Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
LE DEFICIENCIES DEL NORMAN ATLANTIC PRIMA DELLA PARTENZA, IL NODO DEL PONTE 5… L’ARMATORE: TUTTO IN REGOLA… AL VAGLIO TUTTE LE IPOTESI
Alle sette di sera, dopo una giornata di tentativi, il centralino della Visemar di Navigazione srl, l’armatore rovigino del traghetto in fiamme, cerca di spazzare via le polemiche con un comunicato.
“Il controllo del 19 dicembre — si legge – condotto dalle autorità portuali di Patrasso, aveva dato piena funzionalità alla nave. Era stato segnalato solo un lieve malfunzionamento alla porta-tagliafuoco n.112 subito recuperato e la nave aveva avuto l’ok per la navigazione”.
E poi: “Sono 160 le porte e le aperture tagliafuoco (che in caso di incendio dovrebbe fare da barriera e isolare le fiamme, ndr)”, come dire che se non ne funziona tanto bene una, ci sono le altre 159.
Il centralino dell’Agenzia Archibugi di Ancona, che della Norman Atlantic ha la gestione, sembra più disponibile nel fornire almeno le informazioni tecniche: “La nave sostituiva il traghetto Ellenic Spirit della compagnia greca Anek Lines, in rimessaggio. Era stata noleggiata dalla Anek Lines e il contratto sarebbe scaduto il 17 o 22 gennaio. A bordo, riferisce Archibugi, oltre ai passeggeri ci sono 128 camion, 90 auto, due autobus e una moto”.
Dopo 12 ore di angoscia — l’allarme è scattato di mattina intorno alle sei, quando la nave aveva da poco lasciato il porto di Igoumenitsa – e nella speranza che nonostante la notte, il vento a 50 nodi e il mare tra forza 6 e forza 8, i soccorsi riescano a portare in salvo i circa trecento passeggeri superstiti e “sospesi” sul ponte n.7 della nave circondata dalla fiamme, occorre cominciare a farsi delle domande.
A cercare i perchè di una tragedia il cui sito mentre scriviamo non è ancora scritto. Ecco che i due indirizzi di cui sopra – l’armatore Visemar di navigazione e l’operatore, l’agenzia Archibugi di Ancora — sono i primi dove andare a cercare risposte. Ma forse non gli unici.
È presto per fare ipotesi sulla cause dell’incendio che ha fatto impazzire come una palla di fuoco, legno e acciaio nel basso Adriatico.
Più probabile la causa accidentale: un incendio, dicono le prime confuse testimonianze, si sarebbe sprigionato nella zona garage dove era custodito anche un camion con un carico di olio che ha fatto da moltiplicatore alle fiamme.
Niente o nessuno, almeno fino a questo momento, può però escludere la matrice dolosa dell’incendio. Bisognerà poter salire a bordo e cercare tra quel poco che è rimasto per avere qualche indizio in più.
Conviene, al momento, restare alle cose certe.
Tra queste c’è certamente le vita tormentata di questo traghetto varato nel 2009, quindi relativamente giovane, a Rovigo dove c’è una buona tradizione cantieristica e di cui la Visemar di navigazione srl è uno dei fiori all’occhiello.
La scheda nel registro navale riporta che il Norman Atlantic, lungo 186 metri per una stazza lorda di 26.904 tonnellate e una stazza netta di 7800 tonnellate, ha una portata massima di 880 passeggeri. Ieri mattina, per fortuna, nel porto di Igoumenitsa ne ha caricati la metà .
Una vita breve ma tormentata.
In soli cinque anni la nave ha cambiato nome tre volte: Akeman Street alla nascita, poi Scintu e dal gennaio 2013 Norman Atlantic.
Se il proprietario, e quindi il responsabile di funzionalità e manutenzione, è sempre la Visemar, numerosi sono stati in questi anni gli affittuari. La nave infatti è stata noleggiata alla società T-Link, a Siremar, a Gnv e a Moby, poi LD Lines e più di recente a Caronte and Tourist.
Una nave, comunque, che ha sempre navigato e quindi sottoposta a continui controlli e ispezioni.
Come quello del 19 dicembre, nel porto di Patrasso.
Il sito dell’organizzazione internazionale Paris Mou, che ha eseguito i controlli, spiega che in quella ispezione sono state rilevate “sei carenze” (deficiencies) tali però da non portare al fermo della nave che infatti aveva ottenuto il delivered alla navigazione.
Tra le deficiencies, si segnalano “alcuni problemi alle strumentazioni dei sistemi di emergenza, luci e altro”; qualche “mancanza nella documentazione” e infine le “fire doors/openings in fire-resisting divisions” risultavano “malfunzionanti”.
Nulla però, a quanto pare, che ne abbia compromesso la navigazione.
Semmai la raccomandazione di mettersi in regola. Del resto, a giugno 2014, il Norman Atlantic aveva avuto il tagliando del RINA, il registro navale italiano.che offre servizi di classificazione navale, certificazione, verifica di conformità , ispezione e testing.
Il certificato di classe e il certificato sicurezza passeggeri sono stati rinnovati nel luglio 2014 motivo per cui la nave poteva navigare “senza prescrizioni a carico”.
Tra certificati e test sicurezza, è comunque accaduto quello che è accaduto.
Il comunicato serale dell’armatore cerca di rimettere in fila le scarse notizie della giornata sotto il profilo delle cause.
E insiste sul fatto che “la porta tagliafuoco n.112 era stata sistemata proprio per soddisfare gli organi ispettivi competenti”.
Non sfugge però che la porta n.112 sia proprio quella che divide il ponte numero 5 della nave, dove si sono sprigionate le fiamme.
Un militare della Marina che coordina i soccorsi fa notare che “se il sistema delle porte tagliafuoco non avesse funzionato nel suo complesso, dopo 16 ore di inferno di quella nave sarebbe rimasto poco più dello scheletro”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
LA COMPAGNA DI GIACOMAZZI: “IMPOSSIBILE CONTATTARLO, MA E’ UNO CHE SA IL FATTO SUO”
«Non lo sento da ieri. Ho provato a contattarlo da stamattina. Ma non c’è campo. Impossibile telefonare. Certo, siamo in ansia: con mia figlia siamo qui, davanti al televisore, attendiamo notizie. Come chiunque altro. Nessuno ci ha chiamati sinora. Sì, questa è la prima telefonata che ricevo sinora».
Un filo di voce dalla casa di La Spezia, però sicuro e grintoso.
La signora Paola è la moglie di Argilio Giacomazzi, 62 anni, il comandante della Norman Atlantic, la nave traghetto italiana in balìa delle onde nell’Adriatico, tra l’Albania e la Puglia.
È lui che in qualche modo, raccordandosi con la Guardia Costiera e la Marina militare, sta coordinando le difficilissime operazioni di soccorso.
«Da 40 anni per mare»
La signora Paola – una figlia, Giulia – racconta di «non avere alcun dubbio che mio marito stia bene operando. È un uomo votato al lavoro, serio. È per mare da quando aveva 21 anni, poi su e giù per gli oceani, acque del circolo polare artico comprese.
Si è già trovato in situazioni d’emergenza. Però dalla parte dei soccorritori.
Fu lui a trainare una nave in difficoltà e a rimorchiarla in porto. Dove? Non lo ricordo. In questo momento sono frastornata…».
Un respiro lungo. E poi la signora Giacomazzi riprende. «No, non mi ha contattato nessuno. Argilio avrei dovuto sentirlo domani (martedì, ndr) al suo arrivo a Pescara. Ho saputo di quel che stava accadendo in Adriatico grazie a un vicino. Ha bussato lui a casa, mi ha detto se sapevo cosa stesse succedendo. Figurarsi… La società armatrice? Sì certo, li ho chiamati. Ma anche loro sono in attesa di notizie. Quel che conta è che tutto si risolva per il meglio…».
«Amò, amò, mi hanno salvato con l’elicottero»
Intanto è il quotidiano online di Procida il dispari quotidiano.it a raccontare altre testimonianze provenienti dall’equipaggio.
Tre dei ventidue componenti sono infatti dell’isola.
Si tratta di Luigi Iovine, 45 anni, I° ufficiale di Coperta, Gianluca Assante, 39 anni, I° ufficiale di Macchine, e Christian Manfredi, 27 anni II° Ufficiale di Coperta.
A casa Assante è la moglie Lidia a raccontare la testimonianza del marito.
Una telefonata nel primo pomeriggio spazza via l’ansia. «Amò, Amò, mi hanno salvato con l’elicottero – sono le parole concitate del marinaio -. Sto bene, non so dove mi portano, ma vi voglio rassicurare».
«Mio marito ed io — è il racconto della donna al quotidiano — ci sentivamo molto spesso su skype, e — avvicinandosi allo schermo del pc — per la precisione ci siamo sentiti ieri all’una. Mi avrebbe ricontattata nel prossimo porto».
Poi le notizie drammatiche dell’incendio, la nave in avaria. Assante sulle prime era stato dato per disperso. Non era così, per fortuna.
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
E IL PROCURATORE CAPO DI FIRENZE E’ DIVENTATO CONSULENTE DI PALAZZO VECCHIO
La Corte dei conti porterà a termine il processo a carico del premier per presunto danno erariale negli anni in cui era presidente della Provincia di Firenze.
Il tribunale contabile ha infatti respinto tutte le eccezioni presentate dal legale di Matteo Renzi, Alberto Bianchi, che aveva in particolare chiesto di archiviare la posizione dell’oggi premier in quanto “non c’erano domande della procura nei suoi confronti”.
Ed è vero che la magistratura ordinaria, seppure da presidente della Provincia Renzi sia stato un precursore delle spese pazze (la Corte dei Conti aprì un fascicolo contestando inizialmente 20 milioni di euro complessivi) non ha mai riscontrato alcun reato.
Il procuratore capo, Giuseppe Quattrocchi, è andato in pensione nel 2014 e da pochi mesi è diventato consulente di Palazzo Vecchio.
Per la Corte dei conti, invece, Renzi deve rispondere di danno erariale insieme ad altri sette imputati.
Tra le accuse la nomina a direttore generale di quattro direttori centrali dell’ente.
La prossima udienza è fissata per il 15 luglio 2015.
Il legale del premier, Alberto Bianchi, è tesoriere della fondazione Open che fa capo a Renzi ed è stato nominato nel cda di Enel dall’esecutivo guidato dal suo assistito.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
SU 170.000 PROFUGHI ACCOLTI IN ITALIA NE SONO RIMASTI SOLO 62.000… LA RICHIESTA DI ASILO DOVREBBE ESSERE FATTA NEI PAESI DI TRANSITO
Triton non va. «Era meglio Mare Nostrum». Così come non funziona la risposta a chi – almeno centomila quest’anno – ha chiesto rifugio ai Paesi dell’Unione Europea. «L’accoglienza va fatta prima che i profughi si imbarchino».
Soprattutto se è vero che l’anno prossimo il flusso dei disperati – dalla Siria, ma anche dall’Iraq e dall’Africa subsahariana – aumenterà .
È questo il pensiero di agenzie e associazioni che si occupano di profughi e migranti al termine di un anno vissuto pericolosamente.
In un pezzo di mondo – il Mar Mediterraneo – che non è soltanto la frontiera dell’Europa, ma anche «la più pericolosa al mondo», come sintetizza la Comunità di Sant’Egidio.
«Nel 2014 hanno attraversato il Mediterraneo 208 mila persone: di queste 170 mila sono approdate in Italia», calcola Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati.
«Numeri che confermano che alcune crisi internazionali si sono aggravate. Siamo ormai al quinto anno della crisi siriana e l’ascesa dello Stato islamico costringe sempre più persone a salire in barca e tentare di arrivare in Europa. Non partono solo i siriani, ma da qualche mese anche gli iracheni».
L’anno prossimo, secondo l’Unhcr, la situazione non dovrebbe migliorare.
«Temiamo che il flusso aumenti, soprattutto dalla Siria», spiega Sami. «Ci sono 9 milioni di persone in fuga e gli Stati che li accolgono – Libano, Giordania, Turchia – sono quasi al limite».
«Ma da qualche settimana anche la Libia è un problema che dobbiamo affrontare sul serio», aggiunge Daniela Pompei, responsabile per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio.
Che ci tiene a ricordare: «La maggior parte delle 170 mila persone arrivate in Italia ha diritto a chiedere asilo: di queste, poi, qui ne sono rimaste 62 mila».
«A Milano quest’anno ne sono transitati 50 mila – calcola Carlotta Sami –: solo una quarantina ha chiesto asilo politico qui. Gli altri hanno preferito il Nord Europa».
C’è un punto, però, concordano tutti, su cui bisogna intervenire: le operazioni in mare. «C’è stata una polemica inutile secondo la quale la missione italiana Mare Nostrum incentivava l’arrivo dei migranti», ricorda la portavoce dell’Unhcr.
«Ma i dati di novembre, in piena fase Triton, smentiscono questa diceria».
All’Alto commissariato Onu Triton non piace. «I mezzi sono più piccoli, la missione si occupa del pattugliamento e non del salvataggio. Temiamo un maggior numero di vittime».
«Mare Nostrum era stata pensata per salvare vite, Triton no», sintetizza Daniela Pompei. «Speriamo che l’Ue torni sui suoi passi e riporti in vita la nostra operazione. Per questo la Marina militare italiana fa benissimo ad andare oltre il limite delle 30 miglia».
Che fare quindi? L’Unhcr propone di «avviare un piano europeo che permetta a chi scappa dalla guerra di arrivare da noi in sicurezza».
L’altra tappa è quella di prevedere «piani di carico e scarico» dei richiedenti asilo tra i Paesi europei, in modo da ridistribuirli: «Ci sono Stati che non ne accolgono nemmeno uno», dice Carlotta Sami.
«Ma prima va cambiata la legge comunitaria che regola le richieste dei profughi», precisa la responsabile per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio.
«Chi mette piede a Lampedusa o in Sicilia mette piede in Europa, non solo in Italia. Pensiamo poi anche a un nuovo modo di ingresso nell’Unione Europea: le persone dovrebbero chiedere asilo già nei Paesi in cui transitano, come Marocco ed Etiopia».
Un modo, questo, che dovrebbe evitare la traversata in barcone e, soprattutto, «di finire nelle mani dei trafficanti di uomini».
Leonard Berberi
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
FALLISCE IL PIANO EUROPEO, GLI SBARCHI NON SI FERMANO SPERANDO IPOCRITAMENTE CHE GLI ESSERI UMANI AFFOGHINO PRIMA DELLE 30 MIGLIA… E LA MARINA ONORA L’ITALIA ANDANDO A SOCCORRERLI ANCHE A 120 MIGLIA DALLE NOSTRE COSTE, COME IMPONE LA LEGGE DEL MARE NON QUELLA DEI BOIA
Doveva essere la soluzione per fermare gli sbarchi, soprattutto per scoraggiare le partenze dall’Africa ed evitare nuove tragedie in mare.
Invece l’operazione Triton non ha dato, almeno per ora, i risultati sperati.
In due mesi, da quando è partita la missione pianificata con l’Ue dopo il naufragio davanti all’isola di Lampedusa che causò centinaia di vittime, sono approdati sulle nostre coste oltre 16.000 migranti, una media di 8.000 al mese.
E dunque l’andamento dei flussi è rimasto in linea con quanto accadeva prima che si decidesse di avviare i pattugliamenti impiegando mezzi e uomini in accordo con gli altri Stati membri.
I dati aggiornati a ieri mattina sono eloquenti: dal 1° gennaio al 27 dicembre sono arrivati 169.215 stranieri, di cui 120.150 in Sicilia. Quelli sbarcati fino al 31 ottobre, alla vigilia dell’entrata in vigore di Triton, erano 153.389.
E tanto basta per scatenare la polemica, con i tecnici dell’Immigrazione del Viminale che accusano la Marina militare di non aver mai interrotto il soccorso avanzato, di fatto lasciando in piedi Mare Nostrum e così vanificando quanto è stato deciso a Bruxelles e poi messo in atto dal nostro governo
Lo schieramento a 30 miglia
Il piano messo a punto nei mesi scorsi in sede Frontex prevedeva una linea di sbarramento sistemata a 30 miglia dalla Sicilia.
Per effettuare i controlli è stato previsto l’impiego di 25 mezzi navali e 9 mezzi aerei, a guidare sono gli italiani dal Centro di coordinamento aeronavale della Guardia di Finanza a Pratica di Mare, dove sono presenti anche gli ufficiali degli altri Paesi e quelli di Frontex.
L’accordo prevede che Malta si preoccupi esclusivamente dei migranti soccorsi o individuati all’interno delle proprie acque.
Il resto riguarda l’Italia, che deve occuparsi sia degli irregolari, sia dei richiedenti asilo anche se l’individuazione è stata effettuata da un mezzo straniero.
Sono invece vietati i respingimenti: i migranti dovranno essere sempre portati a terra per individuare chi ha diritto allo status di rifugiato.
Il progetto, studiato dagli specialisti della Direzione immigrazione del Viminale e approvato anche a livello politico dall’Unione, è comunque un’operazione di polizia varata per contrastare i flussi illegali e dunque i mezzi messi a disposizione possono partecipare all’attività di soccorso soltanto in casi di massima emergenza.
Il recupero in mare rimane invece affidato alla Guardia costiera che naturalmente può chiedere rinforzi per fare fronte a situazioni di pericolo.
Le tre navi in linea avanzata
In realtà , nonostante l’impegno del governo a chiudere «Mare Nostrum» entro la fine dell’anno, nel Mediterraneo sono ancora operative tre navi della Marina militare che si occupano proprio dei soccorsi.
Operazione naturalmente meritoria, che consente di salvare moltissime vite. Il problema rimane però quello del coordinamento perchè i mezzi si muovono in linea avanzata e questo, secondo i tecnici del Viminale, rischia di vanificare l’attività svolta da Frontex.
In ambienti della Difesa si fa però notare che la Marina si limita a svolgere i compiti assegnati «anche perchè sarebbe impensabile, vista la grave situazione che persiste in Nordafrica, che queste persone venissero lasciate senza aiuto».
E si ricorda come «il governo ha autorizzato fino al 31 dicembre l’operazione di sicurezza e sorveglianza dei nostri mari, dunque le navi possono spingersi più avanti in caso di richiesta d’aiuto e poi far sbarcare i migranti nei porti autorizzati dal ministero dell’Interno».
La relazione dei tecnici
Nei giorni scorsi i vertici del Dipartimento immigrazione hanno elencato al ministro dell’Interno Angelino Alfano le difficoltà operative e hanno evidenziato proprio i problemi nati nel coordinamento con la Marina e in particolare l’impossibilità di effettuare i pattugliamenti vista la scelta di lasciare le navi in posizione così avanzata. In sostanza i tecnici del Viminale ritengono che con questi «assetti» Frontex potrebbe non avere l’effetto deterrente che si voleva ottenere quando si è deciso di varare l’operazione di pattugliamento e soprattutto che il numero dei migranti in arrivo sulle nostre coste rischia di aumentare con la bella stagione.
Il problema posto a livello tecnico riguarda anche i costi.
L’Europa mette a disposizione 2 milioni e 900 mila euro mensili che coprono il 100 per cento delle spese sostenute dagli Stati stranieri e il 38 per cento di quelle affrontate dall’Italia che ha in più l’onere di occuparsi delle proprie frontiere: per i mezzi navali ci vogliono dai 550 ai 1.000 euro all’ora, 3.500 per gli aerei.
L’impegno di Bruxelles è legato anche ai risultati raggiunti e il timore dei tecnici è che – a fronte di un bilancio non pienamente soddisfacente – si decida di sospendere l’intervento.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere dela Sera”)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
IL NUOVO LIBRO DI GIULIANO LA PROSTATA
Nei giorni di Natale e Santo Stefano, un po’ in tutta Italia, dinanzi alle librerie chiuse per ferie, si notavano scene piuttosto insolite per questi tempi di crisi.
Un fenomeno che non si registrava dall’uscita dell’ultimo nato della saga di Harry Potter: folle di lettori in astinenza accalcati dinanzi alle vetrine sbarrate ne reclamavano l’apertura il dì di festa, smaniosi di accaparrarsi l’annunciato best-seller di Giuliano Ferrara su Matteo Renzi.
In certi luoghi, a causa delle intemperanze della massa sgomitante, è dovuta intervenire la forza pubblica con gli idranti e gli sfollagente.
In altri è stato sufficiente l’arrivo di un commesso per disperdere i fans dell’Elefantino e convincerli a ripresentarsi ai primi di gennaio, quando finalmente l’appetitoso best-seller sarà sugli scaffali.
Certo, ogni giorno che passa cresce febbrile l’attesa per quello che si annuncia come l’appuntamento letterario dell’anno, anzi del decennio, complice il comunicato che l’editore Rizzoli ha diramato con anticipo forse eccessivo: “Il decano dei giornalisti scomodi per la prima volta in libreria. Una requisitoria pubblica e una confessione privata che farà discutere tutti, irritare molti. Un ritratto folgorante dell’uomo che sta rivoluzionando l’Italia, il vero erede del cavaliere che fu”.
La “requisitoria”, a dispetto dell’apparenza di arringa, s’annuncia feroce quant’altre mai fin dal titolo: The Royal Baby.
E il “decano dei giornalisti scomodi”, per chi non lo sapesse, è Giuliano La Prostata: uno che, quando gli scappa, gli scappa.
Non c’è potente d’Italia — ma che dico d’Italia, mi voglio rovinare: d’Europa, del mondo, della galassia — che non abbia assaggiato la sua penna corrosiva, urticante, intinta nel vetriolo.
“Mi piacerebbe — annuncia il noto fustigatore, per metterci l’acquolina in bocca — che la finissero di attribuirsi premi e prestigio, i soliti noti che pullulano nelle pieghe dell’immobilismo italiano. Bisogna togliergli l’Italia, dice Matteo Renzi.
Ha ragione, mi dico”. E giù botte da orbi ai “gufi e rosiconi” che si frappongono alle magnifiche sorti e progressive del renzusconismo trionfante.
“Come un abile delfino del Cavaliere — aggiunge Ferrara, scomodo come non mai — Renzi sta trasformando la lingua e la politica di un’Italia che fatica a tenergli il passo”. Ecco: soprattutto la lingua, soprattutto quella di Ferrara, che non risponde più ai comandi, vive di vita propria e lecca a doppio pennello: le son cresciute pure le extension.
“Volete che un vecchio e intemerato berlusconiano pop come me non s’innamori del boy scout della provvidenza?”. Ma no che non vogliamo: alla lingua non si comanda. Tantopiù che “il catalogo dei suoi avversari (del Royal Baby, ndr) inizia ad assomigliare in modo impressionante a quello di Berlusconi: i poteri forti e i salotti buoni, Confindustria e i sindacati, l’Europa e i manettari”.
Chi ricorda le nozze dell’amico Carrai con Matteo testimone sa bene che i poteri forti sono tutti contro.
Chi raffronta il Jobs Act col documento di Confindustria sul lavoro (identici) ben comprende che pure Squinzi rema contro.
Un assedio. Si sentiva il bisogno di quella che Rizzoli definisce “provocazione all’establishment nostrano”, a cui La Prostata aggiunge “il suo stile inimitabile”.
Ergo “largo ai giovani e bando ai tromboni”. Pancia in dentro e petto in fuori.
È Matteo che traccia il solco, ma è Ferrara che lo difende.
Però in modo scomodo. Per informazioni rivolgersi ai precedenti oggetti degli innamoramenti ferrariani: Pci, Craxi, Berlusconi, Previti, Squillante, D’Alema (con Bicamerale incorporata), Dell’Utri, Blair, Bush jr., Sarah Palin, Rutelli, Michela Vittoria Brambilla, Veltroni, Fini, Monti, Letta jr.
Tutti venuti prematuramente a mancare all’affetto dei propri cari.
In questo consiste la scomodità di Giuliano La Prostata: appena ti bacia, sei morto.
Più che Royal Baby, pare il sequel di Rosemary’s Baby.
Ci sia dunque permesso un estremo appello alla Rizzoli: fermate le rotative. Per quanti errori abbia commesso, Renzi non merita questo.
È ancora così giovane.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
Ore 11.15 – Marina Militare: 263 a bordo
#UltimOra aggiornamento h11.15 soccorso #NormanAtlantic Recuperate 263 persone, 115 ancora a bordo. Nave De La Penne attiva con eli di bordo – Marina Militare (@ItalianNavy) 29 Dicembre 2014
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI 10 ANNI IL COSTO E’ AUMENTATO DEL 79,5% E DEL 70%… CODACONS: “STANGATA DA 324 EURO A FAMIGLIA”
Tra acqua a rifiuti l’Italia batte tutti con incrementi nelle tariffe pubbliche del 79,5 e del 70% negli ultimi 10 anni.
Va appena meglio a livello generale dove – tra il 2010 e il 2014, l’incremento medio è stato “solo” del 19,1% , come in Irlanda, mentre il primato spetta alla Spagna con aumenti del 23,7%.
Tra i grandi Paesi d’Europa, invece, la Francia ha registrato un rincaro medio del 12,9%, mentre la Germania ha segnato un ritocco al rialzo dei prezzi solo del 4,2%.
L’area dell’euro ha subito un incremento dei prezzi amministrati dell’11,8%: oltre 7 punti percentuali in meno che da noi.
I calcoli sono stati effettuati dall’Ufficio studi della Cgia che, oltre a eseguire una comparazione tra l’andamento delle tariffe amministrate nei principali paesi d’Europa, ha analizzato anche il trend registrato tra il 2004 e i primi 11 mesi del 2014 delle tariffe dei principali servizi pubblici presenti nel nostro Paese.
Tra gli incrementi più significi – come detto – quello della tassa sui rifiuti è stato di oltre il 70% così come per l’acqua (79,5%).
Negli ultimi 10 anni, quindi, a fronte di un incremento dell’inflazione che in Italia è stato del 20,5%, l’acqua è aumentata del 79,5%, i rifiuti del 70,8%, l’energia elettrica del 48,2%, i pedaggi autostradali del 46,5%, i trasporti ferroviari del 46,3%, il gas del 42,9%, i trasporti urbani del 41,6%, il servizio taxi del 31,6% e i servizi postali del 27,9%.
Tra tutte le voci analizzate, solo i servizi telefonici hanno subito un decremento: -15,8%.
“Nel nostro Paese – sottolinea il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – i rincari maggiori hanno interessato le tariffe locali. Se per quanto concerne l’acqua i prezzi praticati rimangono ancora adesso tra i più contenuti d’Europa, gli aumenti registrati dai rifiuti sono del tutto ingiustificabili. A causa della crisi economica, negli ultimi 7 anni c’è stata una vera e propria caduta verticale dei consumi delle famiglie e delle imprese: conseguentemente è diminuita anche la quantità di rifiuti prodotta. Pertanto, con meno spazzatura da raccogliere e da smaltire, le tariffe dovevano scendere, invece, sono inspiegabilmente aumentate. Si pensi che nell’ultimo anno, a seguito del passaggio dalla Tares alla Tari, gli italiani hanno pagato addirittura il 12,2 per cento in più, contro una inflazione che è aumentata solo dello 0,3 per cento”.
Per quanto riguarda il gas il segretario della Cgia sottolinea come sugli aumenti abbiano influito “il costo della materia prima e del tasso di cambio”, mentre sull’energia elettrica ha pesato “l’andamento delle quotazioni petrolifere e dell’aumento degli oneri generali di sistema, in particolare per la copertura degli schemi di incentivazione delle fonti rinnovabili”.
Va ancora peggio per il Codacons secondo cui “le famiglie italiane si lasciano alle spalle, nel 2014, una stangata da 324 euro a causa dell’aumento delle tariffe nazionali e locali”.
(da Agenzie)
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Dicembre 28th, 2014 Riccardo Fucile
IL 9,19% DEL TOTALE DEGLI INCIDENTI DELL’ANNO
Vi è una perdurante distrazione nei confronti del dato, non sufficientemente pubblicizzato, del lavoro di minori sotto i 14 anni.
Secondo i dati Inail, nel 2013, 63.828 minori di 14 anni hanno subito un infortunio sul lavoro, il 9.19% di tutti gli infortuni di quell’anno: un numero pressochè stabile nell’ultimo triennio (ma aumentato rispetto al 2009), a fronte di una diminuzione in tutte le altre fasce di età .
Si tratta della punta di un iceberg, dato che questi bambini non avrebbero dovuto neppure lavorare, a norma di legge.
Piccole vittime di una guerra di sopravvivenza quotidiana. Ce ne saranno stati molti di più che hanno lavorato e lavorano senza subire infortuni o, peggio, senza che il loro infortunio sul lavoro sia stato denunciato come tale.
Bambini e ragazzi che non solo non hanno risorse adeguate per una crescita rispettosa dei loro bisogni, ma devono farsi carico precocemente della responsabilità di procacciare un reddito qualsiasi per la propria famiglia.
A fronte dell’aumento della povertà – dei minori, ma anche degli adulti – la legge di Stabilità sembra aver accantonato del tutto il progetto di messa a regime e ridefinizione della nuova social card, attualmente sperimentata in 12 grandi comuni e destinata a famiglie in condizione di povertà grave (3000 euro di Isee) con almeno un figlio minore e tantomeno l’introduzione di una vera misura di sostegno al reddito di chi si trova in povertà , a prescindere che abbia figli minori e dalla sua storia lavorativa.
Si è invece preferito, da un lato, aumentare di un poco il finanziamento della vecchia social card da 40 euro mensili, quella destinata agli anziani ultrasessantacinquenni e, di nuovo, ai bambini sotto i tre anni, dall’altro istituire un nuovo fondo di 45 milioni di euro per «buoni per l’acquisto di beni e servizi a favore dei nuclei familiari con un numero di figli minori pari o superiore a quattro in possesso di una situazione economica corrispondente a un valore dell’Isee… non superiore a 8.500 euro annui». Non è chiaro, peraltro, se si tratti di una nuova social card categoriale e chi e come l’amministrerà .
Proprio quando sarebbe necessario razionalizzare le risorse per renderne più efficiente ed efficace l’uso, nel settore del contrasto alla povertà si continua con la politica dei frammenti incomunicanti, nonostante la retorica delle riforme e dell’innovazione.
Chiara Saraceno
(da “La Repubblica“)
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