Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
“CON I DEM E’ PIU’ FACILE ARRIVARE AL REDDITO DI CITTADINANZA”
Pronti, lo sono. Con chi ci sta: chiunque sia, o quasi.
Stefano Baudino, aspirante giornalista di 23 anni: «Adesso il Movimento ha la responsabilità di dare una risposta a milioni di persone che si sono affidate a lui. Sarebbe assurdo, da primo partito italiano, isolarsi e stare all’opposizione. No, stavolta non ci si può davvero chiamare fuori».
Più Di Maio, meno Di Battista: infatti il «Dibba» non c’è e di suoi supporter, a intuito, se ne vedono pochi.
Meno popolo, più classe dirigente, produttiva e pensatrice. Meno nerd, più abiti eleganti.
Quanto sono lontani i tempi del «Vaffa». Del «noi» o «loro».
Il popolo del Movimento 5 Stelle – ma qui, è bene dirlo subito, c’è quasi soltanto l’èlite – si è fatto istituzionale come il suo attuale leader. Misura le parole, le pesa. I partiti non sono più il demonio.
Concetti come «dialogo» e persino «accordo» sono pienamente sdoganati. «Alleanza» no: non se ne parla. Non ancora, almeno.
Di aziendale, la convention organizzata a Ivrea da Davide Casaleggio per ricordare il papà Gianroberto, ha anche il linguaggio del popolo degli attivisti, sostenitori, simpatizzanti. «Contratto» è la parola magica, l’apriscatole: «Sì, come si fa tra aziende: una lista di impegni da rispettare, tempi e modalità . Stop», dice William Benetti, 21 anni, studente.
Dentro le ex officine dell’Olivetti si certifica l’ultima metamorfosi dell’universo Cinquestelle: non si discute se il Movimento andrà al governo. Si discute a quali condizioni. E con chi.
Non è una svolta da poco, anche se dello spirito originario qualcosa è rimasto. Il no alle alleanze, ad esempio. E il rifiuto di certi compagni di viaggio. Uno su tutti: «Con Berlusconi mai, sia chiaro. Se c’è lui non ci siamo noi».
Jonas Di Gregorio, attivista di Velletri, dà fiato alla linea Maginot del Movimento. «Rappresenta tutto quel che non ci appartiene. E poi, come faremmo le leggi anti corruzione, sul conflitto d’interessi e sulla riforma della giustizia? Il Movimento perderebbe milioni di voti, compreso il mio».
Fedeli alla linea del capo politico: un conto è l’intesa per spartirsi la presidenza delle Camere, altro è un accordo – in base a pochi e selezionatissimi punti – su cui costruire un governo. «Abbiamo già dato con la Casellati», ride Ottavia Pilastri.
«Ora con Forza Italia nemmeno un caffè». Capitolo chiuso, par di capire.
D’accordo, e con il Pd? Qui appare subito chiaro che il muro non è più così solido. Ha ceduto un poco. «Basta sentire che cosa dice Di Maio negli ultimi giorni», ragiona Fabrizio Bertellino, ingegnere astigiano, militante di vecchissima data. «A me sembra ci sia una preferenza verso il Pd, però alla fine tocca a loro scegliere».
Agli altri partiti. «Nessuno ha mandato il Pd all’opposizione. Certo, Renzi che si allea con noi è qualcosa che va contro le leggi della fisica».
Già , ma se Renzi scomparisse come d’incanto allora tutto diventa possibile nell’universo Cinquestelle. «Se il Pd è rappresentato da Michele Emiliano o da qualcuno che la vede come lui, perchè no?»: Stefano Baudino dà una prima picconata al muro. Jonas Di Gregorio ne rifila un’altra: «Se non c’è Renzi, si può discutere».
Non esprimono un’intenzione, un orientamento. Solo un ragionamento freddo e un po’ cinico, che trae linfa da una convinzione: si sentono baricentro, pensano che niente oggi possa nascere senza di loro.
E dunque si piazzano nel mezzo della scena, con il piglio di chi distribuisce le carte: «Noi non proponiamo un’alleanza», dice Bertellino. «
Il punto è quali aspetti del nostro programma possiamo portare avanti e con chi. È chiaro che con il Pd o la Lega non faremmo le stesse cose».
Il fatto è che l’uno o l’altro sembra politicamente indifferente e irrilevante; l’importante è esserci. L’intesa si farà con chi aderisce alla piattaforma: pochi punti condivisi e un contratto a certificarli. «Il fatto è che Renzi è ancora lì e il Pd sembra aver deciso di stare all’opposizione, sperando di recuperare qualche voto», riflette Monica Valsisi.
E allora resta la Lega, ma è in atto un rovesciamento di prospettiva rispetto alle logiche consolidate: «Abbiamo proposte che ci avvicinano ad alcuni partiti: partiamo da quelle e sigliamo un accordo con chi ci sta», insiste William Benetti. «È chiaro che con la Lega si privilegerebbero le imprese; con il Pd sarebbe più facile introdurre il reddito di cittadinanza. Però dipende da loro».
Noi ci siamo e siamo disponibili, se non funziona sarà colpa degli altri che si sono chiamati fuori: sembra un ritornello mandato a memoria, invece è un orientamento diffuso, condiviso, quasi unanime. Un possibile (e ulteriore) argomento per un’eventuale nuova campagna elettorale: «Non so dove ci porterà questo percorso», dice Fabrizio Bertellino, «ma adesso la grande responsabilità è nelle mani di chi è stato chiamato a un dialogo e si sottrae o si accosta con argomenti buoni soltanto a farlo naufragare». Lo schema è dichiarato: se nascerà un governo sarà merito nostro; altrimenti sarà colpa loro.
(da “La Stampa”)
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Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
LA VICEPRESIDENTE DEL SENATO SPIEGA LA SUA VISIONE POLITICA
La neo-vicepresidente del Senato Paola Taverna spiega oggi in un’intervista a Luca De Carolis del Fatto
Quotidiano perchè il MoVimento 5 Stelle vuole un’alleanza con il Partito Democratico:
E per farlo siete disposti a parlare perfino con Renzi. Una conversione un po’ da opportunisti, non crede?
Il Pd ha tante anime, e ci rivolgiamo a tutte, con responsabilità . Dopodichè non penso che il loro partito possa essere ancora vincolato solo a un segretario uscente. Noi ci rivolgiamo ufficialmente al Pd innanzitutto nella figura del segretario reggente, Maurizio Martina
Lei ora parla di dialogo e di responsabilità , ma qualche anno fa in Senato disse una frase durissima ai colleghi, del Pd e non: “Non siete niente”. Si è pentita?
(Sorride, ndr) Non rinnego nulla, ma era un’altra epoca e un’altra fase politica. Eravamo appena entrati in Parlamento, e il dibattito politico era molto forte, da entrambe le parti.
Per voi Lega e dem sembrano la stessa cosa: come può essere?
Siamo maturati, ora dobbiamo mettere tutti una linea di demarcazione. Vanno messe da parte le vecchie scaramucce, per cercare soluzioni e punti di convergenza.
Su cosa? Su punti da modulare diversamente a seconda che si parli a Salvini o a Martina
Le esigenze degli italiani sono quelle, evidenti a tutti, a partire dalla lotta alla povertà . È il Paese che ci chiede di fare cose, contro la burocrazia e per il lavoro. Non possono essere più i partiti a dettare l’agend
Poi Taverna racconta a che punto sono i suoi studi e parla della sua “romanità ”:
Sul web è un diluvio di battute sul suo carattere e sulla sua romanità . Si aspettano scenate in Senato, da parte sua. Tutto questo le dispiace, la offende?
No, spesso mi diverte, a patto che non siano cose troppo “caricate ”. Io sono una che studia. Mi mancano 5 esami per prendere la laurea in Scienze Politiche. E so fare un discorso in perfetto italiano. Però poi ti spiazzo concludendo alla romana: “Bella cì”. Sono rimasta me stessa, normale. Ed è per questo che la gente mi stima. Sono stata la più votata nelle Parlamentarie, e ho vinto nel mio collegio uninominale.
(da “NextQuotidiano“)
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Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
LA BRUTTA FIGURA DEL NUOVO ACQUISTO NUZZI, GIORNALISTA AL SERVIZIO DEI GRILLINI
«Abbiamo l’ordine di non farla entrare».
Così ieri mattina lo staff di «Sum#02-Capire il futuro», evento organizzato a Ivrea dall’associazione Gianroberto Casaleggio, presieduta dal figlio Davide, ha accolto il giornalista de «La Stampa» Jacopo Iacoboni.
Il rifiuto è stato motivato con «disguidi nella richiesta dell’accredito» e «posti esauriti», tesi ribadita dall’agenzia Visverbi che gestisce l’evento, ma totalmente smentita dal fatto che prima e dopo ad altri giornalisti (tra cui due de «La Stampa») privi di accredito è stato consentito tranquillamente l’accesso senza alcun problema e senza badge («Sono finiti, entrate lo stesso»).
Falso anche ciò che Gianluigi Nuzzi, giornalista e direttore editoriale della convention, ha detto dal palco, parlando di «regole da rispettare» e «badge tarocco». Nuzzi aveva replicato alle critiche («Avete sbagliato») di Enrico Mentana, direttore del Tg7 e relatore dell’evento. La platea ha contestato Mentana e applaudito Nuzzi mentre proclamava: «Noi i tarocchi non li vogliamo».
In realtà Iacoboni si è regolarmente presentato con tanto di tesserino professionale, cercando di sanare l’eventuale disguido burocratico e proponendo di contattare la segreteria de «La Stampa» per risolvere tutto, come testimoniato anche da esponenti del M5S tra cui il giornalista e senatore Emilio Carelli, che invano e gentilmente ha cercato a lungo una soluzione.
Per cercare di seguire ugualmente l’evento e documentare tutto su «La Stampa» evitando di creare un caso, Iacoboni ha poi provato a entrare con il badge datogli da un collega. Ma è stato bloccato: non di questione di accredito si trattava, ma di veto personale.
A confermarlo testualmente all’Ansa è stata la Comunicazione del M5S: l’accesso a Iacoboni è stato impedito perchè il M5S non ha gradito alcuni suoi articoli. «Si tratta di una questione personale e non professionale».
La direzione de «La Stampa» ritiene «inaccettabile che a un giornalista, e alla testata che rappresenta, venga impedito di fare il proprio lavoro perchè si dissente da ciò che ha scritto. Chi lavora per guidare il Paese non deve temere opinioni dissenzienti, anche le più urticanti: è qui che si misura la maturità di un movimento politico».
Il Comitato di redazione ha definito «imbarazzante e degno dei buttafuori delle discoteche» il comportamento del M5S.
«Questi metodi da pseudo democrazia virtuale e dittatura del Grande Fratello non appartengono ai nostri valori e alla nostra cultura». «Piena solidarietà » è stata espressa dai Comitati di redazione di altri giornali, a partire da quello del Secolo XIX.
Oltre a politici, giornalisti e intellettuali di ogni orientamento, condannano l’episodio Federazione nazionale della Stampa italiana, Ordine nazionale dei giornalisti, Associazione stampa Subalpina e Ordine dei giornalisti del Piemonte, che in una nota lo definiscono «un chiaro tentativo di negare il diritto di cronaca», invitando i colleghi a «reagire tutti insieme prendendo l’abitudine di abbandonare i luoghi e gli eventi in cui vengano messi in atto comportamenti discriminatori».
(da agenzie)
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Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
MALVERSAZIONI DI FONDI UE, APPALTI IRREGOLARI, OCCUPAZIONE SISTEMATICA DEI MEDIA E CORRUZIONE IL MODELLO ILLIBERALE DEL PREMIER XENOFOBO
Voto col fiato sospeso per l’intera Unione europea in Ungheria, il Paese centroeuropeo membro di Ue e
Nato il cui premier nazional-conservatore Viktor Orbà¡n è considerato leader e capofila delle forze sovraniste e antimigranti nel gruppo di Visègrad (Polonia Cechia Slovacchia Ungheria) e in tutto il continente.
Il popolare Orbà¡n, al potere dalla vittoria elettorale dell’aprile 2010, favorito alle legislative di oggi, spera in un terzo mandato e molti danno per sicuro che ottenga una maggioranza assoluta, sebbene magari non la maggioranza di due terzi dei seggi dello Orszaghà¡z (Parlamento) necessaria a riforme costituzionali. Cioè a costruire il suo modello di “democrazia illiberale”.
Ma il risultato appare incerto, quasi metà degli interpellati nei sondaggi non ha risposto.
E accuse di scandali di malversazione di fondi Ue e appalti irregolari, di occupazione delle istituzioni e dei media, di corruzione sistematica danno fiato alle opposizioni e sembrano rendere nervoso il popolare premier e il suo partito, la Fidesz, membro dei Popolari europei.
I seggi aperti stamane chiuderanno alle 19, da poco dopo sono attesi exit poll e risultati parziali e verso mezzanotte dati ufficiali provvisori.
Non poco dipenderà anche dalle scelte degli ungheresi expat in Europa occidentale e dai membri delle minoranze magiare in Slovacchia, Romania, Serbia, Ucraina cui Orbà¡n ha dato diritto di voto per avvantaggiarsi.
Un primo segnale, le file ai seggi a Budapest illuminata dal sole primaverile e nelle altre città e persino nelle campagne.
L’affluenza prevista è del 70 per cento contro il 60 per cento di partecipazione al voto alle ultime elezioni politiche, nell’aprile del 2014. La maggiore partecipazione secondo molti indicherebbe piຠmobilitazione dei seguaci delle opposizioni, ma sembra funzionare meglio anche la campagna di mobilitazione della Fidesz, specie nelle campagne.
Lo scontro è radicale.
Orbà¡n ha puntato la sua campagna sulla lotta assoluta per il no ai migranti e ai presunti diktat di Bruxelles. Ha anche accusato per nome tutti gli oppositori di essere agenti stranieri al servizio di un presunto complotto del tycoon americano di origini ebree ungheresi George Soros per islamizzare l’Europa facendola invadere dai profughi. “E dopo la vittoria mi occuperò di questi avversari e traditori dal punto di vista politico e legale”, ha detto il premier minaccioso.
Vedremo tra poche ore se la sua tattica funzionerà o no davanti a opposizioni piຠefficienti.
Soprattutto Jobbik, seconda forza parlamentare, data nei sondaggi ad almeno il 19-20 per cento contro il 46 per cento della Fidesz.
Da partito ultrà¡ xenofobo antisemita è divenuto centrodestra che denuncia corruzione e ingiustizie sociali e dramma dei giovani che si rifanno una vita all’estero.
Piຠcombattivi sono anche i socialisti (Mszp, ex comunisti, corrotti e deboli fino all’altro ieri) col nuovo giovanile capolista centrista Gergely Karà¡csony, e i verdi di Lmp.
Non pochi osservatori teorizzano necessità e possibilità di accordi e alleanze temporanee tra Jobbik da un lato e dall’altro socialisti e resto delle sinistre, da perdenti rafforzati o in ipotesi al momento improbabile da vincitori di misura, per proporre alternative a Orbà¡n. Il governo nega ogni accusa, sia sulla corruzione, sia sulla libertà di stampa che definisce “maggiore che all’Ovest”.
Contro il premier si è schierato un oligarca potentissimo nei media suo ex sponsor, Lajos Simicska. Ogni risultato insomma è possibile, e qualsiasi esito sarà di prima importanza per il confronto politico presente e futuro nella Ue intera.
Ue con cui Orbà¡n è in confronto aperto come la Polonia (la cui maggioranza nazional-conservatrice lo ha appoggiato inviando ai suoi comizi il suo leader storico Jaroslaw Kaczynski) sia per accuse di violazione di valori dello Stato di diritto e della libertà d’informazione e divisione dei poteri, sia per la sua particolare amicizia e ammirazione dichiarata per i presidenti russo e turco, Putin ed Erdogan.
(da agenzie)
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Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
RICORSI DEI LEGALI CONTRO LA SENTENZA E MAGISTRATI DENUNCIATI AL CONSIGLIO DELL’ONU
Alle 22:30 di ieri, 7 aprile, davanti alla Soprintendenza della polizia federale a Curitiba si è presentato l’ex presidente del Brasile Luiz Inà¡cio Lula da Silva per scontare la condanna a 12 anni di prigione che gli è stata comminata per corruzione. Rinchiuso da giorni nella sede del sindacato ABC, alla fine Lula ha deciso di piegarsi al mandato d’arresto emesso giovedì dal giudice Sergio Moro.
Il termine massimo perchè si costituisse era scaduto venerdì pomeriggio ma il leader politico era rimasto rinchiuso nella sede sindacale, circondato da migliaia di simpatizzanti.
I suoi legali avevano detto che Lula si sarebbe consegnato spontaneamente alle forze dell’ordine dopo una messa per la seconda moglie Marisa Leticia, morta a febbraio dell’anno scorso e che avrebbe compiuto 67 anni proprio il 7 aprile.
La cerimonia si è trasformata in un comizio politico accanto alla sede del sindacato. A più riprese i sostenitori hanno inneggiato alla “resistenza” e hanno incitato Lula a non consegnarsi.
Lui, vestito con una semplice t-shirt scura, ha risposto con gesti e saluti, scambiando abbracci e gesti d’intesa con gli altri politici sul palco. Al suo fianco anche la fedelissima ex presidente brasiliana Dilma Roussef.
Alla fine della celebrazione Lula si è lanciato in una lunghissima arringa.
Polizia federale e pubblico ministero, ha attaccato, “hanno mentito” sulla sua vicenda giudiziaria. “Non li perdono per aver trasmesso alla società l’idea che io sia un ladro. Io non mi nascondo, non ho paura di loro e non abbasserò il capo. Chi mi accusa non ha la coscienza a posto come me”.
Nove persone, tra cui una bambina e un poliziotto, sono rimaste ferite nei disordini avvenuti fuori dal quartier generale della Polizia Federale di Curitiba durante l’ingresso in carcere di Luiz Inacio Lula da Silva.
Gli incidenti si sono verificati quando l’elicottero in cui viaggiava Lula è atterrato nei locali e due petardi sono esplosi tra la folla di sostenitori dell’ex presidente, secondo la polizia militare.
Gli agenti federali che erano all’interno del quartier generale della polizia hanno reagito, lanciando gas lacrimogeni che hanno costretto i sostenitori del leader del Partito dei lavoratori (PT) a disperdersi lungo la strada. Le forze di sicurezza hanno anche usato proiettili di gomma contro i manifestanti.
È la seconda volta che Luiz Inà¡cio Lula da Silva finisce in carcere.
La prima volta ci finì durante la dittatura militare. Continuerà ad essere candidato alla presidenza e a partecipare alla campagna elettorale, sino a quando il Supremo tribunale elettorale appurerà eventualmente la sua non eleggibilità .
La legge impedisce ai condannati in appello di correre per incarichi pubblici per almeno 8 anni.
Lula è finito in carcere nell’ambito dell’inchiesta Lava Jato che ha messo nei guai Dilma Roussef e di tutti i dirigenti del Partido dos Trabalhadores (PT), accusati di aver incassato ingenti somme di denaro per favorire gli investimenti della Petrobras. Lo schema è simile a quello scoperchiato dall’inchiesta Mani Pulite in Italia: i dirigenti del colosso petrolifero hanno gonfiato gli appalti in modo da poter girare mazzette per un totale complessivo di 800 milioni di euro ai politici del PT i quali a loro volta li avrebbero utilizzati per finanziare la campagna elettorale del partito.
Ad aggravare i sospetti anche la testimonianza di uno dei senatori indagati, Delcàdio do Amaral, che in fase di patteggiamento ha dichiarato che sia Lula che la Roussef erano a conoscenza dello schema di corruttela e che uno dei ministri della Roussef avrebbe tentato di corromperlo per assicurarsi il suo silenzio.
Nello specifico, a Lula sono stati contestati il reato di corruzione e riciclaggio di denaro. Nel luglio 2017 l’ex presidente è stato condannato in primo grado a 9 anni e mezzo di reclusione per aver accettato tangenti per 3,7 milioni di reais (oltre 1 milione di dollari) da parte della ditta di costruzioni OAS.
La società gli avrebbe regalato una villa per ottenere contratti da parte della compagnia petrolifera pubblica Petrobras.
Il secondo grado ha confermato le accuse e portato la pena a 12 anni. A Lula vengono contestati anche i reati di traffico di influenze e ostruzione della giustizia perchè avrebbe esercitato pressioni su Dilma per far avere appalti al gruppo industriale Odebrecht finanziati dalla Brazilian Development Bank, controllata dal governo.
Il Fatto Quotidiano ricorda oggi che “Le prove in base alle quali è stato condannato rimangono oggetto di discussione. Da un lato l’impianto accusatorio messo in campo dal giudice Sergio Moro, mentre Lula si è sempre proclamato innocente e denunciato una persecuzione giudiziaria; osservatori terzi sottolineano la mancanza di evidenze che possano documentare il passaggio dell’appartamento di lusso da Oas a Lula. L’accusa, fanno notare, si basa interamente sulla testimonianza di Josè Aldemà¡rio Pinheiro, ex dirigente della società di costruzioni, arrestato e divenuto collaboratore di giustizia”.
Alla fine di marzo Lula ha annunciato che denuncerà gli autori di una serie sull’inchiesta Lava Jato. “O Mecanismo” è una serie tv realizzata per la piattaforma Netflix da regista Josè Padilha, conosciuto nel mondo per aver diretto il reboot del 2014 di Robocop e per essere tra i produttori della serie di grande successo Narcos. Gli avvocati di Lula da Silva presenteranno una denuncia contro il giudice Sergio Moro alle Nazioni Unite, sostenendo che l’ordine di carcerazione che ha emesso contro l’ex presidente brasiliano rappresenta una “detenzione arbitraria”.
Lo rendono noto media locali. Con l’appoggio dell’avvocato australiano Geoffrey Roberton, Lula aveva già denunciato Moro davanti al Consiglio di Diritti Umani dell’Onu l’anno scorso, accusandolo di abuso di potere e violazioni del diritto alla difesa degli imputati nella sua gestione dell’inchiesta.
Questo ricorso all’Onu si aggiunge alla richiesta di habeas corpus presentata dai legali di Lula al Tribunale Superiore di Giustizia (Stj).
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 8th, 2018 Riccardo Fucile
ORA ALLA MELONI TOCCA CAMBIARE IL POST
Il bilancio della folle corsa del furgone su folla a Mà¼nster è di 2 morti e 20 feriti. L’autore gesto avrebbe
problemi psichici e avrebbe agito da solo. Lo ha confermato oggi la polizia tedesca, escludendo l’esistenza di complici, anche se ieri erano circolate notizie di altre persone a bordo del mezzo.
Sono state intanto identificate le due vittime dell’attacco: si tratta di una donna di 51 anni residente a Luneburgo e un uomo di 65, residente a Borken. Vi sono anche 20 feriti, alcuni dei quali sono ancora in pericolo di vita.
Al momento non sono chiare le motivazioni dell’attacco, compiuto da un cittadino tedesco che si è poi suicidato, sparandosi alla testa.
Fonti riportate dai media riferiscono che l’uomo aveva problemi mentali. Ieri l’uomo alla guida di un furgone, è piombato sulle persone sedute ai tavolini all’aperto di un ristorante a Mà¼nster, nel nordovest della Germania.
Secondo quanto riporta Sueddeutsche Zeitung Jens R., già nel 2014 e nel 2016 si era fatto notare per instabilità psichica.
I media tedeschi avevano parlato in un primo momento di attacco terroristico, anche se, su Twitter, la polizia si era limitata ad affermare: “Niente speculazioni” e aveva esortato gli abitanti della città ad evitare il centro per permettere ai soccorsi di operare. In seguito le autorità hanno escluso un attacco di matrice islamica.
Ma ora la polizia tedesca starebbe indagando su possibili legami con l’estrema destra dell’omicida.
Secondo quanto riferisce il Tagesspiegel, il 48enne Jens R., noto per la sua instabilità psichica, si sarebbe mosso in ambienti di estrema destra e questa circostanza sarebbe al vaglio degli investigatori.
(da agenzie)
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