Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
I TRASFERIMENTI FITTIZI DI DENARO OPERATI DA BUZZI A FAVORE DI LUCA ODEVAINE
Quarantaquattro bonifici bancari in due anni transitati dalle cooperative di Salvatore Buzzi sui conti correnti dell’ex moglie e del figlio di Luca Odevaine.
Che poi li giravano dopo pochi giorni a lui, l’uomo che giocava su tre tavoli.
Tutti i passaggi di denaro sono stati fatti attraverso la Banca Popolare di Verona, semplicemente taroccando le causali dei versamenti.
A volte erano fatture inesistenti, altre volte rate di mutuo per appartamenti mai affittati. Un totale di 226mila euro in entrata, e 248mila in uscita.
Eccola qui la prova di come Mafia Capitale pagava tangenti.
Nero su bianco, in 44 distinte riferite ad altrettante operazioni fatte tra il 12 gennaio 2012 e il 10 febbraio 2014, rintracciate dagli investigatori del Ros che a Odevaine hanno dedicato ben quattro informative e più di duemila pagine. Le merita tutte, il personaggio.
Perchè l’ex direttore di gabinetto di Veltroni e del prefetto Morcone, nonchè ex capo della polizia provinciale di Roma e gancio di Carminati e Buzzi al Tavolo per l’accoglienza dei rifugiati al Viminale, è un uomo che conta parecchio, in questa storia.
Non per niente lo chiamano “il Padrone”. È l’unico che riesce a muoversi e a muovere pedine sui tre tavoli che interessano ai sodali per i loro affari: Campidoglio, Provincia di Roma, ministero dell’Interno.
Un uomo da coccolare, appunto, con uno stipendio parallelo.
Pescando a caso tra i bonifici, l’8 maggio 2012 la Eriches 29 di Buzzi gira sul conto di Lozanda Hernandez Nitza del Valle, la ex di Odevaine (si erano sposati nel 2011) 5.000 euro per “canoni locazione mese maggio”.
Sei giorni dopo la donna li ritrasferisce a Odevaine in due tranche, da 2.000 e 3.000 come “restituzione prestito”.
Ma verificando all’Agenzia delle entrate, i carabinieri scoprono qualcos’altro.
«Non esiste alcun contratto di locazione – si legge nell’informativa del 30 luglio scorso – tra gli immobili a disposizione di Odevaine o dei suoi congiunti e le società riconducibili a Buzzi».
Le transazioni si ripetono 44 volte, cambiano solo i beneficiari (a volte è lei, altre volte è il figlio Thomas Edinzon Enriques Lozada) e le causali: “affitto settembre”, “saldo fattura”, “trasferimento fondi”, “affitto gennaio”, “anticipo fattura”, “restituzione prestito”.
Non cambia il destinatario finale, Luca Odevaine. Ma in calce a questa sfilza di cifre, i carabinieri scrivono una frase che assomiglia tanto a uno scacco matto: «Tali bonifici non sono giustificati dall’esistenza di rapporti lavorativi tra i titolari dei conti e le cooperative ».
Solo Thomas, il figlio acquisito di Odevaine, tra il 2010 e il 2012 ha avuto rapporti con le coop Eriches 29, Abitus e Percorso, «ma gli importi erano molto inferiori rispetto a quelli successivi».
Usano pure una parola in codice, per il sollecito.
«Puoi verificarmi gli affitti – chiede a Buzzi con un sms il 15 febbraio 2013 – Sono un po’ in difficoltà . Grazie, un abbraccio».
“Affitti”, stando alle indagini era il segnale che l’appetito era tornato.
E infatti dopo quel messaggino la segreteria di Buzzi si attivò per saldare il ”canone di maggio” di una casa – stando alle indagini – inesistente.
A Odevaine viene anche offerto di entrare, attraverso la Fondazione IntegrAzione di cui è presidente, nella gestione del centro di Anguillara. «Si stanno mettendo un po’ sporche le cose?», gli chiede preoccupata Rossana Calistri, funzionario del Campidoglio. «So’ loro che so’ storti…».
Del resto di conoscenze da spendere, Odevaine, ne ha parecchie. E nei posti giusti.
È stato mandato al Tavolo del Viminale dall’allora presidente della Provincia Luca Zingaretti, e lì è rimasto fino al giorno dell’arresto, peraltro senza averne titolo, perchè il suo mandato con l’Unione province italiane era scaduto.
«Sono in grado di orientare i flussi», si vanta, per accreditarsi quale soggetto da “ungere” con mazzette per riempire di rifugiati gli 8 centri romani che interessavano a Buzzi.
Un credito che anche gli investigatori gli riconoscono: «Aveva influenza sui vertici del Dipartimento immigrazione del ministero dell’Interno».
Il riferimento è al prefetto Mario Morcone, di cui è stato capo di gabinetto quando fece il commissario di Roma dopo le dimissioni di Veltroni
Nel giugno scorso Morcone è stato nominato dal governo proprio capo di quel Dipartimento.
E Odevaine commenta così: «Hanno fatto questa scelta perchè io sono andato a parlare con questo qua della segreteria del Pd… M’ha chiamato pure per ringraziarmi (si riferisce a Morcone, ndr), perchè si vede che gli hanno detto che c’è stato un mio intervento…». Millanterie, o forse qualcosa di più, dell’uomo che giocava su tre tavoli.
Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
“MA NEL PD UN DEGRADO IMPRESSIONANTE”
Onorevole Bettini, discutendo di come aggiudicarsi l’appalto di un centro per immigrati Salvatore Buzzi dice “a noi ci manda Goffredo”. E quel “Goffredo” sarebbe lei.
«Si esaltano notizie di carte che non hanno per la Procura rilievo nell’indagine. È il modo per salvare i corrotti e sporcare chi ha fatto della correttezza una ragione di vita. Querelo chi dovesse affermare che ho compiuto pressioni o ingerenze per favorire la cooperativa 29 Giugno. Non so neanche cosa sia quell’appalto».
Ma lei Buzzi lo conosceva o no?
«Questo è il dramma, il paradosso: la 29 Giugno è stata fin dalla nascita un simbolo della sinistra. Tutti avevano rapporti con loro. Come si poteva immaginare quello che c’era dietro? È ridicolo dire: mai conosciuti! Il suo era un mondo con riferimenti lontani da me, come si evince da alcune intercettazioni. Ma io non ho mai pensato, e ancora oggi sono allibito, che lì dentro ci fosse corruzione. Ho già segnalato il rischio che si arrivi alla impraticabilità di campo per ogni tipo di impegno pubblico, perchè si arriva perfino a maledire un incontro, una chiacchierata, un consiglio. Non si sa più con chi si parla. Ma allora muore la democrazia, la politica».
Bettini, lei è stato il dominus del Pd romano per vent’anni. Recentemente ha parlato di un partito balcanizzato. Chi sono i “capibastone” a Roma?
«Ho parlato in termini politici ».
E in termini politici chi sono?
«È un sistema di vita complessivo del partito. Riterrei sgradevole utilizzare questo momento, di grande dolore e sconcerto, per lucrare qualche misero vantaggio politico. Posso dire che in tempi non sospetti, era il 2009, scrissi parole profetiche nel mio libro Oltre i partiti : “Il campanello d’allarme va suonato, non ci vogliono i giudici per comprendere che la corruzione è tornata e nessuno può pensare che si fermi sulla soglia del centrosinistra” »
Alle europee lei è stato molto combattuto da alcuni capicorrente. Chi erano? Gasbarra? Marroni? O chi altro?
«Che senso ha soffermarsi sui nomi? Con Gasbarra per anni ho avuto rapporti di amicizia. La verità è che, dopo la vittoria di Alemanno, molti dissero che era fallito il “modello Roma” anche per sbarazzarsi di una classe dirigente autorevole e capace, ma ritenuta soffocante, tant’è che io subito dopo lasciai ogni incarico politicoistituzionale e me ne andai all’estero a occuparmi di cultura e a scrivere libri».
È vero che qualsiasi persona può andare in un circolo Pd e comprare cento, mille tessere, che poi regala a chi vuole in cambio di un voto?
«Il Pd, non solo a Roma, ha raggiunto livelli preoccupanti di degrado della vita interna. Il tesseramento spesso si è fatto procurandosi tessere a 10 euro da distribuire. Anche a persone del tutto estranee. Le correnti non hanno quasi mai un significato politico ideale, ma sono gruppi spuri che mirano al potere. Da anni invoco un partito di persone che decidono in libertà contro la logica “proporzionale” delle correnti ».
Di Stefano, il deputato del Pd indagato per una tangente, in uno sfogo arriva a dire che le primarie del Pd sono state truccate e minaccia rivelazioni clamorose.
«Non so se il termine “truccate” sia giusto, so che quando le primarie non sono per ruoli di spicco, come un sindaco o un premier, che riguardano centinaia di migliaia di elettori, finiscono per esaltare il condizionamento interno delle correnti. Detto questo, il Pd rimane uno straordinario campo di energie positive e di persone perbene».
Paolo Boccacci
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
ANTONIO MANCINI EX BOSS DELLA BANDA DELLA MAGLIANA RACCONTA TUTTO DEL NUOVO “RE DI ROMA”: “È L’EREDE DI DE PEDIS, NE HA PRESO IL POSTO DOPO LA SUA MORTE”
Antonio Mancini conosce Carminati da “quando aveva tutti e due gli occhi boni”. Fine Anni 70, la Banda della Magliana stava conquistando Roma: pallottole, droga, botte, poker e locali.
Roma sapeva, la giustizia ancora no.
Tra Danilo Abbruciati, Enrico De Pedis detto Renatino, Abatino e gli altri, tra loro, c’era anche lui, Mancini, uno dei boss, uno abituato “a drizzare i torti”, uno che la strada la batteva dalla fine dei Sessanta “quando ho iniziato la mia vita da bandito”. Ora ha 68 anni, vive a Jesi, si occupa di sociale, è un uomo libero, ha ricostruito la sua verità in un libro scritto con Federica Sciarelli, il suo soprannome era, ed è, Accattone, perchè è da sempre un lettore di Pier Paolo Pasolini.
Ma se Pasolini sapeva ma non aveva le prove, lui sa perchè c’era. E il nuovo Re di Roma l’ha visto crescere.
Lei da anni indica in Carminati, la persona più importante per la criminalità della Capitale. Quindi non è stupito dell’arresto…
Per niente, la più grossa sorpresa, anzi l’unica, sono i termini che utilizza Massimo. Io me lo ricordo come una persona educata, riservata, taciturna, conosceva l’italiano, ora si aggrappa a espressioni forti che non gli appartenevano.
Lì, tra i fascisti, gli sbruffoni erano Cristiano Fioravanti, fratello di Valerio, e Alessandro Alibrandi, non lui. Ha imparato…
Sì, per stare nel mondo di mezzo devi mantenere certi atteggiamenti, devi plasmarti a seconda di con chi parli.
La prima volta che lo ha incrociato?
Prima di vederlo, ne conoscevo la fama, era tenuto in considerazione da tutti, stimato, mi raccontavano di un suo omicidio a un tabaccaio su ordine di Giuseppucci. Poi un’altra volta De Pedis mi disse che era stato sempre Carminati a far parte del commando che ha ammazzato Pecorelli (giornalista ucciso nel 1979).
Si intuiva la stoffa del leader?
Inizialmente no, per me era un ragazzo d’azione. Ma è stato bravo a riempire il vuoto lasciato da Renatino De Pedis dopo la sua morte.
Lei eri amico di De Pedis…
Eravamo come fratelli, passavamo quasi tutte le domeniche insieme, dalla colazione in poi, appuntamento fisso alla pasticceria Andreotti, e lì partiva il suo show.
Quale show?
Si attaccava al telefono e iniziava il giro di chiamate: dal magistrato all’imprenditore. E mentre parlava gli veniva automatico chinarsi. Una volta gli dissi: ‘A Renà , me stai a fa vergognà , tacci tua, stai sempre piegato’.
Cosa le rispose?
‘Oggi sto piegato io, domani tocca a loro’. Sa cosa penso? Se Renatino non fosse stato ucciso, oggi starebbe in Parlamento, minimo sottosegretario. Lui è morto incensurato. Eppure ha ammazzato la gente con me, ha rapinato con me, è stato dentro, ma è riuscito a farsi ripulire tutto.
Secondo lei c’è qualcuno sopra Carminati?
C’è sempre qualcuno dei ripuliti a comandare, a stare sopra, senza i ripuliti non andremmo da nessuna parte, fermi alle rapine. Anche per questo nella Banda c’è stata la frattura tra noi della Magliana e quelli di Testaccio.
Diverse visioni?
Loro avevano preso le sembianze mafiose, esattamente quelle che gli inquirenti hanno scoperto ora. Noi della Magliana eravamo dei banditi da strada, amavamo le rapine, senza guardarci le spalle, senza compromessi. Volevo una Ferrari? Un colpo e la compravo. Me la sequestravano? Sti cazzi, un altro colpo e la ricompravo. Ho speso tutto. De Pedis invece si è comprato locali, ristoranti, discoteche, era padrone di Campo dei Fiori. E secondo lei, oggi, quei soldi chi se li magna?
Me lo dica lei.
I prestanome e la moglie. Io me li ma-gna-vo!
Sembra il campione del Manchester, George Best, quando dichiarava: “Ho speso molti soldi per alcool, donne e macchine veloci… il resto l’ho sperperato”.
Esatto. In quegli anni ascoltavo musica rock, leggevo l’Unità e Pasolini, mentre gli altri della Banda frequentavano Califano, tra donne e droga.
La criminalità a Roma è arrivata con la Banda?
Ma no. La gente moriva anche prima, non come quando ci siamo stati noi, ma certe situazioni c’erano già , gli Abbruciati, Diotallevi avevano già colpito.
Diotallevi è l’altro big di oggi.
Uno dei più grossi.
Perchè Carminati è l’erede di De Pedis?
Di tutti gli altri che c’erano attorno a Renato, era l’unico ad avere lo spessore giusto, appellava De Pedis come “presidente”, ci sono le intercettazioni a raccontarlo, ed era l’unico a poter riacchiappare i fili delle varie componenti.
Cosa intende?
Ha presente quante e quali prove avevano su di lui rispetto all’omicidio Pecorelli? Chiunque altro, me compreso, sarebbe stato condannato.
Da De Pedis a Carminati, e oltre Carminati?
Ci sono altri nomi, altri ex della Banda, basta voler vedere come stanno i fatti…
Lei divide testaccini e Magliana.
Alla fine loro non erano più criminali classici, erano imprenditori. Sa quanto guadagnava De Pedis? 180 milioni al giorno con le slot machine. Al giorno. Figurati adesso.
Quei soldi dove sono finiti?
Ce li hanno loro, gli sono serviti per acquisire potere.
Rispetto a voi, hanno vinto loro, i loro compromessi.
Eh certo. E le dico una cosa: Carminati esce, prima di quanto potete immaginare, altrimenti dovrebbero incarcerare mezzo mondo.
A lei la politica l’ha mai aiutata?
(Ride). Ero incarcerato a Pianosa, vita terribile. Così dico ai miei: portatemi via, voglio cambiare galera. Dopo pochi giorni, mi chiama il capo-reparto, mi fa sedere e mi domanda: ‘Ma tu al ministero chi cazzo hai? Mi stanno a fa due coglioni così per farti mandare via’. Ero diretto a Busto Arsizio, in confronto una reggia.
E chi aveva al ministero?
Arrivavamo ai piano più alti, ai vertici assoluti, gente mai stata condannata nonostante le dichiarazioni mie e di Fabiola Moretti (ex compagna di Abbruciati, amica di De Pedis e vicina a Mancini).
Carminati insieme a Buzzi ha toccato trasversalmente la politica, sorpreso?
No, è normale. Anche noi facevamo lo stesso, anche noi eravamo agli antipodi sugli ideali politici, ma in certe situazioni le divisioni si superavano.
Sapeva che era dei Nar?
Eccome, quando ero latitante davo appoggio anche ai suoi amici. Una volta Belsito (ex terrorista, condannato a quattro ergastoli) venne a rifugiarsi, e senza nulla temere si mise a giocare con delle bombe a mano.
Come se nulla fosse?
Nulla. E ne aveva un borsone pieno, fino a quando mi sono incazzato e gli ho detto ‘oh, ma che stai a fa’!’
E lui?
Mi rispose: ‘Sono pronte per i carabinieri nel caso ci vengano sotto o per un posto di blocco’.
De Pedis cosa diceva di Carminati?
Innamorato, si fidava in tutto. Ma non solo Renato, anche gli altri boss lo adoravano nonostante fosse un ragazzetto.
Ernesto Diotallevi?
Lo conosco dagli Anni 70, era rapinatore insieme ad Abbruciati.
Mokbel?
Mi faceva da guardaspalle insieme ad Antonietto D’Inzillo, gli davo dieci milioni di lire a settimana.
I Casamonica?
Negli Anni 80 non erano niente, l’unico un po’ conosciuto era Guerino.
Nelle intercettazioni si dice: “Noi famo i soldi con gli immigrati, sono meglio della droga”.
Non ci credo, non è possibile. È una questione di bacino d’utenza, con la droga fai numeri più alti, dodici poveri negri e qualche campo rom non può pareggiare l’utilizzo degli stupefacenti. La droga e le armi ti fanno comandare una piazza, e lì fai la differenza.
Oltre alla droga, non si parla mai di donne.
Vero. Ed è strano, molto strano.
Lei una volta ha dichiarato: “Siamo stati usati e strumentalizzati dalla politica”.
Noi eravamo il terzo mondo di Carminati, quello in basso; mentre oggi quello di mezzo, e quello sopra, si utilizzano a vicenda, per questo dico che Carminati ne uscirà pulito: il mondo di sopra si salverà , e porterà con sè il mondo di mezzo e ucciderà il mondo di sotto.
Nel vostro gruppo, quanto era importante Carminati?
Per i testaccini era l’unico ad avere le chiavi per entrare dentro l’armeria del ministero della Sanità . Era il garante. Anche i boss dovevano passare da lui, per noi della Magliana quel ruolo era ricoperto da Sicilia, per questo l’ho tirato in mezzo rispetto alla strage di Bologna.
Cosa c’entra?
Il fucile ritrovato alla stazione stava nella nostra armeria, e lui aveva le chiavi e lui già stava dentro a certe storie di Servizi…
Servizi segreti.
Sì, i testaccini avevano questi rapporti, avevano in mano tutte le costellazioni legate alla parte pulita, o presunta pulita, della società .
I colletti bianchi…
Sì, loro. A differenza di noi si muovevano con un passo più lungo.
In qualche modo la Magliana ha perso.
Eravamo un peso, ci hanno scaricato.
Carminati ha detto: ‘Quelli della banda erano dei pezzenti…
Quei pezzenti gli hanno permesso di diventare quello che è, gli hanno salvato il culo.
In giro c’è anche Nicoletti, considerato il cassiere della Magliana.
Non il mio, degli altri sì, compreso De Pedis.
Nicoletti è ancora potente?
Perchè, lo hanno intaccato? Gli puoi anche sequestrare 200 milioni di euro, sono niente. Non sono stato chiaro: questi non spariranno mai, e vedrete se ho ragione o meno.
Alessandro Ferrucci
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2014 Riccardo Fucile
LA MERKEL AVANZA CRITICHE AL GOVERNO ITALIANO E IL PD GONFIA IL PETTO DAL GABBIO
“Le riforme in Francia e in Italia sono insufficienti”. Questo quanto sostiene la Cancelliera tedesca Angela Merkel in un’intervista al Die Welt.
“La Commissione ha ribadito che quanto presentato non è sufficiente. Cosa che condivido”, ha detto.
Noi, più che insufficienti, diremmo completamente sballate, in quanto agiscono sul deficit e penalizzano chi è già con l’acqua alla gola, tagliando diritti e spesa sociale senza toccare privilegi, corruzione ed evasione fiscale.
D’altronde la Merkel ha confermato quello che il mondo politico internazionale pensa del nostro Paese, non è certo una novità .
Quello che c’è di esilarante è la “patriottica” replica del governo italiano per bocca del
sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che accusa: ” i problemi arrivano dal surplus dalle Germania. Berlino guardi in casa propria prima di dare lezioni ad altri”.
Angela Merkel ha parlato anche della Russia. La politica di Mosca mette in difficoltà molti Paesi vicini dell’Unione Europea, afferma la Cancelliera tedesca.
“Moldavia, Georgia ed Ucraina sono tre Paesi nostri vicini che hanno firmato in modo sovrano un accordo con l’Unione Europea – spiega la Merkel -. La Russia crea difficoltà a questi tre Paesi. Vediamo inoltre che la Russia cerca di mantenere sotto la sua dipendenza economica e politica alcuni Paesi ad ovest dei Balcani. Il fatto che la Russia abbia violato il Trattato di Budapest del 1994 sull’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina non deve restare senza seguito”.
Altro concetto evidente che dispiacerà forse a cercatore di fondi stranieri Salvini e a quei destrorsi in confusione mentale, innamorati dell’ex agente del Kgb e attuale miliardario e azionista della Gazprom e di banche varie.
Capisco che sia una moda e un ottimo alibi accusare la Germania di ogni malefatta per pararsi il culo, ma che il governo italiano dica alla Germania di pensare ai problemi di casa propria fa sganasciare dalle risate.
Non ci risulta che in Germania 120 miliardi di euro vengano sottratti alle casse dello Stato da evasori fiscali, neanche che altri 60 siano imboscati dalla corruzione, non abbiamo letto che la capitale sia in balia di gruppi mafiosi e che esponenti del partito della Merkel abbiano decine di loro esponenti ospiti delle patrie galere.
Lassù avranno tanti difetti, ma non quelli di taroccare gli appalti e lasciare gestire intere regioni alla criminalità organizzata, o di avere funzionari corrotti e politici tangentari, o un premier contaballe e ministri incompetenti.
E quando si replica bisognerebbe perlomeno avere l’intelligenza di non avere scheletri nell’armadio e troppi compagni di partito a Regina Coeli.
Altrimenti il prossimo comunicato stampa conviene farlo direttamente dal carcere e affidarlo alla buona penna di Carminati, ‘o cecato, magari con la supervisione in cooperativa di Buzzi .
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