Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
BALLOTTAGGI: M5S VINCEREBBE SIA CONTRO PD CHE CONTRO CENTRODESTRA… PD VINCEREBBE CONTRO CENTRODESTRA UNITO… ELETTORI PD STANNO ANCORA CON RENZI: IL 70% HA FIDUCIA IN LUI
Gli elettori del Partito Democratico stanno ancora con il segretario Matteo Renzi. Secondo quanto rivela un sondaggio di Scenari Politici per l’Huffington Post, la fiducia nei confronti del leader del Pd è al 70 per cento. In particolare, per il 43,2 per cento la fiducia è “molta” mentre il 31,5 per cento ha “abbastanza fiducia” in Renzi. Non sembra quindi, stando a quanto riporta la rilevazione, che l’esito delle elezioni amministrative (perse a Roma, a Torino e a Napoli, in primis) abbia spostato il favore degli elettori dem.
Non solo, il 57,7 per cento di loro voterebbe ancora Renzi come segretario del Partito Democratico.
A seguire c’è Enrico Rossi, governatore della Toscana al 20,7 per cento, il leader della minoranza Roberto Speranza all’11,7 e l’attuale presidente del partito Matteo Orfini al 9,9 per cento.
Per quanto riguarda le intenzioni di voto, al primo turno il PD si conferma il primo partito in Italia. con il 30,5%, seguito a un soffio dal M5S al 29,2%.
Nel centrodestra Forza Italia (12,2%) sorpassa la Lega, in calo al 12%
Tuttavia, come già riportato da precedenti rilevazioni, in caso di ballottaggio al secondo turno – come prevede l’attuale legge elettorale Italicum – con il Movimento 5 Stelle, i grillini raccoglierebbero più voti dei democratici.
In numeri, i 5 Stelle raggiungerebbero il 55 per cento contro il 45 per cento del Pd.
M5S vincerebbe anche con il Centrodestra unito 57% a 43%.
Il Pd vincerebbe invece sul Centrodestra 53,5% a 46,5%
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
SILURATO DALLE FAIDE INTERNE DEI GRILLINI ROMANI TIENE DURO: “GRILLO VALUTI IL MIO CURRICULUM”
La telefonata di Beppe Grillo a Virginia Raggi ha messo la parola “fine” alla resistenza del sindaco che voleva Raffaele Marra vicecapo di gabinetto vicario, colui che in pratica avrebbe avuto il potere di firma su tutti i capitoli di spesa del Comune. Decisione che ha scatenato l’ira della base e soprattutto dello staff romano, con Roberta Lombardi e Paola Taverna in testa, poichè Marra ha collaborato con Gianni Alemanno quando era ministro ed è entrato in Campidoglio con Ignazio Marino. Adesso “sarà spostato ad altro incarico”, fa sapere l’entourage del primo cittadino.
In pratica, per il dirigente del Comune, niente più promozione a vicecapo di gabinetto nonostante l’ordinanza triennale del sindaco firmata pochi giorni fa.
Ma Marra, che spiega di essere vincitore di concorso pubblico nel 2006 e dirigente capitolino dal 2008, non molla.
Contattato al telefono dall’Huffpost dice: “Sfido chiunque a vedere le mie carte, il mio curriculum e tutte le denunce che ho fatto in questi anni”.
Sfida anche Beppe Grillo e Luigi Di Maio, che ha fatto da mediatore in questa storia? “Sì, sono pronto a pagare io il pool di avvocati che il Movimento vorrà scegliere affinchè io venga valutato per quello che ho fatto. E dico anche, se il Movimento ha come via maestra la legalità io mi definisco lo spermatozoo che ha fecondato l’ovulo del Movimento. Sono uno di loro”.
Ma la nomina di Marra non è stata l’unica a far discutere.
Nei fatti due sono stati fino ad ora gli incarichi conferiti dal sindaco ed entrambi sono saltati nel giro di pochi giorni.
Anche Daniele Frongia, scelto capo di gabinetto però “dimezzato”, cioè senza potere di firma a causa della legge Severino, sembra ormai destinato a un altro incarico. Frongia è infatti finito sotto accusa poichè sarebbe stato lui a contattare Marra, con il quale ha stretto contatti durante lo scorso mandato.
Per il braccio destro della Raggi ci sarebbe adesso l’idea di una nomina ad assessore al Patrimonio immobiliare nonchè a vice sindaco.
Alla fine Raggi, dopo lotte intestine e veti incrociati tra le varie correnti, ha dovuto cedere anche su Frongia e sacrificarlo perchè il rapporto troppo stretto tra i due non viene visto di buon occhio dal resto del Movimento.
In questo modo verrebbe facilitata la formazione della squadra che verrà presentata il 7 luglio durante il primo consiglio comunale. Sarà una corsa contro il tempo.
Negli ultimi giorni si era parlato di uno slittamento al 12 luglio, ma da più parti, compreso da Grillo, al sindaco è stato fatto notare che non è opportuno, considerate le critiche di questi giorni e l’essere venuta meno alle promesse della campagna elettorale.
Nel frattempo sono in corso ancora le ultime riunioni.
L’entourage spiega che non ci sarebbero caselle di assessorati che rischiano di rimanere vuote, ma casomai solo opzioni diverse per alcune di loro.
Marcello Minenna, l’ex dirigente Consob che ha denunciato Giuseppe Vegas, sarebbe tornato in partita e sembra che abbia sciolto la riserva.
Potrebbe quindi ricoprire l’incarico di assessore al Bilancio, al posto di Daniela Morgante, nome dato per certo invece pochi giorni fa.
C’è anche però chi vede Minenna come possibile capo di gabinetto.
La confusione è tanta e ancora nulla è stato deciso ufficialmente.
Soprattutto adesso che rimane vacante la poltrona di capo di gabinetto. E sarà attorno a questa carica che si consumerà un’altra battaglia.
La corrente guidata da Roberta Lombardi e Marcello De Vito, il cui nome è apparso anche in un dossier creato contro di lui da Raggi e Frongia, vorrà avere l’ultima parola.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
FRONGIA NON SARA’ CAPO DI GABINETTO, MA ASSESSORE AL PATRIMONIO IMMOBILIARE… LA MEDIAZIONE DI GRILLO E CASALEGGIO
C’è aria di tregua a Roma e, dopo un pasticciato avvio, la sindaca Virginia Raggi deve scendere a compromessi per non rischiare che la faida interna al M5S butti al macero l’utopia pentastellata in Campidoglio.
Le prime nomine, osteggiate dalla fronda che fa capo alla deputata Roberta Lombardi, stanno per diventare un ricordo e il passo indietro è una concessione alle ragioni degli avversari.
Daniele Frongia, divenuto capo di gabinetto con codazzo di polemiche sulla sua incompatibilità perchè ex consigliere, diventerà assessore al Patrimonio immobiliare. Vicinissimo alla sindaca lascerà il posto di uomo-ombra a qualcun altro.
Anche Raffaele Marra, dirigente comunale in quota 5 Stelle ma con una storia che affonda le radici nel tanto odiato mondo di Alemanno, abbandonerà la carica di vice-capogabinetto, per un ruolo che in queste ore i pentastellati stanno definendo con l’aiuto del direttorio e, sulla parte dell’impatto mediatico, della Casaleggio.
È un siluramento morbido, per uscire dall’angolo dove la prima cittadina aveva portato il Movimento.
«Virginia, è una questione di opportunità politica» le hanno detto più volte, insistendo per giorni, martellando sui suoi primi atti formali da sindaca: «Lo vedi come ci stanno addosso i giornali? Hai fatto due nomine ed entrambe ci hanno creato problemi».
Due nomi, due fedelissimi a cui Raggi non voleva rinunciare, anche per far scudo al fuoco amico della Lombardi e del suo protetto Marcello De Vito, il 5 Stelle più votato, molto poco in sintonia con Raggi, che sarebbe stato al centro del dossieraggio che negli ultimi giorni ha svelato i veleni nel M5S capitolino.
Di fronte alla paralisi romana Beppe Grillo e Davide Casaleggio si sono allarmati. Sono loro e Luigi Di Maio ad aver facilitato la mediazione con il direttorio che ha costretto Raggi ad abbassare le resistenze.
Pare che dopo una telefonata con il comico (non confermata) e con Di Maio la sindaca abbia capitolato.
«Nessuna tensione» dissimula intanto lei. In realtà , il passaggio di Frongia da capo gabinetto ad assessore le dovrebbe facilitare le cose per completare la squadra.
I grillini tengono coperti gli ultimi due nomi, mentre la docente del Politecnico di Torino, Cristina Pronello, destinata ai Trasporti, si prenderà le ultime ore per decidere se mollare.
Per il 7 luglio però non tutti i tasselli saranno al loro posto: oltre alla giunta, ci sono altre nomine da fare, staff da completare e curriculum da vagliare.
In cambio delle due concessioni fatte, Raggi avrebbe però strappato l’ok a tenere come portavoce Augusto Rubei, fino a ieri inviso al capo comunicazione dei parlamentari Rocco Casalino.
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
“UNO STATO MEMBRO PUO’ TORNARE SULLA PROPRIA DECISIONE NEL PERIODO DI TRANSIZIONE”
Ci vorranno “quasi sicuramente” più di due anni prima che il Regno Unito possa lasciare l’Unione Europea.
E’ quanto si legge in un rapporto della Camera dei Lord licenziato lo scorso 4 maggio, prima della Brexit. Il documento, allegato in un dossier pubblicato dal Servizio Studi del Senato e intitolato ‘Dopo la Brexit’, prevede dunque tempi più lunghi del previsto per chiudere la pratica: in un primo momento, si parlava di due anni per il divorzio tra Londra e Bruxelles.
Nel rapporto ‘The process of withdrawing from the European union’, preparato dall’European Union Committe, si analizzano in anticipo le complicate conseguenze di una possibile vittoria del ‘Leave’, poi divenuta realtà .
“Vista l’assenza di precedenti specifici — si legge nel dossier — non è possibile prevedere con certezza quale sarà la durata dei negoziati”.
Si ricorda poi che “in media gli accordi commerciali tra Ue e gli Stati membri richiedono, per essere finalizzati, un periodo tra i quattro e nove anni”.
Tuttavia la decisione di protrarre i negoziati oltre i due anni spetta al Consiglio Europeo, che deve esprimersi all’unanimità , e “non può essere considerato a priori un passaggio scontato”.
Il rapporto si apre notando che nell’unica base giuridica per il recesso di uno Stato dall’Unione, l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, “non vi è nulla che impedisca a uno Stato membro di tornare sulla propria decisione”.
In pratica, il voto popolare deve certamente essere considerato incontrovertibile ma non lo è per gli accordi esistenti e nulla esclude che lo stesso popolo britannico possa cambiare idea in futuro.
E’ inoltre “probabile che, in parallelo con l’accordo di recesso, venga negoziato anche un accordo sulle relazioni future tra Regno Unito e Unione europea” perchè dovrebbe essere di “interesse comune, di tutte le parti in causa, assicurare un coordinamento efficace tra i due accordi”.
Un punto su cui potrebbe non essere d’accordo Jean-Claude Juncker. Il presidente della Commissione europea ha dichiarato alla tv pubblica tedesca Ard che “non sarà un divorzio consensuale, ma non è stata neppure una grande storia d’amore”.
Di difficile soluzione anche il problema della presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea che nel secondo semestre 2017 spetta al Regno Unito. Ai sensi dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona un Paese in uscita non può infatti presiedere le sedute dedicate al suo stesso recesso.
Infine i britannici si preoccupano della propria credibilità , a rischio di essere “seriamente minata” nel lungo periodo in cui il Regno Unito dovrà prendere delle decisioni in quanto membro dell’Unione e allo stesso tempo ne tratterà l’abbandono.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
L’ITALIA PUNTA ALL’AUTORITA’ DEL FARMACO E DELLE BANCHE
L’addio all’Unione europea può costare caro al Regno Unito per tante ragioni, non ultima la possibile diaspora di multinazionali e Autorità comunitarie che hanno sede a Londra e dintorni, alle quali sono ben disposti a fare ponti d’oro i governi degli altri Paesi, Italia, Germania e Francia in testa.
“Brexit per l’Italia può rappresentare un’occasione”, ha spiegato oggi il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che vuole una task force “che coinvolgerà gli esponenti della finanza e dell’economia italiani che hanno un ruolo a livello europeo per portare in Italia tutto quello che si può portare”.
L’attenzione, in questo caso, è in particolare per due Autorità sulle quali da tempo Roma ha messo gli occhi, vale a dire l’Ema (European Medicines Agency, l’agenzia del farmaco che occupa circa 600 persone) e l’Eba (European banking Authority, con circa 150 dipendenti di cui molti italiani), che hanno entrambe sede a Canary Wharf, centro direzionale ricavato nella vecchia zona portuale di Londra.
Dalle rive del Tamigi potrebbero dunque traslocare al di qua delle Alpi e Milano si è già candidata per ospitarne almeno una, tanto che il sindaco Giuseppe Sala mercoledì volerà nella capitale britannica per gettare le basi di un possibile trasferimento.
La strategia dell’accoglienza italiana non sarebbe comunque riservata solo agli enti pubblici, ma anche alle aziende, da attirare con vantaggi fiscali.
Il governo sta infatti valutando la possibilità di creare due aree a fiscalità agevolata a Milano, nell’area ex Expo, e a Bagnoli per attrarre investimenti, magari proprio in fuga da Londra.
La concorrenza da parte dei partner europei, però, è agguerrita.
Sul piatto ci sono i miliardi che muovono marchi come Vodafone, Visa, Easyjet, Nissan, Toyota o colossi del credito come JpMorgan, Morgan Stanley e Deutsche Bank, che fanno gola a molti: finora nessuno ha fatto il passo ufficiale per il trasloco, ma gli indizi di un possibile addio ci sono.
Easyjet ha chiesto un certificato di vettore europeo, Vodafone “sta valutando giorno per giorno la situazione”, Visa “continua a monitorare la situazione con attenzione”, Nissan e Toyota (presenti in forze nel Paese) ancora prima del referendum avevano avvertito che gli investimenti ne avrebbero risentito.
Se qualcuno deciderà veramente di passare il Rubicone, anzi di attraversare la Manica, troverà ad accoglierlo non solo l’Italia, ma anche la Francia (la Brexit rappresenta per la Francia l’opportunità di “vincere” aziende, ha detto il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron) e la Germania: per Vodafone, per esempio, si è fatto avanti il land del Nord Reno Vestfalia, che ha candidato la città di Dusseldorf.
Molta incertezza aleggia poi sulla questione della prospettata fusione tra la Borsa di Londra (London Stock Exchange, che tra l’altro controlla Piazza Affari) e quella di Francoforte, che sarà domani al vaglio dell’assemblea della stessa Lse per un voto favorevole ritenuto scontato.
La Bafin, l’ente di controllo tedesco sui mercati finanziari, ha già mostrato le proprie perplessità sul fatto che Londra possa essere la sede della super-Borsa nata dalla fusione e anche il presidente della Consob Giuseppe Vegas ha scritto al presidente della Lse Donald Brydon per chiedere un coinvolgimento dell’Autorità di vigilanza italiana in eventuali iniziative che coinvolgano Borsa Italiana a seguito della Brexit.
Da Londra, insomma, potrebbero scappare in molti e forse non servirà nemmeno l’accorato appello del sindaco Sadiq Kahn, che oggi in una lettera aperta ha assicurato che la capitale britannica è “aperta alle imprese”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
DOPO L’EX UOMO DI ALEMANNO, ANCHE FRONGIA COSTRETTO A CAMBIARE RUOLO: CONTINUA LA LOTTA INTERNA AI CINQUESTELLE
Raffaele Marra, il dirigente pubblico da poco destinato dalla sindaca di Roma Virginia Raggi al ruolo di vicecapo di Gabinetto, “sarà spostato ad altro incarico”.
E’ quanto si apprende dal Campidoglio.
La giunta Raggi, che sarebbe al completo, sarà invece presentata alle 15 di giovedì 7 luglio, confermano fonti vicine alla prima cittadina.
Anche Daniele Frongia, braccio destro del primo cittadino, potrebbe lasciare la carica di capo di gabinetto per diventare vicesindaco ‘politico’
La guerra interna tra i 5 Stelle miete così le prime vittime.
La nomina di Marra, uomo vicino ad Alemanno, aveva creato non pochi mal di pancia tra i pentastellati e ora si procederà ad una nuova nomina visto che il suo incarico è sempre stato considerato “temporaneo”.
Sempre in bilico invece Frongia che potrebbe molto probabilmente ‘traslocare’ in giunta, posizionandosi così in pole position per essere vicesindaco. “È necessario avere un vicesindaco con le spalle larghe” dicono i pentastellati.
E quindi Frongia slitterebbe verso un incarico più rappresentativo abbandonando quello amministrativo.
Una mossa questa su cui peserebbe non poco la faida interna ai 5 Stelle. Una decisione però quasi inevitabile per i futuri equilibri tra la neo sindaca e il Movimento.
In casa M5s si ragiona su un eventuale contraccolpo di immagine che deriverà dal fatto che le prime nomine di Raggi siano saltate.
La guerra tra le correnti del M5s si riverbera inevitabilmente sul puzzle giunta ma continuano a fioccare i no dei papabili assessori. L’ultimo arrivato è di Cristina Pronello, candidata alla delega ai Trasporti.
Il rebus giunta è quindi ancora irrisolto e intanto la neo sindaca, ieri ha trovato tempo per incontrare l’ex first lady britannica Cherie Blair, di inviare una lettera ai vertici di Acea, chiedendo chiarimenti su alcune nomine dirigenziali effettuate di recente. Tempistica sospetta per Raggi, “guarda il caso proprio a 3 giorni dal voto del ballottaggio” chiosa il primo cittadino. Dalla municipalizzata, però, fanno sapere che “non si tratta di nomine ma solo di incarichi temporanei, senza alcun costo, in attesa di nuove disposizioni”.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
QUALCUNO LI AVVISI CHE NON AVEVANO BISOGNO DI VENDERE ROSE, ERA STRARICCHI FIGLI DI PAPA’
All’indomani del massacro Isis nel ristorante di Dacca dove hanno trovato la morte nove italiani, spiccano le prime pagine di due quotidiani.
Il primo è “Libero”, diretto da Vittorio Feltri, secondo il quale noi italiani in realtà finanziamo gli jihadisti acquistando le rose dai venditori bengalesi che spesso si avvicinano ai bar e ai ristoranti.
Siamo al delirio xenofobo, alla istigazione all’odio per vendere qualche copia in più a qualche razzista ancora a piede libero.
Qualcuno li avvisi che i 5 terroristi non avevano bisogno di vendere rose, visto che erano tutti figli di famiglie benestanti.
Per “Il Giornale” di Alessandro Sallusti, invece, si tratta di “Bestie islamiche”. L’editoriale è affidato a Magdi Cristiano Allam, un altro soggetto che ha dei probleemi: “Basta menzogne, i terroristi ci uccidono in nome dell’Islam”.
Peccato che tra le vittime di Dacca ci siano anche musulmani.
(da agenzie)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
FARAAZ HOSSAIN, BENGALESE MULSULMANO, ERA AL TAVOLO CON UNA RAGAZZA INDIANA…I TERRORISTI GLI AVEVANO PERMESSO DI USCIRE MA LUI HA DECISO DI NON ABBANDONARLE
Il giorno dopo la strage di Dacca la lente ingrandisce ultimi attimi di vite comuni, di persone come tutti, importanti come tutti. E sono momenti che s’immaginano, dolorosi e a volte eroici. Come quelli di Faraaz Hossain, assassinato all’Holey Artisan Bakery insieme ad altre 19 persone.
I terroristi lo avevano risparmiato. Lui, vent’anni, musulmano, che il Corano lo conosceva e che era bengalese. “Uccidiamo solo stranieri”, avevano detto.
Ma Faraz ha rifiutato di salvarsi, non ha abbandonato le sue due amiche.
Il commando dei sette jihadisti, le loro facce da famiglie benestanti, armati di machete e fucili, passavano tra i tavoli, tra gli ospiti, chiedendo un Allah imparato a memoria.
Faraaz era uno studente di Economia, tornato in vacanza a casa il 18 maggio. Con lui c’erano due ragazze, che non avrebbero avuto il ‘privilegio’ di restare in vita. Troppo Occidentali
Oggi il popolo dei social, quello che ha cercato oltre le foto pubblicate dai giornali tracce di quelle vite interrotte, lo saluta come un ‘eroe’.
La sua storia, raccontata dai sopravvissuti alla nipote Hishaan, è stata raccolta e rilanciata dal New York Times e dall’Independent.
Faraaz Hossain, bengalese, musulmano, secondo il quotidiano britannico, era al tavolo con Tarushi Jain, indiana di 19 anni, e Abinta Kabir, entrambe studentesse del college americano, Emory University.
A Faraz però era stato permesso di uscire dal locale insieme a un gruppo di donne che indossavano il velo.
È stato lui a far notare che c’erano anche le sue amiche. Ma loro indossavano abiti occidentali.
Uno dei capi del commando le ha squadrate, e poi gli ha negato il permesso.
Faraz ha deciso di restare con loro. Ed è stato ucciso come altri, senza diventare un martire di una religione gridata da jihadisti solo per celebrare il male.
(da agenzie)
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Luglio 3rd, 2016 Riccardo Fucile
SI TRATTEREBBE NON DELL’ISIS MA DI UN GRUPPO JIHADISTA LOCALE MANOVRATO DAI SERVIZI SEGRETI PAKISTANI
Il commando che ha ucciso 20 civili, tra cui nove italiani, in un ristorante di Dacca nella notte tra venerdì e sabato, era composto da ragazzi bengalesi, rampolli ventenni provenienti da famiglie benestanti.
Il governo di Dacca è convinto che nel massacro l’Is non c’entri. E punta il dito invece contro un gruppo jihadista locale, collegato all’opposizione e manovrato dai servizi segreti pakistani.
Nella prima delle due giornate di lutto nazionale, emergono dettagli sugli autori del massacro rivendicato dallo Stato Islamico.
Il capo della polizia locale, Shahidul Hoque, ha detto che gli inquirenti stanno esaminando l’ipotesi di “collegamenti internazionali” e ha aggiunto che ci sono sospetti su “membri importanti dell’Jmb”, Jamaeytul Mujahdeen Bangladesh, un gruppo jihadista locale messo al bando da una decina di anni, legato all’opposizione al governo, Jamaat e-Islami e all’Isi, i servizi pakistani.
Secondo un altro esponente del governo, che ha parlato con l’emittente Ndtv, i terroristi la notte del massacro scaricavano le immagini efferate su Internet, di cui hanno approfittato gli uomini dell’Is in Siria e Iraq per rivendicare la paternità dell’azione.
“Avevano cellulari e portatili, che utilizzavano per scaricare le sanguinose immagini”, ha detto HT Imam, stretto collaboratore della premier Sheikh Hasina.
“Sono state utilizzate dall’Is e da altri per la rivendicazione”. “Le connessioni tra l’Isi pakistano e Jamaat sono ben note, vogliono defenestrare l’attuale governo”.
La chiave”, ha aggiunto, “è l’unico terrorista catturato vivo”.
HT Imam non ha voluto rivelarne l’identità . “L’inchiesta è in corso, dobbiamo arrivare a chi ha organizzato l’attentato”.
Le polemiche sul blitz.
Mentre le indagini vanno avanti il premier Matteo Renzi è intervenuto sulle polemiche per i ritardi del blitz di liberazione degli ostaggi. “Ogni polemica è ormai sostanzialmente inutile. Il commando era pronto a tutto – ha detto Renzi a L’intervista di Maria Latella su Skytg24 – . Abbiamo seguito in diretta ogni momento. Io credo che tutto sia necessario tranne ricostruzioni che poi spesso sono false. Loro sono entrati lì per uccidere”.
E ha aggiunto: “L’Is sta perdendo sul terreno a livello militare, in Siria, In Iraq , in Libia. Ma pugno di ferro con chi pensa di portare da noi quei valori, una strategia basata su odio e terrore. Importante l’aspetto dell’educazione: dobbiamo distruggerli senza pietà ma anche evitare che la prossima generazione sia come questa”.
Dichiarazioni che arrivano mentre un aereo con a bordo personale dell’Unità di crisi della Farnesina e dello staff della presidenza del consiglio, partito ieri pomeriggio da Roma, è arrivato a Dacca per riportare in Italia i corpi delle nove vittime.
Premier bengalese: “Pugno duro”.
Dopo la strage , la premier del Bangladesh, Sheikh Hasina, ha promesso il pugno duro contro il terrorismo e i suoi finanziatori e fiancheggiatori. “Dobbiamo individuare le radici di chi ha fornito armi ed esplosivi ai terroristi che hanno commesso questo atto barbarico”, ha detto la premier in un colloquio di stamattina con il vice ministro degli Esteri giapponese, Seiji Kihara.
Il commando.
“Sono uomini giovani che hanno studiato e frequentato l’università . Nessuno di loro veniva da una madrassa”, ha detto il ministro degli Esteri bengalese.
Il governo del Bangladesh nega da tempo la presenza di qualunque gruppo jihadista nel Paese, in particolare di membri dello Stato Islamico, ma anche al-Qaeda. L’ispettore generale della polizia del Bangladesh, AKM Shahidul Hoque.
Intervistato dal quotidiano The Daily Star, Hoque ha dichiarato che dei sei terroristi, almeno cinque erano ricercati da tempo.
Uno dei terroristi, Nibras Islam, proveniva da una famiglia molto facoltosa, che di lui però aveva perso le tracce a gennaio.
Era abituato a frequentare gli ambienti bene della società bengalese. In un video si vede accanto a una starlette di Bollywood, Shraddha Kapoor.
Il suo profilo Facebook racconta che aveva studiato in Malaysia, alla Monash University, ma anche in uno degli atenei più rinomati del Bangladesh, la Northsouth University.
Anche gli altri componenti del commando provenivano da ambienti benestanti ed erano passati attraverso alcune delle scuole più esclusive della città . Interrogato sul perchè fossero diventati estremisti, il ministro Khan ha risposto: “Ormai è diventata una moda”.
(da “La Repubblica”)
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