Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
UNA ESCALATION DI CARTE BOLLATE, DAL TAR ALA CORTE DI GIUSTIZIA UE: IL PIANO SEGRETO DEI LEGALI DI SILVIO
È un “piano” su cui i legali di Silvio Berlusconi sono a lavoro da tempo.
E che doveva rimanere segreto se il Cavaliere non si fosse lasciato sfuggire una battuta nel corso della riunione con i coordinatori regionali “Voglio presentarmi come capolista alle europee in tutte le circoscrizioni”.
Una frase che lascia increduli gli astanti.
Epperò il dossier non è archiviabile alla voce boutade. Lo hanno limato gli avvocati dell’ex premier che nelle ultime settimane hanno già raccolto una serie di “pareri” di giuristi italiani ed europei.
La tesi è che sulla “incandidabilità ” ci sia una difformità “tra la normativa italiana e quella europea” e che quindi non sia così automatico che Berlusconi sia incandidabile in Europa così come lo è in Italia.
Ecco che tra i cavilli si capisce la strategia dell’escalation che vuole mettere in campo Berlusconi di qui al voto europeo con l’obiettivo, ancora una volta, di prendersi la scena. E di polarizzare la campagna elettorale.
Per farlo i suoi legali hanno messo a punto una parallela escalation di carte bollate. Perchè è l’effetto vittima che conta, prima ancora del risultato.
E così è già messo in conto che l’ufficio elettorale respingerà la richiesta di candidatura del Cavaliere in Europa ai sensi di della Severino. Una volta che viene respinta, partono i fuochi d’artificio.
Che saranno accompagnati da una campagna “politica” martellante con Berlusconi in campo nel ruolo della vittima cui viene negata “l’agibilità politica”: “Berlusconi – dice un azzurro di rango – è candidabile, ma se glielo negano anche quello diventa uno spot”.
E così le tappe successive sono il Tar e poi al Consiglio di Stato, dove i legali presenteranno ricorso. Basta un appiglio, una riserva in un pronunciamento e la battaglia nei tribunali è possibile.
Fino ad arrivare, dopo il Consiglio di Stato, alla Corte di giustizia europea del Lussemburgo. È questo il punto di approdo.
Perchè, spiega una fonte vicina al dossier, su una cosa del genere non si è mai pronunciata e non ci sono precedenti.
È una partita che Berlusconi considera possibile. E che non pensa sia già chiusa in partenza.
Una convinzione maturata dopo che ha dato mandato ad Antonio Tajani di fare un “sondaggio” in Europa.
Il commissario non avrebbe raccolto pareri ostili, anche perchè la sfida europea tra Ppe e socialisti rende prezioso ogni voto in più. E i consensi di Forza Italia sono tutt’altro che irrilevanti, anzi. È proprio questo realismo in base al quale i voti si contano e non si pesano che avrebbe prodotto anche nei vertici europei tradizionalmente ostili al Cavaliere un cambio di umore, visto che Forza Italia è ancora saldamente ancorata al Ppe.
È per questo che i coordinatori regionali hanno avuto la sensazione che il Capo sia già con la testa alla campagna elettorale per le europee.
Con l’obiettivo, ancora una volta, di mostrarsi vivo.
E di farne un test in grado di dare una scossa al governo che, a dispetto dei proclami sull’election day, a palazzo Grazioli nessuno crede che cadrà .
Anche perchè i segugi azzurri che seguono la manovra renziana non scommettono un euro che si possa arrivare al sistema spagnolo che significherebbe, di fatto, la crisi di governo.
E anche l’interlocuzione con Renzi è avvolta dal reciproco sospetto.
Berlusconi è pronto a incontrarlo, il sindaco-segretario prende tempo per paura dell’abbraccio della morte. E per valutare la praticabilità del modello spagnolo occorre aspettare le motivazioni della Corte costituzionale.
Il voto italiano è più lontano. E in fondo per il Cavaliere non è neanche un male.
Su quello è incandidabile senza se e senza ma. E non ci sono cavilli che tengano.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
CIRCA 15.000 EURO IN CENE E VIAGGI IN OTTO MESI
Il carteggio è definito “copioso” dai protagonisti. A volte con toni piccati, puntiglioso nelle argomentazioni, rari spunti ironici, citazioni in latino tanto per impressionare l’interlocutore. Accuse reciproche su circa quindicimila euro di rimborso spese.
Da una parte c’è il Collegio Sindacale della Sin, Sistema Nazionale Integrato per lo sviluppo dell’Agricoltura, dall’altra il suo ex presidente e amministratore delegato, Ernesto Carbone, esponente Pd di neanche quarant’anni, fiero renziano, considerato un figlio privilegiato della nuova politica per età , esperienze e relazioni trasversali. Un predestinato.
Il 23 dicembre scorso il Fatto Quotidiano si è occupato dello scontro tra lui e il Collegio, raccontando le spese “ingiustificate” (così vengono definite nel carteggio) da parte dell’ex dirigente.
Oggi le notule hanno acquisito un ulteriore valore.
Un ristorante, un aperitivo, un taxi alle due di notte, un aereo verso la Croazia, un treno per Bologna in business, ovvio, un altro da Roma sempre per Bologna e sempre in business. Ancora aperitivo. Il pranzo. Cena. Viaggio. Sosta. Aperitivo.
La sua si potrebbe definire una vita intensa a prova di colesterolo, come raccontano le specifiche presentate.
In ordine sparso: amatriciana, ostriche, crocchette di baccalà , moscardini fritti, polpettine di tonno (il suffisso ine va molto di moda nella Capitale, pare renda il piatto presentato più chic). Fettuccine alle triglie. Paranza.
E ancora, e ancora, fino a un totale di 15.770, 05 euro spesi in appena otto mesi; 1.050 dei quali sono stati restituiti dallo stesso Carbone.
Ma il punto è un altro: secondo il contratto siglato dall’esponente Pd, l’unico compenso percepito doveva essere lo stipendio (60 mila euro l’anno) senza l’aggiunta di alcun benefit.
Nè ristorante, nè taxi, nè viaggio. Niente.
Eppure lo stesso Carbone si è fatto assegnare una carta aziendale senza passare dal consiglio — come da regolamento — per poi spendere a suo piacimento, come gli viene contestato negli atti del Collegio.
E sono finanziamenti pubblici arrivati dall’Europa.
Il Sin dispone di 7,2 miliardi di euro che annualmente vengono affidati all’Italia dalla Pac, la Politica agricola comunitaria dell’Unione europea; il Sin gestisce il Sian (Sistema informativo agricolo nazionale), il meccanismo attraverso il quale lo Stato individua, controlla e ripartisce i fondi destinati agli agricoltori nazionali .
Insomma, un gigantesco forziere dentro al quale girano le speranze, aspettative, sogni e delusioni di centinaia di migliaia di piccoli, magari piccolissimi, medi e grandi coltivatori nostrani.
Carbone per due volte è stato ai vertici e nella seconda occasione è incappato in una situazione dove si “ribadisce il carattere di gravità delle irregolarità ed illegittimità riscontrate”, come scrive il Collegio, non convinto delle specifiche offerte dal democratico.
Quest’ultimo, infatti, in un secondo tempo ha presentato gli scontrini richiesti, con scritto a penna sul retro il motivo della rappresentanza.
Ecco un generico “Senato”, un altrettanto vago “Camera”, quindi “Finmeccanica”, “Mipaf”, sempre così.
Nessuna ulteriore specifica su “chi” della Camera o del Senato.
In alcuni casi compare “Gabinetto”, e proprio in quel periodo ricopriva anche il ruolo di vice capo di gabinetto al ministero delle Politiche Alimentari e Forestali.
In sostanza, un pranzo di rappresentanza con se stesso. E che conti, con botte da 130 euro per una sola persona, altri più bassi, altri molto più alti, nei migliori esercizi della Capitale, tanto da poterlo considerare un neo “Trip advisor” per varietà , eccellenza e frequentazione.
Contatto dal Fatto, Carbone ha replicato: “Il Collegio ce l’ha con me perchè ho apportato tagli e ho messo mani dove non dovevo. Andate a vedere quanto costa adesso il Collegio composto da tre persone di cui due siciliani: 390.000 euro totali l’anno e stanno anche 4 giorni a Roma in albergo, per fare cosa? Le mie spese, invece, sono tutte giustificate e inferiori rispetto a quelle dei miei predecessori”.
Sul suo sito scrive: “Ormai siamo un Paese abituato agli scandali, ai furti legalizzati, a fantaprogrammi pieni di promesse vuote. Dobbiamo tornare a pretendere serietà , rispetto e trasparenza perchè l’Italia non è di chi la governa ma di chi la vive”.
Sante parole.
Alessandro Ferrucci e Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
NELL’INCONTRO A PALAZZO CHIGI VARATA LA ROAD MAP PER IL 2014
L’alta tensione di questi giorni obbligava ad un primo chiarimento tra il premier e il leader Pd e quindi ieri sera i due hanno deciso di vedersi stamattina.
Colpi di mortaio dei renziani contro il ministro Saccomanni, voci di un incontro con Berlusconi che Renzi ha dovuto smentire, tutti ingredienti non proprio distensivi, così come l’accelerazione imposta sulla legge elettorale.
Che ieri Alfano ha dovuto subire, costretto a fidarsi che questa fretta di andare in aula entro gennaio non nasconda una voglia di voto anticipato a maggio.
Ed è proprio questo il primo punto che il premier ha voluto chiarire quando alle nove il leader Pd è salito nel suo studio.
Da palazzo Chigi filtra una versione di «un incontro utile e positivo» che comunque, vista la tanta carne al fuoco e la matassa di tensioni da sciogliere, è stato ancora interlocutorio.
Fatto sta che Renzi ha confermato a Letta che si voterà del 2015, insomma che non vuol far cadere ora il governo, ma ha voluto chiarire una volta per tutte che la partita sulla legge elettorale intende giocarsela lui in prima persona.
Tradotto, se pure alla fine si riuscirà a chiudere un accordo sul doppio turno di coalizione gradito ad Alfano, dovrà risultare evidente che il merito sarà della conduzione di gioco del leader del Pd, perchè anche il dialogo con Berlusconi è servito come strumento di pressing sul leader del Nuovo Centrodestra.
Letta invece ha chiarito che pure il governo vuole fare la legge elettorale il prima possibile senza dilazioni, ben sapendo che comunque la vita del governo è legata ai risultati che porterà a casa sulle altre riforme utili al paese.
E quindi oggi il piatto forte del faccia a faccia è stato la road map per arrivare a stringere il patto di governo del 2014: a Letta va bene l’impostazione generale del “job act” renziano, ma il premier attribuisce grande peso al sostegno pieno del Pd a questo piano che sarà discusso dalla Direzione del partito di maggioranza relativa giovedì prossimo.
E a Renzi interessa arrivare alle europee in condizioni di prendere molti voti e quindi avendo portato a casa oltre alla legge elettorale, almeno la prima lettura in Parlamento della riforma per abolire il Senato.
E magari altri provvedimenti utili ad arginare l’onda d’urto dell’antipolitica.
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
STOP ALLE MANETTE FACILI: MA LE ALTERNATIVE AL CARCERE SONO TROPPO BLANDE… IL SàŒ ALLA CAMERA, 231 ASSENTI E CINQUE STELLE ASTENUTI
Lo hanno ribattezzato “stop alle manette facili”. Ed effettivamente quello che ieri ha visto la luce alla Camera (e che ora passa al Senato per l’approvazione definitiva) è un provvedimento di revisione della custodia cautelare che renderà sempre più complicato per il giudice fermare un presunto delinquente anche davanti a imputazioni pesanti e delitti gravi.
Scopo della legge, che ieri ha avuto il voto favorevole di 290 deputati (dunque sotto la soglia della maggioranza di 316, vista l’assenza di ben 231), con 13 contrari e 95 astenuti (i grillini), sarebbe quello di restituire la natura di extrema ratio alla carcerazione preventiva, rendendo più stringenti i presupposti e ampliando le misure alternative.
Peccato che poi queste alternative risultino assolutamente blande, come ad esempio il divieto di esercitare una professione, il ritiro del passaporto o l’obbligo di dimora: tutto facilmente aggirabile.
Però, l’emergenza carceri ha reso questo “indulto mascherato” una misura emergenziale, costringendo la Camera a un’approvazione rapida; il ministro Cancellieri conta, infatti, di veder approvato definitivamente il tutto entro fine febbraio.
Così, tra due mesi, finire in carcere in attesa di giudizio sarà davvero difficile.
Con la nuova legge salteranno gli attuali automatismi applicativi: la custodia cautelare potrà essere disposta soltanto quando siano inadeguate le altre misure coercitive o interdittive.
Carcere o arresti domiciliari off-limit anche quando si riterrà di concedere la condizionale o la sospensione dell’esecuzione della pena.
In più, il pericolo di fuga o di reiterazione del reato non dovranno più essere soltanto concreti (come oggi) ma anche “attuali”.
E il giudice non potrà più desumere il pericolo solo dalla gravità del delitto, ma ci dovranno essere elementi quali i precedenti, i comportamenti antecedenti e susseguenti dell’imputato o indagato, etc.
Insomma, in carcere mai più. Fino a condanna definitiva.
Inoltre, la disposizione della cautela non potrà più limitarsi a richiamare per relationem gli atti del pm, ma dovrà dare conto “con autonoma motivazione” anche delle ragioni per cui gli argomenti della difesa sono stati disattesi.
In ultimo, per i delitti di mafia e associazione terroristica resta la presunzione assoluta di idoneità della misura carceraria, ma non per altri delitti gravi (omicidio, violenza sessuale, prostituzione minorile, sequestro di persona per estorsione, etc.): in questi casi si applica il carcere a meno che non si dimostri che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure meno afflittive (domiciliari pure per gli assassini, dunque?).
Altro capitolo, poi, sui ricorsi al Riesame. Che avrà 30 giorni di tempo per le motivazioni, pena la perdita di efficacia della misura cautelare, ossia l’annullamento dell’ordinanza, con conseguente liberazione dell’accusato (oggi, invece, può integrarla).
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
E GIA’ SI PENSA A UN CORRENTONE DI SINISTRA CON FASSINA
«Quando sarà il momento Sel si scioglierà in qualcosa d’altro». Nichi Vendola lo dirà tra quindici giorni nel congresso che solo un anno fa, quando con l’ex segretario democratico Bersani diede vita all’alleanza “Italia bene comune”, mai avrebbe immaginato così “solitario”.
Eppure già nell’ottobre del 2010 quando “Sinistra ecologia e libertà ” fece il suo primo congresso a Firenze, reduce da scissioni e ricomposizioni, Vendola annunciava un partito di transizione.
Poi è andata come è andata. I vendoliani sono finiti all’opposizione e ora una nuova svolta.
A Riccione si terrà dal 24 al 26 gennaio l’assise in cui Sel si gioca il tutto per tutto: quale futuro per sopravvivere.
E Vendola sta pensando di instaurare con il Pd di Renzi un rapporto sul “modello Landini”. Dialogo e intese su alcune questioni, come ha inaspettatamente fatto il leader della Fiom, Maurizio Landini.
Un percorso a tappe per i vendoliani. Con l’obiettivo, a fine percorso, di una federazione democratica.
Sarebbe l’unico modo per uscire dall’impasse in cui il governo Letta e la coalizione dei dem con la destra, hanno ricacciato la sinistra storica: nella ridotta cioè di un’opposizione sbiadita e schiacciata dai grillini.
Sel morde il freno. La mozione unica di Vendola dal titolo che è tutto un programma (“La strada giusta”), sarà vincente.
Se anche il “governatore” della Puglia, sotto botta per la vicenda Ilva, volesse congelare le scelte in attesa di vedere cosa succede al governo sotto la pressione di Renzi, ci sono due bivi in primavera: le europee e le amministrative.
Sono il primo banco di prova. E poi c’è la partita delle elezioni politiche, per la quale non ci si può fare trovare impreparati.
Qui la legge elettorale farà la differenza: se dovesse passare una riforma alla spagnola, che favorisce il bipartitismo, la strada di un abbraccio stretto fino alla fusione con il Pd sarebbe segnata per Vendola.
Ma Sel è per ora schierata con il Matterellum, che premia le coalizioni e quindi consentirebbe di riscrivere la partitura del centrosinistra
Però prima ci sono le europee. Sel è divisa tra chi non disprezzerebbe di partecipare alle liste di personalità per Tsipras, il leader della sinistra radicale greca, e chi pensa si potrebbe fare come il Pd, e cioè schierarsi con il Pse e per Martin Schulz.
Scelte che si trascinano una ricaduta sulla politica domestica.
Vendola per ora dice che si potrebbe tentare una terza strada, cioè correre alle europee in proprio e vedere come va.
Per questo nei prossimi giorni i vendoliani presenteranno alla Camera una proposta di legge per abolire la soglia del 4% alle europee, che li vedrebbe del tutto penalizzati in una corsa in solitaria.
Le differenze nel partito ci sono, eccome. Sopite? Gennaro Migliore, il capogruppo alla Camera, dichiara che la discussione è in corso.
«I migliori risultati noi li abbiamo ottenuti quando siamo stati in un campo unitario del centrosinistra – riflette Migliore – Renzi è un’occasione, nel senso che possiamo ritrovarci sul no alla Bossi-Fini, per la legge sulla rappresentanza sindacale e sui diritti civili».
E avvicinarsi fino ad entrare nel Pd per costituire un “correntone”?
Nelle file del Pd si fa largo l’ipotesi che la mossa di Stefano Fassina di lasciare il governo e guidare una opposizione dentro il partito, miri a un “correntone” irrobustito da Sel, tutta o in parte.
Idee che nascono dall’incertezza sul ruolo di Sel. «Ci sono diversità , certo, tra di noi, le perplessità che però non sono così rilevanti rispetto alla leadership di Nichi», commenta Ciccio Ferrara.
Più a disagio sulla vicenda europee è l’area ecologista guidata da Loredana De Petris. Schierata per il Pse è Titti De Salvo.
E al congresso Sel ha invitato Renzi: attende risposta nella prossima settimana. Inviti stanno per essere recapitati anche ai leader dei partiti progressisti e della sinistra europea, a Schulz come a Tsipras.
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
“SERVE LEADERSHIP FORTE MA NON ABBIAMO BISOGNO DI UN DITTATORE”
“Sono entrato in un governo difficile per scelta del Partito democratico, ho messo la faccia su scelte che non condividevo. Nelle ultime settimane ho avuto la netta sensazione di una ambiguità nel rapporto tra la segreteria democratica e il governo Letta. Se il mio segretario manifesta ambiguità e oltre a mettere in evidenza limiti ed errori dell’esecutivo si lascia andare a caricature distruttive…. Era diventato ‘il governo delle marchette’, senza sentire mai una parola di apprezzamento per misure importanti, come quelle a favore degli esodati”.
L’ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina intervenendo al videoforum di Repubblica Tv spiega così la scelta di dimettersi dal suo incarico.
“Vedo rischi di indifferenza o atteggiamenti liquidatori davanti a posizioni interne che vanno in senso diverso da quelle espresse dal segretario. Serve una leadership forte, ma va evitato il rischio di far diventare il Pd un partito personale. Ok alle riunioni di direzione itineranti, ma facciamole nei circoli del Pd non nei comitati elettorali pro-Renzi”, dice Fassina ancora in polemica con il segretario rispondendo alla domanda di un lettore di Repubblica.
“Ci vuole un partito che torni a essere un partito – insiste – Non abbiamo bisogno di un dittatore, ma dobbiamo essere un soggetto politico”.
Quanto alle voci di avvicinamento con Sel e all’intenzione di diventare il referente dells sinistra interna al Pd, l’ex viceministro spiega: “Mi riconosco in una cultura politica e in un programma, non in una corrente o in un’area. Io voglio portare tutto il Pd su una rotta adeguata. Le nicchie non mi interessano, non devo contrattare posti. Bisogna rimettere al centro la persona che lavora e affrancarsi dal liberismo. Su questo percorso esistono interlocutori più sensibili: Civati, Cuperlo, che resta il leader dell’area che lo ha votato, e guardiamo con attenzione anche all’evoluzione di Sel. Ma dobbiamo guardare oltre confini del ceto politico. Occorre un confronto con il mondo cattolico che ragiona su un neoumanesimo contrapposto al neoliberismo, non più egemone ma ancora forte”.
“Papa Francesco – afferma ancora Fassina – ha ridato forza a queste componenti. Il Pontefice a Cagliari davanti ad una platea di lavoratori in gran parte disoccupati ha detto: ‘Dobbiamo lottare per il lavoro’, parole eversive per il Pd!”.
L’esponente democratico, rispondendo ad una altra domanda dei lettori, affronta quindi il rapporto con Bruxelles.
“Questa Europa – sostiene – ci sta portando a fondo, dobbiamo costruire un’altra Europa perchè diseguaglianza e precarietà del lavoro non si possono combattere su scala nazionale. La direzione di marcia dell’Eurozona ci porta a sbattare e va radicalmente contrastata, invertendo la rotta da mercantilista, che è la stessa del Titanic. Dobbiamo farlo con la politica, partendo da quella degli stati nazionali. Occorre cercare un piano B, perchè insieme all’economia si rischia di mandare a fondo anche la democrazia attraverso le forze no-euro, i partiti populisti e nazionalisti”.
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
LA SENTENZA DEL TAR CHE ANNULLA LE ELEZIONI IN REGIONE POTREBBE PORTARE A VOTARE INSIEME ALLE EUROPEE
L’ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino è pronto a scendere in campo. “Se nei prossimi mesi si andrà al voto anticipato per la Regione Piemonte – ha detto – vi sarà la mia disponibilità a una eventuale candidatura alla Presidenza della medesima che, naturalmente, non dipenderà solo da me”.
“A meno che non scenda in campo Leo Messi, il Pd ha un solo candidato, alle elezioni regionali del Piemonte e questo candidato si chiama Sergio Chiamparino”.
Parlano cosi’, all’Huffington post, gli uomini dello staff di Davide Gariglio, oggi consigliere regionale, domani in corsa per diventare segretario regionale democrat (il Pd sceglierà , con il metodo delle primarie, i suoi nuovi segretari regionali il 16 marzo) e, soprattutto, renziano doc e punto di riferimento del nuovo leader del pd in Regione dalle primarie in poi insieme al sindaco del comune di Nichelino, Giuseppe Catizone, fratello della ex esponente democrat calabrese Eva Catizone.
Del resto, proprio nei giorni scorsi, davanti alle continue nubi che si addensavano da mesi sulla regione Piemonte (scandali delle ‘mutande d’oro’, stanchezza ed evidente voglia di ‘mollare’ del governatore Cota, ricorso pendente al Consiglio di Stato, mobilitazione popolare contro la stessa giunta Cota che avrebbe dovuto riempire le piazze in questi giorni, etc) due importanti plenipotenziari di Renzi, il coordinatore della segreteria, Lorenzo Guerini, e il responsabile organizzazione, Luca Lotti, si erano recati ‘in missione per conto di Dio’ a Torino proprio per convincere Chiamparino a sciogliere i suoi ultimi dubbi e lanciarsi nella corsa a nuovo Governatore.
E sempre da ambienti della segreteria del Pd si apprende che anche se si tenessero delle primarie, magari di coalizione con Sel e Scelta Civica (per rispettare l’input renziano di farle sempre per le cariche elettive) in ogni caso il candidato sarebbe Chiamparino.
E’ evidente, dunque, che se il Consiglio di Stato accoglierà , entro 45 giorni di tempo, come da legge, la sentenza pronunciata oggi dal Tar del Piemonte che annulla le elezioni regionali del 2010 che videro l’attuale Governatore, il leghista Cota, vincere di misura sulla candidata del Pd, Mercedes Bresso, e se – come è altrettanto altamente probabile – le elezioni piemontesi dovessero tenersi nell’election day del 25 maggio, quando andranno a votare oltre 4 mila comuni italiani e la regione Abruzzo (in Sardegna, invece, si voterà il 16 febbraio), sarà l’attuale presidente della Compagnia dell’istituto bancario San Paolo ed ex sindaco (per due mandati) del capoluogo Torino, oggi amministrato dall’ex segretario Ds Piero Fassino, a contendere al centrodestra la carica di nuovo governatore del Piemonte.
Il Tar del Piemonte ha, infatti, accolto il ricorso dell’ex presidente Bresso contro la lista “Pensionati per Cota” di Michele Giovine. Ora la parola passa al Consiglio di Stato, a cui la regione potrebbe ricorrere per ribaltare la decisione del Tar, che sancisce un ritorno anticipato alle urne dei piemontesi.
È durata quasi quattro anni la ‘battaglia’ ingaggiata dall’ex presidente della R egione Bresso: lo scorso 14 novembre la Cassazione aveva condannato in via definitiva Michele Giovine a due anni e 8 mesi per avere raccolto firme false sulla sua lista.
I problemi, però, stanno tutti e proprio nel campo del centrodestra: dato quasi per certo che Cota non si ripresenterà come rappresentante di tutta la coalizione (leggenda certificata vuole che, quando vinse le regionali, nel 2010, le vinse inaspettatamente, si chiuse nel suo studio a piangere non per la gioia ma per la disperazione di dover lasciare il suo scranno di capogruppo leghista in quel di ‘Roma ladrona’…) e che potrebbe optare per un seggio alle europee, non saranno indifferenti le mosse di Forza Italia di Berlusconi e del Nuovo Centro Destra di Alfano che ha conquistato la totalità degli ex assessori regionali del Pdl alla propria causa e che, in Piemonte, è guidato dal giovane e iper-attivo capogruppo alla Camera, Enrico Costa.
La competition interna al centrodestra, però, vede per ora solo due nomi come possibili candidati alla guida del Piemonte: il nuovo coordinatore regionale di Fi, Gilberto Pichetto, e l’assessore regionale al lavoro Claudia Porchetto (NCD).
Due nomi che ‘il Chiampa’, che ancora gode di vasta e sicura popolarità non solo tra i torinesi ma tra i piemontesi, potrebbe sconfiggere facilmente.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
POTREBBE ESSERCI LA RICHIESTA DELLA NIA DI ESECUZIONE CAPITALE E POI LA RINUNCIA DELL’ESECUTIVO CON L’ITALIA A NON APPLICARLA
Si aggroviglia una volta di più la vicenda dei due marò trattenuti in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Nonostante la rassicurazioni fornite ancora giovedì dal ministro degli Esteri indiano, Salman Kurshid, il quale ha escluso che i due fucilieri la rischino una condanna a morte, un’intesa raggiunta nelle ultime ore in India a livello inter-ministeriale riproporrebbe uno scenario che contempla la pena capitale.
La Nia, la polizia anti-terrorismo cui sono state affidate le indagini sull’omicidio di due pescatori avvenuto il 15 febbraio 2012 al largo della costa dello Stato sud-occidentale del Kerala, avrebbe infatti ricevuto «il via libera per formulare le accuse sulla base della sezione 3» della Sua, la legge del 2002 in materia di sicurezza marittima.
Si tratta di una normativa che, pur se con finalità di repressione del terrorismo e della pirateria, stabilisce sia punita con la pena capitale qualsiasi azione dalla quale sia stata provocata la morte di una persona in mare.
La prospettiva, stando a fonti governative riservate citate dal quotidiano «Hindustan Times», sarebbe frutto di un accordo raggiunto durante un mini-vertice a New Delhi tra i ministri competenti: lo stesso Kurshid, il titolare della Giustizia, Kapil Sibal, e quello dell’Interno, Sushil Kumar Shinde.
Quest’ultimo si è affrettato a precisare che «erano molti i problemi da discutere» e che una decisione non è ancora stata presa, ma «lo sarà nel giro di due o tre giorni».
Alle 16,30 è in programma una riunione a Palazzo Chigi con il premier Enrico letta e il ministro degli Esteri, Enna Bonino, al termine della quale sarà diffuso un comunicato.
Se l’India decidesse di ricorrere al `Sua Act’, la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte, sarebbe «inaccettabile» e «noi nel caso prenderemmo le nostre contromisure», dice ai microfoni di Rainews l’inviato del governo per il caso, Staffan De Mistura.
Stando a indiscrezioni che circolano sui mass media in India, la Nia potrebbe decidere un rinvio a giudizio per una fattispecie che contempli la condanna a morte, salvo poi rinunciare a richiedere la pena capitale per l’impegno a non applicarla assunto dal governo indiano con l’Italia.
A rallentare la decisione sul rinvio a giudizio sarebbero proprio le garanzie accordate dal capo della diplomazia di Delhi, che adesso sarebbe giunto tuttavia a un compromesso con i colleghi di gabinetto.
Un quadro così confuso, che muta da un giorno all’altro, non induce all’ottimismo. Sempre a detta dell’«Hindustan Times», il benestare per rinviare a giudizio i marò per reati punibili con la pena di morte, a questo punto potrebbe giungere alla Nia in qualsiasi momento.
(da “La Stampa”)
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Gennaio 10th, 2014 Riccardo Fucile
SALVINI PARLA DI “ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA”: HA RAGIONE, QUANDO SI VINCE CON UNA LISTA ILLECITA BISOGNEREBBE VERGOGNARSI
Il Piemonte deve tornare alle urne. E’ questo l’effetto della sentenza del Tribunale amministrativo regionale.
I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso dell’ex presidente della Regione Mercedes Bresso, contro la lista “Pensionati per Cota” di Michele Giovine, inficiata da firme false, decretando l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti nella primavera di quattro anni fa.
Adesso l’ultima parola passa al Consiglio di Stato, organo al quale la Regione ricorrerà per vedere capovolta la sentenza del Tar Piemonte.
Un verdetto che arriverà entro 45 giorni.
Immediata la reazione del segretario della Lega Nord Matteo Salvini: ”Un attacco alla democrazia, ecco di cosa si tratta”. Il numero uno del Carroccio assicura, dalla propria pagina Facebook, che il partito continuera’ con le sue battaglie: dito puntato, soprattutto, contro ”giudici e sinistra” che secondo Salvini ”anche quando perdono riescono a vincere”.
Più tardi a Sky Tg 24 annuncia la ricandidatura di Cota “a testa alta”.
Se da Palazzo Spada arriverà la conferma della sentenza, le elezioni si terranno probabilmente in primavera, abbinate con le Europee.
Ma spunta un giallo: è il presidente della regione che ha il compito di indire le elezioni, se aspettano 30 giorni per fare ricorso (scadenza 11 febbraio) poi il consiglio di stato potrà esprimersi subito o fissare un’udienza e rinviare nel merito: questo può far dilatare i tempi della nuova chiamata alle urne, che potrebbero slittare dalla primavera all’autunno.
Gli avvocati di Mercedes Bresso però in quel caso chiederanno che la sentenza sia intanto eseguita immediatamente con la nomina di un commissario ad acta che indica le elezioni al posto di Cota.
Il centrosinistra ha già il probabile candidato: l’ex sindaco di Torino e ora presidente della Compagnia di San Paolo Sergio Chiamparino.
Il centrodestra pare puntare a Gilberto Pichetto o Claudia Porchietto, attuali assessori nella giunta Cota. I
l governatore pare orientato a candidarsi alle Europee.
Mercedes Bresso, anche lei davanti al Tar in attesa della sentenza, ha così commentato: “Sia pure in ritardo, giustizia è fatta. Una vittoria che dimostra quello che solo Cota e Giovine non avevano ancor capito: che le elezioni sono state truccate: ora la giunta Cota non esiste piu'”.
“E’ chiaro che la ricaduta politica è immediata, qualsiasi siano le decisioni del centrodestra. Bisogna solo capire se si vota il 25 maggio o più avanti. Dal punto di vista politico non c’è più nulla da dire, le elezioni del 2010 sono nulle”.
Questa la prima dichiarazione del segretario regionale del Pd Gianfranco Morgando. Questo pomeriggio i democratici convocheranno una conferenza stampa nella sede del gruppo consiliare del Pd, dove il clima in queste ore è di grande fibrillazione.
Il vicepresidente regionale Gilberto Pichetto, tra i candidati in pectore di Forza Italia, è a Roma e per il momento non si sbilancia in dichiarazioni: “Ho saputo ma dovremo valutare con gli organi del mio partito e con il presidente Cota”, dice.
(da “La Repubblica“)
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