Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
SEGUONO EMMA BONINO E ROMANO PRODI TRA I PREFERITI AL COLLE
Gli italiani, qualora potessero scegliere, al Colle vorrebbero ancora Giorgio Napolitano. 
È quanto si evince dai sondaggi Ixè fatti per Agorà su RaiTre.
Il 19 percento delle persone ascoltate infatti hanno detto che l’attuale inquilino del Quirinale dovrebbe restare al suo posto.
Al secondo posto, col 15 percento, c’è l’ex ministro Emma Bonino, mentre al terzo posto con il 10 percento si piazzano l’ex premier Romano Prodi e il presidente della Bce Mario Draghi.
Secondo gli elettori del Pd, il premier Matteo Renzi dovrebbe candidare in primis Prodi (14 percento).
Serve invece un nome d’intesa con Silvio Berlusconi per il 10 percento, mentre uno in sintonia con il Movimento 5 stelle per il 6 percento.
Vorrebbero vedere candidata una donna al Quirinale il 34 percento degli intervistati.
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Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
NEL SERVIZIO DI PULIZIA DI TRE SEDI DEL DICASTERO E’ SUBENTRATA NEL 2014… COL CONSENSO DEL MINISTERO, L’INCARICO E’ STATO AFFIDATO DAL UN CONSORZIO IL CUI DIRIGENTE E’ INDAGATO
E ora la foto simbolo di Mafia Capitale rischia di diventare per Giuliano Poletti ancora più imbarazzante.
Il servizio di pulizie del ministero del Lavoro, infatti, cinque mesi fa è stato affidato direttamente alla cooperativa “29 giugno“.
La stessa finita al centro dell’inchiesta romana e presieduta fino al momento degli arresti da Salvatore Buzzi, uno dei protagonisti del “mondo di mezzo” ritratti nello scatto del 2010 a cena con l’allora presidente di Lega Coop e attuale ministro.
La forza pervasiva con cui Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati, riusciva a ottenere lavori per la sua cooperativa ha finito dunque per arrivare fino ai palazzi del governo.
La gara per i servizi di pulizia delle sedi ministeriali di via Flavia, via Fornovo e via De Lollis viene aggiudicata nel 2011 a un raggruppamento temporaneo di imprese formato dalla società Sea Sud e dal Cns, il Consorzio nazionale servizi con sede a Bologna citato nelle carte dell’inchiesta oltre che per Buzzi, membro del suo consiglio di sorveglianza, anche per Salvatore Forlenza, il direttore commerciale del Centro Italia indagato per turbativa d’asta.
L’appalto al ministero del Lavoro ha una durata di quattro anni a partire dal 2012, quando iniziano effettivamente i lavori, e il suo valore è intorno ai 3 milioni di euro, il 58% dei quali è in capo al Cns.
Il consorzio all’inizio affida i lavori alla cooperativa Antares, una delle sue associate, che però lo scorso luglio viene fatta fuori perchè non in regola con la documentazione che prova la regolarità dei versamenti contributivi dei lavoratori.
L’irregolarità viene segnalata dallo stesso ministero al Cns. “In casi come questo — fanno sapere dal consorzio — è previsto che si proceda all’affidamento a un’altra associata, con il benestare dell’ente cui viene comunicato il cambio dell’associata”. Il ministero viene dunque informato che i servizi di pulizia verranno assegnati alla “29 giugno”, anch’essa associata al Cns, e avalla tale scelta dopo avere ottenuto conferma che la cooperativa è in possesso dei requisiti necessari e che assumerà tutti i lavoratori impiegati in quel momento.
Sebbene l’appalto non risulti essere tra quelli finiti sotto la lente dei magistrati, una domanda è lecita: come mai la scelta cade proprio sulla “29 giugno”?
Dal Cns sostengono che la cooperativa era una delle tante associate papabili per sostituire Antares: “Nel Lazio fatturiamo 140 milioni di euro, di cui solo 11 milioni con la ’29 giugno’, meno del 10 per cento”.
Ammettono però che tale decisione era di competenza della struttura commerciale del consorzio, che per l’area del Centro Italia, come detto, aveva come responsabile proprio Forlenza, indagato per un appalto da 12 milioni per la raccolta differenziata affidato al Cns dall’Ama, l’azienda romana che si occupa di gestione dei rifiuti.
Per lui la procura di Roma aveva chiesto le misure cautelari, ma il gip Flavia Costantini non le ha concesse escludendo l’aggravante mafiosa.
Tuttavia nell’ordinanza che ha portato all’arresto delle prime 37 persone, su Forlenza viene sottolineato come “l’illecito penale sia una modalità abituale di cui egli si avvale nell’esercizio della sua attività economica“.
IlFattoQuotidiano.it ha chiesto chiarimenti sul subentro nei lavori della “29 giugno” prima alla direttrice della divisione Acquisti beni e servizi del ministero, ricevendo come risposta una telefonata chiusa in faccia.
Poi all’ufficio stampa, che ha risposto con una nota che ripercorre la storia dell’appalto e fa sapere che “in data 3 dicembre 2014, a seguito delle notizie apparse sugli organi di stampa sono stati richiesti chiarimenti al Cns sulle iniziative che avrebbe assunto al fine di tutelare l’interesse di questa amministrazione, nonchè dei lavoratori assunti in relazione all’appalto di cui è affidataria”.
A tale richiesta il Cns ha comunicato il 12 dicembre di avere revocato l’assegnazione nei confronti della “29 giugno”, “provvedendo ad individuare una nuova associata in possesso dei requisiti morali e tecnico professionali necessari”.
La risposta fornita oggi era stata negata nei giorni scorsi al Movimento 5 Stelle, che aveva presentato, a firma tra gli altri di Claudio Cominardi e del deputato Massimo Enrico Baroni, un’interpellanza urgente a Poletti in cui si evidenziavano i potenziali conflitti di interesse del ministro per il ruolo ricoperto in passato in Lega Coop e si chiedeva se gli risultasse che “la cooperativa ’29 giugno’ intrattenga al momento rapporti con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali e, in caso positivo, quali siano e attraverso quali procedure sia stata selezionata”.
Domanda alla quale il sottosegretario Teresa Bellanova, in aula venerdì al posto di Poletti, non aveva risposto, tanto che nella sua controreplica Baroni aveva riproposto l’interrogativo, definendo “inquietante” il modus operandi di certi personaggi: “Si va alle cene per un appaltino di qua, un contatto con questo e quello, il numero di telefono giusto. Il risultato finale è l’appalto, ovvero le pulizie di un ministero, ovviamente quello guidato dall’amico, che nel frattempo è diventato ministro”.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
STRAPPA UNA TREGUA CON FITTO SULL’ITALICUM E PENSA A GIANNI LETTA COME SEGRETARIO GENERALE DEL QUIRINALE
«Renzi bluffa sul Quirinale, non ha ancora una soluzione, ma come per le riforme, vedrete che non
potrà fare a meno di noi».
Silvio Berlusconi incontra in sequenza a Palazzo Grazioli singoli dirigenti e parlamentari, poi i consiglieri neoeletti in Calabria, prima di rientrare ad Arcore.
A tutti predica prudenza, in vista della partita più delicata. «Matteo mi proporrà una terna di nomi e su quelli sceglieremo insieme, dopo che l’assemblea del suo partito gli avrà tracciato un identikit », è quanto va sostenendo il leader.
Forse, non a caso, dopo l’incontro di un paio di giorni fa tra l’«ambasciatore» Denis Verdini e il sottosegretario Luca Lotti a Palazzo Chigi sulle riforme.
In ogni caso, la controproposta che l’ex Cavaliere intende mettere sul tavolo al momento debito per garantire il sostegno di Forza Italia, è quella già discussa con i fedelissimi nei giorni scorsi, oltre che con lo stesso interessato: indicare Gianni Letta come segretario generale del prossimo presidente.
Tanto più se a succedere a Napolitano dovesse essere un altro «di sinistra ».
Clausola difficile da negoziare, non fosse altro perchè difficilmente il futuro capo dello Stato si farebbe imporre il più fiduciario dei collaboratori da un suo grande elettore. Ma tant’è.
Il punto è se Berlusconi riuscirà a garantire il voto di tutti i suoi 130.
Insomma, se Raffaele Fitto e i suoi 38 seguiranno la linea su riforme o Quirinale. Denis Verdini con l’eurodeputato ha cenato mercoledì sera in un noto ristorante dietro la Fontana di Trevi e ha assicurato ieri al capo che la tregua interna è siglata.
Che Fitto non ha nulla da obiettare contro il rinvio dell’entrata in vigore dell’Italicum al 2016 e il Consultellum in caso di voto anticipato.
Sul Quirinale, poi, sarà un’altra partita.
Il fatto è che “Mr 280 mila preferenze” tiene il punto.
Berlusconi ha cenato con tutti i parlamentari? Lui ieri pomeriggio ha riunito ancora una volta la sua truppa nella sala detta “catacomba” di un hotel romano.
Ha confermato ai suoi che l’Italicum a queste condizioni in effetti può andare, ma sul resto «la posizione non cambia di una virgola e da Berlusconi vogliamo prima vedere cammello».
Il capo farebbe volentieri a meno di incontrarlo, ma lunedì se lo ritroverà a tavola ad Arcore per il pranzo natalizio con i 13 eurodeputati.
Il «dimissionario » Verdini gli ha fatto un favore incontrando Lotti e poi Fitto l’altra sera, ma proprio del fedele braccio destro ormai si fida meno, ritiene che proprio con l’ex governatore stia facendo un gioco di sponda.
«Chi pensa a noi come possibili franchi tiratori per il Colle si sbaglia di grosso, quando abbiamo voluto attaccare lo abbiamo fatto apertamente, come nella riforma del Senato, votando contro in 19», mette in chiaro il “fittiano” Saverio Romano. Certo, poi il voto è a scrutinio segreto e quella, ragiona il pugliese Francesco Paolo Sisto, «è sempre una incognita ».
Quanto ai nomi, il consigliere Giovanni Toti a Radio2 ne fa un po’. «La Severino? Con tutti i danni fatti dal governo Monti… Prodi? Lo escludo. Amato? Un moderato di tutto rispetto». Casini? «Un centrista che viene dalla nostra area politica».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
NAPOLITANO CHIARISCE CHE NON RESTERà€ A LUNGO AL QUIRINALE… SUL GIORNO DEL CONGEDO SI IPOTIZZA IL 14 GENNAIO… GIà€ PRONTO LO STUDIO DA SENATORE
Per la prima volta nel corso del suo breve mandato a tempo al Colle, Giorgio Napolitano fa un esplicito riferimento, senza allusioni o sottintesi, alle sue prossime dimissioni di gennaio, per motivi di età (novant’anni nel giugno del 2015) e anche di salute.
Il capo dello Stato da antico e pignolissimo comunista abituato a pesare le parole e le virgole colloca la fatidica frase come incipit del suo discorso per gli auguri del Corpo diplomatico, al Quirinale, nella tarda mattinata di ieri.
Il “periodo travagliato” che attende il Paese
Napolitano è seduto e legge. Al suo fianco, a sinistra per chi guarda, c’è Paolo Gentiloni, titolare della Farnesina. A destra, invece, Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, è bianco e immobile come un busto di gesso.
Re Giorgio saluta i presenti e inizia: “La prossima fine di questo anno 2014 e l’imminente conclusione del mio mandato presidenziale inevitabilmente ci portano a svolgere alcune considerazioni sul periodo complesso e travagliato che stanno attraversando l’Italia, l’Europa e il mondo”.
L’imminente conclusione, alla stregua dell’Apocalisse del Sistema.
La fissità dello sguardo di Gentiloni non oscilla, forse non ha colto. Al contrario la sfinge democristiana di Casini stringe gli occhi, come uno che ha perso d’improvviso l’orientamento e si smarrisce. Poi realizza e a quel punto sembra Massimo Troisi in Non ci resta che piangere quando passa il terribile Savonarola. “Ricordati che mi devo dimettere”. Risposta: “Adesso me lo segno”.
Il capo dello Stato spiega a modo suo il 2014 italiani agli ambasciatori di tutto il mondo e fa un altro regalo natalizio al governo Renzi: “Un’opera difficile e non priva di incognite, quella avviata e portata avanti dal presidente del Consiglio e dal governo. Ma vi potevano essere delle alternative per chi, come noi, crede nelle potenzialità di questo paese”?
Niente semestre bianco. Resta con tutti i poteri
Ancora una volta il capo dello Stato sviluppa il dogma della sua infallibilità politica, che non è proprio la forma della moral suasion prevista dalla Costituzione materiale, e lo fa in un contesto completamente nuovo per la dottrina giuridica: mancano trenta giorni alle sue dimissioni e per lui non esiste alcun semestre bianco, come previsto per i presidenti alla fine del loro settennato.
Napolitano invece sarà nei pieni poteri fino all’ultimo e ieri, per la cronaca, ha letto il quarto discorso nel giro di una settimana . Instancabile, nonostante tutto. L’“imminente conclusione” nel giro di pochissime ore ha scatenato una sorta di gioco del lotto nei palazzi romani della politica.
Tutti alla ricerca della data giusta. Numeri, numeri, numeri. Una baraonda che non ha impressionato il Quirinale, dove si racconta che “il discorso di ieri non cambia di una virgola i programmi, non capiamo tutto questo stupore”.
Il problema è saperli, questi programmi. A Montecitorio, Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, confida che il giorno giusto potrebbe essere il 15 gennaio. “Così ci ha fatto sapere”.
Giovanni Toti, rotondo e supponente scienziato del cerchio magico berlusconiano, pronostica un’altra data: il 23 gennaio. Questo perchè il presidente della Repubblica potrebbe aspettare l’incontro tra Renzi e la cancelliera teutonica Merkel previsto quel giorno.
Ipotesi e strategie. Cosa fare adesso?
Altri, infine, sostengono che forse il capo dello Stato attenderà , il 29 gennaio, l’esito della decisiva votazione del Parlamento di Atene per il nuovo capo dello Stato greco. Uno scenario profetico per il nostro Paese: perchè in caso di voto negativo si andrebbe alle elezioni politiche.
In questo lasso di tempo, i renziani sperano pure di portare l’Italicum alla firma di Napolitano. Incuranti che il probabile Vietnam sulla legge elettorale sarà la prova generale dei franchi tiratori per gli scrutini quirinalizi.
L’unica certezza, allora, si ricava dal discorso del 16 dicembre alle alte cariche dello Stato. Il presidente aspetterà il 13 gennaio per la fine del semestre europeo a guida italiana.
Prima ancora, nel discorso di fine anno, quasi sicuramente spiegherà agli italiani perchè ha deciso di dimettersi. Una volta decisa la data vergherà poche righe per informare i presidenti del Parlamento, Pietro Grasso (Senato) e Laura Boldrini (Camera), e il premier.
A Grasso, poi, toccherà il ruolo di supplente, alla Boldrini convocare entro 15 giorni i grandi elettori a Montecitorio.
Napolitano tornerà a fare il senatore a vita, nello studio di Palazzo Giustiniani occupato prima di essere eletto al Quirinale nel 2006.
La coabitazione con il successore non sarà sul modello dei due papi. Napolitano continuerà a fare politica e qualora il nuovo capo dello Stato non rientrasse nello schema e nel profilo che lui spera, la sua voce potrebbe sentirsi spesso.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
LASCIA UNA SCIA DI SERENITA’ E MISURA, DOTI ALLE QUALI CI STIAMO DISABITUANDO
Virna Lisi è stata una delle donne più belle del mondo. 
Ma esserlo doveva sembrarle troppo facile, un dono innato del quale non era bene approfittare più di tanto.
A Hollywood, che la voleva come Prima Bionda, rispose con sublime understatement che non se la sentiva. Non era quella la vita che voleva fare, preferiva tornare a Roma, alla sua vita borghese. E al suo adorato marito Franco Pesci, un matrimonio durato più di mezzo secolo e finito un anno fa con la morte di lui, seguito a breve distanza da lei. Una coppia di ragazzi felici di essere riusciti a invecchiare insieme.
Il dispiacere per la sua scomparsa è grande e piuttosto speciale, viene da dire che è un lutto luminoso, un po’ perchè è impossibile oscurare la luce di quel viso, un po’ perchè Virna Lisi lascia dietro di sè una scia di serenità e di misura, doti alle quali ci stiamo disabituando.
Il successo, che oggi è inseguito come un’ossessione, passò su di lei senza scombinarne troppo la vita, e soprattutto senza lasciare cicatrici.
Le sole cicatrici ammesse erano quelle del tempo. Le prime rughe, che dicono lei aspettasse con una certa ansia pur di sottrarsi al crisma di Più Bella del Reame, aggiunsero intensità al suo volto di attrice, tanto che negli anni della maturità , quando si sentiva al sicuro dal rischio di diventare un sex symbol (aveva detto di no anche a James Bond, doveva essere lei e non Ursula Andress a uscire in bikini dalle acque tropicali), la sua carriera ebbe un’impennata.
Molte delle sue cose migliori – cinema e fiction televisive – le ha fatte dai cinquant’anni in poi, come per vincere (e l’ha stravinta) una scommessa con la sua smagliante bellezza e il rapido consumo che il cinema, vorace sciupafemmine, avrebbe voluto e potuto farne.
Impossibile pensarla nei panni, che pare fossero già pronti e su misura, di una “nuova Marilyn”: la Lisi poteva eguagliarne la bellezza ma non la fragilità , non la disperata e fatale dipendenza dagli uomini.
Con una battuta, potremmo dire che se i Kennedy l’avessero invitata avrebbe risposto che non poteva perchè quella sera aveva gente a cena e doveva cucinare.
Non è dato sapere con quanta intenzione, ma è certo che la sua carriera ha una forte venatura di indipendenza femminile, di autodeterminazione, di orgoglioso e sorridente distacco dal destino fastoso, ma anche corrivo, che lo star system riserva alle bellissime.
Non per caso è di una regista, Cristina Comencini, con la quale aveva raggiunto un grande affiatamento professionale, l’ultimo film di Virna Lisi, Latin Lover, terminato la scorsa estate.
Per il pubblico delle sale e per quello, vastissimo, della televisione popolare, il volto di Virna Lisi ha avuto il pregio, rarissimo, di assecondare il passare del tempo senza nessun imbarazzo e nessun rincrescimento, ovvero senza quelle trasfigurazioni chirurgiche che così spesso mutano il volto in una maschera, cancellandone i tratti come per censurarli.
Era diventata una splendida anziana signora, è stata capace di condurre in porto il proprio viso ancora intatto, e intatto proprio perchè affidato alle rughe e alla vita. Questa sorta di immacolata resistenza alle tentazioni e alle lusinghe dell’epoca fa della signora Virna Pieralisi, in arte Lisi, certamente una gran donna, che è perfino qualcosa di più di una grande attrice.
Ci mancherà molto di più di quanto ci mancherebbe se avesse fatto la Bond girl o si fosse fidanzata con un Kennedy.
Michele Serra
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
L’ESPERTO IN ASSUNZIONI A SPESE PUBBLICHE E SENZA CONCORSO DI MOGLI PASSATE E PRESENTI BUTTA A MARE ANCHE IL FEDERALISMO PUR DI ACCHIAPPARE QUALCHE VOTO AL SUD… E ASSOLDA PER LA TRAVERSATA ANCHE I SERVITOR DI TRE PADRONI
C’era una volta il verde leghista. La Padania libera e i militanti con le cornamuse. E soprattutto c’era una volta, anche se erano pochi anni fa, il Matteo Salvini che la notte a Pontida, tra una birra e l’altra, intonava cori contro i napoletani con i giovani padani. La Lega 2.0 che nasce venerdì mattina alla sala del Mappamondo della Camera, nel cuore di Roma (ex “ladrona”) avrà invece il giallo e il blu come colori dominanti.
E un nome che farà da filo conduttore del frastagliato arcipelago di club, liste e associazioni che dreneranno voti di destra al centrosud: Salvini.
Non si può certo dire che la vecchia Lega, quella del Senatur, non fosse a suo modo un partito personale,e infatti il nome del Capo campeggiava nel simbolo con l’Alberto da Giussano.
Ma in quel caso la persona del leader stava dentro un racconto più complesso, fatto di popoli, ampolle e rivolte fiscali.
Stavolta invece il tratto personale del partito di Salvini si fa ancora più forte, grazie al disegno strutturato di costruire un movimento che scimmiotta il lepenismo, dunque rivolto a tutti gli italiani, a partire dagli orfani di Forza Italia e della destra in senso molto lato.
“Prima il Nord”, il poco fortunato slogan della breve stagione maroniana, che mirava a dimenticare Padania e ampolle e a costruire una forza politica macroregionalista, è sparito dai radar.
Così come la parola ”Nord”, la questione settentrionale e il federalismo.
Tutto archiviato, ora sono No euro e no immigrati i due capisaldi dell’altro Matteo, leader onnipresente in tv e sui social network, spinto un giorno si saprà da chi e da quali interessi.
ll progetto di Salvini sarebbe quello di costruire un partito di destra fortemente leaderistico con poche parole d’ordine legate all’euroscetticismo e alla destra europee e solidi riferimenti internazionali nel Front National e nel partito russo di Putin .
Un progetto assai ambizioso, che ha cambiato gli iniziali connotati pensati per la Lega del Sud: quello che nascerà sarà una sorta di franchising politico, in comune le varie organizzazioni territoriali avranno il nome “Salvini” (poveretti…) e poi la declinazione locale: “Bari con Salvini”, “Calabria con Salvini” e via dicendo.
Siamo in pieno delirio di onnipotenza, anche perchè il trend sembra essersi fermato L’obiettivo del Capitone sarebbe di catalizzare consensi del centro sud sulla base della contingente popolarità del leader.
Il tema dei riciclati è al centro dell’agenda di Raffarele Volpi, senatore bresciano di lungo corso che ha in mano da mesi il dossier “Lega sud”.
Ed è anche il motivo per cui il varo, previsto per inizio dicembre, è stato più volte rinviato.
Da alcune settimane girano alcuni nomi più o meno noti del vecchio centrodestra: Silvano Moffa, ex vicepresidente della provincia di Roma con An, finiano poi rapidamente rientrato col Cavaliere al momento del decisivo voto del dicembre 2010. E ancora, l’ex deputata Pdl Souad Sbai, italo marocchina.
E Barbara Mannucci, un passato nei club di Dell’Utri, giovane meteora Pdl della scorsa legislatura.
E il di lei marito Enrico Cavallari, già assessore della giunta Alemanno.
A Roma c’è Marco Pomarici, già presidente del Consiglio comunale con Alemanno, poi passato a Ncd, e ora unico componente di un gruppo proto-leghista all’assemblea capitolina. Alcuni suoi fans, nei giorni scorsi, sono stati protagonisti delle contestazioni al sindaco Marino, con look e tute della As Roma distanti anni luce dall’immaginario padano.
Anche ad Anzio due consiglieri comunali di centrodestra sono usciti per dar vita a un gruppo leghista. Senza dimenticare la galassia di Casa Pound, che già si è saldata con la Lega a ottobre nella manifestazione a Milano contro l’immigrazione.
“Vogliamo essere gli alfieri della linea politica di Salvini”, ha spiegato all’Espresso il vicepresidente di Casa Pound Simone Di Stefano. In cambio, un domani, di posti in Parlamento.
Anche nella destra barese l’effetto Salvini si fa sentire. Il numero uno è Rossano Sasso, dell’Ugl Scuola, che tiene le fila in Puglia della nascente Lega 2.0, che ha già dato vita a una pagina Facebook “Bari con Salvini”.
Ci sono anche Massimo Ciullo, ex assessore a Brindisi, esponenti salentini di Casa Pound. In Sardegna si è già fatto vivo Marcello Orrù, del Partito sardo d’azione.
A Napoli in prima fila ci sono Vincenzo Pepe con la sua associazione Fare ambiente e Gianluca Cantalamessa, figlio di uno storico dirigente del Msi e patron dell’associazione “Cambiamò”.
A Via Bellerio lo sbarco al Sud non viene visto con pregiudizio, e tuttavia preoccupa l’idea di un “one man party”.
I pochi leghisti che ancora compaiono sulle tv non hanno più i fazzoletti verdi, e anche alle iniziative in Lombardia compaiono volti nuovi, sconosciuti ai tradizionali raduni padani.
Bossi, dal canto suo, parlando con Huffpost, spiega che il progetto sud “presenta delle contraddizioni che prima o poi verranno al pettine. Il problema è che il Nord non può più mantenere il Sud…”.
E il progetto di Salvini di superare Forza Italia? “Mah, lui ci crede, e ora il segretario è lui…”, sbuffa il Senatur, inspirando il suo sigaro.
Quanto ai riciclati, o peggio, spiega Bossi: “Bisogna stare attenti.E non possiamo dimenticare il nostro primo obiettivo, che è realizzare il federalismo”.
In realtà l’operazione assomiglia sempre più a uno sbarco in via Bellerio di un barcone di profughi in cerca non di asilo politico ma di una poltrona: e in fondo a Salvini pare andare bene così.
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Dicembre 19th, 2014 Riccardo Fucile
“HO CRITICATO I CONSIGLIERI COMUNALI GENOVESI E NON POSSO PIU’ ACCEDERE AL BLOG E NEPPURE VOTARE PER LE PRIMARIE REGIONALI”
“Un’epurazione silenziosa per avere criticato i consiglieri comunali genovesi”: è la denuncia di
Roberto Mattioli, attivista di Rapallo del Movimento 5 stelle.
“Da 3 settimane non posso accedere al blog e neppure candidarmi o votare per le primarie regionali”, racconta l’inscritto al movimento.
“Io sono iscritto dal 2010, non ho mai avuto problemi. Anche questa volta volevo votare i candidati alle regionali, ed eventualmente candidarmi. Invece non è stato possibile, da 3 settimane non posso più accedere al portale, come se fossi stato cancellato”, spiega Mattioli.
Dallo staff di Milano la spiegazione è stata di un “problema tecnico”, ma secondo Mattioli c’è dell’altro: “Recentemente ho criticato i consiglieri comunali genovesi 5 stelle per l’atteggiamento nel dopo alluvione”.
Insomma, una coincidenza sospetta, per l’attivista 5 stelle, che ha deciso di denunciare l’accaduto.
“Se devi essere espulso, come sta accadendo di frequente negli ultimi tempi ricevi una comunicazione e ne prendi atto. In questo caso, ma anche in altre situazioni, semplicemente vieni bloccato”.
Insomma, un’epurazione silenziosa per mettere a tacere chi critica i manovratori, secondo Roberto Mattioli, che però assolve Beppe Grillo: “Queste vicende dipendono dallo staff, lui penso non ne sappia nulla”.
(da “Primocanale”)
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