Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
“CHI UCCIDE NEL NOME DELL’ISLAM E’ UN IGNORANTE, NON C’E’ NESSUNA RELAZIONE TRA RELIGIONE E TERRORISMO”
«Io non c’ero sulla Promenade des Anglais ieri sera, ero in moschea. Ma c’erano dei fedeli». Mahmoud Benzamia è l’imam della moschea En Nour di Nizza, appena aperta dopo roventi polemiche con l’ex sindaco della città Christian Estrosi (oggi presidente della Regione), fortemente contrario.
«Una persona che prende un camion e uccide così le persone è un animale selvaggio, nemmeno un animale, perchè spesso gli animali hanno misericordia verso i più deboli. I musulmani ne hanno abbastanza di dover dire ogni volta “non abbiamo nulla a che fare”: siamo tutti minacciati, i miei figli ieri sera erano là , volevano uscire, grazie a Dio sono rimasti a casa».
Il nome diffuso dai media è di un 31enne franco-tunisino, Mohamed Lahouaiej Bouhlel: l’ha mai sentito?
«Non lo conosco. Secondo le informazioni è una persona conosciuta per episodi di delinquenza, nemmeno era radicalizzato, non era conosciuto dai servizi».
Un problema di radicalizzazione in Francia però in altri casi c’è stato.
«Io non cesso di distinguere e precisare che questi atti di terrorismo e radicalizzazione non hanno niente a che vedere con l’islam, che è una religione di pace, tolleranza e misericordia. Noi nel nostro istituto lavoriamo in collaborazione con la prefettura per combattere la radicalizzazione. Sappiamo bene che ci sono persone che ci cascano: la nostra priorità è sulla deradicalizzazione».
Cosa dirà lei nella sua prossima predica?
«Io oggi parlo della posizione dell’islam in rapporto alla radicalizzazione e al terrorismo: è evidente che l’islam è contrario, non ha alcuna relazione con alcun atto di terrorismo».
La farà in arabo o in francese?
«Per il 90 per cento in francese».
Perchè ci sono persone che pensano di uccidere in nome dell’islam?
«Sono persone ignoranti che non conoscono l’islam, che non sono nutrite spiritualmente. Ma sono una minoranza: non bisogna generalizzare a tutti i musulmani, questo lo devono capire anche i media. Non siamo qui ogni volta per giustificarci, per dire che non abbiamo niente a che fare».
Se incontrasse qualcuno che si sta radicalizzando lo denuncerebbe?
«E’ nostra responsabilità davanti a Dio e alla nostra religione correggere e andare ai servizi di sicurezza per denunciare una persona così, perchè è una minaccia contro la società , contro noi tutti. E’ responsabilità dei musulmani fermare qualcuno che abbia intenzione di fare qualcosa del genere».
Le è mai capitato di incontrare qualcuno che si stava radicalizzando?
«Ci sono casi. Non di persone pronte all’atto, ma nelle discussioni: qualcuno che vuole fare una cosa simile non lo viene a dire. Nel nostro luogo di culto non ci sono casi diretti, perchè sanno di trovare un imam che va a rettificare il loro cammino».
Come fa un 31enne cresciuto presumibilmente in Francia a odiare così il suo Paese?
«Non si può descrivere tutto questo in termini esterni. Io credo ci siano molti fattori: come ha vissuto, come è stato nel proprio ambiente… Io come imam posso dire che un musulmano non può fare un atto simile, non c’è ragione per avere questo odio perchè l’Islam combatte l’odio interiore. E tutti dobbiamo lavorare per combatterlo: non è un problema dei musulmani o un problema dello stato o delle autorità , ma di tutti. Perchè siamo tutti minacciati».
Francesca Schianchi
(da “La Stampa”)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
L’ATTENTATORE ERA STATO ALLONTANATO DALLA EX MOGLIE PERCHE’ VIOLENTO… ERA RITENUTO POCO RELIGIOSO
Sul camion usato come arma per la strage lungo la Promenade des Anglais di Nizza è stato trovato un documento d’identità . Probabilmente una patente. Secondo le prime informazioni che filtrano dagli inquirenti francesi, sui sedili c’erano anche un bancomat e un cellulare.
I documenti corrispondono a Mohamed Lahouaiej Bouhlel, classe 1985, francese di origine tunisina. Alcune fonti dicono che sia nato a Sousse, la località tunisina teatro della strage in spiaggia lo scorso anno.
Sarebbe un’incredibile coincidenza, o addirittura qualcosa di più. Ma sul suo luogo di nascita non ci sono conferme, per ora sono solo voci.
L’analisi delle impronte digitali avrebbe invece confermato che l’uomo alla guida del camion – morto dopo il blitz della polizia al termine della folle corsa sul lungomare di Nizza che ha provocato almeno 84 vittime – era effettivamente il titolare dei documenti.
Padre di tre figli, di professione corriere, il presunto attentatore era sconosciuto all’antiterrorismo francese.
Non aveva una “scheda S”, così vengono classificati gli individui sospetti. Però era già noto alle forze dell’ordine per reati minori: a marzo, secondo fonti giudiziarie del quotidiano francese Le Figaro, era stato condannato per violenza.
Ieri mattina è scattata una perquisizione in una casa nel quartiere di Nizza Nord, sull’avenue Henri-Sappia.
Secondo Nice Matin, questa sarebbe la casa della sua ex compagna, in cui lui aveva vissuto fino al 2012 prima di essere stato allontanato proprio per episodi di violenza ai danni della donna. Un’altra perquisizione è stata invece effettuata nell’appartamento in cui si era trasferito, in un quartiere popolare a Est di Nizza e diversi parenti di Bouhlel sono sotto interrogatorio in queste ore.
Il sospetto è che la sua azione fosse premeditata, visto che il camion era stato noleggiato mercoledì in un comune confinante con Nizza.
Prima di essere ucciso, ha cercato di difendersi sparando alcuni colpi con una pistola 7.65 che aveva con sè. Sul camion sono state trovate anche altre armi giocattolo e una granata, che però pare non fosse in grado di esplodere.
Marco Bresolin
(da “La Stampa“)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
UNA COPPIA PIEMONTESE E UNA DI VOGHERA MANCANO ALL’APPELLO… LA FARNESINA: “NON POSSIAMO ESCLUDERE CHE CI SIANO CONNAZIONALI TRA LE VITTIME”
“Non possiamo escludere il coinvolgimento di italiani a Nizza data l’entità dell’attacco”. Lo ha detto il capo dell’Unità di Crisi della Farnesina Claudio Taffuri, ricordando che nella città vivono 30mila connazionali, oltre a quelli che vi trascorrono le vacanze.
Dai social in effetti sono iniziate le ricerche di alcuni dispersi attraverso l’hashtag #recherchenice.
Sono quattro, per il momento, gli italiani di cui non si hanno notizie.
Mentre di un giovane ingegnere di Foggia che vive a Nizza per lavoro, Vittorio Di Pietro, è stato annunciato il ritrovamento sempre su Twitter, manca all’appello una coppia di Voghera: il 71enne Angelo D’Agostino e la moglie Gianna Muset, di 68 anni. “Cerchiamo Angelo D’agostino, 71 anni, era sulla promenade con la moglie al momento dell’attentato!!” ha scritto la nuora su Twitter, precisando di averli contattati per l’ultima volta alle 21:55 della sera dell’attentato.
“Siamo disperati” scrive dal suo account Roberta Capelli, “abbiamo cercato tutta la notte, la Farnesina ha i dati”. D’Agostino, descrive “è un uomo di circa 1,70 per 70 kg, capelli bianchi, jeans e maglietta blu”.
L’allarme su #RechercheNice è stato diffuso anche per Andrea Avagnina e Marinella Ravotti, di San Michele Mondovì. La coppia – 53 anni lui e 55 lei – è titolare di una tabaccheria. Lui è anche consigliere comunale, eletto in una lista civica.
“Quella del Lungomare era una scena di guerra” ha descritto il console generale di Italia a Nizza, Serena Lippi, e si teme che il bilancio dei connazionali possa aggravarsi.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
ALLA VIGILIA DELL’ATTENTATO A NIZZA L’ALLARME DEL GOVERNO LOCALE: “POLIZIA STANCA E DISPERATA, SERVE PIANO DI EMERGENZA”
Soltanto 24 ore prima del tragico attentato che a Nizza ha lasciato a terra almeno 84 morti, il governo locale della regione Provence-Alpe- Cà’te d’Azur inviava al presidente Francois Hollande una lettera dai toni disperati nella quale chiede un piano d’emergenza per le forze dell’ordine impegnate nella lotta al terrorismo, lamentandosi del fatto che “il tempo degli omaggi” per le vittime degli attacchi è finito e occorre passare all’azione.
Qualche ora più tardi dall’invio della missiva, pubblicata dal quotidiano Le Figaro, un trentunenne di origine tunisina avrebbe falciato decine di persone sulla Promenade des Anglais a Nizza, gettando nuovamente la Francia nell’incubo degli attentati impossibili da evitare.
Alla luce della nuova tragedia, i toni della lettera spedita all’Eliseo assumono contorni ancora più foschi.
“Le forze dell’ordine sono ridotte al lumicino. I poliziotti sono stanchi”, scrive il 13 luglio il presidente del consiglio regionale Christian Estrosi al capo dell’Eliseo.
“Alla vigilia del 14 luglio e dopo Euro 2016, approfitto di questo momento di unione nazionale attorno ai militari e alle forze di polizia per allertarvi sulla necessità di mettere in piedi un grande piano d’emergenza per i nostri agenti”.
Estrosi ricorda a Hollande che se le manifestazioni sportive di Euro2016 si sono svolte in totale sicurezza “è grazie allo sforzo meritorio” delle forze dell’ordine, ma nelle parole del rappresentante del governo locale questo non può bastare: “Il nostro Paese si trova continuamente in una situazione di pericolo permanente che mobilita quotidianamente le nostre forze dell’ordine”.
Il morale dei poliziotti è a terra, scrive Estrosi: “Occorre constatare che si sentono ridotti al lumicino. Sento la disperazione di una categoria che percepisce con amarezza che il tempo della comunione con l’intera nazione dopo gli attentati di Charlie Hebdo è scomparso”.
La colpa secondo il politico va anche alle manifestazioni in parte violente contro la legge sul lavoro che sono avvenute nei mesi scorsi contro il governo Hollande, nelle quali gli attivisti hanno preso di mira le forze dell’ordine: “Sfortunatamente questi fatti non hanno ricevuto una vostra risposta concreta”, accusa Estrosi che elenca gli ultimi attacchi alla polizia, già impegnata per contrastare il terrorismo.
“Un clima di odio” contro le forze dell’ordine che Hollande, scrive il rappresentante della regione meridionale della Francia, non ha sollecitato alcuna reazione da parte del governo “e questo dimostra come il nostro Stato sia preso male”.
Infine Estrosi chiede a Hollande di rinnovare concretamente il materiale in dotazione degli agenti: “Ciascun poliziotto deve avere il giubbotto antiproiettili”, mentre i commissariati “insalubri” vanno rinnovati così come le vetture della polizia.
“La polizia municipale deve essere dotata come le forze dell’ordine”, prosegue Estrosi, perchè possa proteggersi. E le paghe vanno migliorate, visto che con l’allerta terrorismo “si stanno accumulando molte ore di straordinario”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
FATIMA CHARRIHI E’ STATA LA PRIMA A CADERE
“Tutto quel che posso dire è che indossava il velo, praticava l’Islam moderato. Il vero Islam. Non quello dei terroristi”.
Hamza, 28 anni, e i suoi cinque fratelli da ieri sera non hanno più una madre.
Fatima Charrihi è rimasta vittima dell’attentato terroristico a Nizza che ha lasciato sul campo 84 morti e centinaia di feriti.
Si allontana insieme al padre dal CUM, il Centro universitario per gli studi mediterranei trasformato in tutta fretta in rifugio per i parenti delle vittime, sorvegliato a vista dalla polizia.
“È stata la prima a cadere per terra, non c’erano altri cadaveri davanti a lei”, racconta il marito con dignità , tenendo a stretta a sè la figlia avvolta in una coperta, con gli occhi rossi di pianto.
Quando il dramma si è consumato Ahmed si trovava a una cinquantina di metri dalla donna, all’altezza dell’ospedale di Lenval. “Stavo andando a recuperare l’auto” dice,ancora sotto choc, ricordando la scena di quel “camion che faceva saltare in aria la gente come birilli, riducendo le panche in briciole”.
Fatima invece passeggiava insieme ai nipoti, “mio fratello ha provato a rianimarla ma è morta sul colpo, ci hanno riferito i medici” spiega Hamza.
“Era una madre straordinaria”, aggiunge il marito. “Portava il velo, era praticante di un Islam moderato. Non quello dei terroristi”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
NATO A SOUSSE, NELLA TUNISIA FUNESTATA DALL’ISIS… TRASPORTATORE, PRECEDENTI PER PICCOLI REATI, NON LEGATO AL TERRORISMO… “NEUTRALIZZATO DA UN UOMO E DUE POLIZIOTTI, UNA ERA UNA DONNA”
Trentuno anni, nato a Sousse, delinquente “comune”.
L’uomo al volante del camion che ha ucciso almeno 80 persone sul lungomare di Nizza era il tunisino Mohamed Lahouaiej Bouhlel che viveva proprio a Nizza, a pochi minuti di auto dal punto della strage.
Era conosciuto alla polizia per piccoli atti di violenza, possedeva una pistola, ma non era, almeno ai tempi delle prime denunce, un radicalizzato o affiliato all’Isis.
Mohamed ha sparato più volte prima di essere colpito a morte e neutralizzato “da un uomo e due poliziotti” ha spiegato Eric Ciotti, presidente del Dipartimento delle Alpi Marittime.
“Una persona è saltata sul camion per tentare di fermarlo – ha detto Ciotti – In quel momento la polizia è stata in grado di neutralizzare questo terrorista. Non dimenticherò mai il viso di questa poliziotta che ha intercettato il killer”.
L’identificazione del killer è stata possibile perchè sono stati trovati nel camion i documenti di identità .
“Allo stato attuale ignoriamo se ci fossero dei complici” ma i servizi dello Stato sono al lavoro per poterlo stabilirlo, ha detto il presidente Francois Hollande, ma secondo quanto scrive le Figaro l’uomo era da solo nel camion. Se c’erano complici, erano “a monte” del blitz mortale.
Grazie ai documenti è stato poi effettuato un blitz nel suo appartamento per cercare possibili complici o armi. Il camion frigo, riportano i media francesi, era stato visto due giorni prima a Saint-Laurent-du-Var. All’interno del mezzo sono state ritrovate anche armi finte e una granata inesplosa.
Il veicolo sarebbe stato noleggiato prima dell’attacco nel sud-est della Francia, secondo fonti di polizia. Il tir “ha cambiato almeno una volta la sua traiettoria” durante la sua corsa di due chilometri, ha aggiunto la fonte spiegando che “chiaramente ha cercato di fare il massimo delle vittime”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
SCOPERTA CUPOLA SEGRETA IN CALABRIA, IN MANETTE ANCHE SERRA, UOMO DI FIDUCIA DI SCOPELLITI, ACCUSATO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA
È terminata la caccia agli “invisibili”, la componente più segreta e riservata della ‘ndrangheta, che ha permesso ai clan di prendere parte come “interlocutore indispensabile” ai più importanti tavoli di discussione politica, economica e finanziaria, in Calabria e non solo.
Dalle prime luci dell’alba, i carabinieri del Ros di Reggio Calabria stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta del pm Giuseppe Lombardo della Distrettuale antimafia nei confronti di 5 persone, tutte accusate di associazione mafiosa, traffico di influenze e altri reati.
Fra loro c’è anche il senatore di Gal, Antonio Caridi, per il quale bisognerà attendere l’autorizzazione del Senato.
In manette sono finiti anche l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, storico braccio destro dell’ex governatore calabrese Giuseppe Scopelliti e l’imprenditore Francesco Chirico.
Una nuova ordinanza di custodia cautelare, che ne ricostruisce il ruolo di fondamentale pilastro della ‘ndrangheta reggina, è stata emessa nei confronti degli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, entrambi già condannati in via definitiva per concorso esterno alla fine degli anni Novanta e di recente riarrestati nell’ambito di due due diverse operazioni.
Sessantotto anni, avvocato con il pallino della politica, Giorgio De Stefano è da sempre considerato la vera mente del potente omonimo casato mafioso.
Era il cugino prediletto di don Paolo, il boss che ha scritto di suo pugno la storia della ‘ndrangheta moderna, per i pentiti grazie anche ai consigli dell’avvocato, che lo ha aiutato a sviluppare contatti e collegamenti con il mondo dell’eversione nera, come della politica parlamentare.
A lui, ipotizzano i magistrati, si deve anche l’ingresso dei De Stefano nei più potenti e segreti consessi massonici della penisola. Ex ordinovista con Stefano Delle Chiaie, poi riciclatosi fra i ranghi del Psdi che lo ha portato addirittura in Parlamento, Paolo Romeo dopo la condanna per concorso esterno ha tentato di farsi dimenticare, ma in silenzio ha continuato a governare la politica e l’imprenditoria reggina.
Le più recenti inchieste lo vogliono a capo di una loggia massonica segreta, impastata di ‘ndrangheta, in grado di allungate i propri tentacoli in Comune, Provincia, Regione e persino in parlamento.
Una strategia che l’inchiesta di oggi è in grado di svelare.
Con l’operazione “Mammasantissima” è stato individuata infatti la struttura segreta di vertice della ‘ndrangheta in grado di dettare le linee strategiche dell’intera organizzazione e di interagire sistematicamente e riservatamente con gli ambienti politici, istituzionali ed imprenditoriali al fine di infiltrarli ed asservirli ai propri interessi criminali. In particolare è stato documentato il ruolo determinante del sodalizio mafioso nel condizionamento di alcuni appuntamenti elettorali in ambito comunale, provinciale, regionale, nonchè nell’individuazione di propri affiliati da proiettare nel parlamento nazionale.
In Senato, secondo il pm Giuseppe Lombardo, potevano contare sul senatore Antonio Caridi, già in passato finito nell’occhio del ciclone per i suoi legami con i clan.
Di lui, aveva parlato circa 12 anni fa il killer pentito Giovambattista Fracapane, che ai magistrati aveva rivelato di aver sentito spesso il nome del governatore Giuseppe Scopelliti e dell’assessore Antonio Caridi negli ambienti legati ai clan Tegano e De Stefano.
Qualche anno più tardi, il nome del senatore era saltato fuori nell’ambito “Sistema-Assenzio”, quando era stato “pizzicato” a parlare di presunte assunzioni pilotate con il consigliere comunale Dominique Suraci, poi arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma gli elementi più pesanti a carico del politico sono stati raccolti solo un paio di anni fa dalla Dda di Genova.
In una relazione, poi messa nelle mani della commissione antimafia quando Caridi era stato scelto per diventarne componente, i magistrati di quel distretto dicevano chiaramente che il clan Gullace “nella provincia di Reggio Calabria può contare su una rete di contatti con alcuni pubblici amministratori ed esponenti politici, coi quali non lesina il reciproco scambio di favori.
L’indagine ha consentito di documentare l’alacre attività di sostegno elettorale svolta nell’ultima consultazione regionale da esponenti della cosca, anche con palesi intimidazioni, a favore di un candidato alla Regione Calabria, Caridi Antonio Stefano, poi eletto e, in atto assessore regionale, con delega ad Attività produttive”.
All’epoca ne derivò un polverone, che costrinse Caridi a una rapida marcia indietro e alle dimissioni, ma su di lui non è emerso più alcun dettaglio. Fino ad oggi.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
E’ UN FRANCESE DI 31 ANNI DI ORIGINI TUNISINE, RESIDENTE A NIZZA… PRECEDENTI PER REATI COMUNI, MA NON ERA NOTO AI SERVIZI
L’uomo al volante del camion che ha ucciso almeno 80 persone sul lungomare di Nizza era un franco tunisino di 31 anni che viveva proprio a Nizza.
Ha sparato più volte prima di essere colpito a morte e neutralizzato “da un uomo e due poliziotti” ha spiegato Eric Ciotti, presidente del Dipartimento delle Alpi Marittime. “Una persona è saltata sul camion per tentare di fermarlo – ha detto Ciotti – In quel momento la polizia è stata in grado di neutralizzare questo terrorista. Non dimenticherò mai il viso di questa poliziotta che ha intercettato il killer”.
L’identificazione del killer è stata possibile perchè sono stati trovati nel camion i documenti di identità .
“Allo stato attuale ignoriamo se ci fossero dei complici” ma i servizi dello Stato sono al lavoro per poterlo stabilirlo, ha detto il presidente Francois Hollande, ma secondo quanto scrive le Figaro l’uomo era da solo nel camion.
Se c’erano complici, erano “a monte” del blitz mortale.
Grazie ai documenti è stato poi effettuato un blitz in un appartamento riconducibile all’uomo per cercare possibili complici o armi.
Il camion frigo, riportano i media francesi, era stato visto due giorni prima a Saint-Laurent-du-Var.
All’interno del mezzo sono state ritrovate anche armi finte e una granata inesplosa.
Secondo quanto riferisce un reporter della rete all news Bfm Tv, citando fonti confidenziali vicine agli inquirenti, il guidatore del camion “era noto alla polizia per violenze, uso di armi, ma nessun fatto legato al terrorismo”.
Il veicolo sarebbe stato noleggiato prima dell’attacco nel sud-est della Francia, secondo fonti di polizia.
Il tir “ha cambiato almeno una volta la sua traiettoria” durante la sua corsa di due chilometri, ha aggiunto la fonte spiegando che “chiaramente ha cercato di fare il massimo delle vittime”.
Nella notte, la scientifica ha proceduto alle prime indagini sul camion. Le gomme erano tagliati e la portiera del passeggero crivellata di fori di proiettile.
Secondo i-Telè, le armi di grosso calibro ritrovate nel camion erano “fittizie”, e la granata “non operativa”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 15th, 2016 Riccardo Fucile
ANTONIO LAVORA IN UNA GELATERIA IN RUE GAMBETTA: “AVEVA GLI OCCHI DI FUORI”
«Abbiamo visto quel camion piombare sulla folla e la faccia dell’uomo al volante. Aveva gli occhi di fuori. Poi i corpi sono volati in aria e la polizia ha iniziato a sparare».
Nell’inferno del 14 luglio di Nizza c’era anche un gruppo di ragazzi italiani.
Una serata estiva. Un gelato in riva al mare, sotto le luci dei fuochi d’artificio. Poi il terrore. Si sono rifugiati in spiaggia. «Ci siamo ritrovati dentro un incubo, avevamo paura. E non finiva mai».
Martino Antonino, 26 anni di Montecatini Terme, lavora nella gelateria Pinocchio, in rue Gambetta a cento metri di distanza dall’hotel Negresco, vicino a piazza Massena: «Ho visto quattro corpi senza vita davanti al locale – racconta-. Sono morti schiacciati nella calca. Due sono ancora qui davanti ai miei occhi, gli altri li hanno portato via con le ambulanze.
È stato orribile, non avevo mai visto nulla di simile. In questo momento davanti a me ci sono due elicotteri atterrati in mezzo alla piazza. Sembra di essere in guerra. Anzi, no: siamo in guerra».
Per Martino la notte più lunga è iniziata quando ha visto la folla impazzita dall’altra parte della vetrata: «D’improvviso la gente correva. Decine di persone si sono rifugiate dentro il nostro locale. Urlavano tutti, qualcuno è svenuto. Una signora ha avuto un attacco epilettico. Uomini, donne, bambini: dentro le gelateria c’erano almeno duecento persone, eravamo schiacciati, non riuscivamo più a muoverci. Ci siamo chiusi all’interno e siamo stati barricati per 40 minuti».
Sulla Promenade des Anglais c’erano migliaia di persone nella notte della festa della Repubblica francese.
Il furgone si è lanciato a tutta velocità contro la folla.
«Ha percorso 300 metri prima di fermarsi», raccontano i testimoni. Persone investite, corpi a terra, sangue sull’asfalto. Poi, ad aggiungere orrore all’orrore, anche gli spari. Colpi di arma da fuoco sarebbero stati esplosi anche in piazza Massella.
Decine di persone sono rimaste calpestate dalla folla in fuga.
«Abbiamo aiutato donne e bambini, piangevano tutti – racconta Martino -. C’erano anche disabili sulla sedia a rotelle. In questo momento sono sulla terrazza del locale, è pieno di polizia e militari armati. Due elicotteri sono atterrati, qui c’è il delirio. Ho pensato subito a un attentato».
E adesso? «Sono arrivato qui tre settimane fa per la stagione estiva. Ci sono militari armati ovunque, sembra di essere in guerra. La paura ce l’ho, ma io resto qui. Sono venuto per costruirmi una nuova vita».
Gabriele Martini
(da “La Stampa”)
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