Luglio 9th, 2017 Riccardo Fucile
E LA CARITAS ORMAI NON RIESCE PIU’ A FORNIRE I PASTI… “TUTTE BALLE, QUA I PROFUGHI NON DANNO FASTIDIO A NESSUNO”
Ventimiglia, mezzogiorno. Sulla grande spiaggia che è poi il greto della foce del Roja, un ragazzo africano ha messo due pezzi di legno incrociati e un telo appeso, per ripararsi dal sole e passare la giornata. Alcuni altri, a pochi metri, guardano il mare e chiacchierano.
Due turisti francesi dai capelli grigi si tengono per mano e raggiungono la battigia facendo un ampio giro, lontani dai ragazzi. Il grande mercato del venerdì nella città di confine è affollato, soprattutto di francesi e inglesi arrivati dalla Costa Azzurra, ma non come negli anni passati: “ma quali migranti, il casino sono i parcheggi!”, sembra essere il mantra dei commercianti.
Però altri sono più diretti: “Vedono in televisione le immagini dalla frontiera, pensano che questo sia diventato un posto pericoloso e non vengono”.
“Macchè pericoli, con tutta la polizia che c’è: però il degrado sì, quello ce n’è tanto. E il timore che possa accadere qualcosa, c’è sempre” è un altro argomento ricorrente. Ventimiglia, di fatto, è divisa in due: di qua dal Roja, la città commerciale, strozzata dal traffico e con il sole a picco sui turisti; lungo la sponda del fiume, i migranti che si riparano sotto le arcate dei viadotti, che chiacchierano a gruppetti davanti alla chiesa di sant’Antonio alle Gianchette, dove il diritto d’asilo è realtà tangibile ad ogni ora della giornata dal maggio del 2016 ma dove la Caritas ha deciso di limitare la distribuzione di cibo alla sola (robusta) colazione, perchè “più di 5-600 persone non ce la possiamo fare”.
E lungo la strada che, chilometri dopo, arriva al Campo Roja, il sole a picco martella i giovani che si muovono dai container della Croce Rossa verso la città . E verso la frontiera. Perchè come dice Maurizio Marmo, direttore della Caritas intemelia, “è assurdo pensare che se non ci sono i posti la gente non venga, qui arrivano perchè c’è la frontiera”.
Sempre più invalicabile, ma loro sanno che i gendarmi francesi li inseguiranno e li respingeranno ma, anche alla decima volta, ce la faranno a passare. A meno di non finire sotto a un treno o a un Tir.
I mondi separati. Nino vende scarpe e pelletterie al mercato del venerdì di Ventimiglia, uno dei più estesi e affollati del sud Europa, da quarant’anni. “Ma ogni anno me vengono sempre di meno, di clienti: i parcheggi non ci sono, devi andare dall’altra parte del fiume e non te li fai dei chilometri a piedi. I migranti qui non danno fastidio a nessuno, ma la televisione ne parla, e allora la gente si mette paura. Vede stamani? In genere, di questa stagione, qui non si riusciva neanche a passare…”.
I prezzi eppure sono buoni, anche se forse i francesi ritengono che non ci siano più les affaires del passato. “Si vende comunque poco” assicura Alain, venditore senegalese con un sacco enorme di scarpe sportive che vive a Genova e che qui arriva col treno, ogni venerdì. “Io ho il permesso di soggiorno, ma un lavoro vero non l’ho trovato. Però anche a vendere, va sempre peggio. No, guarda, qui non sono i migranti, la gente spende meno”.
Non c’è folla neanche da Coppo, uno dei grandi negozi di alcolici e prodotti alimentari tutti rivolti ai turisti. “Fino a vent’anni fa ogni buco, qui a Ventimiglia, era una miniera d’oro, la gente faceva la coda fuori – spiega Luana – poi le cose sono cambiate, la crisi, l’euro…ma la città continua a vivere grazie ai francesi, nonostante la paura del terrorismo. La questione dei migranti preoccupa magari i nostri clienti più anziani, temono pericoli. In realtà non è mai successo nulla, per fortuna, ma la sensazione di paura resta. Queste persone sono disperate, mi chiedo che vita abbiano fatto per accettare di stare come li vediamo noi. E poi: ci sono persone senza scrupoli che girano intorno a loro, provano a sfruttarli, specie le ragazzine, ma anche i ragazzini. E questo è degrado”.
“Per i frontalieri è diventato un problema serio – dice dal canto suo Alessandro – mia madre lavora oltreconfine, adesso ci sono di nuovo i controlli che non eravamo più abituati a vedere. Perdi un sacco di tempo, e se hai un furgone non ne parliamo! Potresti anche essere senza patente, ma l’unica cosa che ti chiedono è di aprire le porte per vedere se trasporti qualcuno…”.
Cinquanta metri più avanti, c’è la stazione ferroviaria. Un gruppetto di stranieri è all’ombra di un’aiuola, parlottano, a vertono di sapere solo qualche parola di francese. Sono diffidenti, temono la polizia. Vengono dalla Guinea, da Conakry, “e c’è chi al campo Roja ci va e chi no” spiega Amin. Vogliono passare? “Si, certo, c’è chi ha parenti in Francia e Belgio, vogliono raggiungerli”.
Ma Oumar e Aboubakar resterebbero anche in Italia. “Qui potremmo stare, se ci lasciano. Da noi? Non c’è nulla. Nè lavoro, nè nulla”. La bellezza proibita. La via Aurelia verso la frontiera rivela scorci di bellezza assoluta.
L’azzurro del mare, i colori delle bougainvillee, i gabbiani che fanno evoluzioni nel cielo perfetto.
A Ponte San Luigi è stata appena inaugurata la nuova struttura che accoglie i migranti respinti dalla Francia; davanti, un “Alce”, un blindato dell’esercito e alcuni militari in mimetica. Sotto, a ponte San Ludovico, la Gendarmerie francese in armi.
Bastano dieci metri e Mentone “Ville Fleurie” come sottolineano i cartelli, si squaderna con aiuole perfette e bella gente sul lungomare.
Non ci sono nè polizia nè stranieri, la spiaggia è affollata, si lavora a sistemare l’area intorno al nuovo parcheggio appena dietro l’arenile. Alzi gli occhi e vedi le rocce dei Balzi Rossi e il borgo di Grimaldi superiore, che attraversano quelli che sfidano il Passo della Morte.
Ripassi la frontiera: due ragazzi stranieri, lo zaino sulla spalla e la testa china, riprendono la strada di Ventimiglia.
Oggi è andata male, domani chissà .
(da “Il Secolo XIX”)
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Luglio 9th, 2017 Riccardo Fucile
“OCCORRONO FLUSSI LEGALI, QUESTE PERSONE SONO UNA VERA RISORSA”
«L’unica soluzione per risolvere il problema dei migranti è creare flussi legali. Pensare di fermare queste persone alzando muri e impedendo loro di partire è un’utopia».
Louise Arbour, è la rappresentante speciale per le migrazioni del Segretario Generale Onu e sta negoziando con i governi l’attuazione del Global Compact, accordo non vincolante per ottenere una migrazione «sicura, ordinata e regolare».
L’Italia denuncia di essere sola di fronte all’emergenza.
«Io non userei questo termine così catastrofico. Il problema certamente esiste, ma parlare di emergenza serve ad enfatizzare i timori. E invece queste persone rappresentano una vera risorsa per gli Stati».
Anche se non sono regolarizzati?
«Certamente, perchè forniscono un contributo concreto: la maggior parte di loro manda nel Paese d’origine appena il 15 per cento di quanto guadagna. Il resto lo spende dove ha deciso di vivere».
Perchè in Europa c’è tanta ritrosia ad accoglierli?
«Subentra la paura, il rifiuto alla regolarizzazione di chi riteniamo diverso da noi. Ma bisogna spiegare quali sono i vantaggi. Fermare questi flussi non è possibile, il fenomeno è irreversibile e come tale va governato. Anche perchè, parlo dei rifugiati, ci sono dei requisiti di solidarietà da rispettare. Purtroppo all’interno dell’Ue si prendono impegni che poi non vengono rispettati».
Le difficoltà incontrate dall’Onu per formare un governo in Libia e la fragilità dell’esecutivo in carica hanno aggravato il problema?
«La Libia è uno dei problemi più seri che ci troviamo ad affrontare. Ma fino a che si procederà seguendo lo schema attuale non si raggiungerà alcun risultato».
Che cosa vuole dire?
«Dare soldi ai libici servirà soltanto ad aumentare il flusso migratorio e anzi contribuirà ad intensificarlo. Concedere fondi alla Guardia costiera locale non è la soluzione, anzi».
È l’unico modo per cercare di fermare le partenze.
«No, credere che sia così è un grave errore. L’unica strada da percorrere è quella che mira a mettere a posto le cose dal punto di vista politico. Si deve creare un governo stabile, evitare che i trafficanti continuino a spostare le armi dal sud al nord del Paese. Se non si imboccherà questo percorso la situazione peggiorerà ulteriormente».
Onu ha provato, evidentemente non è così semplice. Non si è fatto abbastanza?
«Quando la Nato ha deciso di annientare il regime di Gheddafi era prevedibile che ciò avrebbe portato al caos, ma questo sembrava non importare a nessuno. Adesso è molto più difficile trovare un rimedio. Se però l’Europa si illude che la concessione dei finanziamenti servirà a chiudere la partita commette uno sbaglio».
E allora qual è la soluzione?
«Lo ripeto, bisogna aprire canali di trasferimento legali anche per i cosiddetti migranti economici. Nel 2018 sarà operativo il Global Compact per favorire gli ingressi legali per motivi di studio, lavoro e ricongiungimento familiare di chi non ha diritto allo status di rifugiato.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Luglio 9th, 2017 Riccardo Fucile
DA UNA SETTIMANA UN PRESIDIO DAVANTI ALLA STRUTTURA CHE OSPITA 24 PROFUGHI: AUTORIZZATO DA CHI?… COSA ASPETTA MINNITI A PORRE FINE ALLA PROVOCAZIONE?
Prosegue ininterrottamente da oltre una settimana la protesta degli abitanti di Roncolevà , settecento anime, frazione di Trevenzuolo nel Basso Veronese, contro l’arrivo dei profughi.
Ventiquattro richiedenti asilo originari dell’Africa sub sahariana sono attualmente ospitati da venerdì 30 all’interno di una villetta di due piani sulla strada provinciale Trevenzuolo-Mantova, davanti alla quale i cittadini del borgo hanno appunto posizionato due tende canadesi, televisori, un frigorifero e il necessario per sorvegliare la zona, presente su una ringhiera anche lo striscione “Roncolevà alza la testa”.
Quando cala la sera sul piazzale si radunano diverse decine di persone provenienti anche dai paesi limitrofi che si uniscono alle duecento già presenti.
Sino ad ora è stato registrato un episodio di violenza e non certo ad opera dei richidenti asilo: nella notte tra venerdì 30 giugno e sabato 1 luglio la vettura del presidente della cooperativa che ha vinto il bando per gestire l’accoglienza ai rifugiati, è stata presa a sassate da ignoti, i quali hanno distrutto finestrini e il parabrezza.
In attesa che gli “ignoti” vengano assicurati alla giustizia, a che titolo si permette da una settimana un presidio? Con quale autorizzazione? Per quale motivo le forze dell’ordine non hanno ancora provveduto a sgomberare il blocco davanti alla struttura?
Le giustificazioni degli abitanti sono le solite penose balle di provincia: «Abbiamo paura che questi profughi si ritrovino a vagabondare e a bighellonare in giro – afferma Gazzani -. Di conseguenza temiamo per la nostra piccola e tranquilla comunità ».
Come nella più becera retorica xenofoba come se tutti quelli che passeggiano fossero “criminali”.
Presenti in massa pure gli attivisti di “Verona ai Veronesi”, il comitato di destra della città scaligera.
Su Facebook sono comparsi numerosi insulti tra gli utenti nei confronti dei profughi, tanto per smentire che non sono razzisti.
Il tutto mentre nessun ministro degli Interni dà disposizione di porre fine a questa sceneggiata indegna di un paese civile.
(da agenzie)
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Luglio 9th, 2017 Riccardo Fucile
ILLECITO LIMITARE L’ACCESSO AI LITORALI PIU’ FREQUENTATI
La Liguria si “arrende” al turismo di massa. È una resa condizionata, ma tramonta l’ipotesi delle spiagge libere a numero chiuso, evocata dai sindaci di Alassio e Laigueglia per arginare il fenomeno dei turisti mordi e fuggi che intasano le strade con i pullman, occupano le spiagge e lasciano pochissimi euro sul territorio.
Non esistono norme che possano impedire a qualcuno di frequentare un luogo pubblico. Ma i sindaci hanno a disposizione un’altra arma: le ordinanze sul decoro che potranno impedire i comportamenti molesti.
La posizione della Prefettura di Savona, emersa nel corso del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, distingue infatti due tipologie di possibili interventi dei sindaci.
«Abbiamo affrontato il fenomeno dei flussi turistici su Alassio e Laigueglia — conferma il prefetto, Giorgio Manari — Abbiamo posto l’attenzione sulla sicurezza viaria degli utenti, con controlli che verranno potenziati nei fine settimana. Sulla vicenda delle ordinanze, i sindaci possono disciplinare l’aspetto comportamentale, con ordinanze che vietino l’ingresso in spiaggia di fornelli, tende o l’abbandono di bottiglie di vetro».
Altro discorso è l’imposizione del numero chiuso sulle spiagge libere. O le chiusure notturne, ipotesi rientrata ancora prima che venisse discussa.
In realtà se le spiagge “libere” fossero in percentuale maggiore rispetto a quelle lottizzate dai privati, il problema non esisterebbe. Si è voluta perseguire una politica di “concessioni” ai privati che ha depauperato la superficie di spiaggia destinata al “bagno libero” e ora se ne pagano le conseguenze.
E le stesse amministrazioni che hanno fatto ponti d’oro ai privati ora si lamentano se tanti cittadini che non possono permettersi le strutture private “premono” per far valere il loro diritto al bagnasciuga.
(da agenzie)
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Luglio 9th, 2017 Riccardo Fucile
IMPRENDITORI PER PARISI, DA CALTANISSETTA 14.000 EURO AL M5S
Nel 2016 Giovanni Toti non ha staccato l’assegno per Forza Italia, e come lui quasi la metà dei parlamentari azzurri.
A compensare è stato, come sempre, il leader Silvio Berlusconi.
In pari con le quote da versare gli eletti della Lega Nord e del Pd, mentre il Movimento 5 stelle per la prima volta segnala 22mila e 500 euro di donazioni all’Associazione Rousseau.
I dati sono raccolti nelle dichiarazioni di versamenti superiori a 5mila euro, ricevuti da privati l’anno scorso, e che i partiti hanno depositato in questi giorni alla Tesoreria della Camera.
Dai tabulati che riguardano i partiti, oltre al calo di fondi di imprenditori i dem e Forza Italia, emerge una stella in ascesa: Stefano Parisi.
L’ex candidato sindaco di Milano ha raccolto soldi da numerosi industriali e persino da Berlusconi.
La novità da segnalare è il Movimento 5 stelle che per la prima volta dichiara 22.500 euro di donazioni da privati a Rousseau: di questi 14mila vengono dall’Associazione Movimento 5 stelle Caltanissetta e 8mila e 500 da Filippo Pittarello, ex dipendente della Casaleggio associati nonchè ex responsabile della comunicazione a Bruxelles.
In contemporanea il blog di Beppe Grillo ha pubblicato il rendiconto dell’associazione Rousseau dell’anno passato che registra oltre 79mila euro di avanzo nel 2016.
Inoltre i contributi inferiori a 5mila euro provenienti da persone fisiche ammontano a 360.341 euro ai quali vanno aggiunti i 14mila versati da privati.
Per quanto riguarda Forza Italia invece, continua il trend negativo.
Innanzitutto da segnalare che sono solo 46, rispetto agli 88 del 2015, i parlamentari che hanno donato soldi ai partiti.
A compensare la disaffezione (tra cui quella del presidente della Liguria Toti) sono giunti assegni da 100.000 euro (il massimo per legge) di Silvio Berlusconi, del fratello Paolo, dei figli Luigi e Marina, e degli amici Adriano Galliani e Bruno Ermolli.
Anche la Fininvest ha aperto la borsa con 99.900 euro (45.000 cash e 54.900 in servizi) e perfino il Tesoriere di FI, Alfredo Messina ha dato del suo: 90.000 euro.
Gli eletti del Carroccio (a Roma e Strasburgo) hanno tutti pagato la loro quota di almeno 36.000 euro (ma Roberto Calderoli 46.250), così come altrettanto hanno fatto gli eletti del Pd, che hanno versato 7.079.637 euro, rispetto ai solo 397.000 euro degli “onorevoli” di Fi.
I due partiti invece condividono lo scarso appeal verso gli imprenditori.
Il Pd ha ricevuto solo 50.000 euro da Aurelio de Laurentis (Maurofilm), mentre Fi 130.000, di cui ben 70.000 dalla Pellegrini, la ditta di ristorazioni aziendali, che ha messo a disposizione anche buoni pasto per 5.616 euro durante la campagna per l’elezione del sindaco di Milano.
Chi ha invece ottenuto l’appoggio degli industriali è Stefano Parisi che ha ricevuto fondi sia per la sua candidatura a Milano che l’attuale corsa politica.
La sua Lista Civica ha ricevuto 277.472,58 euro tra cui 50.000 da Gianmarco Moratti, e altrettanti dalla Mapei di Giorgio Squinzi (da lui 10mila euro anche alla lista civica di Ap), 10.000 dalla Pellegrini e cifre tra i 10 e i 20.000 euro da aziende nel campo immobiliare.
Altre donazioni sono giunte a Parisi per la sua attività : 40.000 da Alberto Bombassei (che è deputato degli ex montiani CI), 150.000 da Gianmarco Moratti, 15.500 dalla Pellegrini, assegni da 50.000 euro da diverse aziende immobiliari di Milano e Roma (Mangiarotti, Sepac, Sofrac, Ecovillage, Bizzi e Partner, ecc), e soprattutto 100.000 euro da Berlusconi. Per Parisi finanziamenti per 627.500 euro.
Oltre all’ex Cavaliere e alla Pellegrini, ci sono alcuni mecenati bipartisan, tra cui spicca il deputato Gianfranco Librandi: oltre a 18.000 euro al suo partito Scelta Civica (ma dopo la scissione ora è con Civici e Innovatori), ha finanziato con la propria azienda (la TCI) Beppe Sala (145.000), il Pd di Milano (40.000) ma anche i loro avversari, Stefano Parisi (10.000) e Mariastella Gelmini (10.000).
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 9th, 2017 Riccardo Fucile
LO SPIN DOCTOR: “SEI FERMO AL 4 DICEMBRE, DEVI CAMBIARE LINGUAGGIO, BASTA SERMONCINI DA RENZISMO DEPRESSO, IL MONDO CAMBIA”
“Matteo, non ti si può più ascoltare”. Alla fine anche il fedelissimo Claudio Velardi, mestiere spin doctor e politologo, ha ‘spento’ il pc.
Come se non bastassero i fuorisciti dal Pd, i leader della minoranza interna, il risveglio di Dario Franceschini e i distinguo dei padri fondatori dem Walter Veltroni e Romano Prodi.
Adesso anche gli esperti di marketing politico — che lo hanno sempre sostenuto e difeso — sotterrano il linguaggio usato dall’ex premier, gli esempi, i giochini di parole, l’eterno rivendicare i successi e derubricare le sconfitte.
Con un post sul suo blog — poi duplicato per chiarire e approfondire il suo pensiero — Velardi, tra l’altro ex consulente di Massimo D’Alema, ha demolito “perchè gli voglio bene” la comunicazione del segretario del Pd risalendo fino all’origine di tutti i mali: l’orologio biologico “drammaticamente bloccato al 4 dicembre 2016“, giorno del Referendum costituzionale e un modo di parlare che non funziona più.
Ma per cambiarlo, ammonisce Velardi, “devi cambiare testa”.
La miccia è stata la rassegna stampa OreNove di venerdì, quella dell’annuncio sul numero chiuso per i migranti. Le tirate di orecchie che verranno sono riassunte già nel titolo, Non ti reggo più.
“Guardo su Facebook la tua rassegna stampa. Ascolto sempre le stesse parole, espressioni, esempi, calembour. Risento per la millesima volta che le colpe delle cose che non vanno sono dei governi precedenti il tuo, che invece su altri piani “adesso si vedono i risultati del nostro lavoro” (con l’aggiunta di rito del “ma non basta”) — scrive Velardi — mi infastidisco per quell’insopportabile intercalare anni ’80 del “ragazzi”, per il sindaco di turno da blandire come tutti “i sindaci che combattono bla bla”, e poi sto cazzo di bonus giovani, e l’umano dramma della ciclista, e altre dieci banalità “.
“Per poi sentire — andando al merito — la difesa dell’ignobile codice Antimafia, sia pure con la vaga promessa del cambiamento della legge alla Camera — continua — E, in conclusione, l’inascoltabile sermoncino conclusivo, un classico del renzismo depresso: “Però basta parlare del Pd come ne parlano i giornali, io voglio invece parlare di lavoro, di casa, mamme, giovani, etc…”. Il tutto dopo averci propinato per mezz’ora le minchiate dei giornali”.
La questione, sostiene Velardi, non è solo comunicativa, arma necessaria, lo avverte, “se vuoi tornare a parlare all’Italia”.
Perchè, continua, “per cambiare linguaggio devi cambiare testa”.
E scatta l’istantanea degli ultimi sette mesi, nitida.
Perchè mentre dopo il referendum costituzionale tutti pensavano che Renzi si sarebbe inabissato per poi tornare, è di fatto rimasto in sella. Rilancio dopo rilancio.
Invece, consiglia lo spin doctor, “devi metterti a studiare invece di agitarti freneticamente pensando solo a giornali e colleghi di partito (perchè sei tu che pensi ossessivamente solo a loro!), devi riflettere sul mondo che continua a cambiare”.
Il problema, però è che l’orologio biologico di Renzi è “drammaticamente bloccato al 4 dicembre 2016 (e non voglio pensare alla discussione che si aprirà sul tuo libro, e sulle polemiche tutte rivolte all’indietro che dovremo sorbirci)”.
Altrimenti, la sconfitta è dietro l’angolo: “All’appuntamento con il 2018 ci arriverai sfiancato come un vecchio ronzino“. Per questo “devi cambiare dentro, e rapidissimamente”.
E come può avvenire questo cambiamento? “Se metabolizza la grande sconfitta del 4 dicembre, capisce razionalmente che è cambiato tutto da allora, e si colloca — emotivamente, umanamente — su una nuova lunghezza d’onda”, spiega Velardi nel secondo post.
Ma può accadere solo se è “pacificato” con sè stesso e “questo non so dire quanto lo sia”.
Quindi Velardi entra nel merito: “Che lui torni compulsivamente sulle cose buone fatte dal suo governo non serve. Il giudizio è consegnato inesorabilmente al passato. Avrebbe potuto giocarsi la carta solo legando fortemente i suoi tre anni con il governo Gentiloni, per poter dire a fine legislatura: ecco che cosa abbiamo fatto insieme in quattro anni. Non lo ha fatto dopo il 4 dicembre, ora i mille giorni — come dire — restano agli atti. Quelli che ne pensano bene, manterranno la loro opinione. Pure gli altri, purtroppo”, aggiunge.
Per questo “dovrebbe contribuire con lealtà a concludere al meglio il lavoro di Gentiloni” e allo stesso tempo “mettere su un nuovo programma” che dovrebbe essere “totalmente nuovo”, perchè “da sei mesi a questa parte molto è cambiato, nel mondo, in Europa e — naturalmente — in Italia, con il fallimento delle riforme”.
Ci vorrebbero una nuova agenda, nuove parole d’ordine — la prima (salviniana) è arrivata poche ore dopo, sui migranti e non è piaciuta alla base del Pd — ma per riuscire a metterle insieme e a trovarne di giuste, insiste Velardi, Renzi dovrebbe “dedicare molto tempo allo studio, per mettere a punto nuove idee” e nel frattempo “costruire — questione cruciale — la classe dirigente da presentare all’appuntamento elettorale”.
Di conseguenza, è la stoccata finale, “tacere”, ovvero “parlare solo quando ha da dire cose nuove, e di peso”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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