Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
LA LEGGE DI STABILITA’ PREVEDE UNA RIDUZIONE DEL DISAVANZO SOLO DELLO 0,1% E NON DELLO 0,5%… MOSCOVICI: “COLMATE IL DIVARIO”
L’Italia deve fare di più per correggere il deficit strutturale di bilancio.
E il volume del suo debito pubblico preoccupa i partner europei. A ripetere il refrain è il documento conclusivo della riunione dell’Eurogruppo che si è svolta lunedì a Bruxelles.
“Secondo l’ultima valutazione della Commissione”, scrivono i titolari dei ministeri dell’Economia e delle finanze dell’Eurozona, “lo sforzo fiscale strutturale nel 2015 sarà pari allo 0,1% del Pil, quando è richiesto uno sforzo dello 0,5% sotto il braccio preventivo” della procedura d’infrazione.
Tradotto dal burocratese significa che la correzione dei conti messa sul piatto da Roma, pari a circa 4,8 miliardi complessivi, non è sufficiente.
“Ci sono alcune misure aggiuntive che devono essere prese. Vogliamo che i divari siano colmati e le misure siano prese laddove è necessario”, ha commentato in conferenza stampa il commissario europeo per gli Affari economici, Pierre Moscovici. “E’ una questione di credibilità “.
Come è noto, infatti, le regole europee stabiliscono che i Paesi non soggetti a procedura per deficit eccessivo (e quindi soggetti ai parametri del “braccio preventivo”) debbano ridurre il deficit strutturale dello 0,5% l’anno.
Mentre ad oggi la nostra legge di Stabilità prevede un rientro limitato allo 0,3% del prodotto interno lordo.
Che peraltro la Commissione “legge” come uno 0,1% perchè si basa su una diversa metodologia di calcolo del Pil potenziale.
Su questo punto, però, sono ancora in corso trattative.
Non per niente il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, dopo aver detto che l’Italia deve fare uno sforzo aggiuntivo dello 0,4% del Pil, ha chiarito che “la Commissione sulla base di valutazioni future potrebbe stabilire che quello 0,1% sia in realtà uno 0,2 per cento“.
Uno sforzo aggiuntivo dello 0,4% del Pil significa dover trovare circa 6,4 miliardi
Insomma: ancora una volta si gioca sui decimali, anche se in ballo ci sono comunque miliardi di euro.
Lo 0,4% del Pil equivale a 6,4 miliardi di euro da mettere insieme con tagli di spesa o nuove tasse.
Lo 0,3% significa 4,8 miliardi da scovare.
Ma è possibile che “questo divario venga colmato con nuove misure, con misure efficaci o discutendo con la Commissione sulla valutazione delle misure che già sono sul tavolo”, ha anticipato il politico olandese.
Come dire che le opzioni aperte sono diverse. E di qui a marzo, quando è atteso il verdetto definitivo sui progetti di bilancio dei Paesi Ue considerati “in bilico”, il titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan conta di riuscire a spuntare uno “sconto”.
Di qui l’immediata precisazione, diffusa a stretto giro dal suo portavoce, che “dal comunicato diffuso dall’Eurogruppo non emerge alcuna richiesta di una manovra aggiuntiva”.
Insomma: nei prossimi mesi il governo di Roma e la Commissione — il cui presidente Jean Claude Juncker è “azzoppato” dallo scandalo LuxLeaks sui privilegi fiscali concessi dal Lussemburgo alle multinazionali -continueranno a negoziare.
Con l’obiettivo di evitare una vera e propria e bocciatura senza appello della manovra finanziaria del governo Renzi.
Che oggi, come già detto chiaramente dall’esecutivo Ue a fine novembre, non è “pienamente compatibile” con le regole del Patto di stabilità e crescita.
Nel documento si legge poi che continua a destare “preoccupazione” il livello “elevato” del debito pubblico.
Anche per questo motivo “misure efficaci si renderebbero necessarie per permettere un miglioramento dello sforzo di correzione strutturale”.
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
IN MISERIA 1,5 MILIONI DI MINORI… CATTIVA ALIMENTAZIONE E OFFERTA EDUCATIVA CARENTE… CREANDO NUOVI ASILI NIDO SI POTREBBERO GENERARE 40.000 NUOVI POSTI DI LAVORO
Una spending review implacabile l’han fatta davvero: sui fondi per combattere la povertà .
Dal 2008 a oggi hanno tagliato il 69,4%.
Proprio mentre crescevano gli affanni delle famiglie: la metà di quelle con tre figli, nel Sud, è in miseria.
Lo dicono la Fondazione Zancan e un rapporto della Commissione parlamentare sull’infanzia: la crisi pesa soprattutto sui bambini
Gli ultimi dati del Centro studi veneto mettono i brividi: tra il 2011 e 2013 «la percentuale di famiglie con almeno un figlio minore relativamente povere è aumentata di quasi 5 punti percentuali, dal 15,6% al 20,2%».
A dispetto di tutte le chiacchiere sulla famiglia («Ci vuole ben altro che qualche spot coi cuccioli in braccio, bambini o cagnolini che siano», ha scritto furente il direttore di Famiglia Cristiana Antonio Sciortino) il quadro è drammatico.
«La situazione è particolarmente grave per le famiglie con tre o più figli minori», insiste il dossier: per oltre un terzo sono «relativamente povere».
Nel Mezzogiorno, come dicevamo, il quadro è ancora più fosco: è povera più di una famiglia su tre (36,4%) con almeno un figlio minore e poverissimo il 51,2% di quelle che hanno tre o più figli piccoli o adolescenti.
«I bambini sono un segno. Segno di speranza, segno di vita, ma anche segno “diagnostico” per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società , del mondo intero», ha ricordato mesi fa papa Francesco.
Se è così, allarme rosso: le famiglie con almeno un bambino sprofondate nella povertà assoluta, spiega il dossier «La povertà infantile in Italia» della Fondazione, negli ultimi tre anni sono raddoppiate, dal 6,1 al 12,2%, e sono oggi il triplo rispetto al 2007, l’ultimo anno prima della crisi. E così, conferma l’Istat, sono aumentati i bambini e gli adolescenti che versano in condizioni di miseria: erano 723 mila nel 2011, sono quasi un milione e mezzo oggi.
Ancora più dura però, per certi aspetti, è la bozza del rapporto finale dell’«Indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile» della Commissione parlamentare per l’infanzia, che ha come presidente Michela Vittoria Brambilla e come relatrice Sandra Zampa.
Dove si riconosce la capitolazione dello Stato in quella che dovrebbe essere una guerra alla miseria, alla fame, al degrado del nostro capitale più prezioso: i bambini.
Dopo avere ricordato il progressivo smottamento della società , compreso il dato che la povertà assoluta è aumentata perfino «tra gli impiegati e i dirigenti» e «anche in vaste aree del Nord», la relazione spiega che «nel 2007 i bambini che non potevano permettersi un pasto proteico una volta ogni due giorni erano il 6,2%, nel 2013 tale numero risultava già più che raddoppiato, raggiungendo la percentuale del 14,4».
Un bambino su sette. In un Paese che ancora si fa vanto di appartenere al G8.
Certo, la drammaticità di oggi è diversa da quella denunciata dall’inchiesta parlamentare sulla miseria di Stefano Jacini nel 1880 o da quella analoga ripetuta nei primissimi anni 50 del Novecento.
Proprio perchè ricordiamo quei nostri nonni bambini ai tempi in cui il medico Luigi Alpago Novello scriveva nel 1900 che nelle famiglie di Conegliano la perdita di un figlioletto causava a volte «minor dolore non dirò di un grosso animale bovino ma di una semplice pecora», riscoprire questa Italia povera getta sale su ferite antiche.
Che cosa hanno fatto i governi per contenere questa nuova ondata di povertà ?
Risponde la Commissione parlamentare d’inchiesta: troppo poco.
Soprattutto rispetto agli altri: «Con riferimento all’anno 2011, la Francia ha ridotto del 17% la povertà dei minori, la Germania del 17,4%, il Regno Unito del 24,4%, la Svezia del 17,5%» e noi solo del 6,7%. Peggio perfino della Spagna (7,6%) che certo meno in crisi non è.
A farla corta: nel 2009 lo Stato stanziava per le politiche sociali, complessivamente, due miliardi e 523 milioni e oggi, come dicevamo, meno di un terzo.
Il 7° «rapporto aggiornamento Crc», citato nella relazione, fornisce dettagli in più: il Fondo per le politiche della famiglia, ad esempio, nel 2009 era a 186 milioni e mezzo, oggi meno di 21. Nove volte di meno.
Anche l’ultimo «Report Card» dell’Istituto degli Innocenti, dal titolo «Il benessere dei bambini nei Paesi ricchi», ci inchioda: «Nella classifica generale l’Italia occupa il 22 º posto, alle spalle di Spagna, Ungheria e Polonia…».
Di più, incalza il rapporto parlamentare: nel Mezzogiorno «tende ad affermarsi un modello nutrizionale sempre più simile a quello esistente nei Paesi del Sud del mondo, in cui si abbandona la tradizione alimentare nazionale a favore di un consumo eccessivo del cosiddetto junk food , il cibo ipercalorico a scarso valore nutrizionale, che però vanta un costo basso».
Per non dire della povertà educativa, strettamente legata a quella economica: la regione più povera sotto questo profilo, «cioè dove si riscontra la minore presenza di servizi educativi, è la Campania, seguita ex aequo da Puglia e Calabria e poi dalla Sicilia».
Nessuno, però, può chiamarsi fuori: «Si osserva che le regioni definite “ricche” di offerta educativa in Italia, vengono qualificate come “povere” nel confronto con altri Paesi europei. Volendo operare un esempio concreto, per la copertura dei nidi, il target europeo è il 33%, mentre in Italia, al di là dell’Emilia Romagna, che risulta la prima Regione, con il 28%, la media nazionale si attesta intorno al 17».
Cosa fare? Forse la soluzione giusta, rispondono sia la Commissione e sia la «Zancan», non sono i «bonus bebè».
Cioè la distribuzione a pioggia di manciate di soldi: molto meglio, ad esempio, concentrare gli sforzi e spostare 1,5 miliardi dagli assegni familiari su un progetto per raddoppiare i «nidi» così da accogliere 403 mila bambini.
Cosa che consentirebbe, tra l’altro, di «creare oltre 40 mila posti di lavoro».
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
IL COMBINATO DISPOSTO DELLO JOBS ACT POTREBBE ESSERE USATO IN MODO DISTORSIVO DALLE IMPRESE… IL RISCHIO CHE I NEO ASSUNTI VENGANO POI LICENZIATI PRIMA DELLA STABILIZZAZIONE PREVISTA DALLE TUTELE CRESCENTI
Il combinato disposto tra il nuovo contratto previsto dal Jobs Act e l’incentivo all’assunzione, inserito nella Legge di Stabilità , potrebbe creare un meccanismo perverso per il quale le aziende avrebbero un vantaggio economico a licenziare prima che scatti la stabilizzazione programmata dal contratto a tutele crescenti.
A suonare l’allarme è uno studio della Uil, secondo cui un’azienda che nel 2015 assume un lavoratore, e lo licenzia a fine anno, potrà beneficiare di un ‘saldo’ positivo di circa 4.392 euro medi che schizzerebbero a 13.190 euro se venisse invece licenziato dopo 3 anni.
Esattamente il contrario, cioè, di quell’operazione di ‘stimolo’ all’occupazione stabile sbandierata con il Jobs Act.
Tutto si gioca, dice il sindacato, sulla differenza tra la decontribuzione per le nuove assunzioni, di cui beneficia l’azienda, e le nuove regole sull’indennizzo che spetta al lavoratore in caso di licenziamento e che, stando alle ultime indiscrezioni circa la riscrittura dell’articolo 18, si aggirerebbe su una mensilità e mezza.
Indiscrezioni che però devono ancora trovare concretezza nei decreti attuativi della delega sulla riforma del lavoro, i passaggi che dovranno dare i contorni precisi dell’attivazione del reintegro per i licenziamenti illegittimi o la quantificazione degli indennizzi.
Stando alla simulazione messa a punto dal segretario confederale Guglielmo Loy, di cui dà conto l’Adnkronos e che è stata presentata ai quadri Uil di Rieti in vista dello sciopero generale del 12 dicembre, infatti, per uno stipendio medio di 22 mila euro lordi/anno (1.692 euro lordi/mese), la decontribuzione sgraverebbe l’azienda di circa 6.390 euro.
Se il lavoratore venisse licenziato a fine anno l’indennizzo, e perciò il costo per l’azienda, si aggirerebbe intorno ai 2.538 euro lordi: il ‘saldo’ per l’impresa dunque sarebbe positivo per 4.390 euro.
Un vantaggio che aumenterebbe, stima ancora la Uil, se il lavoratore, sempre assunto il 1 gennaio 2015, venisse invece licenziato nel terzo anno: i benefici fiscali per l’azienda, su un reddito di 22 mila euro, ammonterebbero a circa 20.790 euro mentre il costo dell’indennizzo sarebbe di 7.600 euro lordi, con un ‘vantaggio’ per l’impresa di 13.190 euro.
“La scelta del Governo non ci sembra proprio geniale: si tolgono diritti ai lavoratori mentre si premiano tutte le imprese , anche quelle che licenziano o che non investono, e il risultato è un economia stagnante e un tasso di disoccupazione sempre alto”, spiega ancora Loy, che punta il dito contro “l’aiuto indiscriminato alle imprese” da parte del governo che invece ha scelto “di penalizzare il lavoro dipendente”.
Il Parlamento, aggiunge, “è ancora in tempo per correggere la legge di stabilità che non opera come ‘stimolo’ ad assumere maggiormente ma, semplicemente, sgrava le imprese da costi senza assicurare che si raggiunga l’obiettivo principale: creare nuova e buona occupazione”, conclude Loy.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
PARLA IL PRESIDENTE DELL’ANTICORRUZIONE: “SEMBRA DI ESSERE TORNATI A MANI PULITE, I CITTADINI SONO INDIGNATI”
Cantone? Poltrona scomoda la sua in queste ore…
«Non me ne parli… La gente mi ferma per strada e mi dice “arrestateli tutti… “».
E lei si meraviglia?
«La cosa mi preoccupa molto perchè mi ricorda la voglia di forca e le monetine del ’93». Il presidente dell’Anac Raffaele Cantone rivela le sue preoccupazioni
Ci racconta della gente che la ferma, dov’è successo?
«Dovunque, a Roma, a Napoli, e in tutti i luoghi in cui mi sono recato in questi giorni».
E lei come si sente da uomo delle istituzioni, che risponde?
«Sono preoccupato della generalizzazione nel considerare tutta la politica corrotta. Ho provato a spiegare che noi dell’Anac non arrestiamo nessuno e che il nostro compito è molto meno evidente nei risultati, ma ha un obiettivo più ambizioso, provare a prevenire la corruzione »
La gente vuole risultati immediati?
«La gente, in questa fase, fatica a ragionare. In un Paese in crisi, vedere chi ruba indigna ancora di più e quindi è difficile far ragionare la pancia delle persone. Ma il nostro compito è ragionare e non farci prendere dall’emotività ».
Come dar torto a chi è indignato contro chi ruba, quando, come dimostra il caso di Roma, ci sono politici del Pd a libro paga di un fascista?
«Vorrei che l’indignazione di un giorno delle persone e della politica fosse sostituita da un impegno duraturo. La corruzione non è un male che si vince urlando due giorni, c’è bisogno di cambiamenti radicali da parte della politica e dei cittadini».
La politica deve cambiare. Si dice a ogni inchiesta. Anzichè fare il commissario anti-corruzione, non sarebbe meglio che lei fosse il commissario che seleziona gli uomini politici?
«Malgrado la difficoltà del periodo, io vedo segnali positivi…».
Eh lo so, mi sta per parlare bene di Renzi…
«Sto per citare fatti, e non persone. Ricordo la nomina all’unanimità del presidente dell’Anac, l’approvazione di una legge che ci ha consentito di commissariare gli appalti dell’Expo e il consorzio Mose. Si può dire che non basta, ma certamente è un segnale positivo. E poi non me la sentirei mai di fare il selezionatore della politica».
Forse perchè sa già che sarebbe una sconfitta?
«Io, al massimo, posso essere bravo ad applicare le norme, ma non certo a selezionare gli uomini politici. E poi la selezione lasciata a una persona rischia di essere un pericolo. Qui c’è bisogno di un gruppo di persone per bene in grado di allontanare le mele marce».
In questo clima non è grottesco che nell’Italicum si parli di capilista bloccati e non scelti dalla gente?
«Ma l’indagine di Roma non ha dimostrato che i soldi servivano per comprare voti in qualche caso destinati perfino alle primarie? Non è la prova che forse le preferenze rischiano di peggiorare la situazione? ».
La tabella dei pagamenti di Carminati ai politici rivela che il problema della corruzione è lì, in chi si fa pagare…
«L’indagine va molto oltre la politica, coinvolge pezzi significativi del ceto amministrativo, dei portaborse dei politici, degli amministratori delle società miste e mette in rilievo negativo perfino uno dei vanti della nostra società , il mondo cooperativo».
Lei è al vertice dell’Anac dal 28 aprile. Ma Roma è scoppiata lo stesso. Poteva fare di più?
Ho fatto tutto quello che umanamente era possibile fare. In questi mesi, io e gli altri 4 quattro colleghi al vertice dell’Anac, siamo entrati in santuari intoccabili, di Expo e del Mose già si sa, ma abbiamo imposto regole rigide di trasparenza alle società pubbliche, agli ordini professionali, abbiamo attivato la vigilanza su un enorme numero di appalti, abbiamo stipulato convenzioni con tutti gli organi per la formazione dei pubblici dipendenti, con Confindustria abbiamo lavorato al loro codice etico…».
Ma lei fino a oggi ha fatto arrestare qualcuno?
«Io non sono più un pm… Certamente il nostro lavoro potrà servire per inchieste future. Ma non è solo con gli arresti che si vince la corruzione. La politica deve recuperare fino in fondo il valore etico della sua funzione”.
Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
CHI HA RIDOTTO LA CITTA’ A CAPITALE DELLA CORRUZIONE: 2.000 POSTI ALLE CLIENTELE POLITICHE IN ATAC E AMA… TANGENTI A EUR SPA E FANNO AFFARI ANCHE SULLE CAMERE MORTUARIE
Sono centouno, come i dalmata della carica disneyana.
Centouno personaggi della Roma che conta, politici in testa ma anche funzionari comunali, rettori, comandanti dei vigili, geometri, magistrati e manager delle municipalizzate che negli ultimi quattro anni sono finiti sotto inchiesta per aver usato il loro potere per far soldi, per far arricchire gli amici o per sistemare figli e nipoti. Centouno storie che ancora prima della deflagrante scoperta di «Mafia Capitale» ci avevano segnalato l’assalto ai forzieri pubblici.
Centouno tasselli che aggiunti a quelli degli affari sporchi del clan Carminati completano il mosaico del sacco di Roma.
L’immagine che per prima torna in mente, certo, è quella di «er Batman», quel Franco Fiorito il cui arresto – 2 ottobre 2012 – toglie il coperchio alla Rimborsopoli della Regione Lazio, forse il più spettacolare degli scandali non tanto e non solo per il suo picaresco protagonista ma per le feste in costume a Cinecittà o allo Stadio dei Marmi («C’erano delle gnocche travestite con gonnelline bianche» racconterà Fiorito) dove i consiglieri del Pdl spendevano i soldi dei contribuenti in aragoste e champagne.
Crolla tutto, il Consiglio regionale viene sciolto, i toga-party sospesi e Fiorito – accusato di essersi appropriato di 1,4 milioni di euro – viene condannato a tre anni e 4 mesi.
Ma la caccia al tesoro non è finita, come dimostra il caso di Marco Di Stefano, l’ex assessore della giunta Marrazzo, oggi deputato Pd, sotto inchiesta per una tangente da 1,8 milioni che secondo la Procura avrebbe ricevuto dai costruttori in cambio di un generosissimo contratto d’affitto per gli uffici dell’assessorato: lui non organizzava feste, ma a quanto pare con i soldi della Regione s’è comprato una laurea in Scienze Giuridiche.
Ben più sconcertante – anche se meno spettacolare – era stato lo scandalo di due anni prima, quello che ci aveva mostrato di cosa erano capaci i politici romani: la parentopoli delle municipalizzate.
Due ondate di assunzioni pilotate all’Ama (raccolta rifiuti) e all’Atac (trasporti urbani) da far sbiancare i vecchi maestri del clientelismo: 1357 posti di operatori ecologici, autisti di compattatori, seppellitori, dirigenti e semplici impiegati all’Ama e altri 854 (per chiamata diretta) nell’azienda di bus e tram, un’occupazione fisica delle municipalizzate da parte della giunta Alemanno, una generosissima lotteria a numero chiuso che distribuiva cariche e stipendi a figli, generi, nipoti, amanti e segretarie della destra romana (compresa una cubista assunta all’Atac per meriti ancora oggi misteriosi).
Ma non bastavano le assunzioni.
All’Atac gli uomini nominati da Alemanno si erano messi a stampare anche biglietti falsi, ovvero autentici ma con numeri di serie non registrati e dunque non fatturati, rivenduti ai distributori per accumulare fondi neri a San Marino da distribuire ai politici, agli amici e probabilmente a loro stessi: sono indagati in sei, e ancora non si sa quanto fosse profondo quel pozzo.
Non si sa nemmeno – al momento – a chi sia finita la maxi-mazzetta di 800 mila euro per la quale il 25 marzo 2013 finisce in manette l’ex amministratore delegato di Eur Spa Riccardo Mancini (altro sodale di Alemanno, anche lui arrestato con Carminati e soci).
Di certo c’è che la Breda Menarini l’ha pagata per ottenere l’appalto per 45 filobus da impiegare sulla nuova linea di Tor Pagnotta, e che proprio l’amministratore delegato della società , dal carcere, ha chiamato in causa Mancini.
Ma l’amico dell’ex sindaco, che all’Eur Spa aveva nominato direttore commerciale il camerata Carlo Pucci (ex di “Terza Posizione”), anche in cella tiene la bocca chiusa.
Hanno fatto invece un salto sulla sedia i 21 manager, funzionari pubblici e rappresentanti dei costruttori che otto settimane fa si sono ritrovati sotto indagine dalla Corte dei Conti per l’appalto della Metro C.
Per il danno causato alle casse pubbliche dalle 45 varianti accordate ai costruttori per il primo tratto della linea C, adesso si sono visti chiedere dalla magistratura contabile l’astronomico risarcimento di 364 milioni di euro.
Altri due dirigenti di «Roma Metropolitane» sono contemporaneamente indagati per abuso d’ufficio per aver riconosciuto ai costruttori un indennizzo di 230 milioni di euro sul quale i magistrati vogliono hanno, a quanto pare, molti sospetti.
Ma non ci sono solo politici e manager, nel racconto del sacco di Roma. Anche i vigili urbani hanno voluto dare il loro contributo.
L’ex comandante Angelo Giuliani è stato arrestato per corruzione, accusato di aver fatto assegnare l’appalto per la pulizia delle strade dopo gli incidenti a una società amica, la «Sicurezza e ambiente», in cambio di 30 mila euro versati come sponsorizzazioni per il circolo della polizia municipale.
Altri due vigili sono stati arrestati per aver cancellato migliaia di multe, ovviamente senza averne il potere.
E altri tre sono finiti in manette perchè avevano tentato di estorcere 60 mila euro ai commercianti del centro, tempestandoli di multe.
Ormai nella Capitale tutto si può comprare e tutto si può vendere. Comprese le sentenze. Può confermarlo il giudice del Tar Franco Angelo Maria De Bernardi che l’anno scorso è stato arrestato insieme ad altri sei con l’accusa di aver venduto le sue sentenze ai «clienti» che potevano permetterselo, una lista nella quale figuravano anche due ammiragli della Marina Militare.
Non si salva neanche l’università , teatro dieci anni fa della compravendita degli esami: in tempi di crisi, anche i professori pensano ai figli.
E al rettore Luigi Frati, che è appena andato in pensione, non bastava aver dato una cattedra alla moglie e alla figlia. Adesso è sotto processo per abuso d’ufficio, accusato di essersi inventato una «Unità programmatica di cardiochirurgia» solo per farne diventare direttore il figlio prediletto, Giacomo.
A Roma non ci si ferma davanti a niente. Neanche davanti alla morte, che per qualcuno è diventata un lucrosissimo business: ne sanno probabilmente qualcosa quei 29 politici, dirigenti delle Asl e naturalmente impresari di pompe funebri sui quali la Procura sta indagando per associazione a delinquere di stampo mafioso e voto di scambio politicomafioso dopo aver visto quello che succede negli ospedali romani.
Tra ai 29 sotto inchiesta ci sono l’ex senatore di An Domenico Gramazio e suo figlio Luca, fino a tre giorni fa capogruppo di Forza Italia alla Pisana.
Era lui che annunciava euforico, nella villa di Carminati: «Stanno ad arrivà i sordi, alla Regione!». Ora si è dimesso: per lui non ci sarà un altro giro.
Sebastiano Messina
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
IL VICESINDACO: “PRIMA NON PAGAVA NULLA, ALMENO ADESSO PAGA UN CANONE DI LOCAZIONE”
Giaceva da tre anni, chiusa in un cassetto, la pratica con la quale la cooperativa “29 giugno” chiedeva in concessione dal Campidoglio il complesso immobiliare di via Pomona, “5 locali di circa 1.000 mq coperti, nonchè 2.456 scoperti”, poi rivelatosi il quartier generale della mafia capitale.
Per tre anni la pratica è rimasta stranamente incagliata, nonostante la familiarità di Salvatore Buzzi con l’allora sindaco Alemanno e i suoi uomini.
A scongelarla ha provveduto la giunta Marino su proposta del vicesindaco con delega al Patrimonio Luigi Nieri.
Con una delibera, la 312, varata proprio alla vigilia della maxiretata ordinata dalla procura. Un mese e mezzo prima, il 24 ottobre, “vista la valenza sociale delle attività svolte dalla cooperativa in tema di inserimento nel mondo del lavoro di persone in difficoltà (giovani, emarginati, invalidi, ex detenuti, etc.)”, l’esecutivo guidato dal sindacochirurgo ha infatti regolarizzato l’utilizzo, risalente al lontano 1985, del complesso edilizio.
Ma a condizioni assai più favorevoli rispetto a quelle fino a quel momento stabilite.
Il tempo della concessione è passato da 3 a 6 anni rinnovabili, è stato dunque raddoppiato, mentre il costo dell’affitto risulta abbattuto di quasi l’80%, come stabilito da una vecchissima delibera del consiglio comunale datata 1983.
Secondo l’ufficio stime del Dipartimento Patrimonio, sulla base di una perizia consegnata nel novembre 2013, il canone annuale da versare al Campidoglio – calcolato a prezzi di mercato – avrebbe dovuto essere di 73.764 euro, pari a una rata mensile di 6.147 euro. Ma poichè la 29 giugno “è una cooperativa con finalità sociali, iscritta all’albo delle società cooperative, da ritenersi onlus di diritto”, recita la delibera n.312, la cifra è stata abbassata ad appena 14.752,80 euro l’anno, pari a 1.229,40 euro mensili.
Finito? Manco per sogno: la decorrenza che fa scattare la concessione seiennale viene retrodata al 1 marzo 2014.
Ovviamente la cooperativa ha anche degli obblighi: deve garantire la manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi, la loro sorveglianza e custodia, nonchè – ovviamente – assumere persone svantaggiate.
E in più destinare una parte degli immobili a “Centro di accoglienza temporanea notturna per persone in condizioni di grave disagio economico, familiare e sociale”.
Solo una la condizione stabilita per la decadenza della concessione, ovvero il venir meno di uno dei seguenti requisiti: iscrizione all’albo delle società cooperative; perseguimento esclusivo di finalità sociali.
Ora è evidente che nessuno dei due requisiti rimarrà in piedi alla luce dell’inchiesta sul Mondo di Mezzo.
Per cui è assai probabile che, se la giunta non revocherà subito la concessione, questa decadrà nel giro di qualche settimana. Una rogna in più per i circa mille lavoratori della 29 giugno, che rischieranno il posto di lavoro in tutti i sensi.
Non solo non avranno più un’occupazione, ma neppure una sede dove andare.
Dal Campidoglio però replicano che “la delibera cui si fa riferimento, infatti, rientra nel programma di trasparenza e riordino delle concessioni di Roma Capitale avviato dal dipartimento Patrimonio per la messa a reddito dei beni di proprietà dell’amministrazione – dichiara il vicesindaco e assessore al Patrimonio, Luigi Nieri- Per la stessa sede, negli anni precedenti, la cooperativa 29 Giugno non ha pagato un euro. Attraverso la delibera dello scorso 24 ottobre, invece, Roma Capitale stabiliva di esigere il canone corretto fissato dai tecnici applicando il normale prezzo di mercato e calcolando poi lo sconto previsto per tutte le onlus assegnatarie di una concessione pubblica. Ovviamente il provvedimento, visti i recenti accadimenti, è al momento bloccato”.
Mauro Favale e Giovanna Vitale
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
FAIDA TRA CONSIGLIERI COMUNALI: “DENUNCIO IL SISTEMA DI CORRUZIONE CREATO DA ALEMANNO”
Minacce alle mogli, accordi sottobanco, il ricatto di una denuncia in procura e un candidato trombato che devasta un ufficio comunale.
La guerra tra il perdente Patrizio Bianconi e il capogruppo comunale del Pdl, Luca Gramazio, rischiava di far saltare gli affari della “mafia Capitale”.
E Massimo Carminati, per proteggere l’amico e presunto sodale Gramazio, era pronto a intervenire direttamente.
È il maggio 2013 quando Bianconi chiama Gramazio e parla dei debiti contratti nella campagna elettorale che ha poi perso: “Io adesso — gli dice — se tu non porti i soldi ti scanno… tu non hai capito un cazzo! Io ho già fatto casino con Sammarco e gliel’ho pure minacciato a lui e a tutti voi ( … ) di ammazzarvi… ma cosa devo fare io, ammazzarti la donna? Non mi far arrivare a situazioni di questo tipo”.
Le minacce sono anche di altro tenore: Bianconi — scrive il Ros — avvisa Gramazio che intende denunciare in procura “il sistema di corruzione creato da Alemanno, attraverso il giro di tangenti che loro prendevano per farsi i fatti loro” e, se non bastasse, “lo accusa di aver preso ventimila voti alle elezioni proprio perchè aveva commesso i reati di corruzione, concussione, abuso d’ufficio , voto di scambio e altro”.
In altre telefonate, si legge negli atti, Bianconi vuole una sorta di risarcimento “chiede 50mila euro da Sammarco e 50mila dal sindaco”, precisando che devono “portargli a casa Roma Capitale”.
L’informazione arriva anche ad Alemanno, attraverso il suo capo di gabinetto, Lucaìrelli: “Gianni…”, dice Lucarelli, “il ragazzo è veramente strano”. “Bianconi o Gramazio?”, chiede Alemanno. “Eh, Bianconi…”, risponde Lucarelli. “Ho capito”, continua Alemanno, “e chiama Sammarco, eh”.
La notizia della tensione tra Bianconi e Gramazio arriva anche a Carminati, attraverso il comune amico Fabrizio Testa, e il “cecato” è “determinato a contenere il comportamento violento di Bianconi nei limiti della tollerabilità ”.
“Tu — dice Carminati a Testa — in qualunque momento … te inventi un sistema se cacano il cazzo a lui io vengo… non cacassero il cazzo a lui poi il resto facesse come gli pare”.
L’interesse di Carminati era dettato anche dagli affari che intendeva chiudere, attraverso l’imprenditore delle cooperative rosse Salvatore Buzzi, e lo stesso Gramazio, attraverso le opere pubbliche nella capitale amministrata da Alemanno.
E infatti, sostiene l’accusa, le tangenti passavano direttamente attraverso la segreteria di Gianni Alemanno.
“Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti d’indagine, “erogavano a Gianpiero Monti” ingenti “somme di denaro”.
L’obiettivo era influenzare l’assegnazione delle opere pubbliche e Gianpiero Monti all’epoca non solo era “l’addetto alla segreteria particolare del Sindaco presso Roma Capitale”, ma era anche “delegato per il coordinamento del piano nomadi della Capitale”.
Anche Monti, come Alemanno, è iscritto nel registro degli indagati. E il numero degli indagati vicini ad Alemanno, come vedremo, è davvero consistente.
Il punto è che gli uomini vicini a Carminati, per raggiungere i loro obiettivi, non esitavano a contattare personalmente il sindaco.
Era il novembre 2012 e l’affare riguardava sei unità abitative da aggiungere al campo nomadi di Castel Romano.
Per ottenere gli stanziamenti necessari, Salvatore Buzzi e i suoi sodali — scrive il Ros nelle sue informative — si muovono “intervenendo, o comunque sollecitando, soggetti vicini al sindaco di Roma”, che si adoperano per risolvere la questione. E non solo.
I carabinieri del Ros scoprono che Buzzi e i suoi amici sollecitano Gianni Alemanno in persona.
Il 21 novembre Buzzi invia un sms al capogruppo del consiglio comunale del Pdl, Luca Gramazio, al capo della segreteria di Alemanno, Antonio Lucarelli, e allo stesso sindaco Giovanni Alemanno: “I fondi per il 2013 e 2014 per la transazione e il nuovo campo Buzzi — non sono stati messi e sono 2.340.544,92 per il 2013 e 2.240.673,26 vi sono solo i fondi per il nuovo campo pari a 455.000,00 il resto e ancora zero …”.
Il giorno dopo, la situazione sembra essersi improvvisamente sbloccata, considerato che Buzzi invia un altro sms a Gramazio, Lucarelli e Alemanno: “…Problema risolto per il nuovo campo grazie…”.
E “dall’utenza in uso al sindaco — annotano gli investigatori del Ros — viene inviato un sms di risposta: ‘ok’”. Tra gli indagati anche Marco Visconti, Tommaso Luzzi e Alessandro Cochi che, nel 2012, sedevano nella giunta Alemanno e negli scranni della maggioranza targata Pdl.
Antonio Massari e Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI LE HA CHIESTO DI CANDIDARSI SINDACO DI VENEZIA…LEI: “CI PENSO”… PER LA SERIE “LE DISGRAZIE NON VENGONO MAI SOLE”
Mara Venier è sorpresa ma ci sta pensando.
Silvio Berlusconi ha chiesto alla conduttrice tv di candidarsi con Forza Italia come sindaco di Venezia.
“Sono gratificata”, dice all’agenzia Ansa, “ma anche spaventata. Non lo so, in questo momento direi di no…”.
Dopo che le voci erano circolate nei giorni scorsi, sabato 6 dicembre la Venier ha incontrato l’ex Cavaliere a cena.
“Era da qualche giorno — spiega — che qualcuno mi diceva che nell’ambiente girava il mio nome. Poi alla cena per festeggiare l’ultimo libro di Alfonso Signorini, il presidente Berlusconi mi ha parlato di questa cosa, spiegandomi che nei sondaggi, fatti credo a livello regionale, il mio nome era tra i più gettonati come sindaco di Venezia, la città dove sono nata e che amo moltissimo. E’ una proposta che mi lusinga e mi onora ma mi sono presa un momento per riflettere. Io faccio le cose seriamente: incontrerò nuovamente Berlusconi, penso dopo le festività , e gli darò una risposta”.
In ogni caso, Venier dice di non voler sposare una causa politica: “Non sposo mai i partiti”, aggiunge, “non ho alcuna tessera”.
Piuttosto quello che vorrebbe la conduttrice tv ora a Mediaset sarebbe: “Dedicare il mio impegno alla rinascita di Venezia, dopo gli scandali del Mose e l’azzeramento della sua amministrazione. “o sono dalla parte dell’uomo, delle persone.
Anche quando Renato Brunetta si candidò a sindaco mi espressi a suo favore perchè conoscevo lui, le sue capacità , lo apprezzo e lo apprezzo come persona capace. Per questo, infatti, ero ‘innamorata’ anche di Massimo Cacciari. Feci anche il ‘sindaco’ onorario di Venezia con lui, per un giorno, dopo avergli tagliato la cravatta: ma era per il Carnevale”.
A. M. Pasetti e F. Pontiggia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
QUEI SOLDI IN ARGENTINA E LO STRANO FURTO MAI DENUNCIATO
La posizione di Gianni Alemanno, nell’indagine sulla “mafia capitale”, è ricca di dettagli che portano il Ros dei carabinieri ad annotare un episodio di “presunta esportazione di valuta in Argentina da parte dell’ex Sindaco di Roma, Gianni Alemanno”.
È il 31 gennaio 2014 il Ros dei Carabinieri intercetta una conversazione, negli uffici della Fondazione Integrazione.
Ecco i protagonisti del dialogo: Luca Odevaine, uomo forte della giunta guidata da Walter Veltroni nel settore immigrazione, Mario Schina, consigliere della cooperativa “Il percorso”, che si occupa di campi rom, e Sandro Coltellacci, collaboratore di Salvatore Buzzi, patron delle cooperative rosse in affari con Massimo Carminati.
È Coltellacci a toccare il tema più caldo della conversazione, parlando di un soggetto che, in passato, ha avuto dei problemi con Alemanno e che avrebbe “spallonato” dei soldi all’estero.
“Abita qua … dentro a ‘sto palazzo …”, dice Odevaine, “che fijo de ‘na mignotta … ha litigato con Alemanno … per soldi se sò scannati … ma sai che Alemanno si è portato via… ha fatto … quattro viaggi … lui ed il figlio con le valigie piene de soldi in Argentina … se sò portati … con le valigie piene de contanti … ma te sembra normale … che un sindaco …”.
Schina pone un interrogativo: “E nessuno l’ha controllato?”. “No”, risponde Odevaine, “ è passato al varco riservato … iun attore per me …”. “Io invece”, continua Odevaine, “pensavo che… se li portava via tutti lui …”. “Sembrava sembrava … che il sindaco non toccasse …”, replica Schina, “invece ‘a toccati…”
La conversazione prosegue su uno strano furto subìto da Alemanno.
“Poi — dice Odevaine — ad un certo punto… deve essere successo qualche casino … perchè ad un certo punto a Alemanno gli hanno fatto uno strano furto a casa … “. “Cercavano qualche pezzo de carta …”, interviene Schina, e Odevaine conclude: “Cercavano … eh si secondo me ce … credo che hanno litigato perchè Alemanno ha pensato che ce li ha mandati questo …”.
I Carabinieri hanno verificato che il 15 ottobre 2013, Alemanno ha davvero subito un furto in casa, ma non l’ha denunciato: “tale reato — scrive il Ros — però non trova riscontro in banca dati in quanto non risultano essere state sporte denunce nè da Giovanni Alemanno nè dalla moglie convivente Isabella Rauti.
Lo staff di Alemanno replica con una nota la versione dell’ex sindaco: “Si tratta di una millanteria totalmente infondata. Non ho portato mai soldi all’estero tantomeno in Argentina. Io sono l’unico sindaco di Roma che al termine del suo mandato è più povero di quando ha cominciato perchè ho dovuto vendere una casa e aprire un mutuo per pagare i debiti della campagna elettorale. Nella fattispecie il furto di cui si parla è avvenuto ad ottobre 2013 e basta aprire google per constatare che è stato ampiamente pubblicizzato. Per quanto riguarda il viaggio in Argentina ci sono stato per pochi giorni con la mia famiglia e un folto gruppo di amici a capodanno 2011-2012 per andare a vedere i ghiacciai della Patagonia”.
Non si tratta però dell’unico riferimento a denaro circolato negli ambienti legati ad Alemanno. L’accusa sostiene infatti che le tangenti siano passate direttamente attraverso la segreteria dell’ex sindaco: “Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti d’indagine, “erogavano a Gianpiero Monti” ingenti “somme di denaro”.
L’obiettivo era influenzare l’assegnazione delle opere pubbliche e Gianpiero Monti all’epoca, non era soltanto “l’addetto alla segreteria particolare del Sindaco presso Roma Capitale”, ma anche e infatti, sostiene l’accusa, le tangenti passavano direttamente attraverso la segreteria di Gianni Alemanno.
“Massimo Carminati e Salvatore Buzzi”, si legge negli atti d’indagine, “erogavano a Gianpiero Monti” ingenti “somme di denaro”.
Antonio Massari
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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