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LO SPREAD SFONDA QUOTA 300, BENVENUTI NEL CIRCO BARNUM ITALIA

Ottobre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

MOODY   AVVERTE: “NON SIETE PRONTI A NUOVA CRISI”

Giornata estremamente difficile per i mercati finanziari.
Lo spread tra BTp e Bund tedesco a dieci anni sfonda il tetto dei 300 punti, ma poi si stabilizza. Ieri il differenziale tra i due titoli aveva chiuso a 283 punti. Il rendimento del Btp decennale arriva al 3,43%, mai così alto dalla primavera 2014.
Piazza Affari viaggia in calo dell’1,5%, con i titoli bancari molto pesanti.
Molto debole l’Euro, scambiato a 1,15 dollari, contro 1,1778 dollari di venerdì sera
Nello scontro fra Roma e Bruxelles sul def e la prossima legge di bilancio. Il quadro di stime macroeconomiche non vede ancora la luce, in ritardo sui tempi, ma il vice premier M5S Luigi Di Maio assicura ai microfoni di Rtl che “lo stiamo mettendo a punto per mandarlo domani alle Camere”.
Dall’Eurogruppo di ieri è emerso l’isolamento del Governo italiano rispetto ai partner europei, che chiedono il rispetto delle regole, a cominciare dal livello di deficit/Pil che l’esecutivo gialloverde fissa al 2,4% per i prossimi tre anni.
Al termine di una giornata molto tesa, culminata con le parole durissime del presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker secondo cui fare concessioni all’Italia significherebbe “la fine dell’euro”, l’allarme e la preoccupazione dei ministri delle Finanze dei paesi di Eurolandia resta molto alta.
E Palazzo Chigi ha fatto trapelare la sua voce, chiedendo un dialogo “scevro da pregiudizi” con Bruxelles, ibadendo che “il Governo, frutto del voto democratico, è impegnato e determinato ad andare avanti nella direzione” della manovra impostata.
“Gli italiani sono attaccati all’euro, perchè li protegge, non alimentiamo questi pensieri” dice oggi il commissario agli affari economici Pierre Moscovici rispondendo a chi gli chiede un commento alle affermazioni di chi vede l’Italia meglio fuori dalla moneta unica. “L’Italia è un Paese centrale della zona euro e deve restare tale, quindi calmiamoci e usiamo lo spirito negoziale”.
L’Italia, secondo Goldman Sachs, “rischia una serie di downgrade sul rating”. Per gli analisti “una politica fiscale così aggressiva metterà  l’economia e gli asset italiani sotto pressione, oltre ad aumentare il rischio di una serie di downgrade sul rating del debito e a rendere difficili i negoziati con la Commissione europea” sulla legge di bilancio. Atteso il giudizio di Moody’s sull’Italia, ma nel frattempo l’agenzia di rating mette in guarda l’intera Europa, dicendo che “non è preparata ad affrontare un altro forte rallentamento” che metta alla prova il sistema finanziario, è “più esposta a una nuova eventuale crisi”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL SINDACO MODELLO DI RIACE E’ UN SIMBOLO CHE LA FOGNA RAZZISTA NON PUO’ SOPPORTARE

Ottobre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

UN ESEMPIO DI INTEGRAZIONE IN TUTTO IL MONDO CHE NON PIACE AI CRIMINALI

Immaginiamo Mohamed, appena arrivato dal Senegal, che entra in una bottega del nostro Sud più povero e scalcinato e, per pagare un ipotetico mezzo chilo di frutta o il classico filone di pane quotidiano, estrae dalla tasca un bonus da 20 euro con stampigliato il volto di Che Guevara: chi potrà  mai essere per lui, musulmano costretto a fuggire dal proprio Paese nel tentativo di rifarsi una vita in Europa, quello strano ceffo col sigaro, il basco, la barba e lo sguardo torvo?
Forse non se lo chiede nemmeno. Avrebbe anche potuto estrarre un giovane Gramsci, dello stesso taglio, con una scritta dall’ortografia incerta ma ugualmente evocativa: “Organizzatevi, agitatevi, studiate”.
Poco distante sua moglie, coi bambini attorno, magari sta saldando un altro conto porgendo il foglio intestato a Sacco e Vanzetti, oppure quello dedicato al Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Enrico Berlinguer.
O, perchè no, a Peppino Impastato e Gianluca Congiusta, vittime di mafia, in un tourbillon di spiriti inquieti che continuano a chiederci un’impossibile udienza, la medesima che non ottennero in vita.
In quale altro luogo poteva nascere tutto questo, se non nella Calabria atavica dell’indimenticabile Tommaso Campanella, il grande scrittore cinquecentesco, autore della Città  del Sole, utopia di un popolo comunista che si divide i beni, le donne e i figli, lirica eresia del cristianesimo più ribelle e libertario?
La stessa terra che, fra Stilo e Stignano, diverso tempo fa, quando ci venni proprio seguendo le tracce del poeta e filosofo perseguitato dalla Chiesa che pure scelse, mi aveva mozzato il fiato con il suo mare azzurro, il suo cielo blu, le sue ringhiere arrugginite, le sue terrazze abbandonate, i suoi fichi dindia caduti sull’asfalto granuloso, ora torna a stregarmi, come se, ancora una volta, l’eterna questione meridionale, dolorosamente irrisolta, ci inchiodasse, spalle al muro, alle nostre responsabilità  disattese. Sono sempre lì, lo sappiamo, sebbene buffamente travestiti, i “mali estremi” per combattere i quali il poeta diceva d’essere nato: “Tirannide, sofismi, ipocrisia.”
Devo confessarlo: sono andato a Riace, fra collinette, ulivi e dirupi, con qualche patema d’animo perchè di questo paesino abbarbicato sul monte aspro prospiciente il mar Jonio, là  dove Domenico Lucano, sindaco dal 2004, si è inventato un modello d’accoglienza strepitoso, hanno già  parlato in molti, al punto che Wim Wenders sette anni fa ci girò un documentario intitolato Il volo; a giorni uscirà  in libreria un volume, Mimì Capatosta (Fandango) in cui Tiziana Barillà  ha raccolto una nutrita documentazione al riguardo; la rivista Fortune ha inserito il primo cittadino riacese in una speciale classifica tra le persone più influenti nel mondo; a febbraio verrà  trasmessa una fiction per la Rai con Beppe Fiorello; perfino Al Jazeera si è interessata.
Giudicando dall’esterno, uno magari si potrebbe chiedere: dove sta il trucco? Eppure basta poco a riconoscere chi nella vita ci mette il cuore e chi, al contrario, pensa solo a mantenere gli equilibri.
Da una parte io colloco Mimmo Lucano che, spaparanzato sulla panchina del piazzale davanti al municipio, mi racconta la sua folle avventura; dall’altra i burocrati, chiamiamoli così, che oggi sembrano mettergli i bastoni fra le ruote.
Tutto cominciò nel luglio del 1998 quando una fila di profughi appena sbarcati comparve sul lungomare: sembravano nomadi, invece erano curdi, uomini e donne con bambini che non sapevano dove andare. Mimmo, lui stesso emigrato al nord e poi tornato in Calabria nella speranza di poter cambiare le cose, decise di prenderli in carico: undici di loro se li portò addirittura a casa, uno fra questi si chiama Bairam e adesso ci ascolta annuendo nella calura di fine estate.
L’intuizione fu semplice e clamorosa: Riace, divenuta celebre per la sensazionale scoperta nel 1972 dei Bronzi greci ora conservati nel museo di Reggio Calabria, continuava tuttavia a spopolarsi.
La mancanza di qualsiasi prospettiva spingeva la gente a partire. Le vecchie abitazioni erano state abbandonate dai riacesi per le stesse ragioni che spingevano gli altri disperati a staccarsi dalle loro terre.
Perchè non fare in modo che le dimore degli italiani emigrati, spesso diroccate, ospitassero i nuovi pellegrini? Mimmo s’attaccò al telefono e chiamò i suoi compaesani a New York, Toronto, Sydney. C’era bisogno del loro permesso per entrare nelle case. Nessuno disse di no: questo andrebbe scritto a caratteri cubitali.
Da quel momento cominciò il bello. Come trattenere a Riace le persone che non smettevano di arrivare? E cosa dar da mangiare ai migranti e alla popolazione pronta ad accoglierli?
Nasce così l’idea dei bonus (tagliandi spendibili nei negozi del posto) e delle borse-lavoro (compensi erogati da enti pubblici in cambio di prestazioni d’opera) per ottenere che i profitti restino nella comunità  dando fiato all’economia locale. Esempio virtuoso seguito da molti agglomerati limitrofi (la Rete dei Comuni Solidali). Mimmo rievoca il giorno in cui l’allora prefetto Mario Morcone, oggi sottosegretario agli Interni, gli chiese aiuto per ospitare 400 immigrati. Milano aveva dato la disponibilità  per 20 posti. Riace da sola se ne prese 200. Oggi il paese ospita 600 migranti. I riacesi sono 900. Signori: anche questa è l’Italia!
Il sindaco s’infervora. Me ne racconta tante: l’asilo multietnico, l’ambulatorio medico, la scuola di alfabetizzazione, i laboratori tessili, le botteghe artigiane, il parco attrezzato, le stalle per gli animali.
Eppure c’è in lui una nota triste e sconsolata. Alessio, proprietario del bar di fronte al teatro dipinto coi colori dell’arcobaleno, dove ad agosto si svolge anche un festival, ci porta i panini. Non abbiamo il tempo di mangiarli, dobbiamo andare a vedere la sede della “Città  futura” nel palazzo all’interno del vecchio borgo dove quasi ogni casa è stata ristrutturata.
Dalla terrazza il mare è uno smeraldo lungo la costa dirupata. Ai balconcini s’affacciano donne africane impegnate a stendere la biancheria. Al tavolo Mimmo mi mostra una lettera di papa Francesco che si rivolge a lui chiamandolo «Caro fratello Sindaco».
La serie delle finte banconote è qui davanti a noi: manca solo quella con l’intestazione a don Lorenzo Milani, gli dico scherzando. Lui ride compiaciuto, ma la tristezza non lo abbandona. Da cosa dipende? I finanziamenti in questo momento sono interrotti. Tutto rischia di saltare, anche a causa di attacchi e malevoli insinuazioni. Lui s’affanna in mezzo alle carte per capire dove sarebbe il problema: rendiconti non chiari? anomalie nella gestione dei fondi? necessità  di verifiche da parte della Corte dei Conti?
Sì, dice, ma perchè questi impedimenti emergono soltanto adesso? Riace è diventata un faro nel mondo, utile a scatenare energie preziose anche altrove. Da una parte Mimmo viene invitato a parlare nei consessi più prestigiosi, in ultimo Buenos Aires, per sbandierare il suo modello vincente in un momento storico così difficile e contestato; dall’altra gli chiudono i rubinetti.
«Sono pronto ad abbandonare tutto» esclama con infinita amarezza. Dal 16 agosto è partita una raccolta di firme volta a sostenerlo con circa ventimila importanti adesioni. Ma questo non è sufficiente a fargli ritornare il sorriso.
Andiamo giù in paese, dico a me stesso, che forse è meglio. «Il sindaco è troppo buono», bofonchia Raffaele, davanti al negozietto di prodotti locali.
Arriva anche Biagio che fa la raccolta differenziata porta a porta guidando Rosina e Rosetta, due incredibili asinelle. Entro nella casa di Ousman, somalo costretto a fuggire da Mogadiscio, e poi anche dalla Libia dove s’era rifugiato con moglie e sei figli: «Solo in Italia ho trovato la pace». Fa impressione sentirlo parlare pensando ai nostri trascorsi coloniali proprio nei due Paesi da cui è fuggito.
Ma ancora più emozionante è vedere i suoi bambini fare i compiti: fiduciosi e sorridenti come un’erba selvatica cresciuta fra le antiche pietre. Di sicuro vinceranno loro. Mentre sto ancora riflettendo vado a visitare il più piccolo abitante di Riace: si chiama Gabriel, ha due settimane, dorme sereno nella stanza che hanno appena assegnato a lui e alla sua giovane mamma. Mimmo già  non c’è più: impegnato nel disbrigo di altre faccende. Lo andrò a salutare alla fine prima di tornare all’aeroporto di Lamezia.
Mi manca ancora un tassello che reputo essenziale: voglio sapere cosa lo spinga davvero in quest’impresa politica e sociale.
Quale fiamma alimenti tale passione profetica. È stato lui stesso a dirmi che suo padre, Roberto, ha fatto per tutta la vita il maestro elementare. Vado a trovare l’arzillo novantenne nella casa in cui vive anche Mimmo. Gli chiedo se da bambino ci fosse in lui qualcosa che lasciasse presagire quanto accaduto. L’anziano genitore mi confida che una volta, quando il futuro sindaco aveva solo dieci anni, lo apostrofò, come fa ogni padre, «figlio mio». Ma il ragazzino, con piglio sorprendente, rispose: «Io non sono soltanto tuo». Credo che in questa frase sia racchiuso il segreto di Riace.

(da “La Repubblica”)

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ARRESTANO IL SINDACO DI RIACE PER IL REATO DI UMANITA’, RESTA A PIEDE LIBERO CHI SEQUESTRA LE PERSONE NONOSTANTE IL PERICOLO DI REITERAZIONE DEL REATO

Ottobre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

IL SINDACO DI RIACE AI DOMICILIARI PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, MA LO STESSO GIP SMONTA LE ACCUSE: GESTIONE DISORDINATA MA NESSUNO HA INTASCATO UN CENTESIMO

Il sindaco di Riace, Domenico Lucano, diventato un simbolo dell’accoglienza per i migranti, è stato arrestato dalla guardia di finanza, nell’ambito di un’operazione denominata ‘Xenia’.
Le accuse per Lucano sono favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti, ma sono cadute tutte le più gravi contestazioni inizialmente ipotizzate dalla procura di Locri, fra cui malversazione, truffa ai danni dello Stato e concussione.
La gestione dei fondi — si legge in un passaggio del provvedimento del gip di Locri — è stata magari disordinata, ma non ci sono illeciti e nessuno ha mai intascato un centesimo.
Al sindaco e alla compagna, Tesfahun Lemlem, destinataria di un divieto di dimora, si contesta di aver forzato le procedure per permettere ad alcune ragazze di restare in Italia, attraverso matrimoni di comodo.
Allo stato non è dato sapere quanti siano gli episodi contestati.
Nella nota del procuratore di Locri Luigi D’Alessio, si fa riferimento ad un’unica conversazione durante la quale Lucano parla della possibilità  di far sposare una ragazza nigeriana, cui era stato negato l’asilo, per permetterle di rimanere in Italia.
Se il matrimonio sia stato celebrato   e se e in che misura ci siano altri casi non è dato sapere.
La seconda contestazione mossa al sindaco riguarda invece l’affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti alle due cooperative sociali nate a Riace per dare lavoro a riacesi e migranti.
Per i magistrati, si tratterebbe di un fraudolento affidamento diretto dell’appalto, disposto in deroga alle norme che obbligano ad una gara e a coop non inserite nel registro regionale di settore.
L’inchiesta.
A quanto si è appreso, il provvedimento cautelare è la conseguenza delle indagini coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell’Interno e dalla prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico. L’inchiesta era partita su segnalazione della prefettura di Reggio Calabria, in seguito a un’ispezione conclusasi con esito negativo, tuttavia un secondo controllo, aveva completamente ribaltato l’esito del precedente e si era concluso con una valutazione estremamente positiva, che esaltava il modello Riace.
Al centro delle contestazioni, due strumenti — le borse lavoro e i bonus — con cui in paese si ovviava ai ritardi nell’erogazione dei fondi e si strutturava un modello diverso di accoglienza e integrazione.
Di quelle accuse, si evince dal provvedimento del gip, nel provvedimento cautelare non è rimasto nulla. Ma le indagini della guardia di finanza avrebbero invece portato alla luce le forzature, a detta dei magistrati, fatte da Lucano nella concessione di documenti e nell’affidamento della raccolta rifiuti.
Proteste contro l’arresto di Lucano.
“Cosa si contesta, il reato di umanità ?” scrivono sui social attivisti e semplici cittadini calabresi, sorpresi dalla notizia dell’arresto del sindaco. E contro il provvedimento della procura di Locri si moltiplicano le iniziative di protesta.
Nel pomeriggio a Reggio Calabria è prevista un’assemblea, per decidere modalità  e forme di mobilitazione.
§All’iniziativa, lanciata dalla sezione reggina di Potere al popolo, hanno già  aderito diversi comitati che si occupano di assistenza migranti, le femministe e movimenti antimafia.
Nel frattempo, per sabato prossimo, è stata organizzata una manifestazione a Riace a sostegno di Mimmo Lucano perchè “Riace non si arresta”
Il modello Riace.
A Riace i migranti sono ospitati nelle case disabitate del paese, concesse loro in comodato d’uso gratuito, e i soldi stanziati dal ministero vengono girati a cooperative, di cui fanno parte migranti e riacesi, che danno la possibilità  a profughi e richiedenti asilo di imparare un mestiere tramite ‘borse lavoro’, che assicurano loro un piccolo stipendio.
I ‘bonus’ — una sorta di buoni che possono essere usati negli esercizi commerciali convenzionati — servono invece per consentire agli ospiti del sistema Riace di fare acquisti e provvedere personalmente alla gestione dell’economia domestica.
Nel tempo, di tale sistema, hanno spesso beneficiato non solo profughi e richiedenti asilo inseriti nei progetti Sprar, ma anche molti di loro che, al termine del programma, hanno deciso di rimanere a Riace per costruirsi una nuova vita.
“L’accoglienza e l’integrazione non possono essere a tempo determinato” ha sempre spiegato Mimmo Lucano, spiegando — dati alla mano — come tale sistema abbia permesso al paese di sopravvivere allo spopolamento.Quasi abbandonato dai suoi abitanti originari, Riace è rinato grazie all’accoglienza di profughi e richiedenti asilo. Ospitati nelle case del paese abbandonate dagli originari abitanti, grazie ai fondi per l’accoglienza i migranti hanno ridato vita a laboratori di ceramica e tessitura, bar, panetterie e persino la scuola elementare. È stato avviato un programma di raccolta differenziata con due asinelli che si inerpicano nei vicoli del centro, e il Comune ha assunto mediatori culturali “che altrimenti avrebbero dovuto cercare lavoro altrove “.
L’appello di Saviano.
Il modello — sottolineava la rivista statunitense Fortune quando ha inserito il sindaco di Riace fra i 30 uomini più importanti del mondo “che ha messo contro Lucano la mafia e lo Stato, ma è stato studiato come possibile soluzione alla crisi dei rifugiati in Europa”. A sostegno di Lucano e soprattutto del progetto di accoglienza di Riace, che mette insieme l’obiettivo dell’integrazione e l’esigenza di salvare il paese dallo spopolamento si era schierato apertamente anche lo scrittore Roberto Saviano con un appello su Repubblica.
Lo sciopero della fame.
Divenuto un modello internazionale, il sistema Riace ha iniziato ad entrare in affanno quando il trasferimento dei fondi è stato bloccato. Per difendere la sua comunità , Lucano ha protestato, inviato missive alla prefettura, ai ministeri competenti e persino al Papa, e nell’agosto scorso ha iniziato persino uno sciopero della fame a staffetta con padre Zanotelli e la sua comunità .
Accanto a Riace si è schierata una comunità  larga di associazioni come Libera, comitati, intellettuali, giuristi, attori, ma soprattutto cittadini. Nella sua battaglia per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, Lucano è entrato spesso in polemica anche con il ministro dell’Interno, Matteo Salvini che in giugno lo aveva definito “uno zero”. E che ora, non aspettando l’esito delle indagini, torna a commentare: “Accidenti – scrive in un tweet – , chissà  cosa diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’Italia di immigrati!”.
Le reazioni.
In difesa del sindaco di Riace interviene l’attore, Beppe Fiorello che su Twitter scrive: “Mimmo Lucano, crederò in te più di prima. Qualcuno si porterà  sulla coscienza la vita di un uomo straordinario, io lo so che Mimmo non sopporterà  questa vergogna, ora cerco parole per difenderlo ma mi rendo conto che non va più difeso, va amato come lui ama il prossimo”.
Commenta l’arresto anche Alessandro Gassmann: #MimmoLucano favoreggiamento all’integrazione #stayhuman”.

(da agenzie)

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AQUARIUS FA ROTTA VERSO MARSIGLIA SENZA BANDIERA, DOPO LE MANOVRE DEI BANDITI CHE GLIEL’HANNO SOTTRATTA FACENDO PRESSIONI INDEGNE SU PANAMA

Ottobre 2nd, 2018 Riccardo Fucile

APPELLO DELL’ONU: “L’EUROPA NON PERDA LA SUA UMANITA'”… PORTOGALLO E SVIZZERA SAREBBERO DISPONIBILI

In navigazione verso Marsiglia e alla ricerca di un bandiera per rimanere in mare, dopo che Panama ha annunciato di voler ritirare la registrazione.
Con il passare delle ore diventa più concreta l’ipotesi che anche Aquarius, la nave della ong SOS Mediterranèe e di Medici Senza Frontiere, unica imbarcazione non militare attualmente operativa nelle operazioni di ricerca e soccorso dei migranti nel Mediterraneo centrale, si debba fermare, dopo l’ultimo salvataggio che ha portato allo sbarco di 58 migranti a Malta che saranno accolti da Francia, Spagna, Germania e Portogallo.
Tre infatti gli scenari che si prospettano.
Il primo, meno probabile, è che il governo di Panama ritorni sui suoi passi. Al momento infatti Aquarius batte ancora bandiera panamense ma solo per rientrare in porto.
«E’ come un’automobile che non ha superato la revisione cui viene dato il permesso di tornare in garage», spiega al Corriere Marco Bertotto, responsabile dell’Advocacy di Msf.
Da SOS Mediterranèe fanno notare poi come sia la politica e non la burocrazia a ostacolare l’operato della nave.
Se infatti tutti i 17 certificati richiesti sono in regola e se è una decisione dell’armatore rivolgersi a Panama per la registrazione, Stato in cui per altro sono registrate la maggior parte delle navi commerciali, pare improbabile che le autorità  panamensi facciano dietrofront.
Che fare dunque? L’opzione di trasformare Aquarius in una nave fantasma non è sul tavolo.
Per Frèdèric Penard, direttore delle operazioni SOS Mediterranèe, «la nave deve avere una bandiera per poter operare». Tanto più che il contesto delicato in cui si trova a dover agire, quale è la zona Sar libica.
L’idea dunque è che uno Stato europeo si faccia avanti per offrire il suo aiuto e una nuova registrazione.
Trovare un accordo però non è facile, tanto più se si considera che le tasse per le registrazioni delle navi variano da Paese e Paese.
Una nuova bandiera rischierebbe dunque di alzare notevolmente i costi, già  alti – si parla in media di 11 mila euro al giorno al giorno – per le missioni.
E se dichiarazioni di intenti sono arrivate da Portogallo e Svizzera che si sono dette disponibili, per il momento però non c’è nulla di fatto.
Inoltre, anche nel caso in cui uno Stato europeo risponda positivamente, sono necessari i tempi tecnici per avviare una nuova registrazione.
Facile dunque che la nave debba subire uno stop, almeno temporaneo.
La terza ipotesi è infine che Aquarius si fermi del tutto, andando ad azzerare le operazioni di ricerca e soccorso non militari (al momento l’unica imbarcazione sulla rotta del Mediterraneo Centrale è l’Astral, veliero della ong spagnola Open Arms che si occupa però solo di attività  di osservazione e monitoraggio).
Lo stop definitivo dunque è sul tavolo. Ma, come prevedibile, le ong e parte della società  civile fanno di tutto per scongiurare questo scenario.
Non a caso infatti sia Sos che Msf hanno convocato settimana scorsa una conferenza stampa a Roma con l’obiettivo di lanciare un appello alle istituzioni europee e hanno organizzato una manifestazione in calendario per il 6 ottobre.

(da “il Corriere della Sera”)

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LA GIORNATA DA VASO DI COCCIO DI DON ABBONDIO TRIA

Ottobre 1st, 2018 Riccardo Fucile

STRETTO FRA LA STRONCATURA UE E L’ARROGANZA DI SALVINI E DI MAIO…CON UN DEF ANCORA DA SCRIVERE E LA PROPOSTA DI NUOVE CLAUSOLE

Sull’aereo che in tarda serata lo riporta con urgenza a Roma dopo la riunione dell’Eurogruppo a Lussemburgo, il ministro dell’Economia Giovanni Tria porta con sè il biglietto e un bagaglio.
È l’eredità , gravosa, di una giornata sotto pressione. Una giornata da vaso di coccio tra tensioni che hanno attraversato tre piani differenti: l’Europa – che ha stroncato la decisione di portare il deficit al 2,4% – i mercati, con lo spread schizzato a 282 punti, e le rivendicazioni di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che non mollano la presa sull’impianto della manovra per incassare il superamento della Fornero e il reddito di cittadinanza.
E lui, il ministro che un mese fa aveva promesso ai suoi colleghi di tenere i conti sotto controllo, punto di caduta di una fibrillazione crescente e con la preoccupazione di una Nota di aggiornamento tutta da scrivere perchè, ad oggi, ancora piena di spazi bianchi.
Un biglietto e un bagaglio si diceva.
Sul biglietto, Tria ha impresso la difesa della linea del 2,4 per cento. “Il deficit al 2,4% – ha detto al termine dell’Eurogruppo – è un numero che non corrisponde esattamente ad alcune regole europee ma fa parte della normale dinamica europea: è sempre accaduto a molti Paesi nel corso degli ultimi decenni, se andiamo a vedere il numero di Paesi che sono in regola con tutte le regole europee sono pochissimi”.
Il bagaglio ha invece una targhetta e la voce “destinatario” recita Salvini e Di Maio. Per Tria toccherà  a loro – è il ragionamento ricostruito da alcune fonti di governo – lavorare a testa bassa per trovare la corrispondenza tra le misure pretese e i saldi della Nota di aggiornamento al Def.
Tria è arrivato a Lussemburgo con un bagaglio altrettanto pesante. Dentro c’era la forzatura del deficit imposta dai due vicepremier e una Nota di aggiornamento al Def di fatto senza numeri. Non solo.
I minuti che hanno accompagnato la sua entrata alla riunione dell’Eurogruppo sono stati gli stessi minuti che hanno registrato una scossa pesantissima sui mercati, con Piazza Affari in affanno e lo spread in rampa di lancio per sfondare quota 280, chiudendo poi a 282.
È metà  pomeriggio ed è il momento più drammatico e debole di una giornata che si prospetta ancora lunga.
È qui che matura la decisione di rientrare prima in Italia, annullando la partecipazione all’Ecofin di domani: il lavoro da fare sul Def è ancora in alto mare, le opposizioni insorgono, gli investitori mostrano tutto il loro nervosismo per l’incertezza sui dettagli della manovra.
Lo spread a due anni sale di circa 30 punti. Meglio ritornare in Italia e provare a mettere i numeri in fila. Dall’Italia, inoltre, Di Maio e Salvini rilasciano dichiarazioni continue per ribadire che il 2,4% non si tocca.
Prima – ed è il cuore della sua missione – c’è però da spiegare all’Europa perchè un mese fa si era impegnato a portare il deficit al massimo all’1,6% e ora si vuole salire fino al 2,4%, tra l’altro per tre anni.
A margine dell’Eurogruppo, Tria incontra i due guardiani dei conti, il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici e il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis.
Dopo lo strappo che si è consumato con la Nota di aggiornamento al Def, Tria ha dovuto costruire una motivazione che potesse reggere, quantomeno nelle intenzioni. L’ha spiegata ieri in un’intervista al Sole 24 ore con questo ragionamento e l’ha ribadita oggi: “La crescita tendenziale, a legislazione vigente, per l’anno prossimo sarebbe dello 0,9%, contro l’1,4% previsto prima. Questo porta il disavanzo 2019, sempre in termini tendenziali, all’1,2%. Questo deficit includeva un aumento dell’Iva da 12,5 miliardi, che il governo ha ribadito fin dall’inizio di voler bloccare. In altri termini già  per 2019 l’eredità  effettiva lasciata, nelle nuove condizioni economiche, era di un deficit già  sostanzialmente vicino al 2 per cento”.
E considerando che lo 0,2% del Pil sarà  riservato, nelle intenzioni del governo, agli investimenti, ecco che lo sforzo aggiuntivo chiesto all’Europa si riduce ad appena lo 0,2%, circa 3,5 miliardi.
A questo ragionamento, Tria ha aggiunto quello sulla crescita: se il meccanismo pensato dal governo non porterà  a un rafforzamento del Pil allora entrerà  in azione il piano di riserva, cioè contenere il rialzo del deficit con la revisione della spesa.
In altre parole con i tagli.
È il tentativo di normalizzare quello che va oltre le regole, cioè il 2,4%. Tria ha sulle spalle il peso del mediatore che deve difendere gli interessi nazionali.
Ma sul volo per Roma è il momento di tirare fuori il bagaglio.
È ingombrante e il peso è quello di una difficoltà  che domani sarà  ancora in scena dentro le stanze del governo.

(da “Huffingtonpost”)

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MATTARELLA RICEVE CONTE: “VI RENDETE CONTO DI QUELLO CHE STA ACCADENDO?”

Ottobre 1st, 2018 Riccardo Fucile

PRESSING DEL QUIRINALE SUL GOVERNO DEI LADRI DEI RISPARMI DEGLI ITALIANI… MA CHI LAVORA PER DISTRUGGERE L’EUROPA AL SERVIZIO DI POTENZE STRANIERE SE NE FREGA DEL DESTINO DEL POPOLO ITALIANO

L’incontro dà  il senso della delicatezza del momento. Giuseppe Conte sale al Colle. Proprio nel giorno in cui, di fatto, l’Europa boccia il Def gialloverde perchè un aumento del deficit su spesa improduttiva (non per investimenti) fa lievitare il debito. E mentre lo spread sale ancora sui mercati, oltre la soglia raggiunta nel venerdì nero. Ancor più preoccupante l’allargarsi dello spread a due anni, che fotografa le maggiori incertezze degli investitori verso l’Italia nel prossimo futuro: in questo caso il differenziale sale di una trentina di punti.
È la fotografia di un nuovo “caso Italia”.
§Di un incendio destinato a divampare, se qualcuno non indosserà  i panni del pompiere. Anche perchè, i pochi pompieri che c’erano, come nel caso del ministro dell’Economia sono stati inchiodati alla logica del gran falò dei conti pubblici.
Non c’è da stupirsi se, in questo quadro, Sergio Mattarella si è sentito in dovere di chiedere, nel corso del colloquio col premier, se si ha la consapevolezza di quel che sta accadendo.
Conte fa sapere in una nota che “si è trattato di un proficuo scambio svoltosi in un clima sereno e costruttivo”.
Sia come sia, il senso è di un garbato pressing del Quirinale perchè c’è ancora tempo affinchè prevalga la ragionevolezza.
O meglio affinchè il premier si faccia interprete, di questa ragionevolezza. Non è dato sapere quanto Mattarella confidi il questa eventualità , leggendo baldanzose dichiarazioni di giornata di Di Maio sull’Unione europea che “gioca a fare terrorismo sui mercati”, o sull’irrinunciabilità  a fare spesa in deficit.
Dichiarazioni rilasciate, e non è un dettaglio, dopo che è uscita la notizia dell’incontro al Quirinale del presidente del Consiglio.
Parole che alimentano il timore, nei vertici delle istituzioni, che proprio la manovra, rappresenti il terreno consapevole dell’innesco di un conflitto con l’Europa, teorizzato, voluto e perseguito dai teorici del cosiddetto “piano B”.
Tutti gli elementi portano a dire che, su questo dossier, Di Maio abbia consapevolmente messo nel conto un conflitto anche istituzionale, come ai tempi dell’impeachment e dalla linea di sfida al Quirinale in nome di Paolo Savona, il teorico, appunto, del “piano B”.
È chiaro, però, che compito di un capo dello Stato è comunque di tutelare l’interesse nazionale, nei limiti dei propri poteri e delle proprie prerogative.
E che, in questo iter lungo e complicato, non si limiterà  al ruolo di spettatore, come ha fatto capire solo un paio di giorni fa nel suo primo “monito” in materia di conti pubblici.
È presto per porsi, sin da ora, la fatidica domanda: “Mattarella firmerà  una manovra che mantiene questo livello di deficit, in un aperto conflitto con l’Europa e dopo settimane di inferno sui mercati?”.
Però non è presto constatare che, in questa fase, c’è un certo attivismo presidenziale, anche in termini della più classica moral suasion.
Perchè, evidentemente, al Colle nessuno vuole passare alla storia come complice del default nazionale.
Parliamoci chiaro, il rischio c’è. I mercati hanno dato i primi segnali di fibrillazione, ma sono in chiara “attesa speculativa”, finchè non saranno resi noti i numeri della manovra.
Non c’è un solo operatore finanziario e un solo economista di rilievo a non aver spiegato che questo Def è solo una misura elettorale, fatta di spesa corrente, e non di investimenti per creare lavoro.
Più debito, in un paese che già  ha un debito altissimo e proprio del momento in cui si sta chiudendo l’ombrello della Bce. La classica tempesta perfetta.
La domanda, a fine giornata, rimbalza nelle conversazioni informali di chi è di casa al Colle: “Conte che pure ha capito quale è la posta in gioco, avrà  la forza di spiegarlo a Salvini e Di Maio?”.
E la risposta non tarda ad arrivare, purtroppo per Mattarella. Fonti di Palazzo Chigi infatti spengono qualsiasi speranza e mostrano come il premier sia allineato e coperto sulle posizioni di Di Maio e Salvini: “Conte ha ribadito la bontà  della manovra economica a cui il governo sta lavorando, ribadendo anche che l’impostazione del Def non è in discussione, incluso il rapporto deficit/Pil al 2,4%”. Punto.

(da “Huffingtonpost”)

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BOCCIATO E RIMANDATO A CASA: TRIA ANTICIPA IL RIENTRO PER RIFARE I CONTI

Ottobre 1st, 2018 Riccardo Fucile

MOSCOVICI: “NON E’ LUI CHE HA SCELTO QUESTA DIREZIONE”…”IL 2,4% NON E’ CREDIBILE”

Italia bocciata. La manovra economica con un deficit del 2,4 per cento del pil per i prossimi tre anni non passa la prova dell’Eurogruppo.
Oggi la riunione a Lussemburgo, a pochi giorni dall’approvazione della nota di aggiornamento al Def da parte del governo italiano. Il ministro del Tesoro Giovanni Tria si presenta ancora senza dati, senza dettagli.
Ma trova subito tanta preoccupazione e un disco rosso: il 2,4 per cento non va, gli spiegano il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis e il commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici in un incontro a margine del vertice lussemburghese.
Subito dopo, il ministro del Tesoro riparte: a sorpresa torna a Roma, anticipa il rientro per rifare i conti. Più precisamente, per svolgere la mission che gli affida l’Europa: convincere il governo a “tornare indietro”.
Perchè all’Eurogruppo non se la prendono con Tria. “Non è lui che vuole andare in questa direzione”, dice chiaramente Moscovici in conferenza stampa.
Prima di Moscovici, anche il presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno ‘salva’ Tria dalla tempesta di “dubbi e interrogativi” che in Europa avvolgono gli annunci italiani sulla legge di bilancio.
Lo sanno che Tria non avrebbe voluto portare il deficit ad una soglia così elevata e per giunta per tre anni. Sanno che è uscito sconfitto dal braccio di ferro con Luigi Di Maio (soprattutto con lui) e Matteo Salvini (che però con il suo luogotenente Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, esprime una linea più prudente, aprendo a modifiche alla manovra).
No, all’Eurogruppo l’imputato non è Tria bensì il governo gialloverde e il premier Giuseppe Conte, atteso a Bruxelles per il consiglio europeo del 18 ottobre. Considerato che il 15 ottobre, Roma dovrà  presentare la manovra nel dettaglio, il consiglio Ue sarà  la prima occasione utile per chiederne conto.
Ma fino al 15 ottobre i partner europei sperano che il governo italiano cambi idea. Insomma si sforzano di non considerare definitivi gli annunci fatti dopo l’approvazione della nota di aggiornamento del Def in consiglio dei ministri lo scorso giovedì sera.
Non li considerano ‘credibili’, la peggiore delle accuse.
Ecco le parole di Centeno: “Aspettiamo ancora i dati, ma oggi abbiamo avuto un dialogo con Tria. Siamo tutti consapevoli di ciò che è in ballo: siamo tutti legati all’euro. E ora sta all’Italia presentare una legge di bilancio credibile e sostenibile…”. Un deficit al 2,4 per cento del pil fino al 2021 “il governo italiano sa bene che cosa significa ed è una responsabilità  che si assume — dice Moscovici – Spero che il governo sia franco con il popolo italiano delle conseguenze: aumentare la spesa pubblica può condurre ad un guadagno politico ed economico di breve termine. Non per il ministro delle Finanze, non è lui che spinge: ma alla fine, chi paga il conto?”.
E allora Tria proverà  a forzare. “La posizione della Commissione è chiara, tenteremo di convincere l’Italia a tornare indietro”, aggiunge Moscovici. Ne va della “fiducia nella zona euro”.
“La Commissione vuole essere in grado di visionare i documenti e questo accadrà  alla metà  di ottobre — dice Dombrovskis – ma la nostra valutazione riguardo a quello che emerge fino ad ora è che il piano italiano non sia compatibile con il Patto di stabilità “.
La manovra italiana non era nemmeno all’ordine del giorno dell’Eurogruppo di oggi. Eppure il tema diventa centrale, a dimostrazione di quanta preoccupazione abbia sollevato tra le Cancellerie dell’Unione.
Quel 2,4 per cento è l’incubo dei colloqui tra i leader, l’epicentro delle domande ai leader da parte della stampa: anche la stampa straniera chiede del Belpaese.
Tanto che durante la conferenza stampa viene fatta esplicita richiesta di cambiare argomento: stop alle domande sull’Italia, troppe, Centeno e Moscovici hanno detto tutto quello che potevano dire.
Ora aspettano i dati, aspettano di capire come si evolveranno “i negoziati ancora in corso a Roma”, azzarda il presidente portoghese lasciando intendere di una dinamica interna al governo italiano che evidentemente ancora non ha espresso l’ultima parola. O per lo meno, quella espressa finora in Europa, non viene presa sul serio.

(da “Huffingtonpost”)

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“ECCO I 17 MILIARDI DI COPERTURE PER IL REDDITO DI CITTADINANZA”: MA ORA CHE E’ AL GOVERNO I SOLDI NON CI SONO PIU’

Ottobre 1st, 2018 Riccardo Fucile

QUANDO I BALLISTI DICEVANO DI AVERE I SOLDI “CERTIFICATI UNO A UNO” MENTRE ORA FANNO DEFICIT

“Il Movimento 5 stelle ha trovato le coperture per il reddito di cittadinanza. Leggi qui!”.
Sono decine i post del blog di Beppe Grillo – quando ancora era l’organo ufficiale – che rimandano a un articolo di fine aprile 2015 che elenca tutte le risorse che sarebbero state dirottate per finanziare la madre di tutte le proposte stellate.
Peccato che le coperture che dall’opposizione M5s definiva “certificate una ad una”, al contrario “dei numeri di aria fritta sulla crescita del Pil o della disoccupazione forniti a giorni alterni dal governo” (all’epoca a Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi) ora che sono al governo non ci siano più. E che gran parte del reddito verrà  finanziato in deficit.
Parole paradossali da leggere oggi.
Sia per le critiche rivolte all’esecutivo di allora, sia per il braccio di ferro condotto all’interno dell’attuale governo sulla necessità  di finanziare le spese in deficit, fino a forzare il 2,4% di rapporto deficit/Pil oggi sostanzialmente bocciato dall’Europa.
Quei 17 miliardi messi nero su bianco quando il Movimento era all’opposizione, ora che il Movimento è al governo si sono dissolti come neve al sole.
Ecco il dettaglio delle spese a questo punto soltanto immaginate dai 5 stelle quando pensarsi al governo non era niente di più che un gioco di ruolo.
Si trovano 5 miliardi di tagli di spese della Pubblica amministrazione, 2,5 miliardi di spese militari, 2,5 miliardi dall’aumento dei canoni per attività  di ricerca sugli idrocarburi, 900 milioni dall’aumento di entrate a carico dei bilanci di banche e assicurazioni, 800 milioni dal taglio di auto blu delle aziende ospedaliere, 700 milioni dalle pensioni d’oro, 600 milioni dalla tassazione del gioco d’azzardo, 600 milioni dall’8 per mille dell’Irpef non destinato, 400 milioni dalla soppressione di enti inutili, 300 milioni dal taglio delle consulenze della Pa, 299 milioni dall’abolizione dei fondi della social card, 140 milioni dall’aumento del canone per i concessionari autostradali, 100 milioni dal taglio delle auto blu, 100 milioni dalla riduzione degli affitti della Pa, 100 milioni dall’Imu alla Chiesa, 62 milioni dai tagli di dotazione degli organi costituzionali, 60 milioni dalla riduzione delle indennità  parlamentari, 51 milioni dal taglio dei fondi per l’editoria, 45 milioni dal taglio del finanziamento ai partiti, 40 milioni dal divieto di cumulo delle pensioni, 5 milioni dall’eliminazione del contributo statale per le intercettazioni, 1 miliardo fra tagli delle spese militari, movimenti politici e Banca d’Italia.
Una lista della spesa smarrita una volta entrati nella stanza dei bottoni. Quei soldi, la gran parte di essi almeno, verranno trovati in deficit.
Con buona pace dei “certificatori” delle coperture.

(da “Huffingtonpost”)

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IL GIALLO DEL DECRETO SICUREZZA, ARRIVA AL COLLE CON UNA MODIFICA, CAMBIATO L’ARTICOLO SULLO STOP ALL’ASILO

Ottobre 1st, 2018 Riccardo Fucile

NON PIU’ SOSPENSIONE AUTOMATICA IN CASO DI CONDANNA MA VALUTAZIONE DA PARTE DELLA COMMISSIONE… ERA UNO DEGLI ASPETTI INCOSTITUZIONALI, SALVINI HA DOVUTO CAMBIARLA SU INTERVENTO DI MATTARELLA

La “sospensione del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale” è diventata “procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”.
E a cambiare non è solo il titolo dell’articolo 10 del   decreto sicurezza (anche detto decreto Salvini), approvato il 24 settembre scorso dopo un tormentato consiglio dei ministri durato tre ore e rimasto nella memoria anche per una foto del premier e del ministro dell’Interno con un cartello in mano.
Il testo non era ancora arrivato al Colle. Oggetto di molte critiche e dubbi di costituzionalità . Oggi si scopre che ci sono state modifiche importanti rispetto a quella versione.   Ed è un giallo perchè il Viminale nega che vi siano state modifiche dopo il 24 settembre.
Ma basta paragonare il testo uscito dal Consiglio dei ministri e quello diffuso oggi per verificare che l’articolo 10, quello che norma lo stop alla protezione internazionale a migranti che siano stati condannati, anche solo in primo grado, per una serie di reati, è stato “ammorbidito” probabilmente per evitare quelle obiezioni di incostituzionalità  che avrebbero potuto pregiudicare la firma da parte del presidente della Repubblica.
E dunque, se prima era prevista la sospensione della domanda di asilo e l’espulsione, dopo la condanna in primo grado, ora c’è un’accelerazione dell’esame davanti alla Commissione territoriale.
Recita il nuovo testo: “Quando il richiedente asilo è sottoposto a procedimento penale ovvero è stato condannato anche con sentenza non definitiva, il questore ne dà  tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale competente che provvede nell’immediatezza all’audizione dell’interessato e adotta contestuale decisione”. Dunque nessun automatismo nella sospensione del procedimento per il riconoscimento della protezione ma una valutazione della Commissione dopo l’audizione del migrante interessato.
Ma il Viminale afferma che le modifiche sono state apportate prima del Consiglio dei ministri del 24
E poi c’è una modifica sollecitata dal Mef, come ammette lo stesso Viminale. “Verrà  apportata una piccola modifica alla clausola finanziaria richiesta dal Ministero dell’Economia per la bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato”.
Nel testo definitivo, in diversi articoli, compare infatti la dicitura: “dall’attuazione delle disposizioni…non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Resta da capire come, visto che il provvedimento prevede un raddoppio dei tempi di presenza nei centri di permanenza.
Dal Colle già  nelle scorse settimane erano arrivate osservazioni sulla legittimità  di alcune misure. “Il decreto verrà  inviato al Colle un’ora dopo quello su Genova”, aveva detto Salvini nei giorni scorsi. Evidentemente la gestione del testo è stata più lunga e complessa del previsto. I dubbi, in realtà , riguardavano l’intero impianto normativo. Ora bisognerà  capire se le modifiche normative apportate saranno ritenute sufficienti per ottenere la controfirma e la promulgazione del testo.
Di sicuro anche di questo – oltre che di manovra – si è parlato nell’incontro tra il premier Conte e il presidente Mattarella al Quirinale. A dirlo è stato, alla fine, lo stesso presidente del Consiglio.

(da “La Repubblica”)

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