Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
NARDUZZI DOVRA’ RESTITUIRE 155.000 EURO UTILIZZATI ANCHE PER VIAGGI ALL’ESTERO, ALBERGHI E PRODOTTI PER BAMBINI
Andarsene in spiaggia a spese della regione Friuli Venezia Giulia. Comperare prodotti per bambini, articoli musicali o profumi.
Finanziarsi viaggi all’estero, pieni di carburante, taxi e parcheggi, soggiorni in albergo e pedaggi autostradali.
Tutto illegittimo, secondo la Corte dei Conti, che ha condannato a un risarcimento salatissimo l’ex capogruppo della Lega Nord, il pordenonese Danilo Narduzzi, responsabile, secondo i giudici contabili, di quell’allegra gestione dei rimborsi ai gruppi consiliari,
Narduzzi è colui che, quando la Guardia di Finanza fece irruzione negli uffici del gruppo leghista per acquisire prove e documenti, diede ordine di gettare nel tritacarte scontrini e pezze giustificative.
Una vera stangata perchè il leghista dovrà restituire la bella somma di 155mila euro per i rimborsi illegittimi ottenuti dal 2010 al 2012 con denaro pubblico.
La sentenza è stata emessa dalla sezione giurisdizionale del Friuli Venezia Giulia presieduta da Alfredo Lener e composta anche dal relatore Paolo Simeon e dal consigliere Giancarlo Di Lecce.
Ci fu un danno erariale per colpa grave, questa la sentenza, poichè Narduzzi ha “personalmente impiegato i fondi in modo palesemente illegittimo e quanto meno con grave negligenza”.
La richiesta di condanna del procuratore regionale della Corte dei Conti, Tiziana Spedicato, in effetti era più alta — 233mila euro — perchè teneva conto non solo delle spese personali, ma anche delle altre uscite che non erano riconducibili ad alcun ex consigliere regionale della Lega.
Infatti ci si trovò di fronte a una situazione di rendicontazione confusa, con scontrini anonimi e mancanza di motivazione delle spese.
Un guazzabuglio che dimostrava come all’epoca — e prima delle inchieste penali — i consiglieri regionali ritenessero di gestire con grande discrezionalità i finanziamenti che finivano al gruppo di appartenenza.
L’elenco delle contestazioni era lunghissimo..
I finanzieri avevano trovato scontrini di tutti i tipi: da pranzi e cene, a consumazioni di bar, fiori, generi alimentari, vini, spese all’estero, abbigliamento, utensili da giardinaggio, borse, prodotti per bambini, materiale elettrico.
Addirittura ferramenta e sostituzione di pneumatici dell’auto.
Secondo i giudici contabili quella mole di pezze giustificative non erano riconducibili a spese di rappresentanza o di attività del gruppo della Lega Nord.
Si sono salvati gli acquisti di libri e alcune consulenze, per circa 50mila euro dal 2010 al 2012.
Uno sconto del 10 per cento è stato praticato sull’intero ammontare perchè anche l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale avrebbe dovuto vigilare e controllare sulle modalità di spesa.
Giuseppe Pietrobelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
RIDIMENSIONATO IL GOVERNATORE DELLA LIGURIA CHE SI ERA MONTATO LA TESTA… AVEVA VINTO SOLO GRAZIE ALLE DIVISIONI DEL PD E CON L’APPOGGIO DI LEGHISTI SOTTO PROCESSO PER PECULATO
La rivoluzione azzurra d’ottobre è sancita dalla stretta di mano tra Silvio Berlusconi e Stefano Parisi, al termine della lunga cena di Arcore di lunedì sera. Alla presenza di Marina.
Quello che viene affidato a Stefano Parisi è qualcosa di più di un incarico “tecnico” o “manageriale” per fare una due diligence dei conti di Forza Italia.
Si legge in un comunicato di Arcore, con cui a Parisi viene affidato ufficialmente l’incarico: “Berlusconi ha incaricato Stefano Parisi di effettuare una analisi approfondita della situazione politica e organizzativa di Forza Italia e di elaborare un progetto per il rilancio e il rinnovamento della presenza dei moderati italiani nella politica”.
È la missione politica di rivoluzionare Forza Italia, o meglio di liquidarla, con i suoi debiti, il suo marchio che non tira, i suoi riottosi dirigenti, le sue beghe e le sue chiacchiere, le sue ambizioni e le sue ingratitudini, per aprire la strada — a ottobre — a una cosa nuova: “Stefano, comportati come un amministratore delegato” è la principale regola d’ingaggio dell’ex premier. Accettata da Parisi, perchè la quella successiva (di frase) contiene una promettente rassicurazione.
E cioè che, per Berlusconi, sarà Parisi sia il leader sia il candidato premier.
Quando si voterà .
Tra la rivoluzione d’ottobre che mediaticamente si manifesterà quando — tra fine settembre e ottobre appunto — Parisi presenterà il suo progetto a Milano in una convention che assomiglierà a una sorta di Leopolda azzurra, c’è l’appuntamento che sta più a cuore a Fedele Confalonieri e a Gianni Letta, che di Parisi è il primo estimatore: il referendum.
Il Cavaliere, da quando si sente bene, è tornato molto ciarliero, oltre che canterino (proprio così, gli è venuta una gran voglia di cantare e per questo si è rivisto più volte Apicella ad Arcore).
Ebbene a parecchi dei suoi ha spiegato che, se salta Renzi, sa bene che non si andrà a votare e nel Palazzo tornerà di moda un governo di scopo: “Tra l’azienda che sosterebbe il governo — racconta l’ex ministro azzurro — e voterebbe sì al referendum, e la nomenklatura di Toti e compagnia che vuole l’asse con Salvini e ha un no barricadero, Silvio è il più lucido di tutti. Il suo è un no di una opposizione responsabile che si vuole sedere al tavolo del nuovo governo. E non avere pessimi rapporti con l’attuale”.
Ecco, organizzatore, coordinatore, manager, comunque lo si voglia chiamare, Parisi con pragmatismo ed esperienza è l’uomo a cui è affidata questa mission: tornare al tavolo che conta con delle carte in mano, in un momento in cui l’azienda non vuole rapporti ostili con il Potere.
Carte che magari — al momento – non sono un poker d’assi, ma nemmeno quel due di briscola che per Berlusconi è l’attuale Forza Italia: “Ti voglio in pianta stabile al partito — ha detto il Cavaliere a Parisi – a San Lorenzo in Lucina. È un partito morto, dobbiamo rivoltarlo come un calzino”.
Per rivoltarlo le prossime mosse sono già scritte e prevedono, tanto per piegare del tutto i vari capibastone, l’azzeramento e la sostituzione di tutti (o quasi) i coordinatori regionali. Poi, dopo il referendum, il cambio del nome e del simbolo.
Una rivoluzione, appunto, che già suscita la preoccupazione di alcuni, come il governatore della Liguria Giovanni Toti.
È il vero sconfitto con la nomina di Parisi, lui che fu presentato in accappatoio bianco a Villa Paradiso e buttato in politica da un giorno all’altro per zittire Fitto e la fronda di allora: “Ora — prosegue l’ex ministro – è nella black list di Berlusconi. Ha vinto grazie ai casini del Pd e si sente leader, organizza la corrente con Gelmini e Romani, tesse con la Lega. E soprattutto dà interviste sulla successione con Berlusconi al San Raffaele”.
A proposito, la rivoluzione d’ottobre non prevede primarie e congressi.
Un amministratore delegato c’è, con obiettivi e interessi da tutelare. Mezzo partito già lo cerca.
All’orizzonte non si vedono molti ribelli, con Berlusconi uscito dalla sala operatoria.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
NEL MEZZOGIORNO GLI IMPIANTI SCARSEGGIANO E L’IMMONDIZIA EMIGRA A SPESE DEI CITTADINI
Alle 8 del mattino del 7 gennaio 2012, al molo 44 del porto di Napoli l’attracco della nave olandese Nordstream portò sollievo all’intera città .
La nave avrebbe infatti trasportato all’inceneritore di Rotterdam qualcosa come 250mila tonnellate di rifiuti così liberando l’area vesuviana da un’emergenza che durava da anni. Ma a che prezzo?
Le indiscrezioni dell’epoca parlarono di 100 euro a tonnellata. In tutto un contratto da 25 milioni tra l’amministrazione comunale e la società olandese.
Molti gridarono al successo: i 100 euro erano quasi la metà dei 173 a tonnellata pagati all’epoca per trasferire la stessa immondizia in Emilia o in Puglia.
Il turismo dei rifiuti, da allora, non si è certo fermato ed è un ottimo indicatore per misurare il tasso di inefficienza e di populismo della classe politica italiana.
Risale ad appena due settimane fa un accordo tra le Regioni Puglia ed Emilia Romagna per portare da Sud a Nord 20mila tonnellate di rifiuti al costo di 192 euro a tonnellata.
Di quel costo, 60 euro sono per il trasporto, 118 andranno agli inceneritori di Bologna e Ferrara che smaltiranno il rifiuto e altri 14 euro a tonnellata saranno destinati ai due Comuni che ospitano gli impianti.
Che cosa giustifica i lunghi viaggi dei rifiuti attraverso l’Italia? E chi ci guadagna?
I casi più recenti sono quelli di Puglia e Sicilia.
In ambedue le Regioni la chiusura di discariche, private delle autorizzazioni necessarie per problemi ambientali, ha fatto crescere il livello di allarme.
“Non farò la fine di Bassolino”, ha promesso il governatore pugliese, Michele Emiliano, evocando proprio l’emergenza rifiuti a Napoli nei primi anni Duemila.
Se l’Emilia accoglierà (e si farà pagare) i rifiuti pugliesi, Toscana e Piemonte sono i candidati più probabili per trattare quelli siciliani.
Filippo Brandolini, romagnolo, presidente nazionale di Federambiente, l’associazione delle società che trattano i rifiuti, spiega che “in generale i problemi sono legati al fatto che nel Sud gli impianti di smaltimento sono meno numerosi che al Nord”. “Basta molto poco – aggiunge – perchè il sistema vada in crisi. La scarsità di impianti è legata al fatto che spesso le amministrazioni locali preferiscono portare altrove i rifiuti, pagando, piuttosto che affrontare le proteste dei cittadini per la realizzazione degli impianti di smaltimento. L’emergenza maggiore oggi è quella dei rifiuti organici che derivano dalla raccolta differenziata. Un recente inconveniente proprio a un impianto pugliese ha finito per mettere in difficoltà l’intera rete italiana”.
Ormai, sottolinea Federambiente, dei trenta milioni di tonnellate di rifiuti che ogni anno produce in media la Penisola, la parte maggiore, 13,5 milioni, proviene dalla raccolta differenzata.
Dodici milioni di tonnellate finiscono invece in discarica. Gli inceneritori bruciano circa 5 milioni di tonnellate.
Sono infine 300mila le tonnellate che ogni anno finiscono all’estero, anche partendo da Regioni del Nord: “Si tratta di un residuo secco che viene ridotto in coriandoli e diventa combustibile”, spiega Brandolini.
Il sistema italiano è particolarmente frammentato. La raccolta e lo smaltimento sono affidati a 463 aziende sul territorio nazionale, ma a queste vanno aggiunti circa 1.000 Comuni che smaltiscono in proprio, su terreni talvolta demaniali ma spesso di proprietà di privati.
La frammentazione è molto spinta, al punto che il 4 per cento delle 463 aziende realizza il 40 per cento del fatturato del settore.
Uno dei risultati della grande dispersione di aziende, anche qui soprattutto al Sud, è l’aumento dei costi a carico dei cittadini.
Non solo perchè gli oneri industriali aumentano, ma anche perchè aziende con limitata capacità di trattamento finiscono per conferire nelle discariche o creare le condizioni per dover trasferire altrove i rifiuti, con un ulteriore aumento della spesa.
Senza considerare l’effetto ricatto di quei privati che, proprietari di un terreno in un piccolo Comune, possono proporre tariffe fuori mercato sapendo che l’amministrazione non ha alternative.
Così, nel 2015, la spesa media italiana per i rifuti in una famiglia di tre persone che vive in un appartamento di 80 metri quadrati è stata di 271 euro. Ma si tratta di una media. Perchè la stessa famiglia al Nord ha speso 239 euro, al Centro 279 e al Sud addirittura 317.
La strada per abbattere i costi dovrebbe essere quella della concentrazione delle aziende e di una migliore distribuzione geografica degli impianti alternativi alle discariche.
Secondo i dati del rapporto Ispra, nel 2014, dei 44 inceneritori italiani, 29 erano al Nord, otto al centro e sette al Sud.
Insomma, tutto fa pensare che il “turismo dei rifiuti” sia destinato a proseguire anche negli anni a venire.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
A BOLZANO UN GIORNALISTA PERDE LA BORSA E UN PAKISTANO GLIELA RIPORTA A CASA, RIFIUTANDO UN COMPENSO: “L’ONESTA VIENE PRIMA DI TUTTO E NON SI DEVE PAGARE”
È successo a Bolzano. Un’azione encomiabile che vorremmo tutti vedere più spesso e che ci ricorda che accanto a noi ci sono anche persone oneste.
I protagonisti di questa storia sono Hansjà¶rg Kucera, 77 anni, giornalista altoatesino, per molti anni caporedattore della Rai per i servizi giornalistici in lingua tedesca, e Sabrin Muhammad, 52 anni, pachistano con regolare permesso di soggiorno.
«Erano le dieci di sera, quando è suonato il campanello di casa, sono andato ad aprire e non volevo credere ai miei occhi: davanti a me c’era un signore pachistano venuto a consegnarmi la borsa che avevo perso uscendo di casa, in macchina. Dentro avevo tutti i documenti e parecchi soldi. Non ha voluto niente, ma io per ringraziarlo ho deciso di dargli una mano a trovare un lavoro»
Kucera ammette che non è la prima volta che dimentica la sua borsa da qualche parte.
Ho aperto la macchina, ho messo la borsa sul tetto e sono partito per Cavalese. Arrivato in Val di Fiemme, sono andato a prendere un caffè e al momento di pagare, ho scoperto che non avevo più la borsa».
Ha chiamato subito il figlio a Bolzano, nella speranza che fosse caduta dal tetto quando l’auto era ancora all’interno del garage o poco distante.
Illusione: della borsa con il suo prezioso contenuto non c’era traccia, neanche lungo la via Beato Arrigo dove abita.
«Le altre due volte – racconta – in cui mi era successa una cosa analoga ero stato fortunato, perchè ho trovato sempre persone oneste che mi hanno restituito tutto. Ma con il passare delle ore, la speranza di ritrovare la borsa erano sempre meno. Invece, le persone oneste sono molte di più di quelle che si pensa e si incontrano ad ogni latitudine».
Ineccepibile il comportamento dell’immigrato pachistano.
«Nel tardo pomeriggio – dice Muhammad – stavo scendendo in bici lungo via Beato Arrigo, quando ho notato che in mezzo alla strada c’era una borsa, tutta bagnata perchè era piovuto fino a poco prima. Mi sono fermato, l’ho aperta e, neppure per un attimo, sono stato sfiorato dall’idea di tenermi i soldi. Dentro c’erano i documenti con l’indirizzo del signor Kucera e sono andato da lui a restituirgliela».
Il giornalista ha insistito per dargli una ricompensa, ma l’immigrato ha rifiutato, dicendo: «Per me l’onestà viene prima di tutto e non si deve pagare»
Come ogni bella storia non poteva mancare il lieto fine.
Kucera ha voluto ascoltare la sua storia e ha deciso che l’avrebbe aiutato: «Mi ha detto che lavora poche ore al giorno in un supermercato. Troppo poco per mantenere una famiglia e mi ha chiesto se conoscessi qualcuno disposto a farlo lavorare di più: mi sono dato da fare e gli ho trovato un posto in un albergo».
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
UNO DEI DUE KILLER ERA STATO ARRESTATO PER TERRORISMO
Al momento non sono molti gli elementi disponibili per tracciare il profilo dei due terroristi che questa mattina sono entrati in azione nella chiesa di Saint-Etienne-de-Rouvray, nei pressi di Rouen.
Ma ancor prima di conoscere l’identità dei due uomini, uccisi dalle forze speciali francesi dopo aver sgozzato un anziano sacerdote e ridotto in fin di vita un parrocchiano, quei pochi elementi concorrono a un primo pesante giudizio.
Non su di loro, ma sulle autorità francesi. Per la superficialità con cui hanno affrontato la minaccia jihadista che covava sotto la cenere anche in Normandia.
La stessa superficialità esibita a Nizza la sera del 14 luglio.
I due “soldati” dello Stato Islamico, come vengono definiti nella rivendicazione di Daesh, erano francesi e originari di Saint-Etienne-de-Rouvray, secondo quanto riferiscono fonti “bene informate” citate da BFM-TV.
Sarebbero stati addirittura riconosciuti dalle vittime dell’attacco.
L’attenzione è concentrata soprattutto su uno dei due, di cui è trapelato il nome, Adel, l’iniziale del cognome, K., l’età , 19 anni.
Viveva a Saint-Etienne-du-Rouvray, a casa dei genitori. Ed era ben noto alle forze dell’ordine. Perchè Adel K. era costretto a portare il braccialetto elettronico, come conferma una fonte vicina all’indagine all’Afp, a seguito di una vicenda per la quale avrebbe dovuto trovarsi in modo naturale sotto ben più stretta sorveglianza in un Paese come la Francia, da quasi due anni oppresso dalla cappa del terrorismo di matrice islamista.
Adel K. era un aspirante jihadista che nel 2015 aveva cercato per due volte di raggiungere la Siria per unirsi allo Stato Islamico.
In maggio era stato intercettato e respinto dalla Turchia, quindi arrestato all’aeroporto di Ginevra. Secondo il quotidiano svizzero La Tribune de Genève, Adel K. aveva trascorso qualche giorno in cella nel carcere ginevrino di Champ-Dollon, poi era stato estradato in Francia.
Condannato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo, Adel K. aveva scontato quasi un anno di detenzione per poi essere scarcerato il 22 marzo scorso e posto in libertà vigilata con l’applicazione del braccialetto elettronico.
Contro il provvedimento la Procura antiterrorismo di Parigi aveva fatto ricorso senza successo.
Con il segnalatore alla caviglia, il 19enne poteva disporre di libertà di movimento per quattro ore, dalle 8.30 alle 12.30.
Così Adel K. ha sfruttato quella “finestra” temporale per portare a compimento l’attacco costato la vita a un parroco e il ferimento grave di un’altra persona, scattato con l’irruzione nella chiesa intorno alle 9.30.
Ad aggravare il quadro, le dichiarazioni rese ai media da due giovani musulmani di Saint-Etienne du Rouvray in forma anonima.
Parole da prendere con la dovuta cautela, in attesa che le indagini evidenzino in esse un fondo di verità .
“E’ un coglione – afferma uno degli intervistati riferendosi ad Adel K. -. Ha tolto la vita a gente che non c’entrava niente con le sue storie. Era arrabbiato perchè voleva andare in Siria e lo hanno fermato. Voleva vendicarsi per essere stato in prigione. Poteva vendicarsi in prigione invece di fare una cosa cosi nel quartiere”.
Il ragazzo prosegue, aggiungendo al racconto un altro inquietante elemento. L’esistenza di un fratello di Adel K. attualmente in Siria con il Daesh.
“Hanno provato ad andare in Siria, lui e il fratello. Hanno truccato i documenti, li hanno scambiati, una cosa del genere. Ma lui è stato fermato e rimandato indietro, era furioso. Il fratello però è passato, sta là adesso”.
“Sì, è lì e si addestra – gli fa eco il secondo giovane musulmano – dicono che manda anche foto dal campo in Siria”.
Anche l’emittente francese Rtl riporta la testimonianza di “due amici” di Adel K., forse gli stessi, incastrando un’altra tessera nel puzzle dell’orrore che, mai come in questo caso, poteva essere evitato.
Uno dichiara: “Mi disse: sul Corano e sulla Mecca, attaccherò una chiesa. Me lo disse due mesi fa uscendo dalla moschea. Sulla vita di mia madre, non gli ho creduto. Ma non mi sono stupito, me ne parlava tutto il tempo. Parlava dell’islam, che avrebbe fatto cose del genere”.
Passano le ore ed ecco saltare fuori un’intervista rilasciata dalla madre di Adel K. un anno fa a La Tribune de Geneve all’epoca dell’arresto.
La donna individuava nella strage della redazione di Charlie Hebdo il “detonatore” della radicalizzazione di suo figlio.
“A partire da gennaio 2015 (mese dell’attacco al giornale satirico), da che era un ragazzo allegro, gentile, amante della musica e delle uscite con gli amici, ha iniziato a frequentare assiduamente la moschea”.
In meno di tre mesi e, secondo la donna, Adel K. era un’altra persona: “Diceva che in Francia non si poteva osservare tranquillamente la sua religione, parlava con espressioni che non gli appartenevano, era come stregato”.
Adel K. aveva iniziato a chattare su Facebook con altri soggetti radicalizzati e il 23 marzo aveva messo in atto il cosiddetto “Piano A”: prendere un treno per la Bulgaria, proseguire per la Turchia e passare in Siria per unirsi l’Is. Fallito. Del “Piano B” oggi parla il mondo.
Raccontando l’orrore di Saint-Etienne-de-Rouvray, c’è chi si è chiesto come sarebbe stato possibile immaginare e prevenire che il terrorismo colpisse in una piccola chiesa alla periferia di Rouen. Probabilmente sarebbe stato possibile.
Questa volta è Le Parisien a ricordare come a fine novembre 2015, sulla scia degli attentati di Parigi, fosse stata tracciata una filiera jihadista nel Dipartimento della Seine-Maritime in Normandia.
Giovani adepti dell’Islam radicale, aspiranti jihadisti desiderosi di raggiungere la Siria, erano soliti ritrovarsi in due moschee: una proprio a Saint-Etienne-du-Rouvray, l’altra a Saint-Pierre-lès-Elbeuf.
I sospetti erano stati interrogati dalla Direction gènèrale de la sècuritè intèrieure (DGSI) ed era emerso come tutti orbitassero attorno alla moschea di tendenza salafita di Saint-Etienne-du-Rouvray.
All’epoca, il procuratore di Rouen, Jean-Franà§ois Bohnert, dichiarò: “Abbiamo a che fare con gente giovane, che all’inizio si frequentava via internet. Poi (in moschea) l’occasione di entrare in contatto, vedersi, arruolare nuovi membri e soprattutto distinguere gli uni dagli altri”.
Tre dei giovani interrogati, un ragazzo e due ragazze, erano stati tratti in arresto a Saint-Pierre-lès-Elbeuf. Un quarto ricercato, un 22enne originario di Vernon (Eure, altro Dipartimento della Normandia), fu considerato già in Siria con lo Stato Islamico. Anche lui frequentava la moschea salafita di Saint-Etienne-du-Rouvray.
Non era la prima volta che una filiera jihadista veniva alla luce in Normandia. Originario del villaggio di Bosc-Roger-en-Roumois, sempre nell’Eure, è anche Maxime Hauchard, 22 anni, riconosciuto in un video come uno dei macellai dell’Is che sgozzarono 18 ostaggi siriani.
Hauchard è ritenuto essersi unito al Daesh dal 17 agosto del 2013 e figura sulla lista dei terroristi più ricercati dagli Stati Uniti.
Nel suo “percorso formativo” al Jihad, Hauchard ha svolto anche il ruolo di reclutatore. In particolare, si era tirato dietro un amico del suo villaggio di cui è noto solo il nome, Jean, iglio di agricoltori e brillante studente.
I due avevano lavorato nella stessa pizzeria “halal” di Bourg-Achard, a due passi da Bosc-Roger-en-Roumois, dove facevano consegne a domicilio.
Dal 2012 Jean è in Arabia Saudita, ufficialmente per “studiare teologia”.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
APPELLO A TUTTI I FRANCESI PER COMBATTERE UNITI IL TERRORISMO
“Un atto terroristico vile e barbaro”. Con queste durissime parole il Conseil Franà§ais du Culte Musulman, l’organo rappresentativo ufficiale delle comunità islamiche francesi, condanna l’attacco alla chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, in Normandia, dove due affiliati all’Isis hanno preso in ostaggio e poi sgozzato un sacerdote di 84 anni.
L’attentato è stato rivendicato dal Califfato pochissime ore dopo l’episodio.
E rapidamente è arrivato anche il comunicato colmo di disgusto del Consiglio francese per il culto musulmano: “Un sacerdote è stato vigliaccamente assassinato. Condanniamo con estrema forza questo atto terroristico vile e barbaro che colpisce nuovamente il nostro Paese, dopo pochi giorni dalla strage di Nizza”, scrivono gli imam.
“Il Cfcm esprime grande emozione e solidarietà ai cristiani di Francia”, continua il comunicato, informando che il presidente dell’associazione ha inviato un messaggio di cordoglio al presidente della conferenza episcopale francese mons. George Pontier.
Infine un appello a tutti i francesi per combattere il terrorismo senza dividersi: “Dinnanzi alla gravità della situazione, questo Consiglio rivolge un nuovo appello a tutta la Nazione affinchè rimanga unita e solidale. La successione degli atti terroristi in questa estate colma di morte dimostra ancora una volta la necessità di una mobilitazione senza preedenti di tutte le energie e la coesione di tutti i componenti della comunità nazionale per mettere fine al flagello del terrorismo”.
Analoga condanna anche dall’imam che conosceva personalmente il sacerdote assassinato, padre Jacques Hamel, tanto da definirlo “un amico”.
Si tratta del presidente del Consiglio regionale per il culto musulmano dell’Alta Normandia, Mohammed Karabila, che si è detto “sconvolto per la morte del mio amico”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
IL RAGAZZINO VIENE DA UNA FAMIGLIA DI ESPONENTI DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA DEI MONTI LATTARI
Viene da una famiglia di esponenti della criminalità organizzata dei Monti Lattari il ragazzino di 16 anni che ha architettato l’orrendo stupro di gruppo contro una quasi coetanea di Pimonte, in provincia di Napoli.
Proprio colui che ha fatto sesso con la ragazzina di 15 anni e poi ha architettato l’idea di farla filmare dagli amici con gli smartphone, per minacciarla e costringerla in futuro a fare sesso anche con gli altri, altrimenti quei file video avrebbero cominciato a circolare sulla rete.
Il ragazzino prima avrebbe indotto la fidanzata a fare l’amore in campagna, poi ha radunato gli amici, a quattro o cinque alla volta, e infine ha fatto scattare il ricatto.
Lei ha denunciato. Sono scattate le indagini.
Gli inquirenti hanno interrogato i ragazzi, hanno compilato i rapporti alla Procura dei minorenni di Napoli.
E così la storia è cominciata a circolare in paese — a quell’età i ragazzini sono ciarlieri, si vantano, le voci corrono — e quando a fine giugno nella non lontana San Valentino Torio si apprende dello stupro di gruppo di una minorenne in un garage, qualcuno scrive su un sito-blog che anche lì, a Pimonte, sarebbe accaduto qualcosa di molto simile.
Ma in paese tutti conoscono tutti. Così il ragazzino che si è riconosciuto nella descrizione dell’articolo non ha esitato ad affrontare in piazza l’autore.
Minacciandolo e costringendolo a rimuovere il pezzo dal web. Gli è bastato pronunciare poche parole. Tutti sanno a quale famiglia appartiene
Peraltro, sarebbe il figlio di un boss anche il ragazzino non ancora quattordicenne che avrebbe partecipato alla violenza di gruppo.
Non è imputabile ed è l’unico rimasto immune dai provvedimenti giudiziari adottati contro gli aguzzini.
L’inchiesta comunque è andata avanti. Grazie al coraggio della ragazza che ha denunciato tutto. Fino all’arresto del branco.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
DOPO LA CENA AD ARCORE A MASTICARE AMARO SONO I COLONNELLI DESTITUITI E SALVINI… VINCONO CARFAGNA, TAJANI E GELMINI, SCONFITTI TOTI, GASPARRI E MATTEOLI
Dopo le indiscrezioni, arriva il timbro dell’ufficialità .
Durante la cena di lunedì sera ad Arcore, Silvio Berlusconi ha dato un mandato pieno a Stefano Parisi “per il rilancio e il rinnovamento della presenza dei moderati in politica”.
Un’investitura piena, che passa dal via libera alla conferenza programmatica lanciata per settembre dallo stesso Parisi.
Una decisione che passa da una nota ufficiale dell’ex Cavaliere, che così cerca di spazzare via i tanti malumori dentro Forza Italia per la rapidissima discesa in campo del manager.
Berlusconi sembra avere le idee chiare: “Se Renzi perde il referendum ci servirà un candidato premier. E io voglio te”, ha detto durante la cena al candidato sindaco di Milano sconfitto di misura da Beppe Sala.
Nel frattempo, Parisi dovrà fare l’amministratore delegato di Forza Italia, guidarla facendo “una analisi approfondita della situazione politica e organizzativa” del partito. Parisi non vorrebbe farsi coinvolgere dentro il ginepraio del vecchio contenitore, ma pensare già al nuovo soggetto “liberal-popolare” con cui intende riunificare la diaspora del Pdl e attrarre energie della società civile moderata.
Ma il pressing dell’ex Cavaliere lascia pochi spazi ai dubbi.
E del resto l’offerta è di quelle che non arrivano tutti i giorni: dopo tanti tentativi a vuoto, stavolta Berlusconi- complici anche i problemi di salute- sembra aver deciso davvero di puntare su un delfino che gli succeda alla guida della coalizione.
Decisivo il sostegno di Fedele Confalonieri che ha garantito al manager la massima copertura mediatica, e della famiglia Berlusconi, a partire da Marina.
Sulla stessa linea Gianni Letta, Nicolò Ghedini e alcuni esponenti di punta come Tajani, Carfagna, Gelmini e Bernini che parla di “scelta lungimirante”.
I colonnelli, a partire da Paolo Romani e Giovanni Toti riuniti nell’asse del Nord, stanno studiando le contromosse.
Con il sostegno di Salvini cercano di sbarrare la strada a Parisi, ma non si esclude una scissione dentro Forza Italia.
Movimenti anche dentro Ncd, dove l’avvento di Parisi scalda gli animi e dà forza a chi, come Maurizio Lupi, lavora a un ritorno nel centrodestra.
“Se ne parla dopo il referendum, in ogni caso mai alleati con Salvini”, taglia corto Alfano.
Dal fronte leghista arriva un’apertura da Roberto Maroni, che da tempo coltiva un filo diretto con Parisi.
“Tutti i contributi sono utili. Chi vuole riunire le varie componenti del centrodestra con il ‘modello Milano’, che io chiamo ‘modello Lombardia’, perchè qui funziona, è benvenuto. Vediamo cosa succederà . E’ una fase interessante perchè c’è molto movimento. Mi auguro che si riesca a trovare un’intesa perchè solo così si è competitivi”.
A sorpresa arrivano parole di interesse anche dall’ex montiano Enrico Zanetti, viceministro dell’Economia, di recente passato in alleanza con Verdini tra gli strali dei suoi coilleghi di Scelta civica. “Noi che stiamo lavorando alla riaggregazione dell’area moderata a trazione liberal-democratica, guardiamo con logica attenzione ai processi interni all’area moderata sul versante popolare. Ma il no di Parisi al referendum è un errore che ripropone gli schemi del passato”.
(da “La Repubblica“)
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Luglio 26th, 2016 Riccardo Fucile
CHI ERA PADRE JACQUES HAMEL, UCCISO DAI TERRORISTI DELL’ISIS
Il santo Etienne era un ebreo e venne considerato a posteriori come primo martire della cristianità . Jaques Hamel era uno dei preti della parrocchia di Saint-Etienne du Rouvray e, se la matrice terroristica dei suoi assassini fosse confermata, sarebbe il primo parroco martire del terrore dell’Isis che sta sconvolgendo questa parte di secolo.
Otto anni fa Jacques Hamel festeggiò il suo “giubileo d’oro”.
Nel 2008 spegneva infatti le candeline di 50 anni di sacerdozio. Le sue uniche “armi”, come ha ricordato la diocesi francese scossa dalla sua morte, erano “la fraternità e l’amore”.
Nato nel 1930 a Darnetal e ordinato nel 1958 Hamel era oggi prete ausiliario della parrocchia di Saint Etienne du Rouvray
Vista l’età da qualche tempo aiutava padre Auguste Moanda-Phauati nella gestione della parrocchia.
A padre Moanda il compito, in quella comunità di poco più di 20mila anime, di celebrare comunioni e cresime mentre padre Jacques continuava a celebrare qualche messa proprio come quella di questa mattina quando alle 9.45 due terroristi hanno fatto irruzione nella chiesa.
(da “Huffingtonpost”)
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