Destra di Popolo.net

SALVINI ESILARANTE IN GITA A DOHA: DA “FOMENTATORE DEL TERRORISMO” IL QATAR ORA E’ UNA “OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE ITALIANE”

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

NEL GIUGNO 2017 IL QATAR “FINANZIAVA I TERRORISTI E BISOGNAVA BLOCCARNE GLI INVESTIMENTI IN ITALIA”, OGGI LA RETROMARCIA DEL SOVRANISTA RUSSO AL SERVIZIO DI PUTIN

Il ministro dell’Interno, nella foto mentre imbraccia un’arma, è a Doha per partecipare a una iniziativa sulla sicurezza.
Dalla capitale qatarina non ha mancato l’appuntamento con la consueta diretta Facebook, durante la quale si è esibito in una spettacolare giravolta nella personale considerazione del Paese ospite.
Nel giugno del 2017, Salvini accusava il Qatar di finanziare e fomentare il terrorismo. Dall’opposizione, il leader del Carroccio esortava a “istituire immediatamente blocchi e controlli anche in Italia e in Europa sugli ingressi, i fondi e gli investimenti provenienti dal Qatar”.
Meno di un anno e mezzo dopo, da ministro dell’Interno Salvini a Doha esalta la “tanta voglia di investire dai fondi qatarini anche in imprese italiane della moda, dell’agroalimentare, nel mobile, nel bello, non snaturando le imprese e le aziende. Di questo ho parlato con alcuni imprenditori e ministri”.
Promettendo: “Tornerò perchè ci sono margini di crescita incredibili, possiamo fare meglio e di più rispetto ai francesi, ai tedeschi, agli inglesi. Bisogna solo aver voglia di lavorare e di viaggiare”.
Si scrive “realpolitik”, si legge “ipocrisia”. Anche gli argomenti più delicati, come la lotta al terrorismo, vengano utilizzati per fare propaganda politica. Anche da chi, come il ministro dell’Interno Matteo Salvini, dovrebbe occuparsi principalmente della sicurezza del Paese.
Mettiamo in fila tre fatti.
5 giugno 2017 — “Il Qatar fiancheggia i terroristi”
“Nel giorno in cui perfino l’Arabia Saudita sospende le relazioni con il Qatar perchè fiancheggia i terroristi, noi vogliamo sapere in tutta Italia chi dà  i soldi e per fare cosa”, spiegava Matteo Salvini il 5 giugno 2017, giorno in cui Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrein annunciavano la fine dei rapporti diplomatici con il Qatar, come strumento nella lotta alle organizzazioni terroristiche internazionali.
14 marzo 2018 Il contratto con Finmeccanica
Il 14 marzo 2018 il ministro della Difesa del Qatar firma con Leonardo Finmeccanica un contratto da 3 miliardi per la fornitura di elicotteri destinati ad ampliare la flotta militare dell’emirato.
30 ottobre 2018 — “Nessun estremismo islamico”
“Il Qatar si sta distinguendo per un certo equilibrio rispetto agli estremismi mostrati in questi giorni da Paesi, per esempio l’Arabia Saudita”, spiega il 30 ottobre 2018 il ministro dell’Interno in diretta Facebook dall’emirato, dove ha incontrato l’emiro Al Thani.
“Vi dico — aggiunge — che ho trovato un Paese stabile e sicuro dove l’estremismo islamico non ha futuro. In più da qua passano milioni di posti di lavoro per gli italiani”.
Perchè in Qatar, ha proseguito il vicepremier “ci sono tante opportunità  per le imprese italiane. Abbiamo visitato una stazione della metropolitana enorme fatta da imprese italiane, ma ci sono anche prodotti agricoli italiani che arrivano qua, c’è tanta voglia di investire fondi quatarini in imprese italiane, dalla moda all’alimentare al bello, non snaturando le aziende, perchè qui il made in Italy è amato“.
Tout est pardonnè
Il passato e le accuse di alimentare il terrorismo sul territorio italiano, tutto è dimenticato.
Contesto
Il Qatar ha solidi rapporti economici con la Russia, cui Salvini e la Lega sono molto vicini, dalla quale compra aerei di guerra e sistemi missilistici.
Tutto torna.

(da agenzie)

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ASSEMBLEA M5S VENETO CRITICA IL GOVERNO CON LA LEGA, IL CONSIGLIERE FILO-DI MAIO LI FILMA

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

DA UNO VALE UNO SIAMO ARRIVATI ALLA SPIA DEL CARDINALE: “CHE TRISTEZZA, IL DIBATTITO INTERNO NON E’ TOLLERATO”

Si definiscono semplicemente gli “autoconvocati” del Movimento 5 stelle in Veneto. Un’ottantina di persone si sono incontrate a Salzano, in provincia di Venezia, per un’assemblea durante la quale è stata contestata la linea ufficiale M5s.
Sotto accusa sia la linea nazionale che quella locale, partendo innanzitutto dalla Pedemontana Veneta, la superstrada a pagamento che attraverserà  le province di Vicenza e Treviso, contro cui il M5s era stato fieramente avverso e su cui però spinge molto il socio di governo del Carroccio.
All’incontro, promosso dalla consigliera regionale Patrizia Bartelle, era presente anche il consigliere Simone Scarabel, considerato vicino ai vertici, e che con una telecamera ha ripreso il dibattito.
Il che ha scatenato le polemiche, amplificate anche dalla presenza di una troupe di “Report”.
Presenti anche alcuni esponenti del Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa che poi sul loro sito hanno pubblicato un articolo dal titolo: “Scarabel, kapò o membro del consiglio regionale?”.
“La telecamera? Una tristezza. — è il commento di Bartelle a ilfattoquotidiano.it — Molti partecipanti si sono sentiti intimiditi, qualche consigliere comunale se ne è andato via. Segno che il dibattito interno non è tollerato”.
Il gruppo dei dissidenti ha preparato un documento finale dai toni piuttosto severi. “Quasi tutti gli interventi, incentrati su temi come grandi opere, ambiente, scuola, sanità , persino autonomia regionale, hanno espresso una forte contrarietà  al rapporto del Movimento con la Lega e al contratto di governo. Ma si è trattato di un incontro assolutamente composto e civile”.
Dissenso, ad esempio, sul fatto che il M5s in Veneto abbia sostenuto “in maniera attiva il referendum per l’autonomia che ci è costato 14 milioni di euro, che ad oltre un anno non ha prodotto alcun risultato apprezzabile, ponendo il Movimento in posizione subalterna rispetto alla Lega”, invece di “mantener fede in coerenza alla propria identità  e non dimenticando mai i principi della Costituzione”.
Ma c’è anche un’accusa alle dinamiche interne.
“Preoccupa la mancanza di dibattito democratico all’interno, che sta spopolando i gruppi di attivisti; la riprova è proprio nel maldestro tentativo di far annullare l’incontro tacciandolo come ‘non ufficiale’ o ‘dissidente’”. E non è solo un fatto di dialettica, ma anche di contenuti: “In questo momento in tutta Italia vi sono manifestazioni di protesta contro il Movimento 5 stelle, per non aver mantenuto fede alle promesse in campagna elettorale, soprattutto per quanto riguarda la difesa dell’ambiente e del territorio. A a sud ci si scontra su Tap e Ilva, in Veneto preoccupano i cambi di posizione su Pedemontana, Grandi Navi e la TAV tra Vicenza e Verona. Non vi è più una netta opposizione a tali opere, ma ci si limita a cercare di contenere gli effetti economici negativi, mentre i danni infinitamente più grandi sul sistema ambientale non sono più considerati una priorità ”.
Purghe in arrivo, allontanamento di chi si oppone, filmati come prova per future epurazioni?
Originale la tesi difensiva di Simone Scarabel . “Io la telecamera l’ho usata perchè non mi fido dei resoconti che leggo sui giornali, volevo rendermi conto di persona”.
Ma da qui a filmare…
“Serve per dimostrare che cosa è stato detto e quanto assurde siano certe prese di posizione”
A chi lo deve dimostrare?

(da “il Fatto Quotidiano”)

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M5S, SONO SPARITE LE RESTITUZIONI DEI PARLAMENTARI: HANNO ABOLITO LA POVERTA’ IN DUE MESI E NON SONO RIUSCITI AD APRIRE UN CONTO CORRENTE IN OTTO MESI

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

“NESSUNO STA RESTITUENDO LO STIPENDIO COME ABBIAMO FATTO NELLA PRIMA LEGISLATURA”: LA DENUNCIA DI ELENA FATTORI

Ieri Luigi Di Maio ha mandato un messaggio d’avvertimento a tutti quei deputati e senatori del MoVimento 5 Stelle che stanno dando segni di cedimento e rischiano così di indebolire la formazione a testuggine del partito.
A stretto giro di posta la senatrice Elena Fattori ha pubblicato un articolo in cui partendo dalla metafora della rana bollita faceva notare come su molti aspetti il MoVimento abbia già  tradito le promesse fatte agli elettori. E in alcuni casi il M5S ha tradito sè stesso.
Nei commenti al post su Facebook della senatrice Fattori è iniziato un acceso dibattito dove molti utenti hanno rinfacciato alla senatrice pentastellata di remare contro il partito e il governo.
In particolare una commentatrice faceva notare che la rana bollita era proprio Elena Fattori “che forse vuole arrivare a fine mandato con tutto lo stipendio e meno problemi”.
Non si tratta certo di un’accusa particolarmente grave (i parlamentari della Repubblica non sono sottoposti a vincolo di mandato) e innovativa. È la macchina del fango, baby.
Anzi, la stessa critica è stata mossa al senatore Gregorio De Falco “colpevole” di non aver gradito la richiesta di ritirare i suoi emendamenti al decreto Sicurezza di Salvini, in questi giorni al vaglio delle commissioni di Palazzo Madama.
Elena Fattori però ha deciso di affrontare di petto la questione spiegando alla gentile elettrice che «in realtà  nessuno di questa legislatura sta restituendo lo stipendio come invece abbiamo fatto tutti noi in quella precedente».
Ohibò, che succede?
Uno dei principi cardine della testuggine del MoVimento è passato in secondo piano? Pare proprio di sì perchè sul sito TiRendiconto è ancora tutto fermo alla scorsa legislatura (c’è ancora Roberta Lombardi, ad esempio).
In nome della trasparenza però questo gli elettori non lo sanno.
Sanno invece che a fine giugno il MoVimento 5 Stelle aveva emanato il nuovo regolamento sulle rendicontazioni e sui rimborsi.
In base a quel regolamento nuovi eletti e vecchi portavoce della XVII legislatura erano tenuti a versare una cifra forfettaria rispettivamente per il periodo da marzo a giugno e da gennaio a marzo.
Sempre in quel documento era scritto che “a partire da luglio 2018” sarebbero state applicate le nuove modalità  di rendicontazione.
Nessun parlamentare M5S sta restituendo o rendicontando
Secondo quanto ha rivelato Elena Fattori questo semplicemente non è accaduto. La senatrice spiega che a parte quella restituzione forfettaria e i 300 euro al mese a Rousseau (che gli eletti sono obbligati a versare per contratto) «non stiamo più restituendo nè rendicontando».
Una dichiarazione che non poteva certo passare inosservata perchè negli ultimi cinque anni il partito di Grillo e Casaleggio ha costruito l’immagine del partito degli onesti, disposti a fare chissà  quali sacrifici per il bene della Nazione al punto di abbassarsi volontariamente lo stipendio.
L’argomento era talmente sentito che al primo punto del primo decreto legge del primo consiglio dei ministri del M5S ci avrebbe dovuto essere il dimezzamento dello stipendio ai parlamentari della Repubblica.
Il governo del Cambiamento si è invece concentrato su altre priorità , come ad esempio il condono fiscale o la sanatoria per le case abusive ad Ischia. Temi che non fanno certo parte del DNA del MoVimento (al punto che in campagna elettorale Di Maio prometteva di iscriversi al PD in caso di condono edilizio per Ischia).
Perchè i parlamentari M5S non hanno ancora iniziato i rendiconti?
Ma è vero quello che dice la Fattori? È vero che a parte il versamento forfettario — senza rendicontazione — relativo al periodo tra marzo e giugno i parlamentari attualmente si limitano a versare i 300 euro al mese per l’associazione di Davide Casaleggio e Massimo Bugani?
La risposta è sì.
E a confermarlo è un’altra senatrice pentastellata Giulia Lupo che spiega che “non è cambiato nulla” ma che i parlamentari sono semplicemente in attesa di un nuovo sistema di rendicontazione. Da luglio!
Anche la senatrice Lupo conferma quindi che da ormai quattro mesi nessun parlamentare sta rendicontando o restituendo nulla.
A quel punto nei commenti si palesa il senatore Gabriele Lanzi che spiega che in base al regolamento di cui sopra fare le rendicontazioni è facilissimo e quindi chiunque può accantonare il dovuto per poi versarlo quando sarà  il momento.
Quello che è chiaro quindi è che non c’è un conto corrente e manca ancora lo strumento (il sito) dove caricare i cedolini dei bonifici per la rendicontazione.
Secondo Lanzi la Fattori non ha chiare “le cautele che sottendono all’apertura di un conto intermedio” ovvero del conto corrente dove dovrebbero confluire le restituzioni in attesa che vengano destinate a progetti di pubblica utilità .
Sarà  perchè nel MoVimento fanno le cose per bene ma in effetti quattro mesi per aprire un conto corrente sembrano un tempo eccessivo.
Anche perchè come ricordava ieri Di Maio nello stesso lasso di tempo il governo del Cambiamento è riuscito a completare metà  del programma elettorale.
Secondo Lanzi   però la Fattori, denunciando pubblicamente come oggi non esista un sito dove i cittadini possano verificare spese, bonifici e cedolini, sta “orientando negativamente” perchè non spiega che «i ritardi attengono all’implementazione di un conto corrente intermedio».
I pentastellati sono riusciti ad abolire la povertà  in due mesi di governo ma ancora non sono riusciti ad aprire un conto corrente per evitare che ci siano nuovi casi di furbetti dei rendiconti con bonifici fatti e poi ritirati.
«Non sono per niente tranquilla vista l’esperienza della scorsa legislatura ove a fine mandato nel rispetto delle regole siamo arrivati la metà  di quelli eletti», ricorda la Fattori in un commento.
C’è poi la questione di chi controlla e gestisce quel conto intermedio di così difficile implementazione. Fattori non si fida nemmeno di questa soluzione.
La senatrice ricorda inoltre che in Assemblea non è mai stata votata la questione della nuova rendicontazione e che l’unico voto è stato quello per l’approvazione del nuovo regolamento del gruppo parlamentare (quello che impone di versare i 300 euro a Rousseau).
In nome della trasparenza scopriamo solo spulciando una conversazione su Facebook che, a otto mesi dalle elezioni, il MoVimento 5 Stelle non ha ancora implementato un sistema per le rendicontazioni e di fatto al di là  del contributo forfettario per i primi mesi della legislatura (quei soldi su che conto corrente sono confluiti se manca quello intermedio?) i parlamentari del MoVimento 5 Stelle stanno gestendo il proprio denaro come tutti gli altri.
Come quelli che hanno accusato di essere ladri, corrotti o peggio ancora mafiosi e di essere entrati in politica unicamente per il proprio tornaconto.
Di fatto ad oggi il governo del Cambiamento si comporta come un qualsiasi governo di centrodestra a guida Berlusconi degli ultimi vent’anni (l’alleato del resto è un classico) e gli eletti del MoVimento 5 Stelle sono come gli altri parlamentari. È a questo che serve la testuggine?

(da “NextQuotidiano”)

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“MIMMO SIAMO CON TE”: CENTINAIA DI MILANESI IN CODA PER ASCOLTARE IL SINDACO DI RIACE INVITATO A PALAZZO MARINO

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

DUECENTO PERSONE NON RIESCONO NEANCHE AD ENTRARE NELLA GRANDE SALA, LUCANO RINGRAZIA COMMOSSO: “RESTATE UMANI”

Una sala piena all’inverosimile, e duecento persone in coda nella speranza vana di poter entrare. Mimmo Lucano, il sindaco di Riace, arriva a Milano per un incontro a Palazzo Marino organizzato dal gruppo consiliare di ‘Milano in Comune’ a cui partecipa anche il sindaco Beppe Sala.
Incontro aperto a tutti: tanto che, visto che in moltissimi non riuscivano più ad entrare, il sindaco è uscito in piazza della Scala per salutarli. Questo mentre il sindaco Sala lo accoglieva dicendo: “Mimmo, Milano è con te”.
“Sono contento di ricevere qui il mio collega di Riace. Da parte di Milano non c’è intenzione strumentalizzare la figura di Mimmo — ha detto il sindaco Giuseppe Sala aprendo la serata -. Siamo qui per ascoltarlo e per cercare di aiutare questo uomo che ha fatto delle cose. Mi ha raccontato la sua storia, per cui dico a tutti: aspettiamo a giudicare”.
Già  da diversi giorni Sala aveva annunciato di voler incontrare Lucano, finito agli arresti domiciliari – poi trasformati in divieto di dimora nel suo paese – per una inchiesta di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, accuse legate al suo ‘modello Riace’ di accoglienza dei profughi.
Lucano ha ringraziato commosso per l’accoglienza: “Mai avrei immaginato che un giorno una città  grande e importante nel mondo come Milano mi avrebbe ospitato, non era nei miei obiettivi diventare così famoso, improvvisamente. — ha detto Lucano raccontando la sua storia, spesso interrotto da applausi scroscianti -, ma c’è fame di umanità . Noi tutti vogliamo il rispetto dei diritti umani. Non c’è niente di sconvolgente nell’avere il desiderio di aiutare le persone al di là  delle razze e delle provenienze”.
E ancora, ha spiegato il ‘modello Riace’: “Noi ci siamo trovati in questa situazione perchè una mattina all’alba sulla spiaggia un veliero è arrivato pieno di persone. Le case del nostro centro storico erano abbandonate, non avevamo nemmeno le possibilità  economica di allacciare l’energia elettrica. Abbiamo portato le candele per le case che di nuovo erano abitate. E così nuove immigrati sono arrivati, come per un disegno del destino. Poco importa se hanno il volto più scuro, sono esseri umani. Questo è stato un processo fantastico, in un posto che era vittima dello spopolamento, della criminalità  organizzata. Quando la storia ha cominciato a strutturarsi, abbiamo aderito al programma nazionale per i richiedenti asilo. E siamo diventati meta anche del turismo solidale, perchè un piccolo Comune si è aperto in modo spontaneo all’accoglienza, e questo ha incuriosito chi ha fame di umanità , chi vuole un mondo senza barriere, dove tutti hanno gli stessi diritti. Questo ha contribuito a fare rinascere Riace”.
Un’occasione, per Sala, per rilanciare l’allarme sulla mancanza di un pano nazionale per l’integrazione: “I sindaci fanno la loro parte, a Milano la nostra regola è quella di accogliere e in questo noi sindaci siamo soli. Da Milano stiamo facendo sentire la nostra voce, dicendo che i tempi sono troppo lunghi per decidere sulle richieste di protezione internazionale. Non si dica che i 35 euro al giorno sono messi solo per dare da mangiare, perchè servono anche per l’integrazione e il lavoro. Mimmo ha fatto quello che avrei fatto io. La giustizia farà  il suo corso, ma io al posto suo avrei fatto le stesse cose. La sua storia insegna molto”.
“Ma l’attacco ai già  ridotti diritti dei migranti è solo l’aspetto più grave e visibile di una politica che precarizza il lavoro, riduce le tutele per chi il lavoro ce l’ha, taglia i servizi sociali, favorisce gli evasori. Per tutto questo — spiega uno dei promotori dell’incontro, Basilio Rizzo di “Milano in comune” – riteniamo imperativo schierarci oggi a fianco non solo dei migranti ma di tutti coloro che resistono e si oppongono a questa deriva, mantenendo saldi i princìpi di convivenza civile, di umanità , di rispetto della dignità  di tutti. Due di tali esperienze sono particolarmente significative: la grande solidarietà , umana e politica, che si è manifestata attorno all’esperienza di Riace e al suo sindaco, e attorno ai bambini di Lodi figli di cittadini stranieri, vittime di un odioso provvedimento discriminatorio”.

(da agenzie)

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E SE ALLA FINE OGNI ITALIANO SI VEDESSE OBBLIGATO A VERSARE IL 20% DEL PROPRIO PATRIMONIO IN UN FONDO A GARANZIA DEL PAGAMENTO DEL DEBITO PUBBLICO?

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

L’IPOTESI TEDESCA RICORDA I RICHIAMI DI SALVINI : “POTREMO CHIEDERE AIUTO AGLI ITALIANI”

L’Italia è nel bel mezzo del caos provocato da una manovra finanziaria confusa e che continua a cambiare nei suoi contenuti.
L’ultimo atto (in ordine di tempo) è arrivato lunedì 29 ottobre quando il premier Conte e il ministro dell’Economia Tria hanno messo a punto una nuova bozza con alcune novità  non indifferenti. Le modalità  sono quelle dell’assalto alla diligenza, che si ripetono anche per il governo del ‘cambiamento’.
Da una parte c’è lo scorporo dei provvedimenti sul reddito di cittadinanza e sulla revisione della legge Fornero i cui fondi sono stanziati attraverso un ‘collegato’ alla legge di Bilancio che dovrà  essere votato separatamente. Vale a dire che occorrerà  più tempo prima che i due provvedimenti vedano la luce e dunque, al fine della stabilità  dei conti pubblici, ciò equivale a una boccata d’ossigeno in più.
Dall’altra parte si è venuti a conoscenza di una nuova flat tax al 15% per le lezioni private e ripetizioni degli insegnanti, del fatto che la sterilizzazione piena dell’Iva varrà  solo per il 2019 e dunque si richiederanno nuovi interventi per il 2020 e 2021, dello stanziamento di 4,3 miliardi per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici, dell’estensione della cedolare secca al 21% applicabile agli immobili commerciali non superiori a 600 mq, fino alla voce delle politiche per la famiglia per cui si incrementa di 100 milioni il fondo relativo; arriva poi una misura che assegna la metà  dei terreni incolti della Banca dati Ismea a famiglie con un terzo figlio in arrivo nel prossimo triennio o giovani imprenditori agricoli che garantiscano una quota del 30% della loro società  a quei nuclei. Ed altre misure ancora che continueranno ad aggiungersi fino a che la legge di Bilancio 2019 non verrà  definitivamente approvata dal parlamento.
In questo contesto non stupisce che i tedeschi, cioè coloro che sono maggiormente preoccupati per la sostenibilità  del debito pubblico italiano, arrivato alla soglia dei 2250 miliardi, cerchino di suggerire delle misure che impediscano in un futuro una distribuzione dell’onere di questo debito tra i vari paesi aderenti all’euro.
La proposta arrivata da Karsten Wendorff, un anziano capo finanziario della Bundesbank, prevede che tutti gli italiani titolari di un po’ di risparmio vengano obbligati a versare il 20% del proprio patrimonio in un fondo di solidarietà  a garanzia del ripagamento del debito pubblico.
Una sorta di prelievo forzoso ma di entità  enorme e tale da rendere inutile qualsiasi intervento da parte del fondo Esm, cioè quello che dovrebbe intervenire qualora un paese europeo abbia un problema di sostenibilità  del proprio debito.
La proposta tedesca deriva dalla consapevolezza, come abbiamo già  evidenziato più volte, che a fronte del debito pubblico l’Italia ha un forte risparmio privato, attivi nell’ordine dei 4000 miliardi, a cui si aggiungono le proprietà  immobiliari per altri 3000 miliardi circa.
Dunque dal punto di vista patrimoniale l’Italia è solvibile ma si tratta di capire come trasferire, senza danni o penalizzazioni per chi è detentore di tale ricchezza, una parte di questo risparmio in investimenti a sostegno del debito pubblico e in rimborso dello stesso.
Le soluzioni possono essere molte ma un prelievo forzoso in un fondo di solidarietà  assomiglia a una punizione nei confronti dei cittadini più virtuosi, cioè quelli che nella loro vita hanno risparmiato di più, che si troverebbero a dover pagare per le inefficienze pubbliche degli ultimi trent’anni e per le politiche sbagliate e poco lungimiranti dei governi e dei politici che si sono susseguiti dagli anni ’80 a oggi. Insomma una provocazione che rischierebbe di sfociare in rivolte di piazza.
Salvini, Di Maio, Conte, Tria, sono comunque avvertiti: i tedeschi sono fermamente contrari, e non da ora, alla socializzazione del debito pubblico italiano sebbene in un’area di moneta comune si potrebbe pensare anche a questo.
E potrebbero essere contrari anche a ulteriori manovre messe in atto dalla Bce, come l’Operation twist, cioè l’allungamento delle scadenze dei titoli di Stato italiani acquistati negli ultimi tre anni dalla banca centrale, in modo da rendere più morbido l’atterraggio del post Quantitative easing. Una modalità  che il banchiere centrale Mario Draghi sta studiando, come abbiamo scritto pochi giorni fa.
Da ultimo, il fatto più pericoloso che si potrebbe palesare da qui a qualche settimana: una frenata della crescita del Pil italiano che potrebbe risultare pari a zero nel terzo trimestre 2018 fino a diventare negativa nel quarto trimestre.
Diversi centri studi economici lo stanno già  mettendo in evidenza, attribuendo la responsabilità  del rallentamento a una sorta di credit crunch che ha preso piede da maggio 2018 in poi, cioè da quando è cominciato a salire lo spread a causa dell’incertezza politica e dell’eventualità  di una uscita dall’euro da parte dell’Italia.
Se questa interpretazione fosse confermata dai dati consuntivi dell’Istat in uscita a novembre sarebbe una vera e propria doccia fredda per tutti e confermerebbe che le previsioni di crescita per il 2019 previste dal governo, pari all’1,5%, sono molto ma molto difficili da raggiungere.
Qui non si tratta di gridare al lupo ed evocare la tempesta perfetta ma cercare di evitare di entrare in una spirale negativa formata da spread al rialzo, stretta al credito da parte delle banche, contrazione dell’economia reale.
E’ proprio ciò che non serve all’Italia in questo momento ma il governo gialloverde non sembra rendersi conto dei potenziali danni di una spirale di questo tipo.

(da “Business Insider”)

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GOVERNO: MANINA CHE DA’, MANINA CHE TOGLIE

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

ADDIO TRASPARENZA: IL GOVERNO NON AGGIORNA NEANCHE IL SITO DEL MEF E NESSUNO PUO’ PIU’ LEGGERE LA RELAZIONE DI CASSA TRIMESTRALE DELLA RAGIONERIA DELLO STATO … UNA MANINA PER NASCONDERE INFORMAZIONI ESSENZIALI

Mentre la manovra economica si svuota lentamente dei suoi più affascinanti propositi, e contestualmente si riempie di misure surreali e demagogiche come quella sui terreni agricoli ai terzogeniti, è utile osservare una mutazione genetica della componente pentastellata.
In pochi mesi il MoViMento che aveva fatto della tecnologia e della trasparenza due dei suoi cavalli di battaglia è diventato il principale argine alla partecipazione della “gente” ai processi decisionali politici.
Le discussioni pubbliche sulle iniziative 5 stelle sono ferme al 2017; dei meet-up non c’è più neanche l’ombra; i propositi di ausculto del cuore pulsante dei territori sono stati cancellati, dal Salento (TAP) alla Liguria (Ponte Morandi).
Sparita soprattutto la famosa trasparenza delle decisioni prese in Consiglio dei Ministri per il quale tempo fa si vaneggiava di collegamenti in streaming.
Abbondano invece le manine, vere o presunte, che inseriscono clausole pro e contro il cambiamento annunciato. A dispetto degli annunci questo è il governo più opaco della storia.-
Opacità  che ha evidentemente contagiato anche gli uffici della pubblica amministrazione.
Per chi vuole seguire l’andamento dei conti pubblici con un minimo di rigore, uno dei driver è la Relazione di Cassa trimestrale rilasciata dalla Ragioneria Generale dello Stato.
Sul sito del MEF, da cui la RGS dipende, l’ultima relazione di cassa disponibile è quella relativa al primo trimestre dell’anno.
Nulla si sa dell’evoluzione del bilancio a consuntivo del secondo trimestre. In tempi normali la relazione sarebbe pubblicata con circa un trimestre di ritardo. Di quella di giugno, attesa da settembre, nessuna notizia.
La Relazione trimestrale serve a monitorare l’andamento dei conti pubblici e, cosa ancor più importante per noi secchioni, a verificare l’ammontare del fabbisogno aggregato.
È il fabbisogno infatti uno dei più importanti indicatori dello stato dell’economia.
Da esso, tanto per intenderci, dipende l’ammontare di nuovo debito che dovrà  essere emesso per allineare la contabilità  di cassa.
È possibile che i tecnici della RGS siano troppo impegnati a rileggere e bollinare le innumerevoli versioni della legge di bilancio elaborate dalla variopinta coalizione di governo; tuttavia il fatto che i conti dello Stato siano privi di monitoraggio e nascosti al giudizio degli osservatori indipendenti è un altro pessimo segnale.
Fossimo Di Maio ci domanderemmo se oltre alle manine che inseriscono norme non discusse in CDM, esistono altre manine che nascondono informazioni essenziali.

(da “NextQuotidiano”)

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IL PIANO B DEL M5S PER FARE LA TAV ALL’INSAPUTA DEI NO TAV

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

INTERVENIRE SULLA LINEA STORICA, ELIMINANDO ALCUNI LAVORI, MA LASCIANDO INTATTO IL TUNNEL DI BASE… L’EFFETTO PRESA PER I FONDELLI SARA’ VISIBILE A CENTINAIA DI CHILOMETRI DI DISTANZA… DIRE NO ALLA TAV COSTEREBBE 2,5 MILIARDI (UNA CIFRA ABBORDABILE)

Tutto parte dall’analisi costi-benefici che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha affidato al professor Marco Ponti: «Tutti i progetti danno benefici, bisogna calcolarne i costi. Altrimenti l’Alta velocità  ci porta in Grecia, non in Francia. Non so se è chiara la metafora».
Il dossier dovrebbe essere concluso in tutti i suoi punti, quindi anche con una valutazione sulle altre infrastrutture, tra novembre e dicembre.
Per quella data, spiega oggi La Stampa, si paleserebbe il piano B abbozzato ad agosto dal M5S: ammodernare la cosiddetta «linea storica» che collega Torino a Lione, eliminando dal progetto alcune opere considerate superflue e lasciando intatto il tunnel di base che — spiegano i pentastellati — «sarebbe difficile, quasi impossibile da bloccare».
L’Alta Velocità , secondo le intenzioni del governo Lega-M5S, si farà , ma il progetto verrà  alleggerito con significativi risparmi.
Un’ipotesi di lavoro che trova d’accordo le due parti politiche. Ma che probabilmente vedrà  una reazione molto più “pesante” e “visibile” (in termini di costi di voti) da parte dei No TAV, il cui leader Alberto Perino alla vigilia delle elezioni invitava a votare i grillini e non Potere al Popolo proprio perchè davano maggiori garanzie di vittoria e di successo per il fronte anti-Alta Velocità .
Sarà  interessante vedere cosa succederà  nel fronte No TAV nel caso che il piano B vada in porto, visto che l’effetto di presa per i fondelli sarebbe percepibile a centinaia di chilometri di distanza.
Anche se non è escluso che si finisca come con Padellaro, che vuole dare un’ultima chance alla Raggi per non sentirsi un coglione (testuale) ad averla votata. La Stampa fa parlare del piano B il leghista Rixi, che conferma tutto e aggiunge dettagli:
«Molte cose possono essere riviste, a patto che l’alta velocità  si faccia e si faccia rapidamente», spiega il viceministro delle Infrastrutture, Edoardo Rixi.
Sulla tratta internazionale, ad esempio, «c’è la stazione di Susa, che nel progetto originario è spropositata e si potrebbe ridimensionare».
E in questo caso — i risparmi non sarebbero significativi ma sparirebbe quella che gli oppositori considerano una cattedrale nel deserto — la cancellazione del progetto dell’archistar, Kengo Kuma, non troverebbe alcuna obiezione da parte di Parigi.
E poi c’è la tratta nazionale, quella che da Bussoleno porta verso Torino con una galleria che corre sotto la collina morenica: «Se la eliminiamo — spiega Rixi — avremo risparmi per 1,4 miliardi di euro».
Dal punto di vista del vice-ministro, dunque, la «linea storica può essere utilizzata in modo migliore. Subirà  delle trasformazioni abbastanza profonde e si affronteranno ulteriori discorsi di approfondimento, anche sui progetti di ambientalizzazione della linea».
Insomma, una TAV a prezzo scontato che permetterà  al MoVimento 5 Stelle di sostenere di aver risparmiato soldi succhiandoli da un’opera faraonica per darli ai cittadini.
Peccato che il Movimento No TAV non abbia mai posto il problema dei soldi primariamente, ma quello dell’ambiente e del territorio.
Il progetto presentato nei giorni scorsi ai sindaci dell’area metropolitana di Torino che prevede il raddoppio della linea storica dovrà  essere rivisto perchè si porta dietro il rischio di abbattere un centinaio di abitazioni tra Collegno e Grugliasco dove vivono 400 famiglie e 1500 persone.
Chi ha in mano il dossier, così, ha iniziato a ragionare sul congelamento della galleria e su un intervento più ridotto, e meno costoso, sulla linea storica. Tratta che non verrebbe raddoppiata ma ammodernata con l’installazione di una nuova segnaletica che permetterebbe comunque di velocizzarla.
Rimane il problema del tunnel di base, finanziato dalla UE con 3 miliardi di euro e che la Francia ha già  fatto sapere di non voler toccare.
L’alternativa — ammodernare altre infrastrutture — sarebbe più costosa e soprattutto a carico dell’Italia.
La Torino-Lione è per l’89% in galleria: di questi 57 chilometri ben 45 sono in territorio francese e 12,5 sul lato italiano.
Quanto costerebbe all’Italia ritirarsi dal progetto? Scrive oggi il Messaggero che grosso modo la stessa cifre destinata alla costruzione: 2,5 miliardi suddivisi in 600 milioni da restituire all’Ue, 600 per coprire la rescissione dei contratti e oltre 1 miliardo per eliminare le tracce dei cantieri aperti. Meglio il piano B. No TAV permettendo.

(da “NextQuotidiano”)

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LUFTHANSA: “POSSIBILE UNA PARTERNSHIP CON ALITALIA, MA NO A INVESTIMENTO CON GOVERNO ITALIANO”

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

ANCHE LE FONDAZIONI BANCARIE CHE POSSIEDONO IL 15,9% DEL CAPITALE, SI DICONO CONTRARIE: “CDP NON CI DEVE METTERE UN EURO”… LEONARDO SI TIRA FUORI

I tedeschi non si fidano del “Salvimaio” e Lufthansa non ci pensa proprio a partecipare a una ristrutturazione di Alitalia guidata dal governo italiano.
“Una partnership con Alitalia è ancora possibile” ma Lufthansa “non ha in programma di investire nella compagnia insieme al Governo” italiano. Lo dice la società  tedesca, secondo quanto riferisce Bloomberg.
Anche le fondazioni bancarie si dicono contrarie a un intervento di Cdp. “L’ho detto e lo ripeto – afferma il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti -, è diventato un ritornello e sul punto siamo rigidissimi: in Alitalia la Cdp non deve mettere un euro per nessuna ragione”.
“Siccome sono votazioni con maggioranze qualificate – aggiunge Guzzetti – il sistema delle fondazioni mi ha già  dato mandato di dire che noi non voteremo investimenti in Alitalia”. In Cdp le fondazioni possiedono il 15,9% del capitale.
E Anche Leonardo, l’ex Finmeccanica,- secondo quanto riferiscono fonti vicine all’azienda – non ha e non prevede di avere alcun ruolo sul dossier Alitalia.
Nelle scorse settimane la strategia del gruppo tedesco ha però messo al centro della crescita nel Sud Europa e quindi in Italia, la compagnia Air Dolomiti, al 100% controllata da Lufthansa, che ha base a Verona. Air Dolomiti ha ottenuto dalla casa madre un raddoppio della flotta (da 12 a 26 aerei) e un investimento pari a 100 milioni di euro nei prossimi anni con assunzioni previste per 520 persone.
Un chiaro segnale di disimpegno dalla complessa vicenda Alitalia che ora aspetta solo la decisione di Fs e il possibile impegno di easyJet e Delta.

(da agenzie)

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QUANTO E’ FACILE COMPRARE LA MAGLIETTA “AUSCHWITZLAND”

Ottobre 30th, 2018 Riccardo Fucile

TRA GLI INDOSSATORI FIGURA ANCHE IVAN BOGDANOV, L’UTRAS SERBO FAMOSO PER GLI SCONTRI ALLO STADIO NEL 2010 A GENOVA

La foto di Selene Ticchi con addosso la maglietta con la scritta “Auschwitzland” ha suscitato parecchia indignazione.
La Ticchi è stata sospesa a tempo indeterminato da Forza Nuova. Quel partito dove milita tutt’ora un coordinatore regionale, nonchè responsabile reclutamento e Segretario di Roberto Fiore, che un anno fa ha dichiarato che nei campi di concentramento c’erano cinema, piscine e si ascoltava Wagner.
Parole dure anche dal segretario dI CasaPound Simone Di Stefano, che ha definito quelli come Selene Ticchi: «maledetti pagliacci mascherati» che fanno a gara a chi si mette la maglietta più imbecille e che sono le «scimmie ammaestrate degli antifascisti».
Sottinteso: lo stile Casa Pound è differente. Di sicuro le magliette del partito fondato da Gianluca Iannone sono diverse e più conformi. Il logo di quella indossata da Selene Ticchi invece è in circolazione da parecchio.
Tra gli indossatori d’eccezione figura Ivan Bogdanov, l’ultras serbo famoso per gli scontri durante la partita Italia-Serbia del 2010 a Genova.
Nel 2013 Bogdanov ricomparve sulle cronache italiane per un saluto romano rivolto — a quanto sembra — ai tifosi del Maccabi Tel-Aviv che qualche giorno prima aveva disputato un match contro lo Stella Rossa Belgrado.
In quell’occasione sfoggiava proprio la maglietta Auschwitzland, anche se con una piccola variante: la scritta posta all’ingresso dei campi di sterminio Arbeit Macht Frei.
Non è del resto difficile stampare la maglietta incriminata.
Basta avere un file di buona qualità . E come ha ricostruito su Twitter la blogger Talento Sprecato i file immagine con il logo di Auschwitzland in stile Disney si trovano facilmente esattamente come tutta quella pletora di paraphernalia nazifascisti che si trovano in certi negozietti di souvenir.
La maglietta indossata da Selene Ticchi non è poi così diversa dall’oggettistica per la quale i piccoli fan di Hitler vanno pazzi. Il mercato è di nicchia ma c’è (prevalentemente online) ed è abbastanza florido
Un’altra variante della maglietta indossata da Ticchi e Bogdanov era stata trovata nel 2016 da un utente di Reddit su un sito di abbigliamento “Nazi Hipster” che ne commercializzava la vendita. Il sito non è più online ma è possibile ammirare il prodotto “artistico”.
È invece ancora online il sito russo dove viene venduta — in colorazioni a piacere e a circa 15 euro più spese di spedizione — lo stesso modello della maglietta sfoggiata a Predappio.
È   quindi possibile che sia stata comprata qui (anche se non si può escludere la possibilità  di una stampa “casalinga” visto che basta avere il file immagine).
Nel frattempo c’è anche chi ha segnalato alla Disney l’utilizzo illecito del marchio di Walt Disney sulla maglietta.
La casa cinematografica ha risposto prendendo le distanze dalla maglietta e promettendo accurate indagini per un’eventuale violazione di copyright.

(da “NextQuotidiano”)

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