISMA, L’ASSESSORE LISI (IN QUOTA UDEUR) PARLA CON UN ARCHITETTO: “ABBIAMO AVUTO IL CULO DEL TERREMOTO”
Il terremoto è un “colpo di culo”.
C’è qualcosa di peggio delle risate dell’imprenditore Francesco Piscicelli, che rideva mentre ancora le terra tremava, il 6 aprile 2009, pensando agli affari della ricostruzione.
C’è l’intercettazione dell’ex assessore comunale Ermanno Lisi (entrato in giunta in quota Udeur), un aquilano quindi, ben consapevole della tragedia costata 309 vittime e la distruzione di un intero centro storico.
È il 30 novembre 2009 quando Lisi definisce il “terremoto” un “colpo di culo”.
Ed è incredibile come il sindaco dimissionario Massimo Cialente, in questi anni, si sia circondato di un “cerchio magico”, o meglio “marcio”, che — al di là del rilievo penale di queste telefonate — si dimostra interessato a far fruttare la tragedia.
Un “cerchio marcio” che conta un vicesindaco (Roberto Riga) indagato per una presunta mazzetta da 30mila euro, un ex consigliere comunale con delega (Pierluigi Tancredi, Pdl) accusato di corruzione, insieme a un altro ex assessore (Vladimiro Placidi) e a un ingegnere del Comune (Mario Di Gregorio).
“O te fai gli soldi o hai finito”
“Ormai L’Aquila s’è aperta” dice Ermanno Lisi all’architetto Pio Ciccone, entrambi archiviati , “tu ancora non te ne stai a rende conto ma L’Aquila si è aperta… le possibilità saranno miliardarie. Io sto a cercà di prendere ste 160 case, se non lo pigli mo’ non lo pigli più, questo è l’ultimo passaggio di vita, dopo sta botta, hai finito, o le pigli mo’…”. “O gli pigli mo’ o non gli pigli più…”, risponde Ciccone. “Esatto”, continua Lisi, “abbiamo avuto il culo di…”. “Del terremoto!”, interviene Ciccone. E Lisi conferma: “Il culo che, in questo frangente, con tutte ste opere che ci stanno, tu ci sta pure in mezzo, allora, farsele scappà mo’ è da fessi… è l’ultima battuta della vita… o te fai gli soldi mo’…”. “O hai finito”, conclude Ciccone.
“Sto con la sinistra”
Quando Ciccone gli mostra le sue preoccupazioni, per eventuali azioni giudizarie, la risposta di Lisi è sconcertante: “Tengo paura, però fino ad un certo punto, lo sai perchè? Perchè sto con la sinistra e bene o male, penso che la magistratura c’ha grossi interessi a smuove”.
Nel 2010, informandosi per un piccolo lavoro da effettuare in occasione della “festa del libro”, Lisi deve mettersi in contatto con l’azienda di Massimiliano Nurzia che, per lavori pubblici di puntellamento, ha chiuso un appalto da 8 milioni di euro.
Ed ecco il suo commento: “Otto milioni di euro se sanno quante mazzette so! allora Di Gregorio , secondo Bolino se… chi sa quanti lavori sta a fa! E chissà quante mazzette sta a piglià … ecco ci sta ‘na mafia interna…”. Poi incontra l’imprenditore e viene intercettato mentre è in auto e lo chiama: “Massi! Addò state”. Nel frattempo confida all’amico Ciccone: “8 milioni di euro s’è fatto questo coso… Mario Di Gregorio e co ju sindaco !”. Quindi esce dall’auto, parla con Nunzia, e prima di rientrare conclude dicendogli: “non te ne scordà ! Io non me lo scordo….”. “Me lo tenga ricordà …”, risponde Nunzia. E Lisi aggiunge: “Ma fammi il piacere! Io sto in quelle amicizie! Ricordatelo!”. “Io non ti chiedo niente, voglio vedè mò…”, ribatte l’imprenditore. “In quella amicizia ci sto pure io! Ciao!”, conclude Lisi, chiudendo lo sportello e andando via. Poi spiega all’amico il senso della frase: “Gli ho detto… in quella amicizia ci sto pure io! Io tengo all’amministrazione, mica cazzo tengo fuori, mica so’ stupido! Ma non gli posso dì in maniera chiara… io so’ chiaro quando parlo! Se è vero che ha fatto otto milioni di euro come dice Bolino… porco… ti devi inginocchiare! E devi andare a piagne! Otto milioni di euro, tre milioni so’ netti!”.
Lottizzazione senza scrupoli
Quando il commissario Adriano Goio descrive a Lisi l’altissimo rischio di alluvione che presenta L’Aquila, e il progetto d’invaso per impedire l’allagamento della città , già approvato per 60 milioni di euro, l’ex assessore con l’amico Mimmo Marchetti pensa di lottizzare immediatamente i terreni, per costruirvi dei capannoni, in modo da aumentarne il valore, in caso di esproprio: “Io mo non posso entrare per il conflitto d’interessi, però me ne può fregà di meno perchè devo salvaguardà , tanto non è la mia la terra è di mio fratello, che cazzo me ne frega, però salvaguardo… un diritto, di tanta gente, in silenzio e salviamo anche le altre terre, perchè se riusciamo a fare la lottizzazione e farcela approvà … domani mattina, mettiamo i capannoni ,mettiamo… o quantomeno se ci hanno approvato la lottizzazione, poi mi devono pagare la terra lottizzata, adesso mi sta a venì questa idea”. L’invaso non sarà più realizzato, nonostante lo stanziamento di 60 milioni di euro, nonostante i disagi patiti dagli aquilani con l’alluvione del dicembre 2010.
Bmw e ville dopo la tragedia
Nei giorni scorsi abbiamo raccontato delle presunte mazzette, scoperte dalla procura di l’Aquila nelle indagini condotte dalla squadra mobile guidata da Maurilio Grasso, su incarico dei pm David Mancini e Antonietta Picardi, coordinati dal nuovo procuratore Fausto Cardella . Tangenti in confezioni di grappa per l’ex vicesindaco di centrosinistra Riga, per gli ex assessori Tancredi e Placidi, ma il “cerchio magico” di Cialente si arricchisce anche di geometri e ingegneri come Carlo Bolino e Mario Di Gregorio.
Già nel 2011 la squadra mobile fa i conti in tasca a Bolino — anch’egli archiviato nell’inchiesta su Lisi — scoprendo che il geometra, con stipendio da 40mila euro l’anno, a due mesi dal terremoto inizia ad acquistare una moto Bmw da 15mila euro, un’auto da 16mila, un appartamento da 120mila euro e — soprattutto — un abitazione in costruzione, per un valore dichiarato di 100mila, che in realtà corrisponde a villa con garage il cui “solo valore di costruzione appare superiore a quello d’acquisto”.
È la primavera del 2011, la squadra mobile de L’Aquila, segnala alla procura gli episodi di Lisi e Bolino, restando in attesa di ulteriori deleghe d’indagine, che non arriveranno mai. Sarà tutto archiviato.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
QUATTRO ANNI PER OSTACOLARE UNA VERITA’ CHE ERA EVIDENTE A TUTTI: COTA E’ UN ABUSIVO
Una sentenza che ristabilisce la democrazia violata in una grande regione è sacrosanta. Ma se la giustizia arriva quando la legislatura sta quasi finendo, e quando dopo 4 anni i cittadini fanno fatica a ricordare cosa sia successo, è anche azzoppata.
Peraltro mai come questa volta la colpa del ritardo non è dei giudici ma di un sistema malato e di un ordinamento antiquato che meriterebbe riforma, per rendere efficiente la giustizia non già per imbrigliarla e ostacolarla come si è ripetutamente fatto negli ultimi anni.
Tra l’altro non consentendo al giudice amministrativo in casi come questo di dare la propria risposta senza dover attendere il lungo formarsi del giudicato davanti ad altre giurisdizioni.
L’elezione di Cota a presidente della Regione Piemonte e la vittoria del centrodestra in quella regione furono clamorosamente illegittime perchè rese possibili da una lista fantasma e farlocca non già per la solita manfrina delle firme posticce dei sottoscrittori ma perchè proprio i candidati nemmeno sapevano di essere candidati e le loro firme di accettazione erano state grossolanamente falsificate.
Vecchietti disabili, spesso analfabeti, messi in lista a loro totale insaputa per arrivare al numero minimo di candidati imposto dalla legge.
Tutto questo, anche se nessuno ieri lo ha ricordato, è stato accertato da ben tre sentenze del giudice penale di primo, secondo e terzo grado, sicchè il Tar altro non poteva fare che prenderne atto e sancire l’annullamento delle elezioni.
Gli scandali quindi sono ben altri di quelli inesistenti cui abbaia la Lega, confidando sulla ignoranza dei fatti da parte della gente, riecheggiando stanche litanie berlusconiane contro i giudici e senza avvedersi di quanto grottesca possa essere l’etichetta di toghe rosse affibbiata ai paludati giudici amministrativi.
Lo scandalo è piuttosto che lestofanti e ladri di democrazia come quelli che hanno orchestrato questa grave e grossolana truffa in danno degli elettori abbiano potuto più volte ripetere il loro imbroglio e abbiano trovato accogliente alleanza in forze che nel nord vorrebbero fregiarsi del buon governo, per poi franare sotto gli scandali delle mutande verdi, dei Belsito e ora delle liste farlocche.
Lo scandalo è poi che in un Paese minimamente civile Cota avrebbe dovuto dimettersi non appena la truffa di quelle liste è risultata conclamata senza che ci fosse certo bisogno di attendere i lunghi tempi del triplice giudizio penale e infine della sentenza del Tar.
Tempi che invece ora si vogliono ancora allungare confidando in una sospensione cautelare del Consiglio di Stato sperando che infine in un modo e nell’altro si arrivi all’approdo del 2015.
E lo scandalo è quello di non avere un sistema di giustizia che in questi casi possa tempestivamente intervenire, prevedendo che i ricorsi sulle ammissioni delle liste siano immediati senza bisogno di attendere l’esito del voto o comunque consentendo al giudice amministrativo di potersi pronunciare rapidamente senza necessità di attendere il lungo formarsi di un giudicato penale o ordinario, come invece ha dovuto fare giungendosi così quasi a fine legislatura e consentendo quattro anni di governo a chi non avrebbe avuto titolo.
Infine lo scandalo più triste è quello di una politica sempre più debole e inerte e per questo sempre più sostituita da altri poteri, come del resto è avvenuto con la Corte costituzionale sulla legge elettorale.
Perchè anche in questa vicenda piemontese la politica da tempo avrebbe dovuto intervenire.
Nel centrodestra, proprio ove mai in buona fede come Cota reclama, si sarebbe dovuto spontaneamente prendere atto di aver sbagliato nell’accettare l’alleanza con imbroglioni e lestofanti e ritornare davanti agli elettori piemontesi per chiedere una conferma ripulita dalla truffa.
Ma anche il centrosinistra è mancato di un’efficace iniziativa politica con cui avrebbe dovuto accompagnare il sacrosanto ricorso ai giudici per fare correggere un così evidente imbroglio fatto in danno degli elettori prima ancora che di una parte politica.
Comunque sia non è poco che comunque alla fine ci sia stato un giudice a Berlino a sanzionare i lestofanti e ristabilire la legalità .
Se non altro per dire ai cittadini che alla fine (sia pur troppo tardi) chi sbaglia paga. Ma se come Paese vogliamo tornare a crescere c’è bisogno insieme di una politica che batta un colpo e di una giustizia meno azzoppata.
GIanluigi Pellegrino
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
LA MINISTRA SI INFURIA VIA SMS CON MASTELLA: “SEI UNA MERDA”
«Mi disse chiaramente che sui nostri tre nominativi non c’era nessun gradimento politico. Eravamo la vecchia guardia». Due pagine, cariche di accuse.
Un superteste racconta alla Procura come e perchè il manager della sanità pubblica Michele Rossi, il dg inviato dall’allora deputata, ed oggi ministro, Nunzia De Girolamo al vertice della Asl di Benevento, sia diventato portatore di presunti «favoritismi» ad «imprese vicine al Partito della Libertà » e strumento di epurazione ed «esautoramento» di dirigenti.
Ecco cosa raccontano le carte dell’affaire De Girolamo, il caso politico e giudiziario che rischia di esplodere, martedì, dinanzi al Riesame di Napoli.
Sia Rossi, sia l’attuale ministro De Girolamo, com’è noto, non sono indagati.
Lui continua a fare il manager della Asl, lei rivendica di poter «parlare in libertà », cioè chiedere a dirigenti pubblici di far «capire chi comanda», definire «stronzi» e «tirchi» chi non si piega alle sue indicazioni.
Eppure questo spaccato di potere e provincia italiana, ai tempi della Terza Repubblica, offre pagine di incontestabile rilevanza pubblica.
Oltre che ansie comprensibili ai protagonisti della storia.
Al punto che la De Girolamo rischia ora di essere querelata per un sms inviato sei giorni fa a Clemente Mastella. «Sei un m…! Ti querelo», gli scrive lei.
E solo perchè l’ex leader dell’Udeur aveva osservato la differenza di valutazioni che, per analoghe presunte ingerenze sulla Sanità , avevano portato nel gennaio 2008 agli arresti domiciliari di lady Mastella (con dimissioni dell’allora Guardasigilli e caduta del governo Prodi).
Ora Mastella mostra il messaggio a Repubblica, lo legge d’un fiato.
«Eccolo: “Sei un m…! Ti querelo. Mi stupisce che uno che è padre e che ha avuto così tanti problemi con il figlio possa dire quelle cose ad una dell’età del figlio. Esiste Dio e con te non sarà clemente!!!».
L’ex re di Ceppaloni spiega: «Ho dato a un notaio la documentazione, sto valutando la querela per ingiuria e minacce. Vorrei chiedere se questo è lo stile difeso dal premier Letta, e se il Capo dello Stato approva che i ministri della Repubblica mostrino atteggiamenti di arroganza e minaccia, peraltro verso parlamentari che esprimono opinioni non offensive, che sono frutto di autentiche prove e sofferenze personali».
A Benevento, non si parla d’altro. Perfino il Pd sapeva ma era silente.
Ma da qualche giorno il votatissimo deputato dei democrat, Umberto Del Basso de Caro, noto penalista del Sannio, dice senza mezzi termini: «Se ci sarà la mozione di sfiducia, non ho dubbi, la voterò. Certo, con dispiacere perchè il premier Letta è stato qui capolista in Campania 2, gli ho fatto la campagna elettorale. Ma questa vicenda presenta punti oscuri».
È vero che le sono stati riferiti adirati commenti del suo collega pd Francesco Boccia, marito della De Girolamo?
«Lasciamo stare».
Un greve intreccio italiano spunta tra gli atti. Una sequenza di presunti abusi, pressioni, indebite intrusioni nella gestione di nomine e appalti.
La storia comincia nell’autunno 2011, quando su indicazione di Sua Sanità De Girolamo arriva al vertice della Asl, il manager Rossi.
Continua con le intercettazioni a tradimento fatte dall’ex direttore amministrativo Felice Pisapia (ben 27 ore), dirigente epurato, ora accusato di truffa e sottosposto ad obbligo di dimora a Salerno.
Ma in quelle registrazioni, alcune consegnate alla Procura, altre ancora top secret, c’è la voce di Nunzia a suggerire di inviare controlli contro un titolare di un bar dell’ospedale Fatebenefratelli che poi sarà casualmente chiuso da un accesso dei Nas, e sostituito dallo zio della De Girolamo.
In altra registrazione il ministro, si scopre ora, riunita col suocerchio magico, con manager come Rossi, e i fedelissimi Luigi Barone e Giacomo Papa, dice: «Ma chi è questa stronza?», riferito, stando alla ricostruzione, alla donna che ha osato fare una multa ad un imprenditore di mozzarelle, Giovanni Perfetto, amico della De Girolamo.
Intrecci che tornano ora nelle dichiarazioni di un superteste.
Lui è Arnaldo Falato, tre lauree, attualmente in viaggio in Argentina.
Interrogato un anno fa, il 14 gennaio 2013, dal pm Giovanni Tartaglia Polcini, Falato, dirigente responsabile del Servizio organizzazione aziendale e budgenting della Asl, dice: «Il dottor Rossi mi disse chiaramente che sui nostri tre nominativi (io, Giovanni De Masi, caposervizio Provveditorato e Felice Pisapia, capo del Servizio bilancio) non c’era nessun gradimento politico. Perchè? Eravamo la vecchia guardia Udeur. Mi chiese addirittura di dargli una mano per esautorare Pisapia e De Masi. Io gli risposi che non era possibile, la rotazione degli incarichi doveva avere una motivazione ».
Ma per conto di chi agirebbe, Rossi? Ammesso che faccia fede la sua stessa voce, è proprio il manager a dire alla De Girolamo, nel 2012, in uno dei tanti incontri intercettati da Pisapia: «Nunzia io non resterei un secondo di più qui alla Asl, se non per te e con te, perchè la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data ed è giusto che ci sia un riscontro (…)».
Ma continuiamo ad ascoltare Falato. «Il manager mi disse anche che una volta andato via De Masi aveva intenzione di sospendere tutte le gare d’appalto(…) Feci presente a Rossi che di tutte le gare, quella relativa al 118 era urgente e doveva essere portata avanti anche per evitare di esporre la Asl a risarcimenti (…). Ma lui mi rispose che si trattava proprio della gara che doveva bloccare assolutamente».
E c’è dell’altro. Sempre Falato: «Per quanto a mia conoscenza vi sono atti amministrativi non in linea con l’attuale legislazione adottati dall’attuale direttore generale», tra cui «provvedimenti peggiorativi della posizione dei cosiddetti avversari politici ».
Perchè Rossi, a detta di Falato – che non risulta indagato per calunnia – parlava molto chiaro sulle “preferenze” della pubblica amministrazione.
«Il direttore generale mi ha più volte espressamente rappresentato di voler favorire le imprese vicine al Partito della Libertà mentre simile sorte non doveva essere più assicurata ad altre imprese come ad esempio la Sanit o la Pulitecnica, ree di essere troppo vicine ad altro partito politico».
Sanit e Pulitecnica risultano effettivamente estromesse o danneggiate.
Sarà un caso.
L’affaire di Sua Sanità resta carico di spine. Non solo per la De Girolamo, ma anche per il governatore Caldoro e per Rossi.
Possibile che il manager resti al suo posto? Nuovamente interpellato, come il 18 dicembre quando Repubblica aprì il caso, il manager ribatte: «Qualunque cosa io dica viene strumentalizzata, non posso parlare, lei capirà ».
Conchita Sannino
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
IL FOTOGRAFO, CANDIDATO ALLE REGIONALI CON L’INDIPENDENTE MURGIA, PUNTA IL DITO CONTRO IL LEADER DEL MOVIMENTO CINQUESTELLE: “DOVEVA VENIRE QUI A ISOLARE CHI SI E’ VENDUTO”
Con il suo zoom è riuscito a superare le mura di Villa Certosa e a immortalare le vacanze osè dell’ex ministro ceco Mirek Topolanek a casa Berlusconi.
Tanta gloria, e tanti guai. Ma adesso la missione di Antonello Zappadu sembra ancora più complicata: diventare consigliere regionale in Sardegna.
Ci ha provato con Beppe Grillo, ma alla fine il Movimento cinque stelle non si presenterà nell’Isola.
E lui ritenta con la lista di Michela Murgia, nonostante continui a dichiararsi “5 Stelle in tutto e per tutto”.
Zappadu, che è successo?
È difficile spiegarlo, quella che si era creata all’interno del Movimento era una situazione fortemente imbarazzante.
La faida tra meetup, la pace impossibile e alla fine la decisione di Grillo di non concedere il simbolo a nessuno.
C’erano due possibilità : o affidarsi alla rete o dare l’incarico al nostro Alessandro Polese, fargli scrivere il programma e scegliere poi tra le persone che più si impegnavano.
Ma i vostri “nemici” di Olbia di candidato ne avevano un altro…
Ci siamo confrontati a lungo, qualche volta con la dialettica, qualche altra con gli insulti, non lo nego. Ma poi abbiamo scoperto che c’erano addirittura altri due gruppi clandestini.
Clandestini?
I senatori Cotti e Serra si erano fatti il loro orticello, noi non ne sapevamo nulla.
Grillo ha bruciato anche loro.
Ha bruciato tutto. Quello che gli rimprovero è di non essere venuto qui, di non aver mandato nessuno a darci una mano.
A fare cosa?
Isolare gli infiltrati: neofascisti, massoni. Grillo sapeva benissimo cosa stava succedendo, dai primi di ottobre… sapeva che c’era gente che era arrivata per rovinare il Movimento, doveva venire qui a fare il carabiniere invece li ha lasciati fare.
Perchè secondo lei?
È stata una leggerezza. Ma si rende conto di cosa significano i 276mila voti che M5S ha preso alle ultime elezioni? Non dico solo in termini politici ma anche economici….c’è gente che si è venduta per rovinare il Movimento, pensano che quei voti adesso siano a disposizione degli altri partiti, del Pdl…ma si sbagliano: andranno tutti agli indipendentisti e alla Murgia!
Vista da qui, sembra un po’ complottista come tesi.
Macchè, io la sensazione l’ho avuta da quando ero in Sudamerica: seguivo il meetup e vedevo cose strane. Poi sono tornato in Sardegna e ho avuto la conferma: era tutto segreto, anche noi avevamo il terrore delle infiltrazioni, arrivavano decine e decine di iscrizioni al blog dagli stessi indirizzi Ip, tutti dal Nord Sardegna. E poi minacce, microspie…un mio conoscente si è dato fuoco alla macchina perchè non riusciva a trovarle.
Ora le daranno dello Scilipoti.
Mi aspetto una censura dallo staff, ma quel che è fatto è fatto. Pensavo di ricevere una razione di insulti giornaliera, invece finora ho avuto grande solidarietà . Spero di non fare brutta figura. Alla Murgia l’ho detto: ti rimarrò fedele, ma ricordati che sono un grillino.
E lei?
Mi ha detto: non c’è problema, mi siete anche simpatici.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
FACCIA TOSTA PADAGNA: AVER VINTO GRAZIE A 26.000 VOTI DI UNA LISTA TRUCCATA CON FIRME FALSE (COTA PREVALSE DI APPENA 9.000 VOTI) DIVENTA UN “ATTENTATO ALLA DEMOCRAZIA”…. POVERETTI, AVEVANO AVUTO IL REGALINO DA SILVIO, ORA LO DEVONO RESTITUIRE AL NEGOZIO
In via Alfieri, davanti a Palazzo Lascaris, sede del consiglio regionale è arrivato anche Matteo Salvini, segretario della Lega, accolto dalle urla dei partecipanti: “Le elezioni le fanno vincere gli elettori e non le sentenze”.
Ha ragione, infatti senza i 26.000 voti della lista “pensionati per Cota”, lista con firme false che non avrebbe dovuto essere accettata subito, gli elettori avevano deciso che Cota non diventasse governatore del Piemonte.
La Lega, grazie ai perenni ricatti sul Pdl, ottenne da Berlusconi la terza Regione del Nord in regalo, pur contando su appena il 15% dei consensi.
Ora che è stato accertato il taroccamento della lista Pensionati, devono restituire il gioiello di Silvio all’oreficeria.
Non sono neanche capaci di consolarsi per averlo indossato a scrocco per quattro anni…
In via Alfieri arriva Roberto Cota che racconta la vicenda e fa una battuta da grande umorista: “Davvero un Paese di matti, dove non ci sono certezze”. Non si può vincere con una lista truffa che ti chiedono di restituire il malloppo…che strano Paese davvero.
Il corteo, nonostante la mobilitazione in tutte le regioni, è un flop, appena mille persone.
Il linguaggio diventa più scurrile al fondo del corteo dove sfilano i Giovani padani.
Gli slogan sono variegati: “Giudici mafiosi” e poi “Bresso e Chiamparino vergogna di Torino” E ancora : “Bresso i ricorsi mettili nel culo ” e “Magistrato pezzo di merda”.
Verranno mai identificati e denunciati gli autori di questi insulti, come accadrebbe per un comune mortale?
Dal palco di piazza Castello Luca Zaia promette di tornare in Piemonte portando i moduli per chiedere l’ indipendenza.
Magari potrebbe anche portare qualche campione di mutande di riserva, potrebbero sempre servire nei prossimi mesi.
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
UNA SORELLA D’ITALIA AMANTE DEL TRICOLORE E UNO CHE LO USA COME CARTA IGIENICA: A BRESCIA VA IN ONDA IL SOLITO BECEROCOPIONE, MA LA POLIZIA LI ALLONTANA E SI CHIUDE IL SIPARIO
Provocazioni e insulti.
È culminato con qualche momento di tensione il presidio in piazza contro la presenza del ministro Cecile Kyenge a Brescia.
I rappresentanti di Lega Nord e Fratelli d’Italia dopo due ore di stazionamento solitario in piazza Arnaldo hanno pensato di spingersi fin davanti alla sala dell’Auditorium San Barnaba, dove il ministro stava intervenendo.
L’assessore regionale Viviana Beccalossi e il consigliere regionale leghista Fabio Rolfi, accompagnati da uno sparuto gruppetto di supporters (meno di dieci persone), hanno srotolato le loro bandiere di partito davanti al presidio organizzato dalle associazioni e movimenti per i diritti degli immigrati.
Un gesto che ha scatenato le reazioni indispettite di questi ultimi, l’intervento delle forze dell’ordine ha limitato il contatto fisico tra gli esponenti dei due gruppi.
Diverso il destino della contestuale manifestazione di Forza Nuova, ai militanti di ultradestra non è stato permesso di uscire dalla piazza per arrivare all’auditorium.
Ma mentre ai militanti di Forza Nuova non è stato permesso di uscire dai limiti consentiti, alla Beccalossi e a Rolfi non è stato impedito di mettere in scena la loro provocazione ( come da sequenza fotografica che pubblichiamo): ovvero arrivare a contatto con chi entrava ad ascoltare il ministro per suscitare la logica reazione.
Alla fine la polizia ha dovuto allontanare i provocatori per evitare incidenti, ma un risultato i due lo hanno raggiunto: guadagnarsi un titolo sui giornali.
In attesa che una destra civile proponga soluzioni per risolvere i problemi reali degli italiani che sono ben altri.
E che qualcuno comprenda che una destra vera non può avere nulla a che fare con chi usa il tricolore come carta igienica .
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
ALLO STUDIO UN SISTEMA A DOPPIO TURNO PER “FILTRARE” VIA WEB DISSIDENTI E METEORE
Cantiere aperto nel Movimento nel 2014, al varo le nuove Parlamentarie. Obiettivo dichiarato: le Europee di maggio.
Un punto d’arrivo a cui i Cinque Stelle mirano per bissare possibilmente il successo elettorale dello scorso anno, senza però ripeterne gli errori.
Sul banco degli imputati sono finiti in primis i criteri di selezione dei parlamentari (un minuto di presentazione web e curricula erano gli elementi cardine), che non hanno soddisfatto nessuno.
Nonostante siano convinti fosse una buona idea sperimentale, perfettamente in linea sul piano teorico con gli ideali di uguaglianza pentastellati, strateghi e fedelissimi vedono le Parlamentarie 2012 come il tallone d’Achille che ha permesso di imbarcare troppi dissidenti a Roma.
La base ne ha più volte evidenziato i limiti su carenza di rappresentatività per chi si muove da attivista doc e non salta banchetti o altri eventi.
Da mesi si sta studiando un correttivo, un modo per mettere in lista candidati «Cinque Stelle doc» per Bruxelles.
Secondo indiscrezioni, sembra stia guadagnando terreno l’idea di un sistema a doppio turno: il primo su base regionale, il secondo, invece, riguarderebbe la circoscrizione di appartenenza.
Questo sistema, in pratica, fungerebbe da filtro selezionatore, permettendo di far convergere le preferenze nel ballottaggio verso i militanti più apprezzati e riducendo i rischi di «meteore del Movimento».
Un secondo motivo che spinge a una doppia scrematura è il fatto che il numero di candidati per le Europee sarà drasticamente inferiore rispetto alle centinaia di persone in lista alle Politiche: poche decine in tutta Italia
«Quello che serve è una soluzione di buon senso e questa lo è» ammette un pentastellato.
Si tratta di un’idea che «molti auspicherebbero», ma che tuttavia non ha ancora convinto del tutto. Alcuni vedono un vantaggio per chi proviene da bacini elettorali più grandi, altri temono che un doppio turno possa rivelarsi un boomerang che alimenti divisioni.
Tutte ipotesi per ora. Quello che è certo è che a maggio si voterà con le preferenze e che questo sistema può presentare sorprese anche per chi sarà candidato in lista. L’esempio da tenere a mente è quello del deputato Alessio Tacconi, eletto (con le preferenze) nella circoscrizione estero.
Dodicesimo classificato alle Parlamentarie con 22 voti, Tacconi fece campagna elettorale con altri candidati in modo autonomo inviando 500 mila lettere/volantino agli elettori.
Risultato? Dodicimila preferenze alle urne e seggio a Montecitorio, con annesse polemiche tra gli altri candidati surclassati in termini di voti.
Intanto è stato eletto il nuovo capogruppo al Senato: è Maurizio Santangelo, che con 26 preferenze ha superato lo sfidante Maurizio Romani, più vicino agli «aperturisti», fermo a 23 voti.
(da “il Corriere della Sera”)
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Gennaio 11th, 2014 Riccardo Fucile
“SCALFARI NON MI PUBBLICA, IL CAVALIERE MI DESIDERA”
A Eugenio Scalfari, che criticava Beppe Grillo, il simpatico e smanioso deputato del Movimento 5 stelle Alessandro Di Battista rispose così, un giorno di novembre, su Facebook: “Mai una parolina sull’uso ad personam del potere da parte dei potenti, vero? Non sia mai! Il suo giornale mi rifiutò un reportage sulle violazioni dei diritti indigeni perpetrate da Enel in Guatemala”.
E poi: “Stavo in mezzo alla selva a supportare popolazioni autoctone millenarie che lottano per il bene comune e la madre natura. Ho scritto e inviato il materiale al giornale che lei ha fondato, Direttore. Nulla”.
E insomma Scalfari aveva niente meno che un Di Battista originale tra le mani, e non l’ha pubblicato. Pazzo.
Adesso il deputato del M5s, autore — si badi — del libro “Sicari a cinque euro” (Casaleggio e associati editore), dedicato alla sua esperienza guatemalteca (Scalfari non sa cosa si è perso), ha rivelato di essere stato avvicinato nei giorni scorsi da un emissario per conto del Cavaliere, il solito corruttore, sì, ma anche il solito scopritore di giovani talenti (vedi Van Basten e Kakà¡).
“Berlusconi mi vuole”, ha dunque spiegato Di Battista.
E insomma il Cavaliere, che ha gusto, ha ovviamente capito di che buona stoffa è fatto Di Battista.
“Ma io non mi faccio comprare”, ha rassicurato lui.
Pare tuttavia che Berlusconi, leggendo i giornali, il giorno dopo, cioè mercoledì mattina, abbia a un certo punto esclamato, seguendo la moda del momento: “Di Battista chi?”.
Così lui, venuto a saperlo, comprensibilmente c’è rimasto male.
Come “chi?”, io sono quello del Guatemala! Quello delle popolazioni millenarie!
Ed ecco dunque su Facebook, come per Scalfari che non lo pubblicava, un post anche per Berlusconi che non lo riconosce: “Berlusconi sembra un Renzi qualsiasi. Non credo che, dopo le menzogne sui milioni di posti di lavoro o sull’Imu da ritirare alle Poste ci sia gente che ancora gli crede, comunque, per dimostrare che non dico balle ecco l’sms. Non scherzate con i cittadini nelle istituzioni!”.
Vediamo l’sms. Un misterioso corruttore di Di Battista via iPhone: “Ale sono a cena da Berlusconi e parliamo di te… Bene”; Risposta: “Bene. Sempre meglio parlarne. Digli che può godersi i nipoti che al prossimo giro governiamo noi. Un abbraccio”.
Mistero gaudioso su chi fosse dell’sms, forse un convitato di pietra…
Adesso una domanda sorge spontanea: ma tra le popolazioni millenarie che in Guatemala lottano per il bene comune, com’è che si dice mitomane?
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