Destra di Popolo.net

LE IENE INGUAIANO FICO: “COLF IN NERO A NAPOLI”

Aprile 29th, 2018 Riccardo Fucile

LUI PROVA A DIFENDERSI: “E’ UN’AMICA CHE AIUTA LA MIA COMPAGNA”.. MA LA DONNA AMMETTE DI ESSERE PAGATA 500 EURO AL MESE… GIALLO SU UN ALTRO COLLABORATORE UCRAINO: “E’ UN IRREGOLARE”

Lei si chiama Imma. È una collaboratrice domestica, una colf, un’amica, una vicina di casa che ogni tanto dà  una mano alla compagna del presidente della Camera Roberto Fico.
In realtà  non si sa bene cosa sia Imma, una ragazza che appare senza volto, mezzo tronco inquadrato in un video rubato con telecamera nascosta, davanti a un cancello, a Napoli, mentre parla con qualcuno.
Da qui nasce il servizio delle Iene che andrà  in onda stasera e che racconta di 500 euro «in nero» a Imma e poi di Roman, un immigrato ucraino, non si sa se con permesso di soggiorno o meno, che aiutava Fico e la partner in casa e che da qualche settimana non si vede più.
La storia: gli inviati del programma Mediaset inseguono Fico nei giorni delicatissimi in cui riceve e porta a compimento il mandato esplorativo per tentare di aprire un dialogo di governo tra il suo partito, il M5S, e il Pd.
Finalmente riescono a parlargli, sotto casa sua, al centro di Roma.
È il 25 aprile, giorno di pausa tra il primo e il secondo giro della trattativa affidatagli dal presidente della Repubblica.
Fico appare tranquillo, sorridente, finchè le domande, una dopo l’altra, cominciano a picconare la sua ricostruzione e a svelare le contraddizioni.
Nella casa del presidente della Camera a Roma lavora una colf con regolare contratto. Quando è a Napoli, invece, Fico abita (ma non risiede) dalla compagna, in una strada a metà  tra Vomero e Chiaia, bei quartieri della città .
La prima domanda è se anche lì lavori regolarmente una collaboratrice domestica. Fico dice di no, smentito, nella registrazione a telecamera nascosta, da Imma che invece al gancio delle Iene conferma il contratto, «perchè – aggiunge – ci tengono a queste cose».
Fico potrebbe anche non saperne nulla ma, se è vero quello che dice, è Imma a mentire, per coprire e forse tutelare i datori di lavoro.
Fico a quel punto parla di lei come di una «carissima amica» della compagna, conferma che frequenta la casa e dice che «si aiutano a vicenda».
Non nega che Imma faccia dei lavoretti, la spesa, commissioni, ma così, sembra, senza impegno.
Imma, invece, inconsapevole di quello che sta dicendo e a chi lo sta dicendo, è più precisa: racconta di turni, con orari fissi, dal lunedì al venerdì, e di «contributi pagati». «Quali contributi — replica Fico — se ci fosse un rapporto di lavoro allora ok…».
E invece questo rapporto non ci sarebbe, secondo il presidente della Camera.
Di nuovo: chi mente dei due? I fatti, incontestabili, sono che Imma è la figlia del portinaio di un palazzo che si trova a qualche numero civico di distanza, che frequenta casa da cinque anni, e che prende 500 euro al mese. In nero, secondo il servizio. Dunque Fico avrebbe ereditato questa situazione dal momento in cui, già  parlamentare, è andato a stare a casa della compagna.
Ma nella storia entra in scena anche Roman, un immigrato ucraino.
La «Iena», Antonino Monteleone, chiede conto della versione di un testimone, che formula accuse precise: «È senza permesso di soggiorno», faceva dei lavori in casa loro, in giorni precisi, ma da quando Fico è diventato presidente della Camera, per evitare che venisse scoperto, «è stato mandato via».
Fico risponde di averlo conosciuto alla fermata dell’autobus, che gli è molto legato, che per lui ha fatto un atto di «beneficenza» e che in cambio Roman «si è sdebitato» facendo dei lavoretti ogni tanto.
Questi lavoretti, però, sarebbero costati almeno 200 euro, perchè è quanto sarebbe stato detratto a Imma, dal momento della comparsa dell’ucraino, un anno e mezzo fa. Da 700 euro a 500 euro, cosa che non avrebbe fatto troppo piacere alla ragazza visto che confessa di aver pensato di andarsene e di non averlo fatto solo per i sentimenti che la legano alla figlia della compagna di Fico, «che mi sono cresciuta».
Roman, che non appare nel pezzo delle Iene, non si trova. Imma, raccontano da Napoli, distrutta perchè non poteva sapere che la sua chiacchierata sarebbe finita in tv, si è chiusa in casa.
Il servizio, saltato dalla puntata di giovedì, dopo indiscrezioni ugualmente uscite che accennavano alla vicenda, andrà  in onda oggi.
Fico, alla richiesta di un commento, aspetterà  la visione della puntata per valutare.

(da “La Stampa”)

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TORNELLI PER TURISTI A VENEZIA, MANIFESTANTI RIMUOVONO UNO DEI VARCHI

Aprile 29th, 2018 Riccardo Fucile

LA PROTESTA: “SERVONO CASE, NON CHECK POINT, LA CITTA’ NON E’ UN LUNA PARK”

Una trentina di giovani no global ha rimosso stamane a Venezia uno dei due varchi che il Comune aveva posto per regolamentare l’afflusso di turisti nel ponte ‘caldo’ del primo maggio. Si tratta del tornello ai piedi del Ponte di Calatrava, a Piazzale Roma.
Dopo avere divelto la struttura, i no global l’hanno spostata di lato, sempre a Piazzale Roma, coprendola con uno striscione sul quale, tra l’altro, campeggia lo slogan “Venezia non è una riserva, non siamo in via di estinzione”.
Già  nella giornata di ieri gli attivisti avevano protestato e c’erano stati momenti di tensione. Finora comunque i varchi sono rimasti sempre aperti, nonostante il massiccio afflusso di visitatori, ma sono pronti per essere chiusi all’occorrenza e deviare i turisti su percorsi alternativi.
“Ripristineremo quanto prima il varco” ha detto all’Ansa il comandante della Polizia municipale, Marco Agostini.
Già  da stamane l’afflusso di turisti a Venezia si è fatto massiccio, al punto che da qualche ora sono sold out tutti i parcheggi di Piazzale Roma e le auto vengono dirottate al Tronchetto. “Cercano solo pubblicità , vuol dire che la cosa funziona”, ha aggiunto Agostini.
Dal canto loro, i giovani del Centro sociale Morion hanno diffuso un comunicato per spiegare le ragioni della protesta.
Per i no global, “le immagini della città  sbarrata, dell’ingresso selettivo, della riduzione dell’urbano a parco a tema susciterebbero un sorriso amaro se fossero l’ennesima provocazione dell’ennesimo artista intenzionato a denunciare la progressiva ‘morte di Venezia’.
Suscitano invece indignazione perchè simboleggiano la resa definitiva di un’amministrazione che non solo si copre di ridicolo globale, ma che contemporaneamente alza le mani di fronte all’emergenza esodo, all’impoverimento demografico e sociale della città  che amministra”.
Questa misura, viene rilevato, “non va a colpire il turismo mordi e fuggi, esattamente l’opposto. Da una part crea la figura di un cittadino legittimo, cosa di per sè antidemocratica, omogenizzante, passibile di essere interpretata in senso beceramente etnico-identitario. Dall’altra, imponendo un dispositivo di controllo ai danni dello stesso ‘Veneziano legittimo’, gli sta dicendo che è ormai espropriato della propria città “.

(da agenzie)

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INPS, “QUELLA FUNZIONARIA E’ PERICOLOSA”. COSI’ L’ENTE TENTA DI LIBERARSI DI CHI PRETENDE TRASPARENZA

Aprile 29th, 2018 Riccardo Fucile

UN ANNO FA IL TRIBUNALE L’HA DEFINITA “DIPENDENTE MODELLO”… DA 8 ANNI CHIEDE INUTILMENTE DI SAPERE SE IL SUO DIRIGENTE ABBIA MAI FATTO IL CONCORSO PUBBLICO COME PREVEDE LA LEGGE

Per il tribunale è una “dipendente modello”,   per l’Inps è un “soggetto pericoloso”. Saranno i 66 anni portati in modo giovanile, magari i temibili pinsher che si porta al seguito, ma proprio così dirigenti dell’ente definiscono ormai Marisa Arcuri, la funzionaria di Crotone che da 8 anni chiede inutilmente di sapere se il diretto superiore gerarchico (150mila euro l’anno di stipendio) abbia mai fatto un pubblico concorso, come impone la legge.
La prova, come l’esibizione di una graduatoria in Gazzetta, non salta ancora fuori ma nel frattempo la signora Arcuri finisce per la seconda volta nel mirino dell’Ufficio Disciplina e la sua vicenda, raccolta dal fattoquotidiano.it e ripresa più volte da Le Iene, si colora sempre più di venature kafkiane.
Il 3 maggio la signora Arcuri dovrà  comparire avanti la Direzione Generale dell’ente per difendersi da un pacchetto d’accuse che comprende le dichiarazioni non autorizzate alla stampa, l’essersi sottratta a compiti non conformi alla sua qualifica e in ultimo la mancata comunicazione di un procedimento penale a suo carico.
In effetti tre anni fa la signora ha avuto la disavventura di una lite condominiale da cui sono scaturite denunce penali incrociate per tutti i coinvolti, che toccherà  a un giudice districare.
Ma la vicenda nulla c’entra con la questione che da mesi gira attorno al nome della Arcuri, ormai sottoposta a richiami e disciplinari in serie con un intento non proprio amichevole.
L’ultima contestazione più delle altre, forse, rende esplicito l’intenzione di mettere alla porta la dipendente che imbarazza molte persone
Nell’ultima trasmissione de Le Iene, ad esempio, si vedono sia la dirigente dai titoli dubbi, sia il presidente dell’Inps Tito Boeri che quello dell’Anac Raffaele Cantone più vari funzionari in evidente difficoltà : non mettono più la mano sul fuoco, si auto-assolvono da responsabilità  passate, ne assumono di molto vaghe circa il futuro.
Nel frattempo viene però acclarato, grazie a un accesso agli atti, che l’ente non è in grado di produrre la documentazione che attesti il superamento di un vero concorso pubblico ma solo di quello svolto internamente a un consorzio privato. Le Iene sollevano anche il sospetto, con tanto di perizia calligrafica, che il concorso interno l’abbia redatto lei stessa autopromuovendosi “dirigente”. Ed ecco che arriva l’ennesimo colpo di scena.
L’Inps accusa la Arcuri di non aver comunicato il procedimento penale a suo carico. Ma è la dipendente a denunciare l’Inps per quella stessa contestazione.
Il suo avvocato, Gian Paolo Stanizzi, diffida l’ente sostenendo che la contestazione sia strumentale, priva di presupposti giuridici e lesiva della privacy e dell’imparzialità  della pubblica amministrazione.
Non solo o tanto perchè “la corretta prassi amministrativa vuole che qualora il datore di lavoro intenda richiedere un certificato di carichi pendenti di un dipendente lo possa fare con una richiesta al Ministero della Giustizia”.
Quanto per il fatto che a trasmettere il decreto di citazione in giudizio siano stati due dirigenti dell’Ufficio Disciplina dell’Inps con una mail che “non ha altra finalità  che rappresentare negativamente, attraverso la diffusione di documenti riservati, informazioni non divulgabili perchè ancora all’esame del giudice di primo grado, la reputazione e la professionalità  della sottoscritta nell’instaurato procedimento disciplinare”.
Il punto è che la mail in questione, che il fattoquotidiano.it ha potuto leggere, viene trasmessa con due righe piuttosto eloquenti: “Altra documentazione che descrive la pericolosità  del soggetto (rinvio a giudizio per minacce molto “pesanti”), si legge. “Pericolosa?”, trasecola l’avvocato Stanizzi sottolineando la gravità  di quel “altra documentazione” che sa di dossieraggio e delle valutazioni squisitamente personali dei dirigenti.
Parole che stridono poi con una sentenza della Corte di Appello di Catanzaro che giusto l’anno scorso, non dieci anni fa, sollevando la cliente da un altro disciplinare Inps ne definiva così il   comportamento: “espressivo di quei doveri di cura del pubblico interesse cui i lavoratori pubblici dovrebbero sempre conformarsi”. A qualcuno la signora, ormai prossima alla pensione e con due cagnetti al seguito, evidentemente fa così paura da sembrare pericolosa.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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UN GOVERNO PER LA LEGGE ELETTORALE, I PARTITI ALLA RICERCA DEL PRETESTO

Aprile 29th, 2018 Riccardo Fucile

NON SOLO SALVINI, ANCHE I RENZIANI ORA CONTESTANO IL ROSATELLUM… A DIFENDERLO E’ RIMASTO IL M5S CHE PIU’ DI TUTTI LO AVEVA COMBATTUTO

Un accordo adesso per non doverne fare mai più in futuro: e se fosse questa, dopo mille tentativi a vuoto di mettere in piedi un governo, l’unica possibile via d’uscita? Ancora non siamo a questo stadio di disperazione; la speranza, anzi, è di non doverci mai arrivare.
Però intanto la crisi si avvita su se stessa. Il tema della legge elettorale che ha fatto fiasco, per cui sarebbe inutile tornare alle urne senza prima averla cambiata, è una suggestione che sintomaticamente ha ripreso a circolare perfino tra la gente comune. Guarda caso Matteo Salvini percepisce gli umori collettivi e va chiedendo elezioni-bis previa correzione del «Rosatellum» (altrimenti, è il sottinteso, correremmo il rischio di peggiorare lo stallo).
Se ne parla sommessamente ad Arcore, nella corte del Cav e, sia pure con finalità  opposte, ci stanno ragionando su perfino negli ambienti renziani, in attesa che l’ex segretario Pd superi lo shock del referendum costituzionale fallito.
Ecco il primo paradosso: nei tre principali soggetti che sei mesi fa sostennero il «Rosatellum» sta crescendo la voglia di cambiare sistema di voto per la quinta volta in un quarto di secolo.
Mentre i principali oppositori di quella legge, che fu concepita apposta per far fuori i Cinque stelle, sembrano proprio i grillini.
Di certo non sono stati penalizzati, anzi. Fonti del movimento assicurano che riformare la riforma sarebbe l’ultimissima delle loro priorità .
Subito non si può
Chiunque abbia dimestichezza con le regole del Parlamento sa che, in soli 15 giorni come vorrebbe Salvini, una nuova legge non si può fare. Le Camere sono a braccia conserte in attesa del governo; potranno mettersi a lavorare solo quando saranno definite maggioranza e opposizione, con tutto quanto ne consegue.
L’unica commissione oggi funzionante è quella cosiddetta speciale, solo per le emergenze.
Giorgia Meloni aveva provato a farci infilare dentro pure la legge elettorale, ma tutti l’avevano guardata strano. Per cui siamo al paradosso numero due: per andare al voto con la speranza che qualcuno vinca servirebbe una nuova legge elettorale; ma la legge attuale non si può cambiare senza un governo; e se un governo ci fosse non ci sarebbe bisogno di tornare alle urne.
Dunque un serpente che si morde la coda. Oltretutto, manca l’accordo sul «come» intervenire. «Facile, con un premio di maggioranza», suggerisce Salvini.
Gia, ma a che altezza verrebbe piazzata l’asticella? Se fosse al 37 per cento, con il centrodestra che sta già  al 38, tutti gli altri farebbero marameo. Idem sul 40.
E poi: premio al partito o alla coalizione? Anche qui, gli interessi divergono. Un bel ballottaggio risolverebbe il problema, ma la Consulta ha statuito che in un sistema bicamerale ci sarebbe il rischio (anche solo teorico) di due maggioranze diverse.
A Costituzione invariata, insomma, la scappatoia non c’è.
Suggestione francese
Non a caso, la prospettiva che raccoglie più attenzioni passa attraverso una riforma costituzionale. Per arrivare al semi-presidenzialismo francese (proposto da Stefano Ceccanti e da Tommaso Cerno), o accontentandosi di attribuire la fiducia a una Camera sola: in quel caso il sistema con ballottaggio avrebbe senso compiuto.
Ma pochi mesi non basterebbero per compiere l’impresa. Il ministro Carlo Calenda ne ipotizza una dozzina. Potrebbe essere la scusa per un governo-ponte di tregua operosa. O un pretesto per tirare avanti, la classica foglia di fico (con la minuscola però).

(da “La Stampa”)

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COSA DICE (E COSA PENSA) LUIGI DI MAIO

Aprile 29th, 2018 Riccardo Fucile

ALL’AEROPORTO DI PUNTA RAISI DI MAIO DICE CHE PREFERIREBBE LA LEGA AL PD

Mentre Luigi Di Maio scrive lettere al Corriere della Sera per appellarsi al senso di responsabilità  del Partito Democratico ed elencare tutti i punti in comune tra i programmi del PD e del M5S, in una conversazione “rubata” dal cronista di Repubblica Carmelo Lopapa all’aeroporto di Punta Raisi spiega quello che pensa realmente:
«Onorevole, ci dica, ma il governo si farà ?» è la curiosità  di tutti coloro che gli si avvicinano non appena imbocca il finger che lo conduce in aeroporto, tra loro (a sua insaputa) anche il cronista di Repubblica.
«Io penso proprio che ce la faremo. È molto difficile, questo è evidente, ma sono abbastanza fiducioso, penso che alla fine ci riusciremo».
Si fa fatica a intrattenere una lunga chiacchierata, ci sono i fan che in tre-quattro chiedono un selfie. Lui si ferma, nonostante i 30 minuti di ritardo, lascia il bagaglio a mano e si mette in posa con loro.
«D’accordo, ma al governo con chi, Di Maio? Davvero col Pd o con la Lega, come sembrano preferire i militanti?».
Il sorriso dell’ex vicepresidente della Camera si contrae un po’. «Beh, vediamo, certo con la Lega sarebbe preferibile».
Salvini in effetti continua a dire che il governo si fa con voi o si torna al voto. La base del Movimento poi sembra volere quel “forno”, come confermano anche i sondaggi delle ultime ore. «Anche a noi piacerebbe, ma Salvini ha un grosso problema: è legato a doppio mandato con Berlusconi. E finchè quel legame non si rompe per noi è impossibile immaginare un governo insieme».
E già  che c’è, Di Maio fa anche sapere che non si fida di Renzi: «Purtroppo quelli lì li conosciamo bene, li conosciamo da troppo tempo. Sì, certo, la direzione la aspettiamo, la rispettiamo ma…».
Insomma, il forno della Lega sarà  anche chiuso per sempre, ma il rimpianto del leader M5S è palpabile.

(da “NextQuotidiano”)

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“LE COSE CHE ABBIAMO IN COMUNE”: LA LETTERA APPELLO DI DI MAIO AL PD

Aprile 29th, 2018 Riccardo Fucile

SUL CORRIERE: “ECCO I PUNTI IN COMUNE, DAL FISCAL COMPACT ALL’ART.18, DALLA POVERTA’ ALL’IMMIGRAZIONE”

Nella lunga missiva sul Corriere della Sera, il leader del M5S si dice “fiducioso perchè sulla carta ci sono tanti punti di convergenza”, evidenzia che “non si tratta di alleanze”, le quali implicherebbero scambi di poltrone, rivendica la “massima coerenza” tra quanto detto prima del voto e quanto fatto dopo, e assicura: “L’eventuale contratto a cui perverremo verrà  sottoposto alla votazione dei nostri iscritti online sulla piattaforma Rousseau”.
“Agli 11 milioni di italiani che ci hanno votato abbiamo garantito la continuità  dell’Italia nell’Unione europea e monetaria”, per perseguire “una profonda modifica dei vincoli di austerità , oltre che dell’impianto della governance economica e istituzionale europea”, scrive Di Maio.
“Dovremo superare il fiscal compact e avviare il percorso di definizione di un’unione fiscale per smantellare il sistema di elusione ed evasione. Questa impostazione è oggi condivisa anche dal Pd”.
Parlando dei punti in comune – “obiettivi concreti che si possono tradurre in fatti, con tempi e procedure concordate” – sull’immigrazione “c’è la revisione del Regolamento di Dublino e l’equa ripartizione dei migranti tra tutti i Paesi dell’Ue”, spiega Di Maio.
Sulla sicurezza, “c’è la comune volontà  di aumentare le risorse per la cyber security e l’assunzione immediata di 10.000 nuovi agenti nelle forze dell’ordine”.
Nella lotta alla povertà , “i fondi del Rei non sono sufficienti e le politiche attive del lavoro non funzionano. Il reddito di cittadinanza risolverebbe entrambi i problemi”, prosegue Di Maio, che cita anche la “pensione di cittadinanza per gli anziani”.
Per il lavoro “si può partire dal salario minimo orario”, e creare nuovi posti “ad esempio con la banca pubblica di investimento per finanziare a tassi agevolati le Pmi”.
Per il leader del Movimento è “necessaria la reintroduzione dell’articolo 18 come ‘misura ponte’, in attesa di una piena realizzazione del reddito di cittadinanza e della riforma dei centri per l’impiego: una flexicurity alla danese che, a regime, consentirà  di superare le rigidità  dei contratti di lavoro”.
Sul fronte delle tasse, per M5S e Pd “il fine è lo stesso, un’intesa si può trovare”, sostiene Di Maio, che vede convergenze anche sui costi della politica e l’efficienza della PA.
Nella sanità  Di Maio si dice d’accordo nel ridurre le liste d’attesa, “ma occorre un serio incremento del Fondo sanitario nazionale e un piano di assunzioni per infermieri e medici”.
Sulla giustizia “entrambi vogliamo semplificare e ridurre i tempi dei processi attraverso l’applicazione del rito del lavoro e investendo nella digitalizzazione anche in ambito penale”. Per la lotta a mafia e corruzione “si può realizzare una riforma complessiva dell’ordinamento penitenziario e la modifica del 416ter”.
“Capitolo a parte riguarda la legge sul conflitto di interessi che il Paese aspetta da troppi anni”.

(da “Huffingtonpost”)

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