Destra di Popolo.net

SEQUESTRATO DALLA PROCURA DI BOLOGNA IL SITO ANTIBUFALE BUTAC.IT

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

SAREBBE CONSEGUENZA DI UNA QUERELA PER DIFFAMAZIONE DEL 2015

Il sito antibufale BUTAC di Michelangelo Coltelli è stato posto sotto sequestro preventivo dal Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni per l’Emilia Romagna — Bologna nell’ambito del Procedimento Penale nr. 3520/18 R.G.N.R. — nr. 3763/18 R. G.I.P..
Bufale un Tanto Al Chilo è attivo dal 2013. “Abbiamo avuto una querela per diffamazione per un articolo del 2015, il PM per motivi non chiari ha deciso di disporre il sequestro dell’intero sito invece che del solo articolo come è successo altre volte”, fanno sapere i gestori del sito.
“L’articolo trattava di un medico iscritto all’Ordine che si occupa di medicina olistica e che andava in televisione a parlarne”, dicono ancora. L’articolo mostrava un servizio della RAI.
Il gestore del sito si sta muovendo per fare il ricorso: «Abbiamo avuto già  querele con archiviazioni, sempre, gli articoli sono stati rimasti sequestrati per un mese. Mai nessuno aveva sequestrato l’intero sito».
L’avvocato Anna Maria Cesari si occuperà  del ricorso. «Abbiamo già  chiesto una presa di posizione a FNOMCeO, dato che collaboriamo anche con loro e che è iscritto all’Ordine», fanno sapere ancora i gestori.
Il sequestro è stato disposto da un pubblico ministero di Brindisi. La decisione riguardo il sequestro preventivo è stata presa quindi ancora in fase di indagine e a tre anni di distanza dalla pubblicazione dell’articolo, che riguardava un medico oncologo che praticava anche medicina olistica.
Tecnicamente, il giudice per le indagini preliminari può disporre il sequestro di un sito internet anche per il reato di diffamazione:
Ai sensi dell’art. 321 c.p.p. (“1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità  di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari 2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca, il sequestro preventivo è una misura cautelare che può essere disposta in due ipotesi: o per evitare che la disponibilità  di una cosa pertinente al reato possa far persistere o aggravare le conseguenze dello stesso, oppure per evitare che ciò possa agevolare la commissione di altri reati”)
La querela era stata notificata un mese prima ai gestori del sito; nell’occasione non si faceva riferimento al sequestro del sito. Il gestore del sito Michelangelo Coltelli ha scritto uno status su Facebook esprimendo fiducia nelle istituzioni e annunciando la richiesta di dissequestro del sito

(da “NexQuotidiano”)

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ESISTONO DUE SALVINI

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

IL PRIMO NON SA O NON RICORDA COSA FA IL SECONDO

C’è un Salvini A e un Salvini B. Un Matteo di diritto e un Matteo di rovescio.
E la cosa stupefacente è che il primo Salvini non sa che combina il secondo.
Matteo, per esempio, non sa o non ricorda che il Rosatellum, questa immonda legge elettorale, è anche opera sua.
Anzi, per dirla tutta, dobbiamo ringraziare lui se è stata approvata.
I due Matteo infatti non si parlano, e quindi il primo non sa nemmeno che il secondo ha ottenuto, durante la campagna elettorale, un aiutino, qualche migliaio di voti, da Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria ed ex governatore della Regione, da ieri costretto al fermo tecnico in carcere per aver falsificato i bilanci della sua città , oggi in dissesto, al tempo in cui la sgovernava.
E Scopelliti insieme a Gianni Alemanno, inquisito per finanziamento illecito e incappato nelle maglie dell’inchiesta su Roma Capitale — aveva fondato il movimento per la sovranità .
Quella che tanto piace a Salvini, il primo dei due.
E Matteo, il primo Matteo, neanche sa o ricorda che il suo alter ego si era fatto ritrarre in una bella foto al mare con Alessandro Pagano, a cui ha concesso l’onore di guidare il movimento in Sicilia, con un bel curriculum politico alle spalle: una sorta di re del trasformismo.
Ai domiciliari per voto di scambio sono finiti in questi giorni il coordinatore palermitano Salvino Caputo e suo fratello, candidato non eletto alle regionali.
Se Matteo sapesse, altro che ruspa…

(da “il Fatto Quotidiano”)

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SALVINI E BERLUSCONI AI FERRI CORTI

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

L’EX CAVALIERE PENSA CHE IL LEGHISTA ABBIA GIA’ IN TASCA UN’INTESA CONCORDATA CON I GRILLINI

«Berlusconi si sta mettendo fuori dai giochi. Non erano questi gli accordi su cosa dire alle consultazioni». Matteo Salvini è furioso con Silvio Berlusconi: «Capisco la sua reazione agli atteggiamenti e ai veti di Luigi Di Maio ma in questo modo, chiudendo in maniera così netta ai 5Stelle, rende tutto più complicato. Pensa di favorire un’apertura del Pd, ma se i democratici apriranno lo faranno ai grillini, certo non verso di noi».
Il leader leghista vuole presto un chiarimento con l’ex cavaliere e sa di avere dalla sua anche Giorgia Meloni, che invece al Quirinale è stata coerente con gli accordi presi: si parte dal centrodestra e si apre tutti insieme a un confronto sul programma con i pentastellati, senza fughe in avanti.
Evitando, spiega Salvini, di cadere nelle provocazioni di Di Maio, «in queste reciproche impuntature da asilo Mariuccia».
L’ex premier, invece, «avrebbe dovuto volare alto – afferma il leghista Armando Siri – e mantenere un atteggiamento da statista: sembra invece che in Forza Italia sia prevalsa una vecchia linea politica, quella di Gianni Letta».
Ancora più duro Giancarlo Giorgetti, vicesegretario con delega alle trattative per il governo: «Berlusconi ha messo un punto fermo rispetto al fatto che il M5s non deve andare al governo. Ma hanno preso il 32%, è difficile tenerli fuori in una fase come questa. Secondo me tatticamente Berlusconi ha sbagliato, ha alzato la palla a Di Maio che l’ha semplicemente schiacciata. Di Maio ha avuto gioco facile oggi pomeriggio ed è finito il cinema».
Salvini però vuole continuare a girare il film che dovrebbe avere come finale l’intesa con Di Maio. Ha però bisogno di tempo per cucire gli strappi. Soprattutto, ha bisogno di un chiarimento con Berlusconi.
I due si incontreranno prima possibile, in ogni caso prima del secondo giro di consultazioni. Per far capire come stanno le cose, il capo della Lega accetta di andare a vedere le carte di Di Maio: dovevano vedersi già  questa settimana, ma il colloquio è stato rimandato alla prossima proprio perchè è necessario farlo precedere da un chiarimento con Berlusconi.
I leghisti hanno l’impressione che il Presidente della Repubblica possa lavorare ai fianchi del Pd per un governo con i 5Stelle, lasciando loro con il cerino in mano.
«Ma in questo caso – spiega un autorevole esponente del Carroccio – con quel cerino daremo fuoco alle polveri». In effetti, non sono state le parole di Mattarella a ingenerare l’impressione che al Quirinale si stia lavorando per un esecutivo M5s-Pd. Tuttavia, il capo dello Stato ha fatto capire alla delegazione leghista che di nuove elezioni non vuole sentir parlare e questo, commentano i leghisti, toglie a loro (e ai grillini) un potente mezzo di pressione.
Alta tensione, dunque, tra gli alleati del centrodestra. Berlusconi è preoccupato dall’ipotesi di uno sganciamento di Salvini dalla coalizione per accordarsi con i grillini.
E tuttavia non ha intenzione di farsi umiliare da Di Maio. Il suo scatto contro i 5Stelle è stato un moto d’orgoglio che avrebbe ricompattato Forza Italia, racconta chi ha seguito in prima fila la giornata di ieri.
«Berlusconi non può accettare di suicidarsi nascondendosi e mandando avanti un altro al suo posto a rappresentare il partito – dicono a Palazzo Grazioli -, come se i suoi voti fossero sporchi. Non è accettabile farsi commissariare e lasciare che altri, Salvini compreso, decidano chi è presentabile e chi no, chi può fare il ministro e chi invece dovrebbe nascondersi per la vergogna».
Lo stesso Berlusconi, al Quirinale, è stato durissimo contro i 5Stelle. «Questi signori hanno solo fame di poltrone – ha detto a Mattarella, che è rimasto impassibile, una statua di sale -. Parlano di programma, ma non abbiamo visto nemmeno un pezzo di carta. Invece quando si è trattato di dividersi le poltrone delle presidenze, delle vicepresidenze, dei questori e dei segretari d’aula delle Camere sono stati velocissimi e famelici. Non parliamo poi di quello che propongono per governare… Ma quale contratto alla tedesca!».
A proposito di Germania e di Europa, l’ex cavaliere ha ricordato al Capo dello Stato di essere considerato da Merkel e dagli altri leader europei una garanzia di stabilità  in Italia per evitare avventure che penalizzerebbero l’economia italiana.
Ed è stato l’unico momento in cui Mattarella ha precisato che l’Europa ci guarda e che non bisogna mai dimenticare che siamo inseriti in uno scenario internazionale ed europeo, non solo nazionale.

(da “La Stampa”)

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CASALEGGIO, LA QUINTA COLONNA LEGHISTA NEL M5S, PREPARA L’INTESA SU UN TERZO NOME

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

DIETRO L’ADDIO DI GIANNULI LA PRESA D’ATTO DELL’ACCORDO SU CUI LAVORA DA TEMPO

Il Movimento è una macchina in leasing, la guida Luigi Di Maio, ma le chiavi sono nelle mani di un’altra persona, colui che detiene la presidenza della piattaforma online su cui gira tutta la vita di questa forza politica: i dati, gli iscritti, le votazioni online, i link ai social network, le candidature.
Ecco, qual è la strategia dell’uomo che ha queste chiavi, Davide Casaleggio, in questa difficile crisi per formare una maggioranza?
Casaleggio jr ripete in questi giorni: «Il Movimento ormai è una forza di governo, e deve governare».
È finito il tempo dell’opposizione. In questo c’è una differenza anche caratteriale con Beppe Grillo, che non s’è mai tanto posto il problema di andare al governo, mentre invece Davide marcia in sintonia con Di Maio.
Tuttavia, mentre Di Maio gioca il tutto per tutta in una partita ormai solitaria, Davide ha un’altra strada davanti più che buona. Per capirlo dobbiamo seguire tre passaggi.
Il primo è una discussione, avvenuta molto di recente, tra Grillo, Casaleggio jr e Di Maio. Tema: il limite del doppio mandato, la regola fondativa del Movimento, voluta da Casaleggio sr e da Grillo, non amatissima dai leader parlamentari, più volte messa nel mirino (si arrivò anche a proporre di interpretare il vincolo del doppio mandato nel senso di dieci anni pieni nelle istituzioni).
Bene, il confronto ha avuto questo esito: la regola del doppio mandato resiste. È stato Grillo in persona a decidere che «questa cosa non si tocca, non possiamo cambiare anche questo». A Casaleggio la cosa torna utile, gli consente di tenere a bada un’eccessiva presa di potere di Di Maio. E qui veniamo al secondo punto.
L’irrigidimento di Di Maio in questi ultimi giorni – lui come unico premier possibile – è stato in parte conseguenza diretta della conferma del limite del doppio mandato: Di Maio sa di doversi giocare tutte le sue carte adesso. Anche se ieri, all’uscita dal colloquio con Sergio Mattarella, è parso più flessibile; magari solo per opportunità .
Qui arriviamo al terzo tassello del puzzle: come si muove Casaleggio jr in tutto questo?
Attende, senza slanci, molto concreto. Sostiene Di Maio; ma se la situazione si dovesse piantare sul suo nome, la sua consonanza con la Lega ha fatto enormi passi avanti, e lui potrebbe accettare «un premier terzo», indicato da M5S-Lega, ne sono convinti anche dentro il M5S, al di là  delle smentite di facciata.
Ciò che è solido è l’intesa sua con la Lega. Già  c’era un’affinità , storica, tra il Carroccio e Casaleggio sr: Roberto diceva ai suoi dipendenti: «Sapete perchè la Lega ebbe il successo che ebbe? Perchè era nei bar, all’inizio c’erano quattro gatti a sentire Bossi. Ve lo dico perchè uno di questi quattro gatti ero io». Ora la sintonia è evidente anche nei temi.
Casaleggio jr sa che i sondaggi parlano chiaro: metà  dell’elettorato grillino (il 46%, fonte Demopolis) vuole un accordo con la Lega, solo il 18% col Pd, e appena il 25% vuole tornare alle urne.
E fa in giro discorsi sovranisti in economia: in un forum recente a porte chiuse ha proposto in Italia, sul modello francese, la creazione di una Banca Pubblica di Investimento che faccia ordine tra tutte le finanziarie statali locali: «Il nostro Paese possiede già  tutte le soluzioni al problema del finanziamento dell’innovazione. Ma il coinvolgimento di attori esteri come advisor, il finanziamento statale di soggetti esteri e gli investimenti all’estero e non in Italia da parte dei fondi istituzionali italiani sono sicuramente parte di questo problema». Musica per Salvini.
In più, gira il mondo presentando la piattaforma Rousseau nell’ipotesi che possa diventare commercialmente appetibile anche in altri Paesi, per altri partiti.
Rivelatrice, in questo scenario, l’uscita dello storico Aldo Giannuli, che ha abbandonato il M5S. Giannuli – che era amico di Roberto, ed era davvero interno ai meccanismi dell’azienda, e anche di recente pranzava con Davide – ha osservato: «Il M5s delle origini si diceva “nè di destra nè di sinistra”, ma in realtà  ospitava nel suo seno sia destra che sinistra, oggi quella ambiguità  è sciolta e, pur continuando a dirsi nè di destra nè di sinistra, il Movimento sta imboccando una strada decisamente di destra».
Dove, al di là  della ricostruzione opinabile, ciò che conta è la sicurezza con cui Giannuli, che sa le cose, ci sta dicendo, assertivamente, che il M5S è andato a destra. Destra significa, qui: intesa di fondo con la Lega.
L’uomo che più sta tessendo i contatti tra mondo leghista e il mondo milanese del M5S è Giancarlo Giorgetti.
L’opzione di una premiership affidata a un terzo rispetto ai due leader di partito, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, in un governo della Lega con i 5 Stelle, «può avere un senso», ha spiegato; a condizione che «la persona che guida il governo abbia una legittimazione da parte degli italiani: non può essere un tecnico o un professore».
Non pare possa essere Franco Bernabè, pure stimatissimo, in Casaleggio.

(da “La Stampa”)

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TANTA EUROPA E UN SACCO DI NATO: IL CONTRATTO DI DI MAIO SI RIMANGIA ANNI DI BATTAGLIE DEL M5S

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

QUALSIASI COSA PER ARRIVARE ALLA POLTRONA

«Con noi al Governo ci tengo a ribadire, come detto per tutta la campagna elettorale, che l’Italia manterrà  gli impegni internazionali già  assunti. Resterà  alleata dell’occidente, resterà  nella Nato, nell’Unione europea e nell’unione monetaria»: nel discorso al Quirinale dopo il colloquio con Mattarella, Luigi Di Maio è stato chiarissimo nel professare atlantismo ed europeismo; non si sa se la frase sul patto atlantico e l’unione monetaria gli sia stata suggerita dal presidente della Repubblica per gettare un amo al Partito Democratico, ma di certo serve a tracciare un solco anche nei confronti della Lega.
Ed è significativo che anche quelli che nei mesi della campagna elettorale hanno strizzato l’occhio agli anti-euro illudendoli di chissà  quali rivoluzioni in arrivo la frase di Di Maio sia stata accolta in silenzio e senza le solite accuse di essere dei venduti all’Europa e all’Amerika: significa che l’opzione di governo dei 5 Stelle con la Lega è ancora sul tavolo e nessuno ha intenzione di rompere l’idillio nascente tra il leader del M5S e Matteo Salvini.
Di certo la frase oggi serve ad aprire al Partito Democratico mentre domani potrebbe essere un paletto nei confronti della Lega per il famoso contratto che Di Maio vuole proporre alle forze politiche alternative per l’appoggio al suo governo. Già , il suo governo.
Perchè ieri ponendo l’accento sul governo del Paese e sugli interessi degli italiani il candidato premier grillino non è tornato a ripetere che l’unico presidente del Consiglio è lui. Eppure la condizione è ancora sul tavolo e sarà  ostativa a qualunque accordo, con il PD o con la Lega.
Ma l’Europa e l’Atlantismo già  professati in campagna elettorale ora diventano l’architrave del governo “del cambiamento”, mettendo un’ideale patata in bocca anche a chi nel MoVimento prima giocava a Monopoli con le monete alternative e adesso non ha più il coraggio di dire cosa voterebbe nel fantomatico referendum sull’euro.
È chiaro che il cambio di prospettiva è prima tattico e poi strategico.
Spiega Ilario Lombardo sulla Stampa che Di Maio è pronto a incarnare la parte moderata della coppia di fatto con la Lega, pronto a temperare le turbolenze di Salvini che guarda a Mosca con amore incondizionato, consapevole che il matrimonio con il Carroccio sia l’esito più facile.
L’apertura al Pd è il tentativo forzoso di aprire una breccia che sembra impossibile, l’ultima occasione offerta prima di dire «ci abbiamo provato, è stato inutile» a Mattarella, a un pezzo di elettorato, a intellettuali e giornali d’area molto influenti sui grillini, che ancora insistono sull’alleanza con il Pd.
Di Maio potrà  dire quello che già  da settimane dice il senatore Elio Lannutti: «È il Pd che ci ha spinto tra le braccia della Lega».
Poi, preso atto dell’impossibilità  di chiudere qualsiasi accordo con il Partito Democratico, il naturale sbocco della crisi sarà  cominciare a trattare con la Lega. Magari offrendo la rimozione del paletto Berlusconi in cambio della presidenza del Consiglio, anche se sarà  difficile per Salvini accettare una condizione del genere e soprattutto sarà  difficile per Berlusconi ingoiare il rospo.
La sensazione è che il prossimo giro di consultazioni servirà  a sancire che c’è una sola strada, e stretta, per formare un governo.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: elezioni | Commenta »

PER CASALEGGIO “DESTRA E SINISTRA NON ESISTONO PIU'”

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

IL SUO MOTTO E’ “O FRANZA O SPAGNA PURCHE’ SE MAGNA”, CI SI ALLEA SECONDO CONVENIENZA

“Luigi Di Maio è stato il candidato premier più votato il 4 marzo, con oltre 11 milioni di voti. Una volontà  popolare ampiamente espressa, dunque. Non vedo ragioni per ribaltare il risultato delle urne”.
Lo dice in un’intervista al Sole24Ore Davide Casaleggio, che dà  la sua benedizione alla strategia intrapresa dal capo politico M5S di proporre un contratto di governo tanto alla Lega quanto al Pd:
“Non è più possibile ragionare con le categorie novecentesche di destra, sinistra e centro. Non fanno più parte del vissuto dei cittadini. Hanno esaurito il loro “compito”, se così si può dire. […] il successo del M5S è anche essere al passo coi tempi. Le ideologie non esistono più”.
Casaleggio difende la piattaforma Rousseau e motiva così l’obbligo, per i parlamentari, di versare 300 euro al mese per il sistema operativo:
“Rousseau è un sistema operativo che ci invidiano in tutto il mondo. È la piattaforma cuore pulsante del M5S, che nasce e si muove in Rete. Le donazioni servono per rendere Rousseau sempre più performante, con nuovi sviluppi, e sempre più sicura. Poichè l’associazione Rousseau non ha fini di lucro, ogni centesimo viene rendicontato”.
Il presidente dell’Associazione Rousseau respinge infine le accuse di conflitto d’interesse:
*”Sia la Casaleggio Associati che l’associazione Gianroberto Casaleggio non hanno nulla a che fare con la politica. Sono entità , come ribadito più volte, totalmente estranee al M5S. Il mio impegno nell’associazione Rousseau è gratuito e non ha nulla a che vedere nè con l’azienda che presiedo nè con l’associazione in nome di mio padre, che ha uno scopo preciso: trovare spunti di dibattito e idee per capire il futuro. Una cosa che accomuna l’associazione Gianroberto Casaleggio e l’associazione Rousseau è che non hanno fini di lucro”.
Per chi ci crede.

(da agenzie)

argomento: Grillo | Commenta »

“RENZI MOLLI IL PD E SI FACCIA IL SUO PARTITO”: IL CONSIGLIO DI MASSIMO CACCIARI

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

“IL PD E’ UN EQUIVOCO DA SEMPRE, SPERO CHE L’ASSEMBLEA NE SANCISCA IL FALLIMENTO”

Massimo Cacciari in un’intervista rilasciata oggi a Lorenzo Giarelli sul Fatto Quotidiano consiglia a Matteo Renzi di lasciare il Partito Democratico e di farsi un suo partito sul modello di En Marche!:
Sono bloccati in attesa dell ‘assemblea, dopodichè mi auguro che abbiano pietà  di me: per favore, mettete fine a questo show inaudito, a questo grande equivoco che è il Pd.
In che senso?
In questo momento il Pd è un problema per il Paese, non è di certo uno strumento per risolverne altri. È ora che all’interno del partito lo capiscano e trovino una soluzione. Dal suo punto di vista, la tattica di Renzi non si può dire sia stata un errore: adesso prenda un pezzo del Pd e si faccia il suo En Marche!, e gli altri cerchino di ricostruire un percorso di sinistra.
È troppo tardi per salvare il partito?
Il Pd è un equivoco da sempre e spero che l’assemblea ne sancisca il fallimento definitivo. Non ha una classe dirigente, Renzi si è imposto sulle macerie altrui senza avere alcun feeling con le anime del partito. Dopodichè si è andati avanti con una colossale sequela di errori, dal referendum alla gestione del rapporto coi sindacati, fino all’ultima campagna elettorale, condotta in maniera demenziale.
I risultati sono stati molto duri. Potevano cambiare con una campagna elettorale diversa?

Se Renzi avesse indicato Paolo Gentiloni come premier e avesse gestito meglio le candidature, escludendo per esempio Maria Elena Boschi, il Pd avrebbe preso un 2 o 3 per cento in più
Aveva ragione Napolitano quando parlava di “auto -esaltazione”: possibile non si rendessero conto che nessuno gli andava dietro?
Però quasi nessuno all’interno del partito sta alzando la voce. Persone come Gianni Cuperlo, Andrea Orlando o in precedenza Fabrizio Barca avrebbero le capacità , ma non sono mai riusciti a emergere con nettezza prima e adesso non hanno il coraggio o la volontà  politica, forse perchè sanno di non avere i numeri per farlo.

(da “Huffingtonpost”)

argomento: Partito Democratico | Commenta »

UNO, NESSUNO E DI MAIO

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

L’EVOLUZIONE DEL PENSIERO DEL VATE GRILLINO

Di Maio 1: «Il Movimento è nato in reazione al Pd, al loro modo di fare politica. E oggi offre uno stile nuovo». Di Maio 2: «Il Pd ha un’idea perversa del concetto di democrazia». Di Maio 3: «Il Pd è un partito di miserabili che vogliono soltanto la poltrona». Di Maio 4: «Il Pd si fa pagare da Mafia Capitale». Di Maio 5: «Il Pd profana la democrazia». Di Maio 6. «Nel Pd hanno una questione morale grande come tutto il Pd». Di Maio 7. «Nel Pd sono ladri di democrazia». Di Maio 8: «Il Pd è il simbolo del voto di scambio e del malaffare». Di Maio 9: «Nel Pd ci sono gli assassini politici della mia terra, sono criminali politici». Di Maio 10: «Il Pd fa politiche che favoriscono i mafiosi». Di Maio 11: «Il Pd è da mandare via a calci». Di Maio 12: «Il Pd ha i mesi contati, mandiamoli a casa». Di Maio 13: «Il Pd è il partito dei privilegi, della corruzione e delle ruberie. A casa». Di Maio 14: «Il Pd sta con le banche, manda sul lastrico i risparmiatori». Di Maio 15: «Il Pd è responsabile di questo schifo». Di Maio 16: «Il Pd è il male dell’Italia». Di Maio 17: «Le misure economiche del Pd sono infami». Di Maio 18: «Siamo noi l’unica alternativa al Pd». Di Maio 19: «L’unica cosa che possiamo fare è invitare i cittadini a liberare l’Italia dal Pd». Di Maio 20: «Non ci fidiamo del Pd». Di Maio 21: «Parlare con il Pd è un suicidio». Di Maio 22: «Escludo categoricamente qualsiasi alleanza col Pd». Di Maio 23: «Il nostro primo interlocutore è il Pd con l’attuale segretario e con le persone che in questi anni hanno lavorato bene».

(da “La Stampa”)

argomento: Grillo | Commenta »

G8, 28 FRA MEDICI E POLIZIOTTI CONDANNATI A PAGARE 6 MILIONI DI DANNI ALLO STATO

Aprile 6th, 2018 Riccardo Fucile

LA CORTE DEI CONTI HA STABILITO CHE DEVONO RIFONDERE I SOLDI PAGATI A CHI SUBI’ ABUSI NELLA CASERMA DI BOLZANETO

Dovranno restituire allo Stato 6 milioni di euro per i danni causati in seguito ai risarcimenti pagati a chi subì gli abusi nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001.
Lo hanno stabilito i giudici della Corte dei conti di Genova che hanno condannato 28 persone, tra personale medico-sanitario, appartenenti della polizia, carabinieri e polizia penitenziaria.
La procura, a vario titolo, aveva chiesto un risarcimento di 7 milioni di euro per i ristori pagati alle parti offese in sede penale e le spese legali e altri 5 milioni per il danno di immagine.
Tra i condannati, come anticipato nell’edizione locale di Repubblica, anche Alfonso Sabella, all’epoca dei fatti capo dell’Ispettorato del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e il generale Oronzo Doria, ex capo area della Liguria degli agenti di polizia penitenziaria.
Per la procura contabile, nonostante la posizione di Sabella fosse stata archiviata, vista la sua elevata posizione ricoperta nell’amministrazione penitenziaria, avrebbe dovuto controllare e vigilare affinchè non avvenissero violenze e comportamenti scorretti. Stesse argomentazioni anche per il generale Oronzo Doria, assolto dalle accuse.
Per il pm, oltre al danno patrimoniale, si doveva aggiungere anche il danno all’immagine dello Stato e delle varie amministrazioni, quantificato in 5 milioni di euro: gli episodi di violenza avvenuti a Bolzaneto “hanno determinato un danno d’immagine che forse non ha pari nella storia della Repubblica”.

(da agenzie)

argomento: Giustizia | Commenta »

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