Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
AVREBBE AVVISATO BUZZI DELL’INCHIESTA A CARICO DI CARMINATI
Massimo Carminati sapeva dell’inchiesta che lo riguardava.
Nel caso di Mafia Capitale, l’ex membro dei Nar era stato avvisato a metà ottobre, quindi un mese e mezzo prima del suo arresto, delle indagini della Procura, e la cosa è stata notata dagli inquirenti dal cambiamento di comportamenti del criminale.
CHIOCCI NEGA TUTTO
Secondo quanto riportato da Repubblica, la notizia è arrivata a Carminati direttamente dal suo braccio destro, Salvatore Buzzi, che ha detto di aver ricevuto notizie dal direttore di un giornale, e ha fatto il nome di Gian Marco Chiocci, alla guida de Il Tempo.
Il giornalista però ha replicato alle accuse dicendo: «A Buzzi non ho detto nulla dell’indagine su Carminati non solo perchè ne ignoravo l’esistenza ma soprattutto perchè se ne fossi stato informato avrei dovuto necessariamente sapere anche delle indagini su Buzzi stesso: che senso avrebbe avuto informarlo dei guai di Carminati e non dei suoi?».
LA PAURA DI CARMINATI
Di fatto, però, dopo la conversazione con Buzzi, Carminati ha cambiato pesantemente le sue abitudini: ha fatto bonificare la sua macchina, cambiato i percorsi abituali, abbandonato i luoghi che di solito frequentava, oltre a lasciare il cellulare a casa e uscire nel cuore della notte, per far credere di rimanere nell’abitazione.
(da “Lettera43“)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
DOPO IL PREVEDIBILE RIFIUTO DELLA GIUSTIZIA INDIANA, IL GOVERNO NON SA CHE FARE… SE TRE ANNI FA AVESSIMO CHIESTO L’ARBITRATO INTERNAZIONALE NON SAREMMO ALL’ANGOLO… ANCHE PERCHE’ IRRIGIDIRSI SU LATORRE VORREBBE DIRE SICURA CONDANNA PER GIRONE
“Massimiliano Latorre si deve curare qui in Italia, ce lo stanno dicendo i medici e non vedo quindi come possa tornare in India. Noi non ci muoviamo da questa posizione”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, nel corso del programma Porta a Porta. E’ quindi questa la posizione assunta dal governo italiano dopo la decisione presa dall’India.
La Corte Suprema non ha accolto infatti le istanze presentate dai Fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, volte ad una attenuazione della libertà provvisoria permettendo, nel primo caso, un prolungamento della permanenza in Italia e, nel secondo, un rientro in Puglia per le festività natalizie.
Il presidente della Corte H.L.Dattu ha fin dall’inizio assunto un atteggiamento visibilmente in disaccordo con le richieste, formulando nei loro confronti numerose obiezioni.
In un breve intervento, il magistrato che rappresentava il governo aveva manifestato la sua non contrarietà a concedere un’estensione della permanenza in Italia per Latorre. L’istanza di Girone, per un rientro in famiglia per un periodo di tre mesi, anche in occasione delle vacanze natalizie, è stata poco dibattuta, mentre quasi tutto il tempo, circa 30 minuti, del dibattito concesso si è incentrato sui quattro mesi chiesti da Latorre per continuare il suo percorso terapeutico e sottoporsi l’8 gennaio ad un intervento cardiaco.
“La decisione della Corte suprema indiana è una doccia gelata, è incomprensibile anche dal punto di vista umanitario e l’Italia non può che reagire”, ha quindi aggiunto il ministro Pinotti.
“Stiamo seguendo il caso – ha aggiunto – insieme al premier e al ministro degli Esteri e domani in Parlamento faremo il punto politico”.
“Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, fortemente contrariato dalle notizie giunte da Nuova Delhi circa gli ultimi negativi sviuppi della vicenda dei marò, resterà in stretto contatto con il Governo e seguirà con attenzione gli orientamenti che si determineranno in Parlamento”. Lo si legge in un comunicato del Quirinale.
Il presidente della Corte ha ascoltato la difesa ma poi, dopo aver discusso anche con i giudici a latere, ha eccepito su vari punti della richiesta, sorprendendosi fra l’altro che in essa fosse sollevato anche il problema della giurisdizione.
“Allorchè le indagini non si sono concluse e i capi d’accusa non sono stati presentati – ha osservato – come posso io concedere l’autorizzazione agli imputati?”.
Sarebbe bene, ha aggiunto, che tutti gli sforzi fossero concentrati sulla chiusura della fase istruttoria del processo”.
Dattu ha quindi chiesto “il rispetto del sistema legale indiano perchè, ha arguito, “se concedessi questo ai due richiedenti, dovrei farlo anche per tutti gli imputati indiani”. E poi, ha concluso, “anche le vittime hanno i loro diritti”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
IL PROGRAMMA DI RECLUTAMENTO LANCIATO NEL 2013 E’ SOSPESO DA QUESTA PRIMAVERA… MOLTI CANDIDATI CHE HANNO SUPERATO LA SELEZIONE PRESI IN GIRO: SOLO LA META’ HA AVUTO UN CONTRATTO (DI APPRENDISTATO)
Finmeccanica assume 1.500 giovani. Anzi no, la metà .
Per 850 ragazzi inseriti nelle società del gruppo pubblico, per lo più con contratti di apprendistato, ce ne sono altre centinaia che per mesi hanno aspettato una chiamata mai arrivata.
Dalla scorsa primavera, dopo il cambio al vertice e l’insediamento di Mauro Moretti sulla poltrona di amministratore delegato, il progetto “1000 giovani per Finmeccanica” è infatti sospeso.
Questo nonostante l’azienda della difesa e dell’aerospazio, partecipata al 30% dal Tesoro, lo scorso anno avesse anticipato di voler “selezionare e inserire entro la fine del 2014, nelle diverse società operative del gruppo sul territorio italiano, circa 1.500 giovani che svolgeranno attività a contenuto tecnologico e industriale”.
Così non è andata. Almeno, non con i numeri pubblicizzati all’avvio della campagna di recruiting, nel 2013.
Gli obiettivi dichiarati erano due: “Arricchire il vivaio di competenze e conoscenze interne al gruppo” e “fornire una risposta concreta ai problemi legati all’occupazione giovanile in Italia”.
Il tutto “premiando il merito e offrendo ai ragazzi un’opportunità concreta di crescita professionale”.
Le iscrizioni al progetto sono rimaste aperte dal 30 luglio al 31 ottobre 2013 e in soli tre mesi sono fioccate 56.600 richieste da parte di giovani provenienti da tutta Italia. Ha così avuto inizio il processo di selezione.
Dopo una prima fase di scrematura, spiegano dall’azienda, il cerchio si è ristretto a circa 20mila candidati. Poi, in seguito a un secondo screening, 5mila persone hanno avuto accesso all’assessment online, cioè “test finalizzati a delinearne i profili psicoattitudinali“.
Dopo due fasi di scrematura il cerchio si è ristretto a 5mila candidati che hanno sostenuto test online. E in 3mila sono arrivati al colloquio finale
Infine, più di tremila ragazzi hanno sostenuto il colloquio finale.
Ma, fanno sapere da Finmeccanica, tra il 2013 e il 2014 gli under 30 inseriti nelle diverse società del gruppo sono stati “più di 850″, il 50% in meno rispetto all’obiettivo anticipato.
Tra l’altro la maggior parte ha un contratto di apprendistato, al termine del quale non è possibile sapere se verranno assunti.
E fonti aziendali aggiungono che oggi il progetto di selezione e inserimento è sospeso. Fino a quando? La società non è in grado di dirlo.
“Da maggio di quest’anno, in virtù della profonda trasformazione e dei processi di riorganizzazione ed efficientamento resi necessari dal difficile contesto economico e finanziario, non si è proceduto a ulteriori inserimenti di personale”.
E non è chiaro se e quando il progetto ripartirà , dal momento che “l’attenzione del gruppo è oggi maggiormente focalizzata sulla valorizzazione dei giovani che già lavorano all’interno delle sue diverse realtà ”.
Su un forum web le lamentele dei candidati che hanno passato le selezioni: “Ho i documenti pronti da maggio ma non mi danno notizie”
La notizia non farà certo piacere ai tanti giovani che erano arrivati in fondo al processo di selezione e che aspettavano una chiamata.
I ragazzi si sono organizzati per scambiarsi informazioni sulla rete e hanno creato un gruppo Facebook e un forum sul sito mininterno.net.
Qui diversi candidati spiegano di avere superato tutte le prove e sostenuto le visite mediche. Non solo.
“Mi hanno chiesto di preparare la documentazione per il contratto”, scrive un utente. “Anche io ho superato tutto e i miei documenti sono pronti da maggio”, gli fa eco un altro.
Eppure con il passare delle settimane, e senza alcuna notizia, i dubbi e la tensione crescono.
“Tutto questo mi puzza — scrive un giovane — Se vengo a sapere che è tutta una bufala faccio causa”.
L’ultimo messaggio risale a inizio dicembre: “Oggi ho notato che sul sito di Finmeccanica hanno tolto la sezione ‘1000 giovani’. Mi devo preoccupare? Alla fine, queste assunzioni mica le hanno fatte. Un’altra pagliacciata?”.
A questo quadro va aggiunto poi un ulteriore capitolo: nel marzo scorso Piazza Montegrappa ha firmato un protocollo d’intesa con i ministeri del Lavoro e dell’Istruzione e con Confindustria per “inserire il progetto ‘1000 giovani per Finmeccanica’ nello schema del piano nazionale per la Garanzia giovani”.
In base all’accordo l’azienda si impegnava a mettere a disposizione del programma “Garanzia giovani“ i profili dei ragazzi under 30 raccolti attraverso il suo piano. “Finmeccanica dà concretezza al principio del ruolo sociale dell’impresa e coniuga l’interesse generale ed aziendale fornendo il proprio apporto al processo di rilancio del sistema industriale italiano”, recitava il comunicato.
Ma questa collaborazione tra due iniziative in evidente difficoltà non sembra aver dato i risultati sperati: stando agli ultimi numeri, il 58% dei 330mila giovani che si sono registrati sul sito progetto di politiche attive per il lavoro messo a punto dall’Unione europea è ancora in attesa del primo colloquio, mentre il bonus occupazionale destinato alle aziende che assumono a tempo indeterminato e determinato per un minimo di sei mesi è stato attivato solo per 500 contratti.
Tanto che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha parlato della necessità di una “fase due”, con modifiche sostanziali.
Stefano De Agostini
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
IN DIECI ANNI PRECIPITATI DAL PRIMO AL DICIOTTESIMO POSTO COME MARCHIO TURISTICO
Dallo scudetto alla zona retrocessione: come abbiamo potuto precipitare in soli dieci anni dal 1° al 18 º posto come «marchio» turistico mondiale?
L’ultima edizione del «Country Brand Index 2014-15», compilato in base ai giudizi di migliaia di opinion maker, la dice lunga sulla reputazione di cui godiamo.
Restiamo primi per appeal: il sogno di un viaggio in Italia è ancora in cima ai pensieri di tutti.
E primi per il fascino delle ricchezze culturali e paesaggistiche. E così per i nostri piatti e i nostri vini. Sul resto, però…
Soprattutto sul rapporto prezzi/qualità . Eravamo al 28 º posto: due anni e siamo precipitati al 57 º. Un incubo.
«Nessun dorma», titola il capitolo dedicato al nostro Paese. Perchè è da pazzi trascurare un settore come il turismo che sta vivendo il più grande boom mondiale di tutti i tempi e che potrebbe darci una formidabile spinta per cavarci dai guai. Invece, poco o niente.
Rari accenni (10 citazioni su 46.059 parole) nello sblocca Italia, dove si parla dei «condhotel» o della necessità di «armonizzare» le offerte dei vari enti locali. Fine.
Ma dov’è la piena consapevolezza di quanto il tema sia vitale per il nostro presente e il nostro futuro?
Dice il rapporto World Travel & Tourism Council che nel 2013 l’Italia ha ricavato dal turismo in senso stretto il 4,2% del Pil e compreso l’indotto il 10,3.
La metà della promessa di troppi premier… Dice ancora che il turismo in senso stretto occupa 1.106.000 addetti (dieci volte più della chimica) e con l’indotto (compresi per capirci gli artigiani che fanno i gilè dei camerieri) 2.619.000, cioè un milione più degli addetti dell’industria metalmeccanica.
Bene: dice l’archivio dell’Ansa che su 1.521 titoli con Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, non ce n’è uno associato alle parole turismo, turistico, turisti.
Peggio ancora per Susanna Camusso: su 4.988 titoli, uno solo (uno!) associato al turismo. Per la Cgil ci sono solo i metalmeccanici, chimici, i pensionati…
E il settore che impiega quasi il 14% degli occupati? Boh…
Una cecità insensata e collettiva che negli anni ha fatto disastri: dall’abolizione del ministero alle deleghe alle regioni chiamate ciascuna a giocar per conto proprio sul mercato mondiale, dai pasticci sull’Enit al sito italia.it per il quale furono stanziati 45 milioni di euro con risultati comici come le musiche dei filmati che raccontavano le regioni ai cinesi, in 19 casi su 20 di compositori stranieri. Soldi buttati.
Col cesello finale di Matteo Renzi che due mesi fa ha chiesto ai ragazzi d’una startup palermitana: «Ce lo preparate voi un progetto gratuito sul turismo? Sarebbe una figata bestiale».
Secondo il premier, «ci manca una adeguata strategia e non sappiamo raccontare nel modo giusto il nostro prodotto.
C’è bisogno di una grande campagna di comunicazione web, un’operazione di marketing in Rete per rilanciare il nostro turismo…». Giusto.
Le classifiche «Brand Index», però, dimostrano inequivocabilmente che possiamo pure «raccontare» l’Italia con le parole più immaginifiche possibili, ma ciò non scioglierebbe i nodi fondamentali. Che sono altri.
Dicono quelle classifiche infatti che il «marchio» Italia è già conosciutissimo e primissimo per ciò di cui andiamo fieri: i tesori artistici, monumentali, paesaggistici.
Ma, come spiega il dossier a noi dedicato, non possiamo più campare di rendita: tutte quelle cose «non sono più sufficienti a farci preferire ad altre destinazioni, specie perchè il nostro rapporto qualità -prezzo è precipitato dal 28° al 57° posto, un tracollo!».
Quasi trenta punti persi rispetto all’ultimo rapporto biennale. Venezia resta Venezia, Roma resta a Roma e Capri resta Capri, ma i turisti stranieri non sono baccalà : non tornano, se si sentono bidonati.
Peggio: scoraggiano gli amici e i parenti dal venire in un Paese stupendo ma che pretende di avere una sorta di diritto di imporre ai visitatori pedaggi ingiusti.
Tanto più se, intorno, troppe cose sono insoddisfacenti. «L’Italia perde posizioni proprio perchè il suo percepito e anche il suo vissuto», spiega il rapporto Brand Index, «è quello di un Paese penalizzato da una cattiva gestione politica (24° posto), con un sistema valori che si va opacizzando sempre più (23° posto), poco attrattivo come destinazione per studi e investimenti (19° e 28°), con infrastrutture insoddisfacenti (23°), intolleranza (23°), scarsa tecnologia (29°) e una qualità della vita sempre più bassa (25°)».
L’ultimo dossier del World Economic Forum nel settore Travel & Tourism, come denuncia uno studio di Silvia Angeloni, ci rinfaccia per di più il modo in cui gestiamo le nostre ricchezze paesaggistiche: nella «sostenibilità ambientale» siamo cinquantatreesimi. Peggio ancora nell’indice «Applicazione delle norme ambientali», dove ci inabissiamo all’84 º posto.
Qualcuno pensa che sia furbo continuare ad aggiungere cemento e cemento da Taormina a Cortina, da Courmayeur a Santa Maria di Leuca?
Ecco la risposta: i turisti internazionali ci dicono che quella roba lì non gli interessa. L’Italia che vogliono vedere è un’altra. Fatto sta che, come dicevamo, nel primo Brand Index del 2005 il marchio Italia era primo assoluto. Nel 2007 quinto. Nel 2009 sesto. Nel 2011 decimo. Nel 2013 quindicesimo e nell’ultimo, 2014-2015, appunto, diciottesimo. Certo, rispetto al primo monitoraggio alcuni criteri sono stati cambiati.
E l’insieme della «accoglienza» di un Paese, dall’igiene alla qualità dei prodotti locali, dalla sicurezza ai prezzi, è diventato più importante che non la ricchezza di tesori. Il tracollo segnala un problema: chiunque sia a Palazzo Chigi la nostra reputazione è a pezzi.
Ma soprattutto il mondo del turismo ha preso atto che l’Italia non è impegnata, se non a chiacchiere, in un progetto di rilancio vero. Corposo. Decisivo. Capace di coinvolgere tutto il Paese.
Vogliamo fare qualche confronto fastidioso?
Proviamo con la Gran Bretagna, che oggi viaggia con un Pil che cresce del 3% l’anno e ha i nostri stessi abitanti. Noi siamo al quinto e loro all’ottavo posto, staccati, tra i Paesi più visitati dai turisti internazionali, ma ci hanno quasi raggiunti per i ricavi: 40,6 miliardi di dollari contro i nostri 43,9.
Qualche anno e ci pigliano. Loro hanno 17 siti Unesco, noi il triplo (50 più due del Vaticano più un paio di patrimoni immateriali) per non dire delle Dolomiti, della costa Smeralda o della Riviera sorrentina, del cibo e dei vini dove non c’è confronto.
E ti chiedi: com’è possibile che loro siano sei posti davanti a noi nel «marchio» e addirittura 24 posti (loro al 4°, noi al 28°) nella competitività turistica?
Com’è possibile che, stando al dossier Wttc, il turismo con l’indotto pesi sul loro Pil per il 10,5%, cioè più che sul nostro o che abbiano nel turismo (sempre incluso l’indotto) oltre 4 milioni di addetti e cioè quasi un milione e mezzo più di noi?
Un piccolo dettaglio dice tutto: il nostro sito web ufficiale italia.it è in cinque lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco) e il loro visitbritain.com in dieci, il doppio, compresi il russo e il cinese.
E vi risparmiamo altri confronti. Umilianti.
Ecco: non sarebbe il caso che nel Paese di Pompei, degli Uffizi, di Venezia, della Valle dei Templi e del Cenacolo leonardiano il turismo diventasse, finalmente, una grande questione nazionale?
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
PALAZZO CHIGI LAVORA SU UN GRUPPO AUTONOMO
Sono le 13.15 quando Tommaso Currò si alza in Aula e prende la parola. Dai banchi del Partito democratico si sente una voce: “Silenzio, ascoltate”.
Qualcuno dalle parti del Nazareno sapeva quel che stava per accadere. E di fronte a Matteo Renzi il primo dei dissidenti del Movimento 5 stelle compie il suo strappo.
E lo fa con toni che non sono solo di critica nei confronti dei suoi (ex) compagni di strada, ma anche di plauso al governo: “Da un lato c’è chi si assume la responsabilità di governare il Paese e dall’altro chi tenta di risolvere la crisi esclusivamente con atteggiamenti pregiudizievoli per la stabilità delle Istituzioni della Repubblica”.
E ancora: “C’è chi intende migliorare le regole per un Europa più equa e più giusta e chi propone alleanze con la destra populista di Farage, predicando una deleteria uscita dall’Euro e minando quel processo di integrazione degli Stati che ha permesso all’Europa di godere del più lungo periodo storico di pace”.
“Il discorso glie l’ha scritto Pina Picierno”, commenta un suo collega uscendo dall’emiciclo. E in effetti toni e motivazioni sembrano andare oltre quelli di un semplice strappo.
Il premier rimane fino all’ultimo al suo posto per ascoltarlo. Qualche passo più in là alcuni suoi fedelissimi commentavano: “È solo l’inizio, ne vedrete delle belle”.
Perchè il colpo di teatro del deputato siciliano è studiato fin nei minimi dettagli. Compreso l’allontanamento poco prima della fine dei lavori, telefono spento.
Dopo il fragoroso applauso levatosi dai banchi del Pd, un deputato semplice si accosta ad un colonnello renziano. “Ma quindi viene con noi adesso?”. La risposta è eloquente: “Non subito, prima passa dal Misto”.
Quando si chiedono conferme ai suoi colleghi, ai pochi con cui Currò ha condiviso la scelta, non arriva nessuna smentita. Anzi, suona quasi come un sì il “di certo il suo orientamento politico non è di centrodestra, capiamoci”.
Passa un Dem in Transatlantico: “Ma sì, il gruppo lo sa, è avvisato che passa con noi”.
Non subito. La situazione è più complicata. Perchè nella mente di Palazzo Chigi Currò potrebbe essere un polo di attrazione per un gruppetto autonomo ma non assimilato al partito.
Che possa attirare le attenzioni degli altri fuoriusciti del M5s, di qualche deputato del Misto e, perchè no, di qualche pezzo di diaspora montiana.
Gli sherpa del Pd sono al lavoro su altri tre o quattro grillini. Le carte sono coperte, gli interessati smentiscono categoricamente, ma i principali indiziati sono quelli rimasti più scottati dall’espulsione di Massimo Artini e Paola Pinna.
Così si procede in un’operazione di scouting discreto.
Sia perchè l’affidabilità di eventuali nuovi fuoriusciti è tutta da verificare, sia perchè l’incapacità del gruppetto di senatori che da tempo hanno detto addio al Movimento di dare vita ad un soggetto autonomo sono finora miseramente naufragati.
Perchè il discorso va fatto in parallelo anche al Senato.
È una questione di numeri, di puntellare una maggioranza risicata, certo, di aprire nuovi scenari sul fronte Quirinale.
Ma è anche, soprattutto, una questione politica. Si tratta di marcare l’appeal del governo, di segnare mediaticamente un solco su quanto il premier attragga consensi e quanti ne perda plasticamente Beppe Grillo.
Per cui qualcuno potrebbe sicuramente arrivare tra i ranghi della maggioranza, così come hanno già fatto a Palazzo Madama Lorenzo Battista e Fabiola Anitori.
Ma il piano A è quello di attrarre i possibili nuovi fuoriusciti in un soggetto autonomo, con cui il Pd possa dialogare organicamente.
Anche perchè molti di quelli in odore di addio non hanno di certo un orientamento sinistrorso, e l’operazione di inglobamento potrebbe frantumare ulteriormente il gruppetto di fuoriusciti e fuoriuscenti.
La speranza è che la ventina di deputati e la manciata di senatori che da qualche settimana studiano il come e il quando strappare dalle truppe stellate venga stimolata dal corso degli eventi, e acceleri la scissione.
“Dal mio punto di vista non cambia nulla – spiega uno di quelli che confermano che si sta ragionando alacremente sullo strappo – ma i tempi non si sanno, è tutto in itinere”.
Se è vero che la mossa di Currò fosse nota a Palazzo Chigi già da ieri sera, come sussurrano i boatos del Transatlantico, i suoi colleghi ne sono rimasti totalmente spiazzati.
Il deputato siciliano si era confidato solo con tre o quattro amici fidati.
Molti avevano capito che qualcosa stava per accadere quando, intorno all’una, gli è stata notificata sugli smartphone la sua uscita da tutte le chat interne tra deputati e senatori a 5 stelle.
Quando prende la parola in aula il clima è elettrico.
Alla fine dell’intervento il boato dai banchi del Pd, una ola ironica da quelli stellati. Ignazio La Russa lo attacca: “Ti devi dimettere per coerenza”. Walter Rizzetto prende le difese dell’ex collega. Scoppia un parapiglia che coinvolge anche Adriano Zaccagnini (anche lui un ex grillino, ora con Sel), e Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia. La Russa si rivolge a Walter Rizzetto, “Ti brucia, eh? Te ne devi andare. Imbecille”. “Te ne devi andare tu che sono trent’anni che sei qui, coglione. Se la destra non esiste più è colpa tua”, replica il deputato friulano.
Qualche passo più in là tutti gli uomini della comunicazione grillina, riversatisi davanti all’aula per cercare di tenere la situazione sotto controllo.
Sono tanti i parlamentari che si rivolgono sprezzanti a Currò, fino al “Noi perdiamo pezzi, ma sono pezzi marci” di Barbara Lezzi, passando per il “Currò, ah, quello delle marchette” di Danilo Toninelli.
Tra i pochi a solidarizzare Tancredi Turco: “Mi dispiace, Tommaso è un amico, prima che un collega”. Netta tuttavia la presa di distanza sul sostegno al governo: “Quella parte non la condivido”.
Da Genova e da Milano arrivano echi di una certa soddisfazione: “La slavina salva la montagna”.
Una metafora spiegata, se ce ne fosse bisogno, dagli uomini della comunicazione: “Prima se ne vanno tutti quelli che se ne vogliono andare, meglio stiamo”.
È solo questione di tempo. “In concomitanza con le elezioni del presidente della Repubblica?”, chiediamo a uno di loro. “Non c’è un timing, però mi hai dato una buona idea”.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
UN EX ANIMATORE AVEVA ABUSATO DI UNA BAMBINA DIECI ANNI FA E AVEVA PATTEGGIATO UN ANNO E OTTO MESI… ADESSO E’ DOCENTE IN UNA SCUOLA STATALE
Nel 2007 aveva patteggiato un anno e otto mesi per pedofilia. Aveva molestato una bambina di sette anni.
Non ha mai fatto un giorno di galera e, dal 2011, è docente di ruolo in una scuola media statale di Torino, dove insegna matematica.
La vicenda risale all’estate del ’98, quando una bambina piemontese raccontò ai genitori di avere subito abusi in un campo estivo da un animatore.
La famiglia denunciò subito l’uomo, che venne condannato solo nel 2004 a 3 anni e 6 mesi di prigione, dimezzati in appello.
I giudici avevano inoltre stabilito per l’animatore una provvisionale di 27mila euro, pagata solo qualche settimana fa, dopo che l’avvocato della famiglia ha chiesto il pignoramento dello stipendio, che da tre anni è aumentato.
L’uomo infatti nel frattempo è stato assunto come professore, ma la famiglia della bambina, nel frattempo diventata ventiduenne, non riusciva a ottenere il pagamento della pena pecuniaria.
“È per questo — ha dichiarato il loro avvocato, Roberto Ponzio — che abbiamo deciso di rendere pubblica la storia. È scandaloso che questo signore abbia trovato un posto di lavoro a carico del contribuente, per di più nel delicatissimo mondo dell’istruzione”.
Il legale — che ha ottenuto il trattenimento mensile di un quinto della retribuzione del docente — ha inoltre sottolineato che la famiglia non è stata tutelata dalla giustizia e la vicenda è stata rivelata per “tutelare l’opinione pubblica.
Il trauma subito quell’estate è stato superato con molta fatica — ha aggiunto — ma troviamo inaccettabili tutte le umiliazioni cui la famiglia è stata sottoposta”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
LA RUSSA E RAMPELLI CERCANO ANCORA I COMUNISTI MA TROVANO SOLO RIZZETTO E ZACCAGNINI
Il clima natalizio non serve a rendere gli animi più miti e tranquilli, soprattutto quando di mezzo ci sono deputati fumantini che non ci stanno a farsi zittire.
Lo scontro verbale è esploso in pieno Transatlantico della Camera tra gli sguardi perplessi dei colleghi, preoccupati dei commessi che sono dovuti intervenire e quelli divertiti dei giornalisti che si sono goduti lo spettacolo.
Protagonisti della bagarre a colpi di insulti e parolacce sono stati i Fratelli d’Italia Ignazio La Russa e Fabio Rampelli e gli ex grillini Walter Rizzetto e Adriano Zaccagnini.
Il casus belli è stato l’annuncio in aula delle dimissioni di Tommaso Currò dal gruppo 5 Stelle.
E’ andata così. Uscendo dall’aula La Russa apostrofa Rizzetto, altro dissidente dei pentastellati passato a Sel e amico di Currò: «Dovreste dimettervi da parlamentare, non cambiare casacca e saltare sul carro del vincitore». Rizzetto non ci sta.
Raggiunge l’ex ministro in Transatlantico tutto rosso in viso e gli dice che dovrebbe vergognarsi: «La destra non esiste più per gente come voi, gentaglia come te e Gasparri».
La Russa ha la faccia di chi ha preso un pesce all’amo: «Ti brucia, eh? Te ne devi andare. Imbecille».
Gli animi si surriscaldano, il timbro della voce si alza di molti decibel.
Rizzetto: «Te ne devi andare tu, coglione».
I commessi capiscono che si sta mettendo male, vedono i due che quasi si sfiorano, temono che arrivino alle mani e poco ci manca quando La Russa ricorda gli applausi che sono partiti dai banchi della sinistra quando Currò ha annunciato le sue dimissioni.
«Era dai tempi di Fini che la sinistra non riservava un tripudio del genere. Andatevene a casa».
Rizzetto, che può vantare di essere arrivato alla Camera solo da quasi due anni, ricorda all’esponente di Fdi di essere qui da una vita, da 30 anni.
A questo punto entra in scena Zaccagnini, altro dissidente grillino, che chiede a La Russa «Tuo figlio come sta? Quanti incarichi gli stai dando?».
La Russa si gira, guarda il giovane ex grillino, sgrana gli occhi luciferini: «Ma tu chi cazzo sei? Sei un animale, non ti conosco».
Zaccagnini alza il tiro: «E tu sei un maiale. L’hai letta la fattoria degli animali di Orwell? Be’, vai a leggerla e impara qualcosa».
La Russa: «Sei di Sel? E allora sei un comunista di merda».
Zaccagnini: «Io non sono mica un agente di Carminati, di quelli che hanno magnato».
Entra in scena Rampelli, braccio destro di Giorgia Meloni, ex Msi-An di Roma.
«Stai calmo, vedi di stare calmo. Di Carminati ci sarai te…, parla di Buzzi, che è roba tua, ce magni te con le cooperative rosse. Resta al posto tuo».
Si avvicinano gli assistenti parlamentari per riportare la situazione sotto controllo.
Ma non c’è traccia di calma. Anzi il discorso trascende e plana nervoso addirittura su mafia capitale. «Zitto tu», dice l’esponente di Sel a Rampelli, toccando il nervo scoperto di Gianni Alemanno che ha lasciato tutti gli incarichi in Fratelli d’Italia dopo l’inchiesta della procura romana.
«Zitto, voi siete quelli che volete Marino a casa perchè non ci ha magnato, mentre voi magnate su tutto». «A bello, ci mangnerai tu – risponde piccato Rampelli – tu, Buzzi e le cooperative rosse».
Parlano, gesticolano, si mandano a quel paese, i commessi portano uno da una parte del Transatlantico, l’altro nel lato opposto.
Zaccagnini si allontana, La Russa commenta con i giornalisti: «Ho solo espresso una posizione politica. Io dico che chi è stato eletto con un gruppo, quando poi vuole cambiare idea ha una sola strada: quella di dimettersi».
Zaccagnini lo sente e torna indietro. La Russa non vuole essere interrotto e lo respinge: «Vieni qui perchè se no non ti caga nessuno?». Zaccagnini: «Io difendo l’articolo 67 della Costituzione», rivendicando la libertà da ogni vincolo di mandato. La Russa: «E io dico che quell’articolo va cambiato». Zaccagnini: «Bravo, proprio come i fascisti». La Russa: «Sì, esatto, come i fascisti».
I commessi lo tirano via e Zaccagnini si rivolge ai giornalisti: «La posizione di La Russa parla da sola. Anche il 5 stelle non è un partito libero ma padronale. Ecco quindi la saldatura fra il direttorio dei 5 stelle e La Russa, i fascio-grillini».
Alla fine ognuno se ne va per la sua strada, fuori piove, in aula inizia il cammino della riforma della Costituzione, all’ingresso brilla un grande albero di Natale accanto a un meraviglioso presepe della collezione della Regia di Caserta.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
MOLTI GIORNALI ESTERI ATTACCANO LA CANDIDATURA OLIMPICA, ACCOLTA CON DERISIONE
“L’annuncio dell’Italia di ospitare i Giochi olimpici del 2024 è stato accolto con derisione”.
Solo questa frase basterebbe per comprendere il declino dell’immagine e dell’affidabilità dell’Italia all’estero.
Il sito inglese “The Telegraph” non si limita a un commento di carattere generale. Il suo articolo è una bocciatura severa verso un Paese che è diventato il simbolo della corruzione in Europa.
La lista del malaffare italiano è precisa e puntale. “L’Italia non è in uno stato finanziario adatto per ospitare uno dei più grandi eventi sportivi al mondo e il progetto potrebbe versare denaro nelle mani della mafia, che continua ad avere il suo impatto sull’industria edilizia”.
Nick Squires, l’autore dell’articolo, ricorda i recenti casi di corruzione che minano la nostra reputazione: “L’Italia è stata colpita da una serie di scandali, il più recente a Roma, in cui i politici corrotti sono accusati di connivenza con i malavitosi per sottrarre milioni di fondi pubblici”.
Non c’è solo “Mafia Capitale”.
Il rendiconto non esclude i casi di corruzione dell’Expo e del Mose di Venezia. Poi aggiunge: “Nelle grandi infrastrutture ci sono le infiltrazioni di diverse organizzazioni mafiose, dalla siciliana Cosa Nostra alla calabrese ‘Ndrangheta. Alcuni eventi saranno ospitati anche a Napoli, casa della Camorra”.
La sintesi però viene affidata alle parole di Luca Zaia, governatore del Veneto: “Il proposito di Roma città olimpica è come dipingere una vecchia 500 di rosso e sperare che la gente credi che sia una Ferrari”.
La tesi che fa da sfondo all’articolo è che si tratta di una manovra per distrarre l’opinione pubblica dai veri problemi del Paese e della Capitale: “Molti critici sostengono che l’Italia dovrebbe investire risorse per risolvere i problemi di tutti i giorni, dagli ospedali e dalle scuole senza risorse alle buche nelle strade, piuttosto che ospitare un evento che produrrebbe solo un debito a lungo termine”.
Dello stesso avviso anche il Guardian: “A Roma i cittadini si lamentano delle buche nelle strade e per lo stato di abbandono dei monumenti, quindi quale posto migliore per ospitare l’evento più costoso e popolato del mondo?”.
Il quotidiano inglese poi non risparmia una stoccata a Matteo Renzi: “I suoi sogni improbabili rischiano di erodere ulteriormente il sostegno popolare di cui gode, già in costante diminuzione per i record sul tasso di disoccupazione e il peggioramento dell’economia”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 16th, 2014 Riccardo Fucile
E TRA LA RUSSA, ZACCAGNINI E RIZZETTO VOLANO INSULTI: “IMBECILLE”, “MAIALE”
Critico da sempre, poi dissidente ad un passo dall’espulsione e infine ancora critico ma in silenzio.
Tommaso Currò, deputato siciliano, ha scelto di lasciare il Movimento 5 stelle con un discorso in Aula quando il gruppo meno se lo aspettava.
“Voglio”, ha detto, “sentirmi sereno ed orgoglioso di lavorare per un progetto politico nel quale riconoscermi e attraverso il quale operare. Oggi questa condizione nel M5s non c’è più”. L’occasione è stata quella delle dichiarazioni di voto per la risoluzione sul consiglio Ue: il deputato ha annunciato il suo voto a favore del governo.
Lo hanno applaudito in piedi tutti i deputati del Pd e della maggioranza, nel M5S dopo un silenzio iniziale qualcuno polemicamente ha fatto gesti di esultanza, altri sono andati da Currò a chiedergli spiegazioni.
Carlo Sibilia, membro del direttorio, ha urlato a Renzi: “Lo hai pagato, eh?”. Poco prima il presidente del Consiglio aveva criticato i grillini: “Il Parlamento”, aveva detto a Montecitorio, “ha bisogno anche di voi. Non siete stati eletti per insultare”.
Poi il leader Pd uscendo dall’Aula: “Ho fatto un’apertura ed è stata capita”.
E’ il 23esimo addio di un parlamentare del Movimento 5 stelle.
Solo due settimane fa c’erano state le espulsioni dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna, un terremoto che aveva riaperto le polemiche tra i grillini.
Per molti giorni si era ipotizzato che altre dieci persone stessero pensando di lasciare il Movimento. Oggi Currò, senza anticipare la decisione a nessuno dei colleghi, ha dato l’annuncio.
All’uscita dall’Aula, c’è stato anche uno scontro in Transatlantico.
Protagonisti alcuni deputati M5S e Ignazio La Russa di Fdi. L’ex ministro ha attaccato l’ormai ex cinquestelle per “aver cambiato casacca in corso”.
La Russa si è rivolto poi a Walter Rizzetto, dissidente M5S: “Ti brucia, eh? Te ne devi andare. Imbecille”.
“Te ne devi andare tu che sono trent’anni che sei qui, coglione. Se la destra non esiste più, è colpa tua”, ha replicato il deputato friulano.
Nello scontro interviene anche il deputato di Sel, ma ex M5S, Adriano Zaccagnini: “Sei un maiale. Mi riferisco alla ‘Fattoria degli animali’. Quanti incarichi hai dato a tuo figlio? Tanti, eh”.
“Annuncio”, ha detto in Aula Currò, “la mia uscita dolorosa ma non più evitabile dal Movimento 5 stelle”.
E poi ha riconosciuto “il merito del governo di aver adottato per la prima volta decisioni in ambito europeo che hanno marcato un segno di discontinuità con le politiche di austerità del passato, concausa dello stato di crisi in cui versa oggi il Paese”.
E ha attaccato l’M5S: “Da un lato c’è chi si assume la responsabilità di governare il Paese e dall’altro chi tenta di risolvere la crisi esclusivamente con atteggiamenti pregiudizievoli per la stabilità delle Istituzioni della Repubblica. C’è chi intende migliorare le regole per un Europa più equa e più giusta e chi propone alleanze con la destra populista di Farage, predicando una deleteria uscita dall’Euro e minando quel processo di integrazione degli Stati che ha permesso all’Europa di godere del più lungo periodo storico di pace”.
“Con il 25% del consenso elettorale — ha detto ancora — dovevamo contribuire a risolvere i problemi del Paese e rendere l’Italia più competitiva nello scenario internazionale, invece, nonostante il dissenso interno, abbiamo giocato alla delegittimazione ed alla distruzione senza alcuna forma di rispetto e di responsabilità . Abbiamo utilizzato l’alibi del 51 %, inteso come unica forma possibile di governo per giustificare una condotta del tutto omissiva verso le attese che ben 8 milioni e 700 mila italiani avevano riposto in noi. Condivido il tentativo di rinnovamento della classe dirigente del Paese, ed al pari di molti colleghi qui presenti, intendo partecipare attivamente al processo di moralizzazione della politica. Infine, rivendico il mio diritto a rappresentare il territorio nel quale sono stato eletto. Nei momenti, in cui ho cercato di rappresentarne gli interessi, ho paradossalmente avuto più ostacoli dal movimento a cui appartengo rispetto agli altri partiti. Voglio sentirmi sereno ed orgoglioso di lavorare per un progetto politico nel quale riconoscermi e attraverso il quale operare: oggi Signor Presidente questa condizione in questo gruppo non c’è più. Le comunico quindi le mie dimissioni dal Gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle”, ha concluso Currò.
All’uscita dalla Camera, i più ortodossi del Movimento 5 stelle hanno commentato quasi con sollievo: “Finalmente”, ha detto Manlio Di Stefano. “Avremmo dovuto cacciarlo noi”, ha dichiarato Daniele Del Grosso. “Ha tradito i principi del Movimento”, ha ribattuto Riccardo Fraccaro.
Intanto il deputato ormai ex M5s ha preferito non aggiungere altro: “E’ stata un’emozione fortissima. Ho rischiato un malore”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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