Luglio 4th, 2016 Riccardo Fucile
DOCUMENTO ESCLUSIVO: URBANISTICA, PATRIMONIO, BILANCIO, TUTTI I NOMI NELLE COMMISSIONI PER ACCERCHIARE LA RAGGI
La partita dell’accerchiamento a Virginia Raggi, che abbiamo denunciato per tempo giovedì e venerdì, è giunta a due nodi cruciali: le nomine delle commissioni, vero asse del potere e sottopotere capitolino, e un attacco molto forte sferrato contro Daniele Frongia, da poco nominato capo di gabinetto e già in bilico.
Sulle commissioni, La Stampa è venuta in possesso di un documento notevole, una specie di manuale Cencelli con tutte le caselle, di cui possediamo copia, che fotografa quanto sia accerchiata in questo momento Virginia Raggi.
Un Cencelli di cui daremo tutti i nomi, e la spiegazione delle dinamiche di fondo ad essi sottese.
Il punto di fondo è che la Lombardi (la ex Faraona tornata molto in spolvero, bisogna dargliene atto, e capace di legare con Luigi Di Maio) ha messo gli occhi su tre commissioni chiave: Urbanistica, Patrimonio e Casa e Bilancio.
Nella prima ha stravinto: Virginia incassa, sì, la presidente, Donatella Iorio, architetto competente ma non politicamente abilissima, ma circondata da figure o lombardiane, o di quella vasta zona grigia – la corrente centro Movimento – abbastanza disponibile a trattative politiche al ribasso.
Simona Ficcardi è della corrente Marcello De Vito (il braccio armato della Lombardi). Daniele Diaco, bravo ragazzo, tende però a seguire le indicazioni di Luca Marsico. E chi è Luca Marsico? Ex aspirante sindaco, voleva sfidare De Vito ma fu a suo tempo silurato brutalmente dalla Lombardi.
Con queste modalità : salì a Nervi da Grillo portandosi il figlio piccolo. L’incontro fu assai umano e finì a pacche sulle spalle.
Seguì giro di telefonate da Roma a Milano e Genova, risultato: Marsico, dopo l’incontro assai umano, fu silurato selvaggiamente, eppure oggi è diventato esecutore della Lombardi; una triste vicenda sintomatica delle dinamiche umane nel Movimento.
Annalisa Bernabei è un caso incredibile: da non molto nei cinque stelle, ha rinunciato alla corsa da sindaco e preso poi un boom di voti personali per una new entry; come se avesse ricevuto grossi consensi di legittimi gruppi d’interessi.
Poi c’è Fabio Tranchina: durante il confronto su Sky, Roberto Giachetti denunciò il video del consigliere M5S che abbandona la commissione municipale subito dopo aver firmato la presenza.
Tranchina ha resistito a quella bufera su di lui, è considerato nelle logiche interne un centrista – esistono i centristi anche nel M5S – molto disponibile alla trattativa.
E questa sarà la commissione urbanistica del nuovo comune.
Alla presidenza della commissione Patrimonio e casa doveva andare Valentina Vivarelli, una talebana, rigida ma indipendente; si è scambiata con Maria Agnese Catini, nome molto più giocabile per la Lombardi, che presidia poi i sei posti per commissario del M5S anche con Marcello De Vito in persona, e di nuovo con la Ficcardi (che sarà oltretutto vice).
Alla commissione Bilancio il presidente Marco Terranova è della Raggi, ma è anche legato a Luca Marsico (leggete sopra).
Lombardi piazza anche qui De Vito, e c’è Monica Montella, ricercatrice Istat ma in rotta con Daniele Frongia (l’uomo più vicino alla Raggi).
Anche qui grandi margini di manovra per la Faraona (gli altri nomi non paiono in grado di incidere, Coia non versato nelle decisioni, Angelo Sturni appartenente – con Calabrese e Angelo Diario – a quella corrente “utopica” del Movimento molto rispettabile, ma poco incisiva nelle dinamiche).
In questo quadro, sa di vittoria marginale che Virginia si sia assicurata quasi integralmente la commissione scuola (Maria Tereza Zotta presidente) con commissari suoi come Terranova e Iorio, e indipendenti come Vivarelli e Gemma Guerrini, una di sinistra; specie se pensiamo che poi, per dire, all’Ambiente (altra commissione cruciale, a Roma) ci sarà Diaco presidente (leggete sopra), e certo sarà assai attivo Paolo Ferrara, consigliere M5S di Ostia, molto discusso, e interessatissimo indovinate a cosa? Naturalmente, alle spiagge.
Ferrara, uomo totalmente della corrente Lombardi, è stato tra parentesi assai attivo in queste ore a fare telefonate per sondare la disponibilità di qualche personaggio a fare il capo di gabinetto. Ma come, direte, un capo di gabinetto non c’è già ?
A Daniele Frongia, lo possiamo dire con certezza, è stato chiesto di entrare nella giunta, con una carica di assessore alle partecipate.
È difficile che finisca per fare quello, sarebbe troppo un downgrade, per uno che era stato già nominato capo di gabinetto.
Ma insomma, la dinamica è chiara: l’asse che parte da Lombardi e trova sempre più ascolto in Di Maio non si fida della sua estraneità alla cordata.
Frongia vicino alla Raggi rende Virginia troppo slegata; stessa ragione per cui Augusto Rubei, il candidato naturale designato a fare il portavoce, è stato calunniato dai nemici di Virginia.
La contromossa Virgi non ce l’ha, a meno che non sia stata in un incontro a cena, sabato sera, Raggi-Di Maio. Da soli.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Luglio 4th, 2016 Riccardo Fucile
CONTESTATA L’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE FINALIZZATA ALLA FRODE FISCALE, CORRUZIONE E RICICLAGGIO, TRUFFA E APPROPRIAZIONE INDEBITA… IL POLITICO E’ RAFFAELE PIZZA
Il fratello di un ex sottosegretario del governo Berlusconi e un parlamentare del Nuovo Centrodestra in carica.
Sono questi i volti più importanti coinvolti nell’ultima operazione anticorruzione della procura di Roma.
Stamattina, infatti, i militari della Guardia di Finanza hanno eseguito 24 ordinanze di custodia cautelale (dodici in carcere e dodici ai domiciliari), cinque misure interdittive (obbligo di dimora e divieto di attività professionale) e sequestrato più di 1,2 milioni di euro tra immobili, conti correnti e quote societarie a carico di altrettanti indagati, oltre a condurre sul territorio nazionale decine di perquisizioni disposte dalla procura guidata da Giuseppe Pignatone: i reati ipotizzati vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale alla corruzione, dal riciclaggio alla truffa ai danni dello Stato e all’appropriazione indebita.
L’operazione, ribattezzata Labirinto, ha portato allo scoperto un sistema criminale costruito attorno a un faccendiere che faceva da perno nei rapporti tra politica e imprenditoria: si tratta di Raffaele Pizza, il fratello di Giuseppe Pizza, l’ex sottosegretario all’Istruzione del governo Berlusconi tra il 2008 e il 2011, che rivendica la titolarità del simbolo originale della Democrazia Cristiana, partito di cui è segretario.
Nell’inchiesta è indagato anche un parlamentare del Nuovo Centrodestra, il partito guidato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, mentre sono stati arrestati due dipendenti dell’Agenzia delle Entrate.
Il parlamentare in questione — di professione avvocato e attualmente in carica, anche se non è stato al momento diffuso il nome — è accusato di aver attivamente aiutato nelle attività di illecita intermediazione lo stesso Pizza: il faccendiere, originario della Calabria, annoverava tra le sue relazioni, rapporti con personalità di vertice della politica e di enti e società pubbliche.
In pratica costituiva lo snodo tra il mondo imprenditoriale e quello degli enti pubblici e dei ministeri, svolgendo un’incessante e prezzolata opera di intermediazione nell’interesse personale e di imprenditori interessati ad aggiudicarsi gare pubbliche.
Il fratello dell’ex sottosegretario del governo Berlusconi, sfruttando i legami stabili con la politica e il mondo del potere romano, si adoperava anche per favorire la nomina, ai vertici di enti e di società pubbliche, di persone a lui vicine, in modo di acquisire ragioni di credito nei confronti di queste che, riconoscenti, risultavano permeabili alle sue richieste.
Pizza utilizzava uno studio sito accanto al Parlamento, in una nota via del centro, per ricevere denaro di illecita provenienza, occultarlo e smistarlo, avvalendosi anche della collaborazione del parlamentare di Ncd
Le indagini, coordinate dal pm capitolino Paolo Ielo, hanno ricostruito l’operatività di una struttura imprenditoriale illecita che ha movimentato oltre dieci milioni di euro giustificati da fatture false a scopo di evasione e per costituire riserve occulte da destinare a finalità illecite, attraverso una galassia di società cartiere (costituite e gestite con il concorso di numerosi indagati).
Per “ammorbidire” eventuali controlli fiscali e agevolare le pratiche di rimborso delle imposte, il consulente si avvaleva anche di due dipendenti infedeli dell’Agenzia delle Entrate di Roma, arrestati nel corso dell’operazione.
Le perquisizioni stanno interessando oltre cento obiettivi tra Roma, il Lazio, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, l’Umbria e la Campania.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 4th, 2016 Riccardo Fucile
ALLE EMITTENTI ITALIANE PIACE PALAZZO CHIGI, MENO L’EUROPA
«Una violazione intollerabile alla par condicio e al pluralismo televisivo”. Le prime scintille arrivano già a ridosso delle elezioni comunali.
Dopo la mancata partecipazione di esponenti del Pd a una puntata pre-elettorale di Ballarò, Barbara Serracchiani e Lorenzo Guerini del PD hanno annunciato un esposto all’Agcom, l’agenzia garante delle comunicazioni. Denunciano una «esclusione intollerabile».
A distanza di sue settimane, a giochi ampiamente conclusi, c’è sempre chi rilancia e incolpa i media per i risultati ottenuti.
Ma come stanno le cose? Chi è più presente e chi meno in tv?
Per capirlo — almeno per quanto riguarda i telegiornali — possiamo ricorrere ai dati dell’Agcom stessa, che misura quanto spazio i tg lasciano ai politici per parlare direttamente in video: il cosiddetto “tempo di parola”.
Quanta esposizione ha dedicato il servizio pubblico a Renzi, rispetto ai presidenti del consiglio che l’hanno preceduto?
Il record del Professore
Nei primi otto mesi di governo Matteo Renzi ha ottenuto un tempo di parola medio del 18%. Enrico Letta, che l’aveva preceduto a Palazzo Chigi nel 2013, in un periodo di tempo equivalente è arrivato al 15,3%.
I valori più elevati da qualche anno a questa parte spettano però a Monti, cui è stato dedicato il 20% del tempo di parola, mentre nei primi mesi del governo Berlusconi del 2008 il leader azzurro risultava all’11,8%.
Questo significa che per ogni ora riservata a soggetti politici o istituzionali che parlano in video nei tg Rai, Monti è comparso per dodici minuti, Renzi poco meno di undici, Letta appena più di nove, Berlusconi per sette minuti.
Le rilevazioni fanno riferimento a periodi diversi.
Monti è stato nominato premier in un periodo particolarmente turbolento per il paese, all’apice della crisi dello spread del 2011, e questo può averne spinto il profilo verso l’alto.
Viceversa, parte dei primi otto mesi del governo Renzi è stata influenzata — da un punto di vista mediatico — dalla campagna elettorale per le elezioni europee di primavera 2015, periodo in cui per legge è necessario osservare la par condicio.
In rispetto delle leggi vigenti, radio e tv devono concedere spazio a tutte le forze politiche in competizione, il che appiattisce un po’ il risultato dei grandi partiti — e con essi delle forze di governo.
Il servizio pubblico
L’approccio dei Tg Rai emerge ancora più chiaramente se prendiamo in considerazione soltanto i primi due anni del governo Renzi, da marzo 2014 a marzo 2016.
In periodi non elettorali, lo spazio dedicato a governo (e suoi esponenti), presidente del consiglio e PD supera spesso il 50% del totale, con picchi anche intorno al 65-70%.
Fanno eccezione, appunto, le settimane vicine al voto: così che a maggio 2014 e maggio 2015, in vista rispettivamente delle elezioni europee e delle regionali, il tempo di parola concesso alle forze di maggioranza cala intorno al 35%.
Il resto dello spazio viene poi suddiviso fra gli altri partiti, opposizione inclusa, nonchè con altri soggetti istituzionali come il presidente della Repubblica, della Camera e così via.
Le altre emittenti
D’altra parte nel panorama televisivo italiano non esiste neppure soltanto la Rai. I dati raccolti da Agcom consentono di capire quanto è ampio lo spazio concesso a partiti e figure istituzionali anche dai tg Mediaset e La7.
Nel periodo che va da giugno 2015 a marzo 2016, ultimo per il quale sono disponibili dati quando è stata condotta l’analisi, il Pd ottiene ampi spazi in entrambi — soprattutto nel secondo, in cui da solo occupa un quarto del tempo di parola totale. Pdl-Forza Italia ottiene invece nel complesso un’esposizione assai più modesta tranne che su Mediaset, mentre il tg che offre più spazio al Movimento 5 Stelle è di nuovo quello de La7 diretto da Enrico Mentana.
Discorso simile per la Lega, che proprio su quest’ultimo notiziario trova coperture relativamente ampie.
Allo stesso tempo, i tg Rai appaiono come i più governativi e istituzionali, lasciando ampio spazio di parola a ministri e sotto-segretari, insieme a figure come il presidente della Repubblica.
Diverso il caso di Matteo Renzi, cui viene concesso di parlare in video per minor tempo sul tg de La7, ha una larga esposizione in Rai ma — curiosamente — in questo periodo di tempo risulta ai massimi proprio su Mediaset.
L’Europa non c’è
A guardare gli ultimi due anni delle principali reti televisive italiane — Rai e Mediaset — la differenza principale è innanzi tutto nel modo in cui i tg lasciano spazio al governo e ai suoi esponenti.
Nella prima, eccezion fatta per i periodi di par condicio, Palazzo Chigi raramente scende sotto il 20% del tempo di parola. Il Movimento 5 Stelle, pur con un po’ di variabilità , ha ottenuto in entrambi circa lo stesso spazio per esprimere le proprie posizioni politiche, mentre grande differenza fra Rai e Mediaset emerge rispetto al Pdl-Forza Italia e alla figura del presidente del consiglio.
I membri del partito di centro-destra, dall’avvio di questo governo, hanno sempre ottenuto ampio spazio nelle reti del biscione, quando invece in Rai lo spazio dedicato loro è stato spesso simile a quello del Movimento 5 Stelle — dunque non particolarmente elevato.
E se già nel servizio pubblico Renzi ha ottenuto ampio spazio di parola, su Mediaset i valori crescono ancora.
Altro elemento è l’attenzione riservata all’Unione Europea, praticamente inesistente su entrambi i network, e spesso minore persino dello spazio dedicato ai partiti più piccoli: segnale piccolo ma evidente che da tempo l’attenzione mediatica italiana appare assai più concentrata sui problemi interni che sulle evoluzioni della costruzione europea.
Davide Mancino
(da “La Stampa“)
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