Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
SALGONO A FINE GIORNATA E SCENDONO ALL’ALBA… COPERTE E SOGNI APPESI AL SEDILE…UN CONDUCENTE: “FOSSERO TUTTI BARBONI I VIAGGIATORI NOTTURNI, NON DISTURBANO MAI”
Le retrovie di Milano siedono nei primi posti della 90 e della 91, guardano ostinatamente in avanti come condannati ormai arresi o cavalli in corsa; però certe volte si girano di scatto al finestrino: succede alle fermate, a ogni fermata per il semplice fatto che prima o poi sarà l’ultima, per forza di cose l’autista dell’Atm annuncerà che il viaggio è finito e bisognerà ricominciare daccapo.
La pensilina, i minuti, le mezzore, un nuovo bus, la ricerca di un seggiolino libero, si spera il caldo alla giusta temperatura, si spera l’assenza di ubriachi che vogliono menar le mani e di travestiti che usano le sbarre per reggersi durante la marcia come i pali della lap-dance, ballandoci intorno e spogliandosi, il pubblico deliziato e affamato
La 90 e la 91 eternamente percorrono la circonvallazione e sono state archiviate quali linee di un’altra città , questa irregolare, squallida, esclusivamente straniera, marcia e dolorosa; eppure nel lento incedere lungo viali e attraverso piazzali, ospitando migranti che vanno e vengono da un posto di lavoro e si portano dietro gli odori del fritto come due flaconi di Vetril per gli uffici da pulire, a una certa ora della notte la 90 e la 91 raccontano sì un’altra Milano. Ma popolata d’italiani.
Giovani, donne, vecchi. Dalle 23 questi bus sono pieni d’italiani. Italiani senza casa, senza famiglia per scelta propria o altrui; senza lavoro; con l’orgoglio o la paura di non abbandonarsi all’aiuto dei dormitori; e con la consapevolezza che anche il più spietato dei controllori, forse, risparmierà l’accanimento contro un povero cristo accasciato su se stesso. Barboni. Clochard. Senzatetto. Chiamateli come volete, per loro non fa differenza.
Ne contiamo sette su un bus e in contemporanea quattro su quello della direzione opposta, nella notte tra Santo Stefano e ieri.
Ma è un numero variabile. In altre notti, tra metà novembre e Natale, il numero è salito sensibilmente; in una circostanza il fotografo Paolo Gerace, che li ha ritratti, ne ha contati ventidue tutt’insieme.
Sono riconoscibili: dormono come bimbi, sembrano reduci da traversate. Eppoi basta guardare i dettagli. Le scarpe eleganti che spuntano da una giacca da neve con il piumino pieno di tagli su braccia e petto; un berretto di lana della squadra calcistica Torino e sotto uno spolverino di rara raffinatezza; una camicia con delle iniziali U.T. impresse nel disordine sulla pancia di un uomo, il lembo di una maglietta, la camicia stessa, un golfino, un gilet verde, una sciarpa da donna.
È difficile, avvicinare le retrovie. Si muovono spesso in solitaria, rare le coppie per tacere dei gruppi. Non concedono punti di riferimento, se scendono e si avviano verso una direzione è un involontario esercizio di depistaggio; camminano per combattere il freddo, picchiano i piedi sull’asfalto, aprono le mani come se arpionassero una di quelle palline usate per allontanare lo stress.
Con un signore che avrà cinquant’anni, incontrato all’altezza di via Scalvini, ci proviamo quattro volte fin quando su viale Murillo ci manda a quel paese e cambia di posto brontolando.
Dietro al suo seggiolino c’è un ragazzo, un sorriso mezzo ghigno e mezza paresi, aiutante di un meccanico a Cesano Boscone, che giura di conoscerlo e saper tutto.
Dice che è un professore di liceo che viveva coi genitori, son stati sfrattati, ha trovato una stanza in affitto a Lambrate per i suoi vecchi e siccome in quella casa il posto è piccolo, la notte sta a spasso e il mattino rientra per riposare e mettersi lui sul letto
Verso il Lorenteggio sale una donna con due borse, una di un negozio di profumi di via Torino e l’altra di un supermercato Carrefour. Da una borsa estrae una radiolina blu, l’apparecchio avrà una ventina d’anni. L’accende, l’accosta all’orecchio mentre si appoggia al finestrino.
Sul pavimento del bus ci sono chiazze di vomito nero, fino a pochi minuti fa leccate da un cane bastardino al fianco d’un signore con la barba di una strana composizione, raggi di grigio intenso e cespugli color ruggine.
Ci dice un autista dell’Atm, e davvero ne abbiano visti di pazienti, perfino materni, che fossero tutti barboni i viaggiatori notturni di questi bus…
Ma subito teme d’esser stato frainteso e spiega che intendeva dire questo: loro non disturbano, quand’è il momento glielo comunichi e non protestano. Prendono atto.
Se ne vanno. In fondo, ci dice l’autista stavolta convinto d’essere chiaro, forse per darsi un tono, forse per scaramanzia, in fondo basta così poco per andar giù e attendere il prossimo passaggio, se mai ne ce ne sarà uno.
Andrea Galli
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
ESPORTIAMO ARMI VERSO NAZIONI IN GUERRA O CHE SI MACCHIANO DI VIOLAZIONI, MA LA FARNESINA NON HA NULLA DA DIRE
La vigilia di Natale è entrato in vigore il trattato delle Nazioni Unite sul commercio internazionale di armi che vieta ogni esportazione bellica, di armi sia pesanti che leggere, verso Paesi che potrebbero usarle in violazione dei diritti umani.
Un trattato “storico” che porta “responsabilità , controllo e trasparenza” nel mercato degli armamenti, come ha dichiarato nei giorni scorsi il Segretario Generlae delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.
Dalla Farnesina nemmeno una nota su questo storico risultato diplomatico. Un silenzio quasi imbarazzato.
Forse perchè per l’Italia, che pure ha un’ottima legislazione nazionale in materia fin dal 1990 (la legge 185), la applica in maniera piuttosto allegra.
Il nostro Paese, infatti, esporta regolarmente armamenti — in particolare armi leggere — verso nazioni in guerra o note per i loro pessimi record in tema di diritti umani. Con il silenzio-assenso di un Parlamento che ormai da sei anni non adempie al suo compito di esaminare le relazioni governative annuali sulle export militare.
Le più recenti relazioni, compresa l’ultima relativa al 2013, riportano autorizzazioni governative a esportazioni belliche difficilmente compatibili sia con la legge 185/90 che con il nuovo trattato internazionale.
L’elenco dei destinatari dell’export bellico italiano comprende Paesi le cui forze di sicurezza governative, spesso impegnate in conflitti armati interni o internazionali, sono regolarmente accusate di sistematiche violazioni dei diritti umani dai principali organismi internazionali di monitoraggio, da Human Rights Watch ad Amnesty International, da Freedom House fino al Dipartimento di Stato americano
La ‘lista nera’ comprende Arabia Saudita (principale acquirente di armi italiane con quasi 300 milioni di export autorizzato nel 2013), Brasile (56 milioni), Pakistan (28), Indonesia (27), Filippine (23), Egitto (17), Messico (14), Zambia (13), Mauritania (12), India (12), Iraq (12), Turchia (11), Venezuela (8), Colombia (6), Qatar (5), Azerbaigian (3), Israele (2), Sudafrica (2), Thailandia (2), Bangladesh (1), Cina (1), Nigeria (0,7), Guatemala (0,5), Niger (0,5), Senegal (0,2).
“Se è stato un merito dell’intero Parlamento italiano aver promosso in tempi brevi e unanimemente la ratifica di questo trattato internazionale — commenta Giorgio Beretta, analista della Rete Italiana per il Disarmo — va però evidenziato che dal 2008 le nostre Camere non stanno esaminando le Relazioni governative sulle esportazioni di sistemi militari italiani, venendo meno al fondamentale compito di controllo dell’attività dell’esecutivo in una materia che ha rilevanti implicazioni sulla politica estera e di difesa del nostro paese”
“Non va dimenticato — aggiunge Piergiulio Biatta, presidente dell’Osservatorio sulle Armi Leggere (Opal) di Brescia — che l’Italia è il principale esportatore mondiale di armi leggere che, come ha evidenziato il precedente segretario dell’Onu Kofi Annan, sono le vere armi di distruzione di massa del nostro tempo. L’entrata in vigore del Trattato internazionale deve perciò diventare l’occasione anche per il nostro Paese di definire strumenti di maggior controllo e trasparenza sulle esportazioni di queste armi: sono infatti molte le armi esportate anche dalla provincia di Brescia verso le zone di conflitto e a corpi di polizia e di pubblica sicurezza di governi autoritari e le cui violazioni dei diritti umani e civili sono tristemente note ed accertate”.
Enrico Piovesana
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
“CIRCOLI DA CHIUDERE”…ORA UN SISTEMA DI REGISTRAZIONE DELLE ADESIONI IN TEMPO REALE
Un nuovo sistema informatico per registrare in tempo reale le nuove adesioni al partito, presto i sub-commissariamenti di specifiche zone della città (si partirà da Ostia), verifiche telefoniche a tappeto su tutti gli 8 mila iscritti.
È iniziato da un mese il commissariamento del Pd romano affidato a Matteo Orfini dopo gli arresti dell’inchiesta Mafia Capitale.
Dalle prime verifiche telefoniche – circa duecento – sono emersi casi di iscritti fantasma: cittadini inconsapevoli di risultare aderenti al Pd romano, dove da 27 mila tesserati del 2009 si è arrivati agli 8 mila attuali.
«Il commissariamento sarà un lavoro lungo. La mappatura di Barca finirà a maggio: noi andremo oltre. C’è molto da scavare, ma non tutto è da buttare. C’è voglia di ripartire» dice Orfini.
La federazione romana del Pd sarà la prima in Italia a essere dotata di un sistema informatico dove i segretari di circolo – con adeguate password e pagine web riservate – dovranno segnalare ogni mese le nuove iscrizioni e i rinnovi.
Un modo per controllare e verificare anche eventuali picchi di adesioni magari in prossimità di primarie o congressi.
«Il tesseramento quest’anno è in calo perchè non ci sono congressi in vista, e dunque i signori delle tessere sono meno interessati all’investimento. I capibastone vanno stroncati: per farlo non basta bonificare il malcostume che c’è stato fino a oggi. Occorre recuperare il rapporto con le persone e con i territori: spesso abbiamo lasciato che i capicorrente fossero gli unici a mantenere una relazione con i cittadini» dice Tobia Zevi, membro dell’assemblea nazionale del Pd e candidato renziano alla segreteria romana alle ultime primarie cittadine
Ma l’operazione pulizia non si limiterà alla tracciabilità online delle iscrizioni.
Il Pd Roma ha problemi economici – oltre un milione di euro di debiti a livello di federazione senza contare le passività dei singoli circoli – ma anche i commissariamenti non sono finiti.
Si potrebbe partire da Ostia, molto citata nelle carte di Mafia Capitale, e da altre periferie problematiche: Orfini sta pensando di affidare il Pd di quel municipio a un parlamentare non romano, a garanzia del massimo di indipendenza. «Alcuni circoli saranno essere chiusi o accorpati » aggiunge Orfini.
Canta vittoria Roberto Morassut, ora deputato e in passato assessore con Veltroni: «Da quattro anni parlo di iscrizioni fantasma, ho scritto due libri per raccontare la decadenza del partito a Roma e ora la verità esce confermata. Al congresso dissi che la base associativa del Pd in quasi tutta Italia era molto compromessa, che i dati manifestavano profonde anomalie. Nel caso di Roma, serve una fase costituente per il Pd».
Morassut lancia una proposta: «Il tesseramento 2015 deve avere basi diverse, regolando la quota tessera sulla base del reddito come sempre avvenuto nei partiti democratici e nei sindacati: le adesioni devono essere libere e individuali. I fatti che emergono stanno dimostrando che il tesseramento è stato in mano a capo tribù».
Gabriele Isman
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
LOTTA A SINISTRA TRA COFFERATI E LA “DESIGNATA” DA BURLANDO, SOSTENUTA DA POLITICI LOCALI DI AREA FORZA ITALIA
Claudio Scajola e i suoi amici. Alla fine le primarie del Pd in Liguria potrebbero deciderle loro.
La santa alleanza tra burlandiani e (ex) scajoliani è ormai alla luce del sole e dei riflettori. L’appuntamento che mette il sigillo è fissato per lunedì ad Albisola.
Titolo della serata: “Un progetto con Raffaella Paita”, cioè il candidato alle primarie Pd che rappresenta la continuità con Burlando (il suo primo sponsor).
Ma a scorrere la lista degli interventi qualcuno ha fatto un salto sulla sedia: ecco Franco Orsi, prima Dc, poi Forza Italia, infine Pdl.
Un uomo di Scajola, nonchè sostenitore in passato di Luigi Grillo (entrambi arrestati nel 2014). E oggi, si scopre, grande sponsor della candidata Pd.
In Liguria, però, ormai non ci si stupisce più di niente: è qui che l’alleanza trasversale centrosinistra-centro-centrodestra è stata sdoganata ben prima che Matteo Renzi la portasse al Governo.
Così nessuno storce il naso ricordando i durissimi attacchi che appena una manciata di anni fa lo stesso Orsi lanciò contro il marito della Paita, Luigi Merlo, presidente del porto di Genova: si chiedeva “se la nomina di Merlo, avvenuta in un contesto di conflitto tra le Istituzioni liguri e al limite della legittimità istituzionale possa garantire autorevolezza”.
Acqua passata. Oggi stanno tutti dalla stessa parte.
E nessuno pare chiedersi se sia opportuno che il candidato presidente della Regione e il presidente del porto di Genova siano marito e moglie.
Nessuno chiede spiegazioni sulle intercettazioni in cui Merlo domandava sostegno elettorale per i suoi amici a un imprenditore calabrese arrestato per gli appalti post-alluvione.
Bastano poche ore per liquidare l’imbarazzo sui grandi elettori di Paita.
Orsi è soltanto l’ultimo dell’ex fronte scajoliano. Pochi giorni fa era toccato ad Alessio Saso. Quel Saso, oggi Ncd, così definito dagli stessi vertici Pd: “Oltre a essere un ex esponente di An, Saso è indagato (voto di scambio, ndr) nell’inchiesta Maglio 3 sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel ponente ligure”.
Ma il malloppo di voti portato dagli scajoliani vale bene qualche polemica.
Del resto non passa giorno senza che il Pd ligure sia toccato da qualche scandalo. Ecco il bollettino delle ultime settimane: prima è stato indagato il tesoriere del gruppo Pd in Regione Liguria, Mario Amelotti (interrogato per ore dai pm). Poi è toccato al capogruppo in Regione: Nino Miceli. L’accusa è peculato.
È ancora l’inchiesta spese pazze, ma in Liguria nessuno sembra farci caso.
Dopo che quasi mezzo consiglio regionale è stato indagato.
Dopo che due vice-presidenti della Giunta guidata da Claudio Burlando sono stati arrestati nel silenzio generale di maggioranza e opposizione (nessuno può più permettersi di scagliare la prima pietra).
Il Pd che governa la Liguria — quasi senza interruzioni — dal secondo Dopoguerra si prepara alle primarie in un clima di tensione. Di rinvii. Di resa dei conti. Di accuse. L’ultima: i tweet pro-Paita di Burlando sul sito istituzionale della Regione: “I cacciatori sono con Raffaella”, scrivono gli amanti della doppietta.
E il Governatore aggiunge: “E siamo tanti”. Ma l’esito del confronto tra Paita e Sergio Cofferati è incertissimo: se l’affluenza sarà bassa, potrebbe prevalere il nocciolo duro del partito, in maggioranza filo-Paita.
Da Roma Renzi finora ha preferito non schierarsi tra il duo Paita-Burlando — che si dichiara renziano, ma non è amato dal leader — e l’ex segretario Cgil, padre della battaglia per difendere l’articolo 18.
Del resto si sa: chi vince le primarie in pratica conquista la Regione.
Ecco il paradosso: il consenso è ai minimi storici, ma il centrodestra si è sgretolato e il Movimento Cinque Stelle pare far di tutto per non vincere, per lasciare al potere l’attuale classe dirigente.
Quell’unione di fatto tra centrosinistra e centrodestra (più curia di Genova) che in Liguria si è sempre incontrata sui nodi decisivi della politica e degli affari: dal cemento alle banche, con mezza famiglia Scajola, figure vicine al Pd e al cardinale Bagnasco che occupavano le poltrone chiave della Carige.
E chissà che non continui così.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Primarie | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
SONO CROLLATI I CONTROLLI NELLE IMPRESE
La polemica sul reintegro dei lavoratori licenziati ingiustificatamente è ancora bollente e le potenziali ripercussioni del doppio binario introdotto dal primo decreto attuativo del Jobs Act in tema di licenziamenti collettivi sono destinate a far discutere a lungo.
Ma presto verrà anche il turno della creazione di un’agenzia unica per le ispezioni del lavoro.
Tra le deleghe ricevute dal governo nell’ambito della riforma Poletti c’è infatti quella di integrare in un’unica struttura i servizi ispettivi del ministero del lavoro, dell’Inps e dell’Inail, prevedendo forme di coordinamento anche con le Asl e le Arpa.
Solo che al momento, su come sarà la nuova agenzia, c’è solo un grande punto di domanda.
In una materia, per di più, su cui la Corte dei conti ha rilevato “la perdurante inadeguatezza del complessivo sistema di controllo”, con il numero di ispezioni nelle aziende calato negli ultimi anni. E di molto.
Sono gli stessi magistrati contabili, in una relazione dello scorso ottobre, ad auspicare la nascita di un unico soggetto pubblico in cui accentrare le funzioni ispettive in materia di sicurezza e tutela dei lavoratori.
Tra le critiche mosse dalla Corte c’è quella sulla mancata creazione di una banca dati condivisa, sebbene questa fosse prevista da un protocollo di intesa siglato nel 2010 da ministero del Lavoro, Inps, Inail e Agenzia delle entrate, ovvero gli enti con responsabilità sui controlli in tema di condizioni di lavoro, contratti, sommerso e versamenti contributivi.
“Il coordinamento non è funzionato ex ante”, commenta Serena Sorrentino, membro della segreteria nazionale della Cgil.
“Come fanno a crearlo ora con una delega che prescrive in modo esplicito ‘senza nuovi oneri per lo Stato’?”. Se nelle intenzioni del governo la nascita del nuovo ente dovrebbe portare in futuro a risparmi gestionali, resta dunque da capire come ciò possa essere fatto senza investimenti.
Eppure i problemi da risolvere sono molti e vanno al di là dell’unificazione delle banche dati.
Gli ispettori di ministero, Inps e Inail dovrebbero confluire tutti nell’agenzia, ma al momento hanno trattamenti contrattuali e competenze diverse.
“Se la riforma deve essere a costo zero, questo vuol dire che ci sarà un livellamento verso il basso degli stipendi?”, si chiede Sorrentino. “Le competenze distinte presuppongono poi un piano di formazione, che richiede anch’esso fondi”.
Il problema si inserisce poi in una materia, quella delle attività ispettive, su cui la Corte dei conti ha sottolineato diverse criticità , come “una significativa e costante riduzione del numero dei controlli” negli ultimi anni.
Nel biennio 2007-2008, oggetto di una precedente relazione dei magistrati contabili, le aziende controllate dagli ispettori del lavoro del ministero sono state 393.491, mentre quelle che hanno subito verifiche da Inps e Inail sono state 272.231: il numero dei controlli totali all’anno ha superato abbondantemente i 300mila.
Un dato superiore a quello del periodo 2010-2013, in cui la quota annuale di aziende controllate si è ridotto progressivamente fino a toccare nell’ultimo anno 235.122, di cui 139.624 quelle ispezionate dal personale del ministero.
La contrazione, rispetto al dato del 2007, è di ben 106.945 unità , pari al 31,26 per cento.
“Le cause del vistoso calo dei controlli — scrive la Corte dei conti — vengono generalmente attribuite, in parte, alla lunga fase recessiva che il Paese sta attraversando, con conseguenti limitazioni anche delle risorse finanziarie disponibili per l’attività di vigilanza, in parte alle calamità naturali che nel periodo hanno colpito alcune regioni italiane e, infine, alla continua riduzione del contingente degli ispettori del lavoro e dei militari dell’Arma impiegati nel settore, nonchè del personale di vigilanza degli Istituti previdenziali e assicurativi (passati complessivamente da 5.650 unità nel 2011 a 5.406 nel 2013)”.
Il trend negativo era già finito al centro delle critiche della Cgil un anno fa, quando sette operai cinesi avevano perso la vita per l’incendio di un capannone a Prato.
In quell’occasione il segretario nazionale della Funzione pubblica della confederazione, Salvatore Chiaramonte, parlando di una riduzione dell’organico degli ispettori del 20% in quattro anni, aveva lanciato l’allarme sullo “smantellamento delle funzioni ispettive e di controllo della legalità sui luoghi di lavoro”, mettendo sotto accusa in particolare “il blocco indiscriminato del turnover che non ha preservato funzioni preziose e ha prodotto un vero e proprio disastro”.
Un problema ancora attuale, secondo il segretario della Fp-Cgil, visto che “la legge di Stabilità ha appena annullato il finanziamento con cui il governo Letta intendeva assumere 250 ispettori del lavoro”.
Secondo Sorrentino, dietro al depotenziamento delle funzioni ispettive non c’è solo la carenza di mezzi e risorse, ma ci sono anche i nuovi compiti di cui sono stati gravati gli ispettori negli ultimi anni, in particolare quelli di tipo amministrativo e legati alle conciliazioni tra lavoratori e aziende.
E su questo la nascita dell’agenzia unica rischia di non portare nulla di buono: “Per come è scritta la delega — sostiene Sorrentino — non è previsto alcun potenziamento delle ispezioni. Anzi ci sarà una compensazione interna dei costi necessari alla creazione del nuovo ente”.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Lavoro | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
IL PARTITO SALVA SOLO TRE GIORNALISTI SU QUATTORDICI
Stefano Menichini, direttore di Europa, non ha esitato: ieri ha lasciato la guida del quotidiano del Pd.
«Non potevo fare altrimenti», dice, la voce provata.
E poi spiega: «La Fondazione Eyu ha rilevato la testata ma non ha trovato finanziatori. Il giornale quindi verrà fatto per lo più da colleghi in forza all’ufficio stampa del Nazareno (già pagati dal partito) e da pochissimi di noi, forse tre su 14. Non era quello che ci aspettavamo, nell’anno del Pd di Renzi. Io poi non potevo essere uno dei tre che rimaneva in sella della vecchia Europa, non sarebbe stato etico».
La storia di Europa è anomala: il 16 novembre il Pd, attraverso la sua fondazione Eyu, decide di acquistare la testata del quotidiano che fu della Margherita per 200 mila euro.
«E noi eravamo ben contenti, convinti che tutta la redazione sarebbe potuta traghettare con la nuova proprietà », dicono i membri del comitato di redazione.
E aggiungono: «La cosa assurda è che Europa è l’unico quotidiano italiano che chiuderà in pareggio i suoi bilanci. Non ci aspettavamo una simile gestione dal Pd». Non è stato certo così per l’altro quotidiano che fa capo ai dem, l’Unità .
Con 30 milioni di debiti, il quotidiano che fu di Antonio Gramsci ha chiuso le sue pubblicazioni in agosto ed aspetta, a ore, la decisione del Tribunale per essere rilevata dalla Veneziani editore e tornare in edicola.
Anche qui si pone il problema della sorte dei 60 giornalisti della testata. «Per noi tutti e 60 devono fare parte dell’Unità che riaprirà i battenti», sostengono i membri del Cdr. E spiegano: «Chi prende la testata deve prendere anche i giornalisti che sono parte integrante della testata, come ha stabilito una sentenza della Corte di cassazione».
Alessandra Arachi
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Stampa | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
ALLA CONFERENZA DI FINE ANNO ALLUNGA I TEMPI, NON RISPONDE E INVITA SKY A CAMBIARE TITOLO
“Vedo che ora Sky fa un soprapancia, anzi no, un sottopancia con scritto ‘Renzi, il mio è il governo che ha fatto meno leggi’. Ecco, chiederei magari di cambiarlo, perchè io ho spiegato che il governo fa meno leggi perchè ce ne sono troppe, ma l’obiettivo vero è cambiare l’Italia”.
Durante la conferenza stampa di fine anno Matteo Renzi parla a profusione delle presunte riforme portate a casa e dei progetti messi in cantiere.
Ed evidentemente la sua idea di cambiamento del paese parte dai titoli di Skytg24
“Siamo il governo che ha fatto meno leggi e più riforme”, aveva spiegato qualche minuto prima.
Poco dopo uno sguardo al cellulare, dove gli segnalano il titolo poco gradito.
Il premier decide di non sorvolare: “L’ho detto, ma quel sottopancia – perchè il sovrapancia è piuttosto una nota autobiografica – porta chi accende la televisione a pensare che fare poche leggi sia un problema, non un punto di forza”.
“In gergo tecnico si chiama fascione”, si limita a sottolineare Andrea Bonini, l’inviato dell’emittente presente in sala.
Poco dopo: “Mi è arrivato un messaggino da ministro dell’Interno, con i dati sui crimini, che sono scesi del 7,7%. Ecco, questo sarebbe un buon sottopancia”.
Neanche fosse merito suo…
Più in generale, Renzi ha snobbato quasi tutte le domande non concernenti i risultati conseguiti dal governo in questi primi mesi di attività .
Particolarmente evasivo sulla vicenda della successione a Giorgio Napolitano: “Non pensate di farmi stare qui un’ora e mezza a discutere di Quirinale. Risponderò sempre allo stesso modo: troveremo un presidente insieme a tutti gli altri partiti”. Particolarmente piccate le risposte ai giornalisti che lo sollecitavano ad approfondire il tema. Così, per esempio, ha liquidato l’inviata dell’Huffingtonpost: “Non è una questione che appassiona gli italiani”.
Decide lui cosa interessa ai lettori.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Renzi | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
TUTTI POSTI IN SALVO I PASSEGGERI RIMASTI SUL TRAGHETTO, IL BILANCIO E’ DI 7 MORTI
Le operazioni di salvataggio dei passeggeri del traghetto “Norman Atlantic”, che ha preso fuoco domenica notte nel Mar Adriatico mentre era diretto ad Ancona, si sono di fatto concluse.
Il comandante, Argilio Giacomazzi, è stato l’ultimo ad abbandonare la nave, con gli uomini della Marina Militare.
Tutte le altre persone sono state trasferite e soccorse. Tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio sopravvissuti sono stati messi in salvo.
Nel frattempo è arrivata poco fa a Brindisi, con una motovedetta della Guardia costiera, la seconda salma recuperata durante il salvataggio della Norman Atlantic.
A quanto si è appreso, la vittima non è stata ancora identificata. Il corpo sarà trasportato all’ospedale Perrino di Brindisi.
Nonostante le pessime condizioni del tempo, gli elicotteri hanno trasportato passeggeri per tutta la notte di domenica e la mattinata di lunedì.
A Bari ha attraccato la nave mercantile “Spirit of Piraeus”, con i primi 49 naufraghi salvati, in gran parte cittadini turchi che si erano imbarcati in Grecia per trascorrere le vacanze di fine anno in Italia.
La motonave Cruise Europa ha portato 69 passeggeri salvati dall’incendio del traghetto Norman Atlantic al porto greco di Igoumenitsa (in precedenza si era detto a quello italiano di Ancona).
La procura di Bari, insieme a quella di Lecce, ha aperto un’inchiesta sull’incidente.
Il reato dovrebbe essere disastro colposo, ma va definita ancora la competenza territoriale. Il procuratore della Repubblica di Bari, Giuseppe Volpe e il sostituto Ettore Cardinali, stanno già ascoltando superstiti e responsabili del porto e dei soccorsi per capire se l’incidente si potesse evitare e se ci sia qualche responsabilità .
Un’inchiesta è stata aperta anche dalla procura di Brindisi. L’ipotesi di reato è naufragio colposo e omicidio colposo.
La lunga notte della Norman Atlantic è finalmente terminata, e senza che nemmeno per un attimo siano cessate le operazioni di salvataggio. Il bilancio è di sette vittime: il mare resta molto agitato, i venti sono forti.
A bordo l’incendio è praticamente domato, salvo piccoli focolai.
argomento: emergenza | Commenta »
Dicembre 29th, 2014 Riccardo Fucile
MALALA E LE SUE SORELLE: UN ANNO RICCO DI SUCCESSI PER L’UNIVERSO FEMMINILE… SCIENZIATE E ATTIVISTE, MA ANCHE ATTRICI E CANTANTI
Questo è stato anche un anno per donne.
Perchè c’è stato un premio Nobel ragazzina, perchè è stata nominata una signora al governo della “banca” più importante del mondo, perchè ci sono tante storie normali diventate eccezionali.
Per raccontare questo 2014 abbiamo cercato sui computer le foto e le biografie delle più citate dai media internazionali.
Le abbiamo commentate un paio d’ore. Eravamo in viaggio e avevamo molto tempo: è stato un bel modo di passarlo.
La lista di 10 nomi che segue è il frutto di una discussione a cui hanno partecipato alcuni adolescenti e due bambini fra cui Elisa, 11 anni.
Dovevamo stabilire chi fosse “fonte di ispirazione”, è stato illuminante parlarne con persone di età compresa fra i 10 e i 20 per le quali avere qualcuno a cui ispirarsi non è indispensabile ma è più naturale, a volte.
In premessa gli adolescenti hanno a lungo contestato la divisione fra elenchi di uomini e di donne con argomenti sensatissimi che condivido inutilmente.
Hanno detto che se parliamo di persone parliamo di persone, punto. Classifiche separate perchè, hanno chiesto. Si è deciso di tenere insieme persone italiane e del resto del mondo, perchè il mondo è uno.
Si comincia con la scienza.
Ballottaggio finale fra Monica Grady, che ha lavorato 10 anni per mandare il robottino Philae sulla cometa, e Samantha Cristoforetti ha vinto Samantha.
Al primo posto assoluto, nel 2014, a causa soprattutto del suo sorriso. Argomenti: ha una tuta bellissima, durante i collegamenti i capelli le stanno diritti in testa, si è portata nella postazione i libri di Calvino e di Rodari, compensa l’assenza di gravità con un centro di gravità permanente come quello della canzone, interiore e visibile.
Deve aver studiato tantissimo, superato chissà quali prove e non se la tira per niente
Poi arrivano l’economia e la politica.
La presidente del Fondo monetario Christine Lagarde e Janet Yellen, primo presidente donna nei 100 anni di storia della Federal Reserve, hanno perso, non ci crederete, con Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa.
Vince Nicolini perchè è più difficile stare su una minuscola isola di frontiera fra il Nord e il Sud del mondo, oggi, che in un ufficio di cristallo circondati da squali della finanza. «Ci vuole più coraggio»
Passiamo alle arti.
Jennifer Lawrence, regina dei box office, suscita fra i ragazzi meno simpatia di Emma Watson, Ermione, che carica di fama e di denari è andata, ventenne, a fare un discorso tostissimo alle Nazioni Unite sulla violenza di genere.
«E’ bella e ricca e poteva pensare a sè. Invece senti cosa ha detto e com’era emozionata: è stata brava». Mentre Taylor Swift, cantante in copertina di Time, è battuta clamorosamente nella nostra classifica da Giovanna Marini che ha il triplo dei suoi anni e aspettiamo di vedere la ragazza Taylor al traguardo degli 80. Giovanna vince perchè fa cantare i bambini che non parlano e non sentono nei suoi cori di mani bianche, magnifici.
Poi c’è Malala , perchè è piccola. «E lo vedi? Anche le persone piccole possono essere grandi ».Ci sono le ragazze rapite in Nigeria, che non sanno della campagna Bring back our girls e chissà a quali sofferenze resistono ogni minuto. Stella Ameyo Adadevoh, medico nigeriano, morta curando i malati di Ebola.
E infine una citazione di tre ragazze di provincia . Alice Rohrwacher che ha vinto a Cannes col suo film Le Meraviglie, Emma Dante che ha vinto l’Ubu con Le sorelle Macaluso, a teatro, Costanza Quatriglio, che ha girato un documentario magnifico, Con il fiato sospeso, su quel che succede nei laboratori di chimica dell’università di Catania.
Siamo già a dieci e sono rimaste fuori l’iraniana che ha vinto la medaglia Fields per la matematica, Maryam Mirzakhani, la giornalista Lydia Cacho che ha scritto il più bel libro inchiesta sul traffico di bambini in Messico, minacciata di morte.
Marzia Sabella, anche: magistrato straordinario, donna ordinaria. Ha catturato Provenzano, per dire una cosa sola. Leggete Nostro onore , il suo saggio.
Le liste sono ingiuste, tengono fuori soprattutto chi sta fuori per principio perchè ha molto da fare.
Lasciano in ombra uomini e donne che mandano avanti il mondo.
Sono solo esempi, gli esempi. Fonti di ispirazione per i nuovi pupazzi Lego disegnati da Ellen Kooijman e per la bambola Lammily progettata da Nickolay Lamm, che è un uomo e chiude questa lista di persone di sessofemminile così: ad honorem, diciamo.
Concita De Gregorio
(da “La Repubblica“)
argomento: radici e valori | Commenta »