Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
PRESENTERA’ IL SUO NUOVO SPETTACOLO “RABDOMANTE”… DIETRO LA NOMINA DEL DIRETTIVO, L’ESIGENZA DEL COMICO DI TORNARE SUL PALCOSCENICO
Solo qualche giorno fa Beppe Grillo, nel proporre alla rete il nuovo direttorio, si definiva “un po stanchino”
Ma nel passaggio di testimone deve aver avuto un certo peso la futura agenda lavorativa del leader stellato.
Già , perchè Grillo ha deciso di svestire, almeno per una considerevole manciata di mesi, i panni del ruolo di garante della seconda forza politica italiana, per rivestire quelli di mattatore da palcoscenico.
“Da noi questa storia dei leader che danno ordini non esiste. E se c’è qualche dissidente ben venga, io sono rabdomante”. Spiegava così la sua funzione nel Movimento dal palco di Italia 5 stelle non più di qualche settimana fa.
“Rabdomante” si chiamerà il nuovo show, e verrà portato nei teatri di tutto il mondo.
Del progetto si parla da tempo, e da tempo i comunicatori stellati sono impegnati a smentirlo.
E tutt’ora sulla questione aleggia un’impenetrabile cortina fumogena.
Ma è il mercato (bellezza) a svelare i futuri progetti del “megafono” del M5s.
Perchè sui siti internazionali è iniziata la prevendita dei biglietti dello show, le cui prime date sono previste in primavera.
Una scaletta completa ancora non esiste.
Ma alcune date sono già state fissate.
Il 13 marzo Grillo sarà per la prima volta negli Stati Uniti, al Town Hall di New York, per uno spettacolo dedicato ai connazionali che vivono oltreoceano, data la lingua (l’italiano) in cui è previsto che parli.
La prima tappa europea conosciuta è a Londra, nove giorni dopo – il 22 marzo – quando calcherà il palco dell’O2 Shepherd’s Bush Empire.
Quindi si sposterà in Germania: il 27 a Colonia, il 29 a Fellbach, il 14 aprile a Colonia. Nel tour sono previste sicuramente alcune date anche in Francia e, naturalmente, in Italia.
Theticketfactory, sito di prevendita internazionale, presenta lo show con queste parole:
“Rabdomante” è il titolo del nuovo spettacolo di Beppe Grillo dedicato al Nuovo Mondo a colori che ci aspetta. Rabdomante e’ colui che cerca. Che coglie i segnali del cambiamento e li anticipa. Tutto quello che sta già accadendo ora ci sta portando nel futuro. Dalla robotica, alla genetica, alla politica, tutto sta cambiando e noi ci siamo dentro. Rabdomante lo racconta in anteprima. Una boccata di ossigeno e di ottimismo.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
LA CRISI DELLA VITA DI BASE DEL PARTITO HA SPINTO I PIU’ INTRAPRENDENTI A CREARSI RETI AUTONOME
Cosa c’è alla radice della cupola corruttiva della capitale? Il debordare di una libidine di ricchezza e potere? Il diffondersi dell’irrilevanza e menefreghismo per le regole? La convinzione che così fan tutti e nessuno paga pegno?
Tutto questo, ovviamente. Ma si possono individuare anche altre cause.
Cause indirette, che rimandano alla politica e ai partiti.
L’assunto da cui partire è che “la politica costa”. Anzi, costa sempre di più.
Non a caso i bilanci ufficiali dei partiti sono aumentati costantemente e, a partire dai primi anni Duemila, le loro entrate sono più che raddoppiate.
E qui si parla soltanto di soldi contabilizzati nero su bianco nei libri mastri dei partiti. L’incremento delle entrate grazie ad un sistema di finanziamento pubblico generosissimo e senza controlli rispondeva alla necessità da parte dei partiti non tanto di mantenere “gli apparati”, morti e sepolti da tempo, quanto di sostenere i costi della politica d’oggi, fondata sulle consulenze dei professionisti del marketing, della comunicazione, del sondaggio, e della pubblicità .
Comprare sul mercato i migliori specialisti di ogni ramo costa, e tanto.
Di conseguenza i partiti si sono rivolti allo stato per attingere le risorse finanziarie necessarie, garantendosi, fino alla riforma del 2012, introiti statali sempre più consistenti.
Questo perchè, ufficialmente, le altre entrate nelle loro casse erano scese a livelli risibili.
Nell’ultimo decennio la voce tesseramento nei bilanci è andata quasi scomparendo: in nessun partito le quote degli iscritti fornivano più del 3-4% dei proventi complessivi (con l’eccezione dei Ds e del Pd nei quali l’importo delle tessere rimane a livello locale e non viene riportato nel bilanci del partito nazionale).
Questa torsione stato-centrica delle organizzazioni partitiche ha indebolito le strutture periferiche dei partiti. Ha impoverito il partito nel territorio.
Tutta l’attività politica si svolge al centro, dove si acquisiscono e si gestiscono le risorse sia finanziarie che strutturali.
Quindi chi vuole fare carriera – cioè essere eletto alle cariche pubbliche perchè quelle interne a livello locale non contano più nulla – necessita di risorse alternative, esterne alla struttura partitica.
L’isterilimento della vita di base e collettiva del partito ha spinto i più intraprendenti a crearsi reti autonome ed esterne. In una logica del tutto individualista, da free rider – e il caso di Matteo Renzi insegna – , il vettore del successo sta nella costruzione di una èquipe composta da esperti, fund raiser , facilitatori di relazioni con gruppi di pressione e di interesse, comunicatori, sondaggisti e quant’altro.
È disponendo individualmente di queste risorse, non gestite dall’organizzazione partitica, che si fa carriera. In fondo anche le primarie assecondano questa impostazione.
Prive di una regola standard nazionale, le primarie per le cariche pubbliche locali sono un moltiplicatore di costi e comportano il rischio di rapporti incauti e disinvolti con gruppi e persone. In una logica di competizione “individuale” – com’era al tempo delle preferenze – l’inquinamento di affaristi e maneggioni è un rischio concreto.
L’intreccio di corruzione e affarismo criminale che investe la capitale ha radici in questi mutamenti della politica, dell’organizzazione dei partiti, e della loro relazione con lo stato e il territorio.
La professionalizzazione della vita politica con conseguente necessità di acquisizione di maggiori risorse pubbliche, il deperimento di legami collettivi forti – quelli che sono alla base di un “vero” partito e non di una qualunque associazione volontaria – e la crescente individualizzazione dell’agire in politica, abbassano le soglie di protezione rispetto ai rapporti pericolosi.
Il filtro di partiti radicati sul territorio, attenti ad intrecci sospetti e a figure ambigue, e di nuovo proiettati al “bene comune” più che all’acquisizione di risorse è venuto a mancare, in una logica tutta proiettata alla comunicazione, al virtuale e all’accentramento nazionale.
Il primo baluardo al dilagare della corruzione, che a Roma sembra non aver trovato resistenza altro che nel sindaco Marino, passa per la ricostruzione di una presenza attiva e disinteressata nel territorio.
E poi, di fronte alla voracità dei politici e ai costi iperbolici per cene sfarzose, consulenze d’oro e regalie varie, conta soprattutto un cambio di passo: uno stile politico più parsimonioso e trasparente da parte di tutti gli amministratori della cosa pubblica, al centro come in periferia.
Piero Ignazi
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
LA STORIA DEL RE DELLE COOP INIZIA CON 34 COLTELLATE CON CUI AMMAZZO’ UN COMPLICE… LA LAUREA IN CELLA, LA REDENZIONE, L’ASCESA
I capelli erano più ricci, molto folti. Il volto dietro le braccia con le manette strette ai polsi.
Il bancario truffatore, ch’era impiegato nel centro di Roma, aveva appena confessato: il complice Giovanni Gargano, un pregiudicato ventenne, lo ricattava.
E così l’aveva ammazzato con 34 coltellate.
Era il 26 giugno 1980. L’assassino si chiamava Salvatore Buzzi, 25 anni, fidanzato con una brasiliana, sfruttata per un alibi caduto presto.
È lo stesso Salvatore Buzzi che oggi è agli arresti, di nuovo, per l’inchiesta “Mafia Capitale”. Era “un figlio di papà ” sostiene il Messaggero dell’epoca, che viveva con i genitori e la sorella minore in via Prospero Colonna, non lontano dalla Magliana, la periferia in mano a una banda.
Il posto da impiegato, forse, non gli permetteva di comprarsi un’automobile da 12 milioni di lire e di prendersi un appartamento con la fidanzata.
Arrotondava con assegni che rubava in banca e incassava tramite il socio.
Salta il trucchetto degli assegni a vuoto
Il giochetto, però, s’inceppò, i due litigarono e una sera, in zona Aurelia, il chiarimento finì male: “Gargano minacciava di rivelare tutto ai miei superiori. E dopo una discussione, ha cercato di accoltellarmi. Io l’ho disarmato per difendermi e poi ho perso la testa”.
Condannato per omicidio doloso a un quarto di secolo, Buzzi va in galera, ci resta senza uscire mai per quasi 11 anni, libertà vigilata sino al ’92, quando riceve la grazia da Oscar Luigi Scalfaro, nel 1994.
Questa è la sua storia criminale, ma in prigione, tra Rebibbia e Regina Coeli, sembra cambiare vita.
Si fa notare nel 1983 quando si laurea in Lettere e per la primavolta una commissione universitaria oltrepassa i cancelli di Rebibbia per proclamare un dottore.
Il 29 giugno dell’84, la svolta. A quattro anni esatti dall’omicidio, Buzzi organizza un convegno nel penitenziario di Roma dedicato al reinserimento dei detenuti.
Qualche giorno prima, il 25 giugno, avevano messo in scena l’Antigone di Sofocle dove presenziano il capo dello Stato di allora, Francesco Cossiga e personalità come Pietro Ingrao. Antigone ispirerà un’associazione che si occupa di giustizia e carcere e la vicenda di Buzzi diventa esemplare a sinistra (Il manifesto ne scriverà più di tutti).
Al convegno si ritrovano socialisti come Giuliano Vassalli, liberali come Aldo Bozzi, democristiani come Giovanni Galloni, comunisti come Luciano Violante.
C’è l’allora sindaco di Roma, Ugo Vetere, il vicepresidente della Provincia, Angiolo Marroni, padre di Umberto, il dem che Buzzi, leggendo le intercettazioni dell’inchiesta “mafia capitale”, voleva primo cittadino al Campidoglio.
Miriam Mafai gli dedica un pezzo su Repubblica. Il 29 giugno diventa il nome di una delle cooperative di Buzzi, il suo progetto diviene realtà con la legge del 1991 sulle cooperative sociali che permette di assegnare gli appalti senza bandi pubblici.
I rapporti costruiti con la sinistra romana si traducono in lavoro vero: dapprima nella cura dei giardini, della raccolta rifiuti per poi crescere a dismisura. Con l’avvento della giunta Rutelli avviene il primo salto. Gli amici e i compagni di sempre salgono alla guida di Roma e la amica cooperativa di detenuti va aiutata
La nascita della cooperativa sull’onda di Antigone
Buzzi e i suoi si ingrandiscono e forse, un po’ alla volta, iniziano a toccare interessi e questioni sempre più scabrose.
È ancora estate, stavolta il 22 luglio 2002. Al cimitero monumentale del Verano si segnalano devastazioni di cinque giardinieri contro le tombe ebraiche.
Al Campidoglio siede Walter Veltroni, il capo di gabinetto è Luca Odevaine, arrestato martedì scorso. Gli investigatori ascoltano i soci di “29 giugno”, la cooperativa a cui l’Ama aveva affidato la gestione del Verano.
Buzzi dice di aver subito minacce e di aver denunciato l’accaduto al direttore del camposanto, perchè voleva sconfiggere “la mafia del cimitero”.
Un legame che allora non dice, ma che oggi, scoperchiato il sistema Buzzi-Carminati, può destare dei sospetti.
Nel corso del tempo, il potere di Buzzi è germinato a sinistra, gli appalti si sono moltiplicati con le giunte di quell’indirizzo politico.
Quando in Campidoglio arriva Gianni Alemanno, nel 2008, l’ipotesi che si fa strada è di azzerare i rapporti tra il Comune e le cooperative legate alla sinistra.
L’ex sindaco, oggi indagato, pensa di aprire spazi per i “suoi”. Ecco, allora, che Buzzi si rivolge a Massimo Carminati.
Vince Gianni Alemanno, è tempo di migrare
Il “triangolo”, il legame a tre, emerge dalle intercettazioni.
Il presidente della “29 giugno” rimane stupito quando l’ex Nar gli dice di andare al Campidoglio e di aspettare Antonio Lucarelli, il responsabile della segreteria di Alemanno.
Buzzi ne parla con un amico: “Allora praticamente bisognava parlà col suo capo segreteria, quello che ha ammazzato dall’inizio, un Padre Eterno… allora chiamiamo Massimo e faccio ‘guarda che qui c’ho difficoltà a farmi fa i trecentomilaeuro ‘me fa ‘me richiami’ visto c’ha il telefono… su quel telefono parla solo lui, me fa dice ‘va in Campidoglio, alle tre, che scende Lucarelli e viene a parlare con te’ ho fatto ‘a Massimo ma io nemmeno salgo su, no.. quello scende giù!? ‘ ‘vai alle tre lì tranquillo’, aò alle tre meno cinque scende, dice ‘ho parlato con Massimo, tutto a posto domani vai.. ‘ aò tutto a posto veramente! C’hanno paura de lui, c’hanno paura che cazzo devono fare qua”.
Carminati si dimostra una potenza di fuoco e Buzzi conserva, anzi aumenta i suoi affari.
E così, da lì in poi, si possono ascoltare, sempre intercettati, dialoghi come quello con Alessandro Montani rappresentante legale de “Il Granellino di senapa”, nonchè delegato di Confcooperative, l’organizzazione “bianca” già rutelliana e poi pronta a legarsi ad Alemanno. Sarà Montani (che non è indagato) a chiedere, confidenzialmente, a Buzzi notizie sulla possibilità di recuperare un “milione e mezzo” dalle piste ciclabili.
La vita di Buzzi è un’altra, le fotografie con futuri ministri (Poletti), la sedia al gran gala di finanziamento democratico, il mese scorso all’Eur con Matteo Renzi, ospite del partito romano. Non sferra coltellate, ma s’inabissa nel cancro di Roma capitale.
Salvatore Cannavò e Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
SU 13 CONSIGLIERI NESSUNO DISPOSTO A DIMETTERSI COME AVEVA PROPOSTO TOTI
Le macerie non fanno in tempo a depositarsi, che adesso è panico a destra.
Il tam tam degli sviluppi giudiziari, l’ipotesi di nuovi avvisi di garanzia, altri arresti, lascia col fiato sospeso tutto ciò che si muove da Forza Italia all’estrema destra romana.
Cosa accadrà da qui a qualche giorno in Campidoglio e alla Pisana, sede del Consiglio regionale? Le urla e le irruzioni in Assemblea capitolina amplificano il clima da caccia alle streghe. E soprattutto nessuno sa chi possa essere il candidato nel caso di elezioni anticipate. Tutto azzerato: dalla Meloni a Tajani, da Gasparri a Marchini.
Silvio Berlusconi prova a giocare d’anticipo, non ha la più pallida idea di quale piega prenderà l’inchiesta di Pignatone, ma gli hanno spiegato che non sarà delle migliori. L’indagine sta radendo al suolo quel che resta della coalizione nella Capitale.
Tutti si attendono una nuova tempesta in Regione. E non potendo compensare la mossa di Renzi (il commissariamento del Pd romano), prova a rilanciare sul piano mediatico invocando il voto.
«La gente è indignata, la rabbia contro i politici sta raggiungendo livelli mai visti, dobbiamo prendere le distanze e cavalcare quella rabbia» è la strategia spiegata ieri ai dirigenti sentiti da Arcore, tra la mattinata a Cesano Boscone e il pomeriggio a Milanello.
Questa volta non ha atteso i sondaggi, è bastato scorrere lo “Spazio Azzuro” di ForzaSilvio.it e commenti come questo: «Roma come Siena, i politicanti dovrebbero chiederci scusa».
E allora «tutti i consiglieri dovrebbero fare un passo indietro» e consentire lo scioglimento del Comune, spiega il braccio destro del capo Giovanni Toti.
Salvo poi spostarsi al Campidoglio e – tra le urla e i cartelli in Consiglio – scoprire che nessuno dei 13 (su 50) riconducibili all’area Fi-Fratelli d’Italia-Ncd è disposto a farlo.
Il quadro per altro è surreale. I 13 si sono suddivisi (per ragioni di contributi e benefit?) in 9 gruppi, con la conseguenza che Pdl, FdI, “Verso la Lega dei popoli per Salvini”, Cittadini per Roma, Movimento cantiere Italia, gruppo Misto vantano un unico consigliere, giocoforza capogruppo.
Fi invece ne ha tre, Ncd e gruppo di Alemanno due.
Ma se il partito dell’ex sindaco, Fdi, è colpito a morte, i berlusconiani sono alla deriva.
I tre ras del consenso cittadino ormai fuori gioco.
Luca Gramazio, indagato nel caso Mafia Capitale è l’ormai ex capogruppo forzista in Regione: ha rassegnato due giorni fa dimissioni «irrevocabili».
Stesso coinvolgimento per Giovanni Quarzo, che lascia la carica di capogruppo al Comune e quella di presidente della commissione Trasparenza.
Non risulta indagato, ma chiamato in causa nelle intercettazioni di Salvatore Buzzi, il consigliere-capogruppo Pdl Giordano Tredicine («Se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti comprati, Tredicine doveva sta’ assessore ai servizi sociali »).
Dimissioni in massa dal Consiglio? neanche a parlarne. «Non avrebbe senso perchè non porterebbero allo scioglimento del Consiglio, il pallino è in mano a Renzi, alla maggioranza, al Pd» spiega il senatore Andrea Augello, ex pdl oggi Ncd con solide radici nel centrodestra romano.
«Il problema – ragiona – è cosa può succedere adesso: questo la classica inchiesta da accelerazione improvvisa e se la situazione precipita non reggiamo l’urto dell’opinione pubblica».
Per tutti i big forzisti lo spauracchio è il commissariamento. «Ha ragione Berlusconi, si deve andare al voto» taglia corto un altro senatore romano come Maurizio Gasparri. Peccato che manchi l’eventuale candidato sindaco.
Giorgia Meloni, fino a ieri la più accreditata, per ora tace, come tutti i Fratelli d’Italia. Che vivono con angoscia il rischio di aver perso la «chance per Giorgia».
«Il centrodestra vive il momento più buio della sua storia, se con Fiorito avevamo perso il 3 per cento, questa storia ci fa perdere il 10» sostiene l’ex ministro Andrea Ronchi.
«O ripartiamo da una squadra di facce pulite, dalla Lega di Salvini che oggi a Roma avrebbe il 15 per cento ai delusi Ncd, oppure spariamo. Alfio Marchini ci sta? Lo dica».
Ma è una caccia al buio. Smarrita è anche tutta la fetta di imprenditoria e commercio che aveva in Fi-An il suo riferimento.
«Grande amarezza e preoccupazione, ma diciamo no a una lenta agonia – spiega Giancarlo Cremonesi, dal 2010 presidente della Camera di Commercio di Roma e dell’Acea – La situazione era già drammatica per le imprese, ora commesse e lavori pubblici rischiano la paralisi, sarebbe la fine. I consiglieri si dimettano, si cambi pagina».
Toti evoca il passo indietro, ma nessuno dei consiglieri comunali è disposto a farsi da parte La paura che tutte le potenziali candidature, dalla Meloni a Tajani, siano travolte dalle polemiche.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
MICHELA CAMPANA SI GIUSTIFICA: “IO DICO SEMPRE COSI'”
Er Guercio , er cecato , maialetto .
Ma poi la storia del «Mondo di mezzo» è fatta anche di donne.
Mogli, amanti, socie, compagne. Ma in alcuni casi anche politiche.
Come Micaela Campana, ex moglie di Daniele Ozzimo, assessore alla Casa indagato (si è dimesso).
Viene citata per un sms («bacio grande capo») mandato a Salvatore Buzzi e per un finanziamento da 20 mila euro.
Campana è una giovane deputata Pd, area bersaniana, pugliese di nascita, romana d’adozione
Occhi azzurri, bella presenza, una «carriera» che parte da Casalbertone, periferia est della Capitale.
Poi l’ascesa è verticale: da consigliere municipale, diventa responsabile organizzativa del partito romano e anche della Festa dell’Unità .
Quando arrivano le elezioni, Micaela è ormai lanciatissima.
Alle primarie da parlamentare va in tandem con Umberto Marroni e la coppia dem sbanca: 6.800 preferenze lei, 5.400 lui.
L’ultimo step è anche quello più significativo: nel «rimpastino» di segreteria, Matteo Renzi la chiama nella sua squadra, per il Welfare.
Lei, ieri, è andata a confrontarsi al Nazareno, per capire il da farsi.
Magari lascia, chissà .
Con i pochi che sono riusciti a parlarle, si giustifica: «L’sms? Ma io dico sempre così, che c’entra?».
E ancora: «Mi dispiace solo che non c’è anche l’altra parte. Quella in cui Buzzi mi chiede di fare un’interrogazione alla Camera, e io gli dico di no».
Ernesto Menicucci
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
UNA MODERNITA’ SENZA RADICI E TENSIONE MORALE RENDE TUTTI VULNERABILI… OCCORRE “RIPRENDERCI IL PAESE” RIPARTENDO DAL BASSO E DAL SENSO DI COMUNITA’ NAZIONALE
Criminalità , illegalità e corruzione, non sono soltanto i fenomeni sempre più frequentemente portati alla ribalta dai media, soprattutto negli ultimi giorni, ma sono anche violazione delle regole e mancanza del “senso di comunità ” consumati da chi opera in altri contesti, meno eclatanti, meno appariscenti e apparentemente meno drammatici, almeno “istituzionalmente” parlando, ma non per questo meno deleteri.
Proprio come nel caso dei sette opifici clandestini gestiti da cinesi nel Napoletano e nei quali loro connazionali lavoravano, mangiavano e dormivano in condizioni definite “disumane” dagli stessi investigatori.
Gli opifici sono stati scoperti e sequestrati dai Carabinieri in un’operazione contro il lavoro sommerso e l’inquinamento nei comuni dell’hinterland vesuviano.
I titolari degli opifici sono in tutto 17 persone, di cui 15 di nazionalità cinese.
Un tempo non lontano esisteva un’Italia ricca di tensione morale e ricca d’amore per sè stessa, per le proprie tradizioni e per la propria gente.
La Patria degli Italiani attenti e combattenti, quelli dei valori non negoziabili, delle sfide mai negate, della “tensione morale” mai sopita.
Almeno due generazioni si sono battute per ideali forti e per farci vivere in un Paese grande e migliore.
Certo, allora si parlava di ideologie, forse per questo tante questioni erano così fortemente avvertite e vissute. Fatto sta che i nostri nonni ed anche i nostri genitori, in buona parte, ce ne davano “conto e ragione”, lo fanno ancora oggi, anche se la storia ha poi travolto ogni cosa.
Negli ultimi vent’anni si è voluto andare “oltre”, immaginando scenari sofisticati e culturalmente pseudo-evocativi.
Una sorta di rincorsa fredda e cieca verso la modernità , consumando in modo quasi impercettibile una superficiale mutatio sostanziale dei parametri e dei punti di riferimento, col risultato di vedere un popolo sempre più distratto, sempre meno attaccato alla “res publica”, sempre meno dedito a dare il proprio contributo per un Paese migliore.
Ricordo la “raccomandazione” che una madre fece al proprio figlio: “mi raccomando – disse! – tu pensa a te, non pensare agli altri!”
Ero un ragazzino, avevo soltanto 12 anni, eppure protestai: “è per cose del genere che il nostro Paese andrà in rovina”. Così le dissi.
Mia madre mi redarguì pesantemente. Era una sua amica “quella mamma” ed io ero soltanto un ragazzino: “non potevo” e non avrei dovuto.
Sarà anche stato vero, chissà , ma uno scugnizzo è tale proprio perchè “fa” anche quando non dovrebbe…
La modernità è oggettivamente un dovere ma bisogna arrivarci in modo consapevole, non ci si può far travolgere da tutto ciò che non arriva nella profondità della coscienza e che si ferma soltanto in superficie.
Ripenso a quella mia piccola protesta… In effetti le cose sono andate anche peggio.
La stessa “politica” è diventata tutt’altro da quello che dovrebbe essere e il divario tra il popolo e la stessa è diventato via, via sempre più tristemente forte e devastante.
La classe politica dà sempre più l’impressione di vivere in una sorta di iperuranio, lontano dai bisogni della gente e dalle reali necessità del Paese, tutta presa dalla necessità di conservazione del potere, dei privilegi e delle proprie clientele.
Eppure la politica non è, e non dovrebbe mai essere mera gestione del potere.
Il suo “perchè” dovrebbe essere esclusivamente la resa di un servizio al proprio Paese e alla propria gente, un atto d’amore vero e sincero, una continua “tensione morale” consumata in nome di specifici valori.
Sarà stato l’effetto delle leaderschip carismatiche, chissà , ma in tanti, in troppi, soprattutto tra le “persone comuni”, si guarda altrove.
Ci si impegna soltanto per protagonismo, per acquisire pseudo-leadership più o meno ampie, per raccontare soltanto “sè stessi” anzichè provare a rimettere in moto il senso di una grande comunità .
A volte i richiami all’orgoglio nazionale mi spaventano, non per l’in sè — che fa parte del mio personalissimo Dna di cittadino e di uomo di destra – ma per chi nella specie li consuma, perchè hanno soltanto il sapore della mera propaganda elettorale.
Ritrovare l’orgoglio di essere italiani, riappropriarci della nostra terra e viverla con fervente passione, non sono dei meri impegni culturali: sono – e dovrebbero essere, sempre e soltanto – un atto d’amore grande e del tutto naturale.
Possiamo continuare a far finta di nulla, possiamo continuare a guardare distrattamente altrove, ma sarebbe l’errore più grande di tutti.
Questo Paese è nostro, è del popolo, è della gente che sogna, che spera, che lotta e che lavora.
“Riprendercelo”, vivendo fino in fondo il senso della democrazia partecipata e partecipativa, è un dovere morale, un obbligo naturale, qualcosa che dovrebbe essere quasi istintivo.
E’ tempo di mettere un punto e di riguardare avanti, con fiducia, con speranza ritrovata, riconquistando democraticamente “il tempio”.
Siamo Italiani. Questo è il nostro Paese: continuare con la depressione psicologica e con quella etico-morale è davvero il peggio che si possa fare.
Per la politica e per noi tutti, soprattutto per chi è “privo di una casa” rappresentativa, “ripartire dal basso” vuol dire proprio questo perchè, come disse Kennedy, non è più tempo di “chiedersi cosa può fare il Paese per noi. Dobbiamo chiederci cosa possiamo fare noi per il nostro Paese e per la libertà dell’uomo.”
Sarò anche un sognatore, ma la “questione morale” siamo proprio noi…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
TREMA IL PD LAZIO
Affari, voti, scambi tra destra e sinistra.
Quello che succedeva nelle aule del consiglio comunale capitolino, nei cda delle municipalizzate, in Regione Lazio, ma anche ai vertici delle ex circoscrizioni.
La politica romana degli ultimi anni, letta con gli occhi di Salvatore Buzzi, è una fotografia di appalti, soldi e voti. I politici sono roba sua: “Ho 11 consiglieri”, si vanta al telefono facendo i conti per vedere se riesce a far passare un suo progetto. Maggioranza e opposizione non contano.
Buzzi ritiene suo anche il mini sindaco di Ostia Andrea Tassone, nel territorio del quale ha appena avuto diversi appalti: “Però Tassone è nostro eh.. è solo nostro.. non c’è maggioranza e opposizione è mio”.
Gli orizzonti, all’alba delle elezioni europee a maggio passato, sono chiari: “Claudio… devi capì… noi il nostro mondo è Gasbarra non è Bettini”.
Chiarisce esborsi e voti per la battaglia: “Noi nell’ambito de ste cose.. nell’ambito di questa monnezza, pe tenè (fonetico) i voti già semo arrivati a 43 mila euro, eh…Tassone 30…10 Alemanno… 40…”.
Buzzi dichiara di aver pagato anche una cena elettorale organizzata ad un certo D’Ausilio (forse l’ex capogruppo Pd in Campidoglio Francesco D’Ausilio): “Questi i 3 e 5 (3500 euro, ndr)… questo se chiama D’Ausilio… perchè noi pagamo tutti come vedi caro Carlo …questi son 3 mila e 5 apertura dei pasti D’Ausilio…(inc) pasti Ostia…100 sono 100 pasti a 35 euro.. per cui (inc) già fai il bonifico poi io.. io te porto la fattura”.
Il campo in cui giocare è quello della sinistra: Buzzi lo sa, e chiarisce all’altro: “Non ce serve la destra Cla”.
E al ribattere di quello che qualcosa avevano promesso pure a loro, risponde brusco: “…cazzi tua a destra non ce serve più niente”.
Gli appalti chiamano soldi. Buzzi lo sa. A un certo punto denuncia che il consigliere regionale del Pd Eugenio Patanè gli ha chiesto 120 mila euro per un appalto.
“Patanè voleva 120 mila euro a lordo.. allora gli ho detto scusa… ‘noi a Panzironi (Franco Panzironi, ndr) che comandava gli avemo dato il due e me.. 2 virgola 5 per cento (2,5%, ndr)…dato 120 mila euro su 5 milioni…” mo damo tutti sti soldi a questo?”.
Alla fine decidono di diminuire il compenso e rateizzare: “Io martedì incontro Patanè, una parte dei soldi io comunque gliela darei…gliela incomincerei a da’”.
Tra scatole e scatolette c’è anche un gioco di specchi.
È sempre Buzzi a raccontare: “So stato poi ieri dal capogruppo del PD gl’ho spiegato Formula Sociale è di destra anche se sono io.. è di destra c’è Caldarelli e Quarzo…”. Uno è consigliere Pdl. L’altro era assessore alle Politiche dei servizi Sociali del Municipio XIX.
Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
SOLO NEL 2013, L’ANNO DELLE COMUNALI, VERSATI 120.000 EURO
Il Ros dei carabinieri ricostruisce i contributi versati ufficialmente a fondazioni e comitati elettorali dalle coop di Buzzi Destinatari bipartisan, da Alemano a Marino
E molti consiglieri coinvolti nell’inchiesta.
Inizialmente non è poi così generoso, Salvatore Buzzi.
Nel 2010 gli investigatori rintracciano solo due bonifici: uno da 2.500 euro a tale Pietro Pennacchi (non è specificato di chi sia il mandatario elettorale) e uno da 10.000 euro che la sua coop 29 giugno versa al comitato di Emma Bonino.
I soldi arrivano il 15 febbraio, un mese dopo che lei ha annunciato la candidatura alla poltrona di governatore del Lazio.
Nel 2012 le cose cominciano a farsi interessanti.
Secondo il Ros quello è il periodo in cui Carminati entra in campo.
«Tali realtà imprenditoriali — si legge nell’informativa almeno a partire dal 2012 hanno subìto la progressiva infiltrazione/associazione occulta del sodalizio di Carminati».
Il sindaco Alemanno, in quel momento, è il cavallo su cui puntare. In dodici mesi, Eriches 29, Sarim immobiliare e Formula Sociale 392 girano alla sua fondazione Nuova Italia 68.500 euro.
LA CAMPAGNA DEL 2013
È quando il guercio annusa che l’aria sta cambiando che i bonifici diventano frenetici e gli obiettivi si allargano.
Le elezioni sono a maggio, da una parte il sindaco uscente (ora indagato per associazione mafiosa) che rischia di non essere confermato, dall’altra Ignazio Marino per il Pd.
Nei due mesi precedenti al voto, Buzzi si scatena con 13 versamenti per contributi: due intestati a Marino da 20.000 e da 10.000 euro, due a Daniele Ozzimo del Pd (è l’assessore alla Casa che si è dimesso dopo gli arresti) da 10.000, uno all’attuale vice sindaco Luigi Nieri da 5.000 euro, uno da 15.000 ad Alemanno e uno da 20.000 al Comitato Elettorale Roma 2013.
Non lascia indietro nessuno, nel Pd romano che sta per vincere le elezioni: fa versare dalle sue Coop 5.000 euro per sostenere Sabrina Alfonsi (presidente del municipio Centro Storico, Pd), 1.000 per Francesco D’Ausilio (ex capogruppo del Pd in Campidoglio), 5.000 per Erica Battaglia (presidente della Commissione politiche sociali) e 4.200 per Emiliano Sciascia (presidente IV municipio).
Contributi su cui i carabinieri, nell’informativa di 1700 pagine, non annotano niente, lasciando intuire che siano stati regolarmente registrati dai Comitati.
LA GALASSIA DEGLI APPALTI
Ora che il Campidoglio, a bubbone ormai scoppiato, ha sospeso «per autotutela» tutte le gare in corso per i servizi del verde, provoca una certa inquietudine quella sfilza di appalti vinti con il comune di Roma dalla rete di Buzzi (siede nei cda o nei collegi di 18 società tra coop e consorzi) fino a oggi, nei settori della cooperazione, della spazzatura, della pulizia urbana, dell’accoglienza dei migranti.
Con Rutelli sindaco ne ottenne appena 11, poi con Veltroni 66 per un totale di 6,1 milioni di euro, fino ad arrivare al boom guarda caso — sotto il mandato di Alemanno: 97 appalti, quasi dieci milioni di euro.
In totale fanno 174 lotti in dieci anni.
A cui però si devono aggiungere, nel biennio 2012-2014, le commesse milionarie ottenute dall’Ama di Franco Panzironi, dalla Eur Spa di Riccardo Mancini (ne è segnalata una da 18 milioni di euro vinta dalla cooperativa 29 giugno il 19 giugno 2012) e il mini lotto da 456.000 euro con la Asl Roma A.
E ancora, tutti i lavori ottenuti nella cintura di comuni attorno alla Capitale: Ciampino, Morlupo, Anguillara Sabazia, San Felice Circeo.
Una parabola crescente, irresistibile.
«Nel 1996 cominciammo con i rifiuti e non abbiamo più smesso — ricorda Buzzi alla moglie Alessandra Garrone, il 17 novembre 2013 — cominciammo il 29 giugno… pensa… a Palombara e Zagarolo insieme, poi nel 1999 viene Formula Sociale, nel 2003 Eriches.. aah, i barboni li abbiamo incominciati a fa’ nel 2000».
Un successo che lui, il Compagno B., sintetizza così: «Da due…a cinquantasei. De che stamo a parlà ? ».
Due i milioni di euro che fatturava nel 1996, diventati 56 milioni nel 2013.
IL CENCELLI DELLE COOP
In una intercettazione sembra poi materializzarsi una sorta di manuale Cencelli “versione coop”.
Buzzi sta discutendo con Carlo Guarany, un suo collaboratore, riguardo al bando sulla manutenzione delle aree verdi pubblicato il 21 maggio 2014.
«Carlo… ti rispiego la storia… allora io con questa gara sto monitorando passo passo D’Ausilio e Figurelli (Franco, il segretario di Mirko Coratti presidente dimissionario dell’Assemblea capitolina, ndr)… si fidano di noi. Quindi la cosa è 10 lotti… 10 lotti non si sa quali…uno se lo riservano loro, lo danno a una cooperativa che non è aderente a nessuna delle 3 organizzazioni, per gli altri 9 ce li dividiamo secondo le nostre proporzioni, 50 Lega (Legacoop, ndr), 35 Coop (Confcooperative, ndr) e 15 Agci».
Fabio Tonacci e Maria Elena Vincenzi
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 6th, 2014 Riccardo Fucile
QUELLA DESTRA (E NON SOLO) CHE STREPITA IN NOME DELLA SICUREZZA PER POI LUCRARE SULL’EMERGENZA
Quando qual cuno stre pita in nome della sicu rezza, si sente inva ria bil mente odore di cor ru zione.
Vi ricor dare Penati, lo sce riffo di Sesto san Gio vanni ossessionato dalla lega lità e sal vato dalla pre scri zione?
E che dire di Bossi, l’uomo che si faceva rifare la casa con i rim borsi elet to rali, men tre sca gliava la Lega con tro gli immi grati?
La storia d’Italia degli ultimi ven ti cin que anni abbonda di epi sodi come que sti. L’ipotesi di fondo è sem pre stata che i tutori della legge e dell’ordine voles sero deviare l’attenzione del pub blico su capri espia tori facili facili.
Ma ora, la straor di na ria vicenda della cupola romana per mette di aggiu stare il tiro.
Andiamo con ordine.
Una gang gui data da uno della Magliana si infil tra nell’amministrazione locale in
col la bo ra zione con uomini delle coo pe ra tive «rosse» e del terzo set tore.
Que sta gente di «sotto» col la bora nella terra di «mezzo» per fare affari con quelli di «sopra», ovvero poli tici di destra, pid dini e pidiellini incar di nati nei luo ghi di potere.
La mera vi gliosa foto gra fia in cui si vede Poletti par lare cheek to cheek con Buzzi, l’omicida redento, davanti ad Ale manno, descrive per fet ta mente la compagnia: terzo set tore, destra, sini stra, ammi ni stra tori locali e, sullo sfondo, uno della banda
Casa mo nica.
E qual è il busi ness di que ste alle gre tavo late? L’accoglienza dei rifu giati, la gestione dei campi rom, la spaz za tura e le case sfitte, insomma i pro blemi umani e sociali delle periferie.
E ora fac ciamo qual che passo indie tro.
A metà novem bre la destra aiz za la gente di Tor Sapienza con tro i rifu giati, i quali sono col pe voli solo di essere tali.
Per la cro naca, anche la donna che avrebbe subito lo stu pro è stata coin volta negli inci denti, non si sa se pic chiata dai cele rini o dai con cit ta dini (i quali non saranno fasci sti, ma nem meno fur bis simi, visto che accu sano del «degrado» quelli che non c’entrano pro prio, cioè gli stra nieri).
Pochi giorni dopo, Casa Pound e Blocco stu den te sco mani fe stano davanti a una scuola, impe dendo l’accesso ai bam bini rom. E poi, nel giro di una set ti mana, esplode la bugna di mafia Capi tale.
Coincidenze?
Non c’è biso gno di essere com plot ti sti per com pren dere che l’ossessione dell’emergenza ha pro dotto denaro sonante.
Ale manno si è cir con dato di fasci sti affa ri sti. Ma già Rutelli e Vel troni alimentavano la para noia sgom brando gli inse dia menti e lan ciando cam pa gne con tro i romeni e rom. Ora salta fuori che sgom brare era un dop pio affare per i cor rotti del comune.
Chiuso un campo, se ne apriva un altro, e poi lo si faceva mar cire, inta scando i soldi delle rette di adulti e minori, lucrando sui pasti e lasciando la gente tra i topi, in
con tai ner ghiac ciati d’inverno e bol lenti d’estate.
Natu ral mente, se que sti pove racci accen de vano un fuoco, il quar tiere pro te stava
con tro il puzzo.
Alla luce di tutto que sto, l’ipotesi ini ziale va cam biata.
Le destre mani fe stano con tro gli stra nieri, facen dosi rap pre sen tare magari in tv da ragaz zetti inva sati. L’emergenza cre sce. A que sto punto, pezzi del terzo set tore si
atti vano. I soldi fini scono nelle tasche di gang ster e poli tici.
E le vit time devono scap pare dai quar tieri scor tate dalla poli zia.
Per ritro varsi magari in un Cie, in cui qual cuno di una coo pe ra tiva li sot to pone a una doc cia con tro la scab bia.
Que sta è l’Italia.
Alessandro Dal Lago
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