Marzo 7th, 2018 Riccardo Fucile
COSI’ IL MONDO M5S HA COSTRUITO LE PREMESSE PER CHIEDERE OGGI UN’INTESA AL PD
Alla fine di due anni nei quali una delle ragioni costitutive del Movimento cinque stelle – l’esperimento politico di Roberto Casaleggio – è sempre più manifestamente stata abbattere il Pd, il candidato premier Luigi Di Maio, in una polemica con Matteo Renzi, arrivò a dire: «Renzi ci dice che noi abbiamo candidato nelle nostre liste un amico degli Spada. Rispondo io: ma lo dici proprio tu che hai preso i soldi da Buzzi e da Mafia capitale per le elezioni?».
La frase è testuale. Renzi rispose che l’avrebbe querelato, e non sappiamo se ciò sia avvenuto.
Forse la frase «prendi i soldi da Mafia capitale» non era esattamente la frase di due potenziali alleati. Magari era una dichiarazione d’amore non capita.
Ora che il Movimento cinque stelle cerca i voti (anche, se non soprattutto) del Pd e del centrosinistra, e Renzi è rimasto uno di quelli (pochi?) avversi a questa bizzarra offerta, è forse utile passare in rassegna alcune delle cose che la propaganda M5S ha detto del Pd in questi anni.
Alessandro Di Battista si fece fotografare davanti a un grafico a forma di piovra (simbolo neanche tanto velato della Piovra, la mafia) nel quale venivano elencati tutti i democratici che – a detta del Movimento – avevano problemi di vario genere con la giustizia.
Sorvoliamo sul fatto che quel grafico contenesse anche degli errori nelle attribuzioni di presunti reati, fatto sta che i tre hashtag erano #mafiacapitale, #gomorraPd e #trivellopoli. Non esattamente un viatico all’amicizia, o alla non belligeranza post voto.
Il Pd «è morto», disse Di Maio quando cancellò all’improvviso un confronto con Renzi; ora il Movimento cerca i voti dei morti. E sarebbe il meno.
Persino le scelte lessicali dell’aspirante premier cinque stelle non sono apparse precisamente predisposte al dialogo, in questi mesi.
«Noi – disse sempre Di Maio – abbiamo restituito oltre 23 milioni di euro, quelli del Pd hanno intascato oltre 40 milioni di finanziamenti pubblici in questa legislatura, hanno ricevuto 9 milioni di euro non si sa da chi e si sono tenuti pure i soldi sporchi di Buzzi. Il mariuolo Mario Chiesa in confronto era un dilettante. A questa gente, che in queste ore starnazza, dico semplicemente: non c’è nulla di cui possiate vantarvi, dovete solo vergognarvi e tacere».
Dovete «vergognarvi», «starnazzate», «tacete», siete «peggio dei mariuoli». Grandi complimenti politici, sicuro segno della volontà di avviare un confronto programmatico dopo le elezioni.
E questo è Di Maio in persona, l’uomo più moderato del Movimento.
Perchè se poi foste andati per sbaglio nei luoghi più potenti della propaganda non ufficiale pro M5S – ma col nome del candidato premier – per esempio il “Club Luigi Di Maio”, su Facebook, avreste trovato cose come la foto di un maiale accostato al deputato democratico Emanuele Fiano, di religione ebraica.
Sul Fatto quotidiano apparve – tra le varie – una vignetta contro la Boschi intitolata «lo stato delle cosce»: parve un disegno di chiara natura civil-progressista, ispirato alla volontà di confronto aperto, e al rispetto delle corpo delle donne: insomma, le sicure premesse per alleanze col centrosinistra.
La Boschi stessa (tuttora eletta col Pd) fu definita «incostituzionale», ma ora il problema parrebbe di minore gravità , per il Movimento, che ci si alleerebbe senza particolari tormenti.
Durante le dichiarazioni di voto sulla riforma costituzionale al Senato, l’allora capogruppo del Movimento 5 stelle disse, rivolgendosi sempre a «Maria Etruria»: «Avete demolito la carta costituzionale con la vostra superficialità e con una prepotenza autoritaria sulla base di indicibili accordi massonici» (e Boschi, di cui qualcuno azzardò la lettura del labiale, avrebbe risposto sussurrando: «massone lo dici a tua sorella»). In definitiva un grande leit motiv della propaganda grillina sui social è stato appunto «Pd massoni», «deviati», complici dei crac bancari.
Ora nel Movimento si vogliono alleare con i massoni, forse per via delle candidature di massoni scoperte, a sorpresa, nel M5S, e non nel Pd.
I democratici, in questi anni, non sono stati democratici, per i cinque stelle, ma «Pdioti», «ebeti», o – nei casi di maggior gentilezza – «ladri».
Appare dunque un po’ curioso che «la meglio gioventù grillina» ora sia così disposta a intrupparsi con siffatta gentaglia.
Forse è solo opportunismo, normalissimo da che mondo è mondo; come le sparate euroscettiche, il referendum per uscire dall’euro, i flirt anti-immigrati contro le ong definite «taxi del Mediterraneo».
Forse, anche qui, volevano dire che sono per l’Europa, e a favore di una società aperta agli immigrati. Insomma, che «i loro temi in fondo sono più vicini al centrosinistra».
(da “La Stampa”)
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Marzo 7th, 2018 Riccardo Fucile
“FORSE SONO CIECO IO O FORSE NON GLIL’HANNO DETTO ANCORA CHE E’ NERO”… IN TUTTI I REGIMI HANNO SEMPRE USATO UN DISERTORE PER ACCREDITARSI PER QUELLO CHE NON SONO… HITLER AVEVA CONSIGLIERI EBREI PER I CAMPI DI STERMINIO
Balotelli ci mette tre punti esclamativi, per dire che è proprio ma proprio così: «Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero. Ma vergogna!!!”.
Lo ha scritto sul suo profilo Instagram dicendo cosa ne pensa, lui che negli stadi il razzismo lo ha conosciuto con i “buuu” e le banane che gli piovevano addosso dai cretini appollaiati sugli spalti, dell’elezione in Parlamento del primo senatore nero d’Italia: Toni Iwobi, 62 anni, responsabile Immigrazione della Lega Nord.
Che il primo a portare un cittadino nero a palazzo Madama sia Matteo Salvini è un bel primato, con un sistema elettorale in cui i candidati li sceglievano le direzioni dei partiti e non gli elettori.
Ma quella foto con Iwobi sul palco accanto a Salvini, alte le mani al cielo in segno di vittoria, mani nelle mani in segno di unità d’intenti, decisamente non è andata giù al campione che stregò gli stadi italiani prima di finire al bando per le infinite intemperanze caratteriali.
Così ieri sera, poco dopo l’annuncio dell’elezione di Iwobi, Balotelli ha pubblicato nelle “story” di Instagram, quelle che scadono inserabilmente dopo 24 ore se non le catturi in tempo con uno screenshot, la foto di quella strana coppia.
Osservate le magliette che indossano: quelle due magliette candide identiche con scritta rossa: “STOP invasione”.
Beh, il campione nato in Italia da genitori ghanesi e allevato sui campi di calcio fino a vestire la maglia della Nazionale ci aveva pure provato, a tollerare il razzismo che ai margini degli stadi cresce ovunque come gramigna.
Nel 2009, quando già indossava l’azzurro della Under 21 oltre alla maglia dell’Inter, insieme ai compagni della Nazionale incocciò un gruppo di imbecilli a Ponte Milvio, dove si trovava per partecipare a uno di quegli eventi in cui si invitano i campioni che fanno inorgogliere l’Italia, ricevendone in omaggio coretti d’insulto e un lancio di banane. Ma lui mica reagì: “Cose da nulla”, disse.
Ma di banana in banana la sopportazione ha un limite, e tre anni dopo, quando giocava per i colori del Manchester City e per quelli della Nazionale maggiore, avvertì i tifosi che si preparavano a invadere gli spalti di Euro 2012 organizzati in Polonia e Ucraina di essere pronto a uccidere chiunque gliene avesse tirata una, in strada o dagli spalti.
Vedere che ora il primo senatore nero italiano – l’imprenditore Iwobi nato a Gasau, nel nord della Nigeria – accetti di rappresentare i nuovi italiani accanto a chi promette di rispedire in Africa chi si candida a diventarlo non gli è proprio andata giù.
Perchè certo, non è detto che gli italiani di seconda generazione e gli stranieri in regola con i documenti debbano essere di sinistra; ma quello “Stop invasione” sulla maglia di Iwobi accanto al prototipo nazionale della xenofobia politica dev’essere dura digerire, quando sei abituato a schivare banane e insulti per la melanina della tua pelle.
(da “agenzie”)
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Marzo 7th, 2018 Riccardo Fucile
SEQUESTRATA ANCHE LA CONTABILITA’ DELLA BANDA, BEN INSERITA NELL’AMBIENTE DELLA ROMA CHE CONTA
Droga nei locali di via Veneto e nei salotti della ‘Roma bene’. Ventuno arresti, armi e droga sequestrata.
E’ questo il bilancio di una complessa attività investigativa, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma e condotta dai Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura di Roma.“
Cinque degli arrestati, sono stati colti in flagranza di reato e 16 colpiti da ordinanza di custodia cautelare.
I reati sono quelli di “associazione per delinquere finalizzata all’illecita commercializzazione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, detenzione, spaccio, estorsione, minacce, porto clandestino e ricettazione di armi da sparo”.
L’indagine ha riguardato il quartiere Parioli ed il mondo notturno della ‘Roma bene’, con particolare riferimento a due locali notturni nei pressi di via Veneto, all’interno dei quali, uno degli indagati, vendeva cocaina.
Il prosieguo dell’attività investigativa ha consentito di scoprire una filiera di spacciatori di ‘coca’ che dai locali nei pressi di via Veneto, passando per San Giovanni, Anagnina e La Rustica, giungeva in zona Casilina, dove è stata individuata un’organizzazione criminale che operava a Roma e Provincia da diversi anni.
La spiccata caratura criminale dei singoli indagati, è emersa immediatamente per diverse ragioni: i metodi intimidatori utilizzati dagli stessi per ottenere il pagamento dello stupefacente illecitamente commercializzato, senza esitare a minacciare di morte i debitori o i loro stessi collaboratori pur di ottenere il pagamento della droga.
La purezza della cocaina spacciata, come accertato in seguito all’arresto di uno degli indagati, è stata riscontrata pari al 97%.
Una purezza altissima, senza precedenti in Italia, che denota come lo stupefacente derivasse direttamente dall’estero, senza aver subito “rimaneggiamenti” palesando, secondo le indagini, “contatti diretti dell’organizzazione smantellata con soggetti operanti nell’ambito del commercio internazionale di stupefacenti”.
La gestione altamente organizzata dell’attività di smercio della cocaina è stata confermata da un arresto operato a carico del “ragioniere” dell’organizzazione, al quale è stata sequestrata non solo cocaina, denaro e materiale da confezionamento ma anche la contabilità relativa alle molteplici illecite transazioni concluse con gli acquirenti/consumatori.
Ad ulteriore conferma della pericolosità sociale degli indagati, uno di essi è stato arrestato in flagranza di reato mentre di notte, si aggirava per le vie della Capitale con indosso una pistola Beretta calibro 7,65 con matricola abrasa, caricatore inserito e 5 cartucce.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2018 Riccardo Fucile
ENTRA IN BUONA COMPAGNIA: CON LUI FURGIELE, UN DASPO E GENERO DI UN IMPRENDITORE IN GALERA PERCHE’ VICINO ALLA ‘NDRANGHETA
Matteo Salvini entrerà in Parlamento con i voti dei “terroni”.
Per un soffio, il suo seggio non è scattato in Sicilia e ha dovuto ripiegare sulla Calabria dove era capolista con i i voti garantiti dall’ex governatore Giuseppe Scopelliti nel collegio uninominale al Senato di Reggio.
In riva allo Stretto il Carroccio ha toccato il 7,26%. Ma i quasi 16mila voti, raccolti tra i reduci dei “boia chi molla” ancora fedelissimi all’ex presidente della Regione, dovevano servire a Tilde Minasi, l’ex assessore componente di quella giunta comunale di Reggio che nel 2012 è stata sciolta per infiltrazioni mafiose.
“In attesa dei risultati definitivi, ho l’impressione che stasera Tilde Minasi sarà senatore della Repubblica in rappresentanza della destra reggina”.
Dai social network, i “Peppe boys” erano già convinti di aver gabbato Salvini in versione conquistatore del Sud. A festeggiamenti iniziati, però, poco prima di staccare il biglietto per Palazzo Madama, arriva la doccia fredda: il segretario della Lega non rinuncia al seggio calabrese.
Tutti a casa. Tilde Minasi e “la destra reggina” disdicono interviste con testate locali e nazionali e si trincerano nel silenzio.
“Dobbiamo attenerci alla legge elettorale che purtroppo non ci favorisce” è il commento della Minasi, sicuramente più formale di quello dei nostalgici destrorsi che l’hanno sostenuta e che, quando capiscono di aver portato acqua al mulino di chi per anni ha disprezzato il Mezzogiorno, dopo aver inciuciato con la Lega si sfogano su Facebook: “La maledizione dei nemici di Reggio continua”.
Un calabrese a Roma la Lega lo porta comunque.
Si tratta del segretario regionale della Lega Domenico Furgiuele che, alla Camera, ha rastrellato oltre 52mila voti. È un giovane di Lamezia Terme che nel 2007 aveva ricevuto un daspo.
Ma i “precedenti da stadio” non sono gli unici problemi del neo deputato capolista in entrambi i listini.
Furgiuele, infatti, è il genero dell’imprenditore Salvatore Mazzei, in carcere perchè considerato imprenditore vicino alla ‘ndrangheta. Nei giorni scorsi, i carabinieri del Noe hanno bussato alla porta di Furgiele per notificare alla moglie la confisca di due società e un palazzo rientranti nell’impero di 200milioni di euro del padre imprenditore.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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