Gennaio 24th, 2016 Riccardo Fucile
IL LIQUIDATORE: “NON SERVONO ULTERIORI ACCERTAMENTI”
Per Banca Etruria deve essere “dichiarato lo stato di insolvenza”. Il commissario liquidatore Giuseppe Santoni lo scrive in maniera fin troppo chiara. Non c’è scampo: “Non (sono, ndr) necessari accertamenti ulteriori”.
La relazione del liquidatore inchioda tutti i vertici dell’istituto di credito aretino dal 2010 in poi, compreso Pier Luigi Boschi sia nel periodo in cui è stato consigliere di amministrazione della banca — dal 2011 — sia in quello durante il quale ha ricoperto, da metà 2014, l’incarico di vicepresidente della popolare.
Prima però c’è un altro passaggio, fondamentale ma dall’esito — secondo buona parte degli attori coinvolti — scontato: la dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale fallimentare.
Spetterà a quest’ultimo, infatti, nel corso dell’udienza fissata per l’8 febbraio prossimo, accogliere la proposta del liquidatore di decretare l’insolvenza di Etruria. Da quel momento il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, potrà aprire un fascicolo ipotizzando anche la bancarotta fraudolenta e avviare così un’inchiesta con approfondimenti investigativi e giudiziari su ogni voce della malagestio compiuta dagli amministratori e già certificata da Banca d’Italia in ben tre ispezioni della vigilanza che hanno poi portato nel febbraio 2015 al necessario commissariamento.
Gli inquirenti potranno spulciare ogni euro che è uscito dall’istituto di credito.
Ogni euro che è stato affidato attraverso crediti, fidi, prestiti ad amici e aziende; ogni euro finito in premio di produzione (circa due milioni), ogni euro dato come compenso in consulenze (15 milioni complessivi) o persino in liquidazioni (come quella riconosciuta all’ex direttore generale, Luca Bronchi, altri due milioni).
Ogni euro che ha causato il cratere nei conti e portato la banca a essere appunto insolvente cioè incapace di sopravvivere, di alimentarsi, di proseguire la propria attività .
Nelle circa 20 pagine di relazione firmata da Santoni — che Il Fatto ha potuto leggere — viene ripercorso, in una sorta di via crucis, il progressivo azzeramento del patrimonio netto ridotto a 22 milioni al 30 settembre 2015 e calcolato dai commissari straordinari solo dopo aver “scoperto” crediti deteriorati non indicati. La relazione è focalizzata sulla gestione della “vecchia” Etruria, precedente cioè alla divisione tra nuova banca e bad bank.
L’insolvenza è tecnicamente propedeutica alla bancarotta fraudolenta. Ma i reati potrebbero essere a cascata molti altri, a partire dalla truffa per i risparmiatori che hanno investito nelle obbligazioni subordinate.
Le responsabilità penali, in questo caso, sono personali e quindi attribuibili ai singoli amministratori.
Lo stesso Rossi lo aveva sostanzialmente annunciato: “Se la società dovesse andare in insolvenza è chiaro che tante cose (oggi, ndr) lecite potrebbero assumere un altro rilievo”.
Il magistrato si era così espresso nel corso dell’audizione il 28 dicembre scorso davanti alla prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura che aveva aperto un fascicolo a suo carico ipotizzando un conflitto di interessi tra i fascicoli che riguardano Boschi e la sua consulenza con il governo avviata con l’esecutivo guidato da Enrico Letta e poi rinnovata da quello di Matteo Renzi.
I giudici hanno inizialmente ritenuto la sua posizione chiara ed esauriente tanto da indirizzarsi unanimemente verso l’archiviazione, ma nei giorni scorsi hanno riaperto il fascicolo a seguito di un servizio di Panorama che ha svelato un altro frammento del passato di Boschi collegato a Rossi: il pm aveva indagato e poi archiviato il padre del ministro delle Riforme, Maria Elena.
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 24th, 2016 Riccardo Fucile
ITALO: “CONVENZIONI SE RICHIESTE”… TRENITALIA: “NOI OFFERTE SOLO DEDICATE AI GRUPPI”
Chi volesse raggiungere Roma sabato 30 gennaio per partecipare al Family day può usufruire di uno sconto del 30% sui treni Italo.
L’offerta per partecipare alla manifestazione contro le unioni civili – che si terrà con tutta probabilità al Circo Massimo – ha destato più di una polemica.
La notizia è stata pubblicizzata dalla pagina Facebook del comitato “Difendiamo i nostri figli”, che annuncia una riduzione del 30 per cento per chi prenoterà il viaggio verso Roma per quel giorno con il codice Family30.
Alle polemiche sull'”aiutino”, Italo ha risposto tramite twitter: “Italo offre convenzioni se richieste, per ogni tipologia di evento autorizzato, senza fare scelte ideologiche e di appartenenza”.
In un primo momento sembrava che anche Trenitalia avesse previsto un’analoga offerta, ma sempre dall’account twitter l’azienda ha precisato: “Non esiste alcuna offerta dedicata FamilyDay esistono, da tempo, offerte dedicate a gruppi”.
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Gennaio 24th, 2016 Riccardo Fucile
LA SPONDA DI D’ALEMA E I RETROSCENA
«Sono pronto a ricandidarmi. Ma l’ultima parola la pronuncerò il sette marzo, quando finalmente si capirà che le primarie del Pd sono state senza senso».
Ignazio Marino muore dalla voglia di tornare in pista. Lo confida a chiunque lo incontri.
Da quando sabato scorso ha rimesso piede in Italia, ha intrapreso un vorticoso giro di colloqui privati.
Al telefono o faccia a faccia, sonda riservatamente i big della galassia antirenziana. L’ultimo, tre giorni fa, è stato l’ex ministro Massimo Bray.
«So che anche tu vorresti candidarti. Lavoriamo assieme alla soluzione migliore?».
La voce è arrivata anche al largo del Nazareno, ed è scattato l’allarme. Perchè a unire i due potenziali antagonisti di Roberto Giachetti è un link preciso: Massimo D’Alema. E un obiettivo comune: colpire la candidatura renziana nella Capitale.
Quando sul display del telefonino è comparso il numero di Bray, Marino ha colto la palla al balzo.
L’ex titolare dei Beni culturali nel governo Letta (non riconfermato da Renzi) vuole davvero ostacolare la corsa di Giachetti.
Ha una rete di relazioni che lo sostiene – a partire proprio da D’Alema – e un’esperienza politica maturata (proprio con Marino) nella fondazione dalemiana Italianieuropei.
Con l’ex premier il sodalizio è antico. Senza contare il rapporto con Giuliano Amato, cementato dall’esperienza in Treccani.
A dire il vero, neanche i bersaniani negano più la tentazione di indebolire Renzi sgambettandolo nella Capitale: «Il popolo del Pd è deluso ammette Davide Zoggia – il rischio è che un pezzo di partito si disimpegni. E Marino, si sa, ha ancora una sua forza…».
Ecco il cuore del piano, allora.
Chi scommette sul fallimento delle primarie dem cerca di unire i nemici del premier. Boicottando i gazebo, poi lanciando una figura unitaria “di sinistra”.
Per costringere il candidato dem al terzo posto alle Comunali, fuori dal ballottaggio. «So che Marino e Bray si sono parlati conferma il capo di Sel a Roma, Paolo Cento- ma hanno ragionato anche con Fassina. Bray è sostenuto da D’Alema, ma il nodo non sono i padrini politici: stavolta possiamo allargare il campo della sinistra con una proposta unitaria».
E a Marino si torna. Con la lettera a Repubblica, il sindaco sfiduciato di fronte al notaio ha escluso di partecipare alle primarie. La strada, come ha rivelato in privato, è ormai un’altra: denunciare l’assenza di sfidanti a Giachetti, poi contrattaccare. Solo un’ombra offusca i suoi piani.
«Appena tornerò a mostrarmi – confida in privato – riprenderanno gli attacchi». Si riferisce alla storiaccia degli scontrini, che l’hanno costretto nel ruolo di indagato.
Per questo prende tempo. Per capire come muoversi, se muoversi.
Le incognite restano molte. C’è ad esempio un pezzo di sinistra dem che chiede a Bray di partecipare alle primarie, rendendo vano il “boicottaggio”.
E c’è la variabile Stefano Fassina. Dovesse ritirarsi, favorirebbe un accordo tra antirenziani: «Si parte da Stefano, è ovvio – spiega Cento, a nome dei vendoliani – Il giorno dopo i gazebo del Pd tireremo un punto di sintesi».
Proprio Fassina, intanto, continua a battere palmo a palmo le periferie dela Capitale.
E non molla: «Vado avanti».
Almeno fino al sette marzo, quando finalmente si potrà testare la rete antirenziana nella Capitale.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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