Giugno 25th, 2015 Riccardo Fucile
SPAGNOLLI RISCHIA LA CRISI PER L’OMBRA DEL TYCON AUSTRIACO…LE OPERAZIONI IMMOBILIARI LEGATE A RENE’ BENKO
Bolzano ha un nuovo sindaco da un mese, ma potrebbe finire commissariata. 
Luigi Spagnolli (Pd), in realtà rieletto per la terza volta, è arrivato infatti in consiglio comunale e non ha trovato i voti per una maggioranza per dare l’ok alla nuova giunta. A mancare è stato il voto di una esponente della Sà¼dtiroler Volkspartei, Anna Pitarelli, e così il sindaco ha ottenuto solo 22 sì contro 23 no.
E proprio oggi, 25 giugno, scade il termine previsto dalla legge elettorale per la formazione della giunta. Così per Spagnolli è ora iniziata una corsa contro il tempo per tentare di trovare un modo per avviare la legislatura.
I giornali locali altoatesini parlano di “colpo di scena” poichè la decisione della Pitarelli non era stata comunicata alla Svp — che fa parte formalmente della coalizione che ha sostenuto Spagnolli alle elezioni — e perchè la stessa consigliera aveva votato insieme al resto dei consiglieri di maggioranza per l’elezione del presidente del consiglio comunale.
“E’ una manovra per avere di sicuro il commissario e aprire la strada all’operazione Benko” dice il sindaco all’Alto Adige.
L’operazione Benko è cruciale in questa partita politica, anche se per chi non è bolzanino non dice niente.
Renè Benko è un tycoon austriaco di 38 anni: è considerato uno dei 50 uomini più ricchi del suo Paese perchè proprietario del più grande gruppo privato austriaco attivo nel settore immobiliare, peraltro condannato in via definitiva per tentata corruzione.
A Bolzano si parla lui da tempo, nel bene e nel male, per le sue operazioni in città .
Tra queste la costruzione di un megastore multipiano vicino al duomo. Ma non solo. Tanto che esiste una pagina facebook che si chiama “Benko che compra cose”.
Tra queste spunta anche “Benko compra la destra e la sinistra per costruire il nuovo centro. Commerciale”.
Le operazioni di Benko, dunque, sono diventate tema di campagna elettorale.
E tra le liste della Svp c’era anche una pattuglia di cosiddetti “benkiani”. E tra questi c’era anche Anna Pitarelli, la “franca tiratrice” di Spagnolli.
Il sindaco è in mezzo al fuoco incrociato tra le varie anime della sua coalizione.
Chi è apertamente “anti Benko” sono i Verdi guidati da Cecilia Stefanelli.
E il primo cittadino, peraltro arrivato in municipio dopo un ballottaggio con altissima astensione, ha dovuto passare molto del tempo trascorso dal giorno della sua rielezione per trovare una quadra dentro la sua coalizione, tanto da chiedere una “tregua” di un paio di mesi per rinviare la questione all’autunno e eventualmente far passare da un referendum.
Ma la tregua evidentemente non c’è stata.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 25th, 2015 Riccardo Fucile
NON SARA’ SOSPESO… ORA ANCHE DE LUCA SPERA
Il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso del sindaco di Napoli Luigi de Magistris contro la sospensione dalla carica disposta in base alla legge Severino.
Il presidente Ferrara, in considerazione dell’ “evidente rilievo mediatico assunto in questi giorni dalla questione relativa al ricorso proposto dal sindaco di Napoli avverso il decreto prefettizio di sospensione dalle funzioni nei suoi confronti emesso ai sensi della cosiddetta legge Severino, l’interesse pubblico sotteso”, si legge nella nota, comunica che “con ordinanza depositata in data odierna il Tribunale ha sospeso l’efficacia del suddetto provvedimento fino alla decisione della Corte Costituzionale sulla già sollevata questione di legittimità costituzionale, rimettendo le parti per il merito all’udienza del 26 ottobre”.
Questa sentenza delle toghe potrebbe avere effetti futuri anche sul caso De Luca. Anche sul capo del neoeletto presidente di regione pende infatti lo stesso rischio di sospensione per effetto della Severino.
Quella di mantenere in carica de Magistris è “una decisione del tribunale. L’ennesima prova che un pezzo della legge Severino non funziona. Ci sono pezzi della legge che si potrebbero correggere, come il regime delle sospensioni”.
Lo ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano arrivando alla riunione del Ppe, a Bruxelles.
Dopo la sospensione scattata a seguito della condanna in primo grado per abuso di ufficio nel caso WhyvNot, de Magistris aveva ottenuto la sospensiva dal Tar che aveva anche trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale.
Il provvedimento del Tar sarebbe comunque rimasto in vigore fino a domenica.
L’ex magistrato era sta condannato, il 24 settembre 2014 a Roma, ad un anno e tre mesi di reclusione a conclusione del processo “Why not”.
Il pm di Roma Roberto Felici aveva chiesto l’assoluzione per l’imputato: “Chiedo l’assoluzione per Luigi de Magistris perchè il processo ha dimostrato che non era a conoscenza che stesse compiendo atti illeciti”.
E così subito dopo il verdetto il sindaco arancione aveva annunciato battaglia, parlando di “errore giudiziario”, e aveva brindato quando il Tribunale amministrativo prima, il Consiglio di Stato poi aveva congelato la sua sospensione e inviato gli atti alla Consulta.
L’ex magistrato era sta condannato, il 24 settembre 2014 a Roma, ad un anno e tre mesi .
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 25th, 2015 Riccardo Fucile
“CASO STRANO IL LIBRO CHE HO SCRITTO IN ITALIA NON VUOLE PUBBLICARE NESSUNO”
«Il destino politico di Silvio Berlusconi è strettamente legato a questa sentenza. Se verrà assolto,
vorrà dire che sono un bugiardo. Ma se invece sarà condannato, allora i giudici avranno stabilito che un ex presidente del Consiglio ha offeso gravemente le istituzioni repubblicane ».
Quando faceva il giornalista, scovò Tommaso Buscetta in crociera. Parlamentare tra il 2006 e il 2013, ha confessato di essere stato corrotto con 3 milioni di euro.
Dopo aver patteggiato la pena, Sergio De Gregorio si è inventato un altro lavoro. «Promuovo all’estero piccole imprese italiane. Quelle che vendono pomodori, olio di oliva, arredi d’ufficio», racconta.
Berlusconi rischia 5 anni di reclusione anche per le sue accuse. Come finirà il processo?
«Per carità , non faccio pronostici. Non provo alcun risentimento nei confronti di Berlusconi, nè l’ho mai provato. Ho solo scelto di dire verità . Avrebbe fatto bene a dirla anche Lavitola. Mi dispiace che, per difendere questa barricata, stia pagando un prezzo altissimo in termini di carcerazione preventiva».
Perchè secondo lei Lavitola non dice tutto?
«Una volta glielo ho domandato anche io, in aula. Valterino, gli ho detto, ma chi te lo fa fare? E lui ha sfregato il pollice e l’indice, per alludere ai soldi. Ma un giorno di carcere non vale tutti i soldi del mondo».
Lei però quei tre milioni per passare al centrodestra li ha presi.
«Ho sbagliato a mettere la mia funzione a disposizione di Berlusconi. Ma ho ammesso le mie colpe, ho pagato e chiesto scusa a tutti. Anche a Prodi e a Papa Francesco?».
Papa Francesco?
«Gli ho scritto per scusarmi di aver strumentalizzato persino il cardinale Parolin per fare un piacere a Berlusconi».
A cosa si riferisce?
«Nell’ambito del processo Mediaset, Berlusconi era preoccupato per una rogatoria a Hongk Kong . Il premier locale voleva incontrare Benedetto XVI. Ne parlai con monsignor Parolin, senza spiegargli che si trattava di un favore a Berlusconi».
Il Papa le ha risposto?
«No».
Il pm ha detto di essere certo che altri parlamentari, non solo lei, siano stati corrotti.
«L’ho sempre pensato anche io, ma non ho le prove. Ho raccontato solo i fatti di cui avevo conoscenza diretta».
Che fine ha fatto il libro che doveva scrivere sull’Operazione Libertà ?
«In Italia non vuole pubblicarlo nessuno. Un editore inglese potrebbe farlo dopo la sentenza. Sempre che non riescano a bloccare pure lui».
(da “La Repubblica”)
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Giugno 25th, 2015 Riccardo Fucile
LA FIDUCIA IN RENZI AL MINIMO STORICO
La fiducia nel premier Matteo Renzi tocca i suoi minimi storici.
Nell’ultimo sondaggio realizzato dall’Istituto Datamedia Ricerche per «Il Tempo», infatti, dopo aver resistito per due settimane sul 37%, il dato – che interessa da vicino il Presidente del Consiglio e il suo operato – è sceso al 36%.
Il -1% di questa settimana, dunque, trascina Renzi al suo risultato più basso, influenzando anche quello del suo partito.
Guardando alle intenzioni di voto, il PD registra la performance peggiore della rilevazione: la flessione è dello 0,4%, e i dem, nel complesso, scendono al 34,3% allontanandosi sempre di più dalla percentuale ottenuta alle Europee che avevano segnato il punto più alto del consenso per il premier.
Ma, nel centrosinistra, il dato del Pd si accompagna a quello di Sel, anch’esso in calo questa settimana, al 3,8% (-0,1%).
Recupera lo 0,2% invece, Area Popolare, che sale al 2,7%.
A destra dell’emiciclo, calano la Lega Nord e Fratelli d’Italia. Entrambi perdono lo 0,1% e il Carroccio scende al 15%, mentre Forza Italia sale al 12,5%
Il MoVimento 5 Stelle è in crescita dello 0,5%, al 22,3%).
Non cambia molto, invece, sul fronte del non voto: mentre l’astensione rimane stabile come la scorsa settimana al 33,6%, la percentuale degli indecisi (17,2%) e delle schede bianche (2,1%) flette rispettivamente dello 0,1%.
Questo significa che, nel complesso, ancora più della metà degli italiani (52,6%), se si tornasse alle urne domani, non saprebbe (o non vorrebbe) scegliere nessuno dei partiti che scenderebbero in campo.
(da “il Tempo”)
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Giugno 25th, 2015 Riccardo Fucile
NOTTE DI FUOCO AL SENATO, TRATTATIVE ANCORA IN CORSO
Una notte da incubo e un patatrac in vista del voto di fiducia, con la possibilità che il governo traballi
fino a cadere.
E tutto ad opera del Nuovo Centrodestra.
Tuona il senatore Carlo Giovanardi: “Il provvedimento così com’è non lo voterò mai, o lo cambiano o farò mancare la fiducia“.
E come lui altri colleghi del partito, componente del gruppo Ap-Area popolare. Ma oltre al governo, la “Buona Scuola” al Senato rischia di fare un’altra vittima eccellente: il ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Il maxi-emendamento presentato martedì 23 giugno dai senatori Francesca Puglisi (Pd, responsabile scuola del partito) e Franco Conte (Ap), e su cui Renzi ha posto la fiducia, comprende infatti un comma che per la maggioranza rischia di essere deflagrante: “l’educazione di genere“.
Un tema che per l’elettorato conservatore è materia incandescente, soprattutto a a pochi giorni da un Family Day dove la star assoluta è stato il leader dei neocatecumenali Kiko Arguello (“Il femminicidio è colpa delle donne che non amano i mariti”) e il più gettonato lo slogan “No al gender nella scuola, sì alla famiglia naturale”, che era l’alternativa moderata al più drastico e definitivo “Gender sterco del demonio”.
Già il 3 maggio l’A.Ge., Associazione italiana genitori, insieme ad altre 40 associazioni tutt’altro che progressiste (ProVita, Movimento per la Vita, Giuristi per la Vita) si era presentata al Quirinale per consegnare a Sergio Mattarella oltre 180mila firma a sostegno della petizione “sull’educazione affettiva e sessuale nelle scuole”. Ossia, contro quella parte della riforma Buona Scuola che prevede l’introduzione di insegnamenti sulla “parità di genere” e la “prevenzione della violenza di genere” nelle classi di ogni ordine e grado: un modo, secondo i firmatari, per introdurre di soppiatto tra i banchi di scuola quella che chiamano “teoria del gender“, un’ideologia “che nega la differenza fra i sessi e la riduce a un fenomeno culturale”.
Che c’entra Alfano con il “genderismo”? Apparentemente nulla.
A introdurre “l’insegnamento di genere” nel dibattito alla commissione Cultura di Montecitorio era stata Giovanna Martelli, deputata Pd e soprattutto consigliera per le Pari Opportunità di Matteo Renzi, autrice di un emendamento per arricchire i Pof, i piani di offerta formativa delle scuole, con una materia nuova e ben precisa: “L’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori” contro femminicidio, omofobia, transfobia.
Roba indispensabile per un Paese dove ogni due giorni una donna viene assassinata dal marito o dal partner; ma per le associazioni ultra-cattoliche l’articolo 12 della riforma Buona Scuola è stato come un drappo rosso agitato davanti al toro e lo hanno ampiamente dimostrato durante il Family day.
E adesso? Al Senato, la riforma della scuola non è riuscita ad essere nè discussa, nè modificata, nè approvata in commissione Cultura perchè alla maggioranza mancavano i numeri per farla passare.
Su 15 senatori di maggioranza, ce n’erano ben tre (il premio Nobel Carlo Rubbia più due ribelli del Pd, Walter Tocci e Corradino Mineo) che si erano dichiarati indisponibili a votare a favore della figura del cosiddetto “preside sceriffo”.
Per evitare al governo di finire sotto su un punto considerato chiave da Matteo Renzi e da Maria Elena Boschi (la cui madre, Stefania Agresti, è preside a San Giovanni Valdarno) martedì pomeriggio la commissione è stata annullata e il parere (obbligatorio) è saltato.
In Aula la Buona Scuola è arrivata solo grazie a quella che i critici più feroci definiscono una forzatura della prassi e del regolamento di Palazzo Madama su cui il presidente Pietro Grasso avrebbe dato personalmente il via libera: non solo la riforma è approdata al voto senza il parere della commissione competente, ma la fiducia viene posta proprio sul maxi-emendamento che in pratica sostituisce l’intero testo uscito dalla Camera.
Firmato dai due relatori in commissione, il maxi-emendamento riprende i punti fondamentali votati a Montecitorio, compresi quelli su cui, in realtà , tutti si aspettavano (o speravano) modifiche alla camomilla da parte di Palazzo Madama. Educazione di genere compresa.
Ed ecco il rischio patatrac.
La fiducia che Renzi ha posto sul maxi-emendamento, rendendolo non modificabile, mette brutalmente Alfano e l’Ncd davanti a una sorta di aut aut suicida: o tiene in piedi il governo votando un emendamento che all’articolo 2 “assicura l’attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119″ (quella contro femminicidio, stalking, violenza domestica…) e mettendosi contro un bel pezzo del suo stesso elettorato, oppure non vota la fiducia e allora addio: Renzi, Alfano e il governo tutto se ne vanno a casa.
Cosa è meglio per Angelino? Cosa è peggio per il suo partitino?
Quali speranze hanno, l’uno e l’altro, di sopravvivere a un’elezione non prevista, non cercata e non voluta da nessuno?
E Renzi, ecco: cosa significherebbe per Renzi il naufragio della Buona Scuola, cioè il primo, clamoroso fallimento di quella politica muscolare che lo ha caratterizzato finora?
Tutte domande che tra palazzo Chigi e palazzo Madama in molti si sono posti durante la notte, cercando freneticamente una via d’uscita all’impasse.
La seduta al Senato è finita alle 23.53 con un nulla di fatto. E ora si ricomincia con una riunione tra Ncd e il governo per cercare di fare il miracolo. Che per Giovanardi può essere uno solo: “Cambiare il testo, assolutamente“, dice.
Ma bisognerà vedere se il presidente Grasso accetterà di riformulare un testo sul quale il governo ha già posto la fiducia. “Per noi non ci sono alternative”, dice Giovanardi: “O si toglie quella norma oppure Renzi non avrà la fiducia”
Anna Morgantini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 25th, 2015 Riccardo Fucile
CONSIDERATA VICINA A CASALEGGIO E’ STATA LICENZIATA CON 26 VOTI CONTRO 17
Vita difficile per i responsabile della comunicazione nel Movimento Cinque Stelle. Ilaria Loquenzi, capo della comunicazione dei deputati pentastellati, è stata ‘silurata’ dal voto dell’assemblea M5S di Montecitorio.
Secondo indiscrezioni, in 26 hanno votato per licenziarla mentre solo 17 si sono schierati perchè continuasse a ricoprire l’incarico.
Tra i 26 che hanno votato per il suo licenziamento, ci sarebbero anche l’attuale capogruppo Francesca Businarolo, il vicecapogruppo Giorgio Sorial, l’ex capogruppo Fabiana Dadone e un gruppetto di ‘deputati liguri’ considerati vicini a Massimo Artini, ex 5 stelle.
Ilaria Loquenzi – che era a capo della comunicazione da nemmeno 6 mesi e aveva sostituito il precedente, Nicola Biondo, anche lui licenziato improvvisamente, dopo il risultato non felice di M5S alle Europee – non lavorerà più per i 5 stelle dall’inizio di luglio.
Anche se il suo contratto era stato rinnovato appena un mese fa.
Questo voto sarebbe di fatto un attacco al direttorio M5S che invece ha votato perchè la Loquenzi continuasse il suo lavoro.
Tra l’altro, secondo alcuni 5 stelle, questo nuovo scossone – che arriva dopo il risultato positivo alle ultime amministrative – potrebbe creare un “piccolo terremoto” dentro il Movimento, dato che la Loquenzi veniva considerata in contatto diretto con Gianroberto Casaleggio.
Quindi, in M5S c’è chi teme che possano esserci conseguenze e reazioni da parte dello stesso Casaleggio che domani potrebbe dire la sua sul blog di Grillo.
Anche i colleghi dell’ufficio stampa di M5S Camera potrebbero adottare una iniziativa, così viene detto, per esprimere solidarietà alla collega.
(da “La Repubblica”)
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