Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
IL 55% DEGLI ELETTORI DELLA LEGA VUOLE CHE’ SIRI SI DIMETTA (SOLO PER IL 35% DEVE RESTARE), IL 61% VUOLE RESTARE IN EUROPA (SOLO IL 26% VUOLE USCIRE), IL 53% BOCCIA SALVINI SUL 25 APRILE (SOLO IL 32% LO APPROVA)
La popolarità del governo è scesa dal 59% del giugno 2018 al 43% di oggi, come registra l’ultimo sondaggio realizzato dall’Istituto Ixè per HuffPost.
Ne fanno, invece, maggiormente le spese il Premier Conte (la cui fiducia scende di due punti, portandosi al 47%), e soprattutto i due vicepremier, che perdono entrambi 3 punti.
C’è una novità : la ridotta condivisione, rilevata nell’elettorato, di alcune delle recenti posizioni di Salvini.
Sulla ‘vicenda Siri’, infatti, sei italiani su dieci si dichiarano a favore delle dimissioni del Sottosegretario e anche nell’elettorato leghista è minoritaria la posizione in merito espressa da Salvini.
La scelta, poi, di disertare le recenti celebrazioni del 25 aprile è apprezzata solo da un elettore su quattro, mentre il 57% la giudica sbagliata, coerentemente con l’idea, prevalente tra gli italiani, che i valori della resistenza mantengano pienamente la loro attualità .
Su questi temi, seppure nel centro destra ci siano ampie aperture, non sono per nulla marginali le critiche (un terzo dell’elettorato leghista non ha condiviso la decisione di Salvini).
Pensando poi a uno dei cavalli di battaglia, sul fronte economico (peraltro l’ambito che sta più a cuore agli italiani, in termini di priorità assegnate al governo, molto più dei temi della sicurezza e dell’immigrazione), si conferma la distonia tra le posizioni anti-Euro sostenute dalla Lega —più in campagna elettorale che in questa fase a dire il vero— e l’opinione pubblica: la nettissima maggioranza del Paese (71%) vuole restare nella moneta unica e solo il 17% voterebbe per l’uscita in un eventuale referendum.
E’ iniziata una lenta erosione degli elettori anche per la Lega, evidenziata dai sondaggi dell’ultimo mese: se non è stata ancora più marcata è forse perchè in questa fase non si delineano ancora, nel panorama politico, alternative particolarmente nitide, ovunque si guardi.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
CACCIARI: “NIENTE DI PIU’ DISTANTE”…. LA POESIA, L’ARTE, LA TRADIZIONE, L’ANTICAPITALISMO DI POUND: DISTANTE MILLE ANNI LUCE DAL FASCISMO DA AVANSPETTACOLO
Più che agli stand, ci sarebbe da pensare alla poesia.
In questi giorni di polemica sulla casa editrice vicina a CasaPound al Salone del libro di Torino, AltaForte, si è perpetuato uno sfregio: quello di associare i sedicenti fascisti del terzo millennio al nome di un enorme figura come quella di Ezra Pound, il cui nome è stato rapito e sequestrato da un’organizzazione politica che a Pound si richiama, ma che con la sua opera ha poco a che fare.
”È del tutto evidente — dice all’HuffPost il filosofo Massimo Cacciari — che non c’è niente di più lontano dallo spirito poetico di Ezra Pound che gli slogan, le pratiche e i simboli nazionalistici di un gruppo di poveretti come CasaPound”.
Poeta, saggista, critico, Ezra Pound era americano. Arrivò in Italia a metà degli anni venti e si stabilì a Rapallo.
Pensò che la sua visione del mondo tradizionalistica, che mescolava l’etica confuciana al pensiero democratico di Jefferson, risuonasse nel fascismo di Benito Mussolini.
In un primo tempo, simpatizzò con il movimento. Poi, sostenne il regime durante la Seconda guerra mondiale. Infine, avanzò delle critiche, senza rinnegarlo mai.
Tuttavia, “il suo fascismo non è il fascismo di CasaPound”, spiega Cacciari. “Pound credette di vedere in Mussolini e nella mitologia dell’antichità fascista la possibilità di realizzare la sua visione del mondo anti capitalistica. Commise un grande errore. Grande quanto la sua mente. Però basta aprire a caso una pagina dei suoi libri per capire immediatamente di essere di fronte a un universo che è agli antipodi dal mondicino di quei miserabili che fanno il saluto romano il 25 aprile”.
A libro, libro e mezzo. A CasaPound, Ezra Pound. Forse potrebbe essere questo un modo non schematico, meno prevedibile, per indebolire la presenza simbolica al Salone del libro degli editori che si richiamano al fascismo: leggere, scoprire, avvicinare, interrogare, ammirare, decifrare criticamente un autore che i casapoundiani hanno ridotto a simbolo, a logo del fascismo della modernità .
Perchè chissà se oggi un adolescente potrebbe aprire i suoi Canti Pisani e innamorarsene come se ne innamorò Massimo Cacciari quando lo scoprì in una collana di poesia di Lerici, senza che sul suo nome ci fosse ancora l’ombra di questa associazione indebita e, soprattutto, abusiva, come da anni va ripetendo la figlia di Ezra Pound, Mary de Rachewiltz, che ancora non si è rassegnata al fatto che suo padre sia stato schiacciato nella memoria alla vicinanza con questo partito.
“La prima cosa che ho publicato è stato proprio un omaggio a Pound, nella rivista che facevamo con Cesare de Michelis, Angelus Novus″, ricorda Cacciari. “Era la traduzione di una poesia, con un mio commento a fianco”.
Cacciari era già un militante della sinistra, all’epoca. “Eppure, nessuno di noi si sognava di confondere le idee politiche di Pound con la sua opera poetica, nè con le sue idee filosofiche”.
Scrisse Pier Paolo Pasolini, che lo adorava, fino ad andare a incontrarlo nella sua casa di Calle Querina, a Venezia, quando erano già vent’anni che Pound era rintanato lì senza dire una parola, che “Ezra Pound non è potuto divenire mai, esplicitamente, appannaggio delle Destre: la sua altissima cultura l’ha preservato da una strumentalizzazione sfacciata”
E perciò sorprende — come dice all’HuffPost Massimo Bacigalupo, anglista, curatore di una nuova
traduzione dei trenta Cantos per Guanda — che oggi sembra che “l’unico fascista rimasto, in Italia, sia proprio Pound, per colpa di un asservimento a una causa politica che non è la sua”.
Uso che certo non ha impedito che lo si pubblicasse ancora con case editrici importanti, alimentandone gli studi e l’attenzione, al punto che di recente un filosofo come Giorgio Agamben ha curato per Neri Pozza una raccolta di suoi scritti, Dal naufragio di Europa, introducendola con un suo saggio.
Però, segnala Bacigalupo, che “oggi i libri di Pound in certe librerie sono guardati con sospetto, se non in certi casi addirittura ostracizzati, per uno sfruttamento politico che ha danneggiato l’immagine di Pound”.
E allora più che disertare il Salone del Libro, per non rischiare di trovarsi vicino ai libri di CasaPound, si potrebbe andare al Salone del libro alla ricerca, invece, dei libri di Ezra Pound
“Quello che veramente ami — dice Pound in un suo verso — non ti sarà strappato”.
È il salone del Libro la vera casa di Pound.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
ENNESIMO ABUSO DI POTERE DOPO LA RICHIESTA DI SEQUESTRARE IL CELLULARE A UNA RAGAZZA E ALL’AGGRESSIONE DI UN FANS DI SALVINI A UNA GIOVANE… SE QUALCUNO PENSA DI RIMANERE IMPUNITO SI RICORDI LA DIAZ, LA RUOTA GIRA
“Questa Lega è una vergogna”. È lo striscione appeso ieri dalle finestre di un appartamento di Salerno, a pochi metri dalla piazza dove si sarebbe tenuto il comizio di Matteo Salvini.
Solo che a casa della donna sono entrati dei poliziotti raccomandando di toglierlo per non incorrere in presunti problemi con la giustizia. Tanto che la signora alla fine ha fatto sparire tutto. Questo il caso raccontato dall’Osservatorio repressione: “Si tratta di un episodio gravissimo e senza precedenti”, è la denuncia.
Sempre a Salerno, nel post-comizio del leader della Lega, una ragazza ha chiesto provocatoriamente a Salvini un selfie (“non siamo più terroni di merda?”, ha detto) e il ministro di tutta risposta ha chiesto di cancellare il filmato dal cellulare, fino all’intervento delle forze dell’ordine.
Il telefonino è stato sequestrato, poi restituito. Mentre il video che riprendeva la scena è finito in rete. Sul caso Matteo Renzi annuncia un’interrogazione parlamentare: “Come si vede dal video questa storia dei selfie sta sfuggendo di mano a Salvini. Ma questo è un problema suo. Noi abbiamo un problema più grande, di natura istituzionale: a che titolo un leader politico può chiedere di sequestrare un telefonino?”.
Il Pd si muove anche alla Camera: “Interverremo con un’interrogazione – dice Emanuele Fiano – per sapere chi dia a Salvini il potere di far cancellare un video e di far requisire un telefonino. Quale ipotesi di reato della ragazza ha fatto scattare i provvedimenti? Ci chiediamo se la legge sia ancora uguale per tutti”.
Anche ad Avellino, altra tappa del tour elettorale del ministro, ci sono stati problemi. Un fan di Salvini – occhiali da sole neri e giubbotto anch’esso scuro – ha tentato di aggredire con pugni e poi minacce una ragazza che stava contestando il ministro dell’Interno. “Te ne devi andare, ti prendo a schiaffi”, ha gridato più volte l’uomo.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
DONA L’INDENNIZZO DEL MINISTERO DEGLI INTERNI ALLA MARE IONIO
Sorride Massimo Costantini, perchè, seppur a 18 anni di distanza, dice di essere riuscito, come un piccolo frammento della grande Storia, a dare un senso compiuto e concreto alle ragioni della protesta di quella stagione, quella della scritta “Voi G8 noi 6 miliardi” sulle magliette bianche poi macchiate dal sangue della Diaz e di Bolzaneto
Costantini, 62 anni, oggi è il direttore scientifico dell’Istituto Tumori di Reggio Emilia, una delle eccellenze della sanità italiane, nonchè visiting professor al Palliative Care alla King’s College University a Londra
Nel luglio 2001 era un membro dello staff medico del Genoa Social Forum.
La notte della “macelleria messicana” quando la polizia irruppe nel dormitorio allestito nelle scuole Diaz massacrando senza pietà decine di persone innocenti, Costantini si trovava nell’edificio situato dall’altro lato della strada, le scuole elementari Pascoli dove era allestito il Media center e si trovavano gli uffici di supporto a iniziare dal Legal team.
Le sentenze dei tribunali italiani e della Corte europea dei diritti dell’uomo raccontano che la polizia – oltre al pestaggio indiscriminato e alle false prove che connotarono l’operazione Diaz -violò illegalmente le aule della Pascoli distruggendo attrezzature, prelevando supporti senza autorizzazione, terrorizzando e maltrattando i presenti pur senza compiere le nefandezze che stavano avvenendo nelle stesse ore nell’edificio di fronte e dal quale provenivano le urla di dolore e di terrore.
Costantini era nella Pascoli e per tutta la notte fu in balia della polizia, privato dei suoi diritti, impedito anche di ricevere il suo avvocato.
Come tanti altri reduci di quella notte ha fatto causa civile al Ministero dell’Interno per ottenere un risarcimento per danni esistenziali, biologici e morali, derivanti dallo choc subito e dai diritti violati, assistito dagli avvocati Paolo Languasco e Roberto Faure.
Prima che un giudice condannasse per l’ennesima volta lo Stato italiano, il Ministero ha deciso di transare e ha pagato il dottor Costantini.
L’ammontare della cifra non può essere rivelato a causa delle clausole di riservatezza, ma una cosa invece è sicura e si può dire: quei soldi sono finiti al progetto Mediterranea Saving Humans, ovvero la nave Mar Jonio finanziata da donazioni, che ha lo scopo di monitorare quel braccio del Mare nostrum diventato l’olocausto dell’Europa di oggi e, in caso di pericolo, intervenire in soccorso dei migranti.
“Avevo deciso fin dall’inizio che, se avessi ottenuto un risarcimento i soldi non li avrei tenuti — racconta Costantini -. Avevo pensato a un ospedale curdo o all’ambulatorio Città aperta nel centro storico, poi mi sono accorto che Mediterranea rappresenta lo spirito del movimento No global, che venne reciso violentemente a Genova nel 2001. E’ lo spirito che guarda ai bisogni delle persone e non ai confini. Non è settario perchè dentro c’è di tutto, anche i preti. Ho pensato fosse il modo migliore per ridare voce al movimento, riannodare un filo spezzato dalle manganellate”.
A quasi vent’anni di distanza val al pena riportare alcuni passi dell’atto di citazione depositato dai legali di Costantini. Vi si ricorda, fra le altre cose, come il medico “abbia vissuto una condizione di
privazione della libertà personale…ha avuto percezione, come scritto dai giudici, di un totale sovvertimento dei principi fondamentali democratici su cui si fonda la convivenza civile del nostro paese… nei mesi successivi al luglio 2001 ha patito di disturbo post traumatico da stress con momenti di forte depressione ed agitazione”. Una sofferenza che, oggi, è forse in parte compensata da una manciata di soldi del Ministero di Matteo Salvini che serviranno ad evitare nuove sofferenze.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
I NERVI DELLA ZECCA PADANA STANNO SALTANDO, SCAMBIA GLI AGENTI PER I SUOI MAGGIORDOMI… LA RAGAZZA AVEVA CHIESTO A SALVINI “SIAMO SEMPRE TERRONI DI MERDA?” RIPORTANDO LA FRASE DEL LEGHISTA DI ALCUNI ANNI FA
Il Capitano, si sa, è una macchina da selfie. A margine di ogni comizio si mette lì sotto il palco in attesa che gli astanti possano scattarsi una foto ricordo con il ministro dell’Interno. Centinaia, migliaia di autoscatti sotto gli occhi pazienti della scorta e degli uomini della Digos.
Ieri Salvini era a Salerno — in quella che una volta era la terronia — ed è stato trollato per ben due volte. C’è il video dell’esponente dei Giovani Democratici che chiede dove sono finiti 49 milioni di euro, Salvini risponde «ce li hai te» e si allontana.
E poi c’è il video di Valentina Sestito, una ragazza che con la solita scusa si è avvicinata al ministro e al momento dello scatto gli ha detto «grande Salvini, siamo terroni di merda? Non siamo più terroni di merda?».
Questa volta la reazione di Salvini non è stata di quelle amichevoli tutte baci, abbracci e pane e Nutella. Perchè il ministro dell’Interno chiede di cancellare il video alla Digos che si impossessa del telefono della ragazza.
«Il telefono. Il telefono. Il telefono è mio, me lo dovete ridare» dice la ragazza. «Ma che c’è sul telefono?» chiede uno degli agenti della Digos mentre Valentina chiede indietro il telefono dicendo che avrebbe cancellato il video «ho replicato quello che lui ha scritto, non ho detto nulla di male, non l’ho insultato nè nulla» si sente dire mentre uno degli uomini della Digos armeggia con lo smartphone in attesa che arrivino «i colleghi della scorta».
A quel punto la registrazione si interrompe, ma il video a quanto pare non è stato cancellato perchè poco dopo è stato caricato su Facebook dalla stessa ragazza con questa didascalia «questo è quando la dittatura non ti dà modo di replicare. Terrona sempre».
Anche se è divertente pensare che gli agenti della scorta e la Digos non siano stati in grado di cancellare il video perchè non sanno come funziona uno smartphone è molto più probabile che siano giunti alla conclusione che in quel video non c’era nulla di sbagliato.
Non ci sono insulti o minacce al ministro e la ragazza si è limitata a riportare quello che dicevano pubblicamente gli esponenti della Lega Nord fino a poco tempo fa.
Dal punto di vista della privacy inoltre al momento in cui è intervenuta la Digos non era stata fatta alcuna violazione perchè il video non era ancora stato pubblicato su Facebook.
La Digos è intervenuta su richiesta di Salvini, che era evidentemente infastidito.
Ed è il comportamento del ministro dell’Interno, e non quello degli agenti, che desta maggiori perplessità .
Con che diritto infatti Salvini ha fatto sequestrare (temporaneamente) lo smartphone?
Marco Manna — già candidato alle europarlamentarie del M5S — si chiede come mai il MoVimento 5 Stelle non abbia avuto il benchè minimo sussulto o accenno di reazioni. Vi immaginate cosa sarebbe successo se a fare una cosa fossero stati Renzi o Alfano? Staremmo qui a scrivere dell’attacco alla libertà di parola e di critica del potere ai danni di una cittadina italiana. E invece nulla, perchè nel Governo del Cambiamento a Salvini tutto è concesso. Anche chiedere alla Digos di portare via una
ragazza che non ha fatto nulla di male. Chissà perchè quando gli chiedono dei 49 milioni il Capitano ha sempre la battuta pronta, quando invece gli rinfacciano di quando se la prendeva coi terroni chiama la Digos per fare cancellare i video. Qualcuno potrebbe chiamarlo tentativo di censura, ma è soprattutto mancanza di coerenza.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
PER IL VICEMINISTRO A PROCESSO PER CORRUZIONE, LA PROCURA HA CHIESTO UNA CONDANNA A 3 ANNI E TRE MESI: I NODI VENGONO AL PETTINE
Il governo Lega-M5S è seduto su una bomba che si chiama Edoardo Rixi.
Insieme ad Armando Siri lavora al ministero dei trasporti con il ruolo di viceministro e i due venivano spesso citati in coppia come gli enfant prodige del nuovo corso del Carroccio firmato Salvini.
Quando era consigliere regionale in Liguria è stato coinvolto nelle inchieste sulle spese pazze.
Insieme ad altri due consiglieri regionali, Francesco Bruzzone e Maurizio Torterolo, è accusato di peculato per le spese sostenuti con i fondi del gruppo consiliare tra il 2010 e il 2012.
Anomalie sarebbero state riscontrate nella rendicontazione di cene e pranzi, viaggi avvenuti nei fine settimana e spese di parcheggio. Ora è in arrivo la sentenza e con essa Rixi rischia il posto di viceministro. Lui al Mattino oggi risponde così
A fine mese è prevista anche una sentenza che la riguarda nata dall’inchiesta sulle presunte «spese pazze» quando era consigliere in Regione Liguria. Se sarà sfavorevole dovrà dimettersi anche lei?
«Sono al governo perchè il mio partito e Salvini me lo hanno chiesto, a loro spetterà decidere”
La difesa di Edoardo Rixi è già costata a Salvini l’accusa di vilipendio nei confronti della magistratura. Nella legge anti-corruzione c’era una norma che poteva salvarlo dal processo, ma alla fine è stata cassata.
Quindi il problema è ancora lì sul tavolo. E se la sentenza arriverà a fine maggio (prima o dopo il voto alle elezioni europee?) rischia di scatenare un altro caso politico-giudiziario tra Lega e MoVimento 5 Stelle.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
IL MUTUO SENZA IPOTECA PER 583.000 EURO
Ieri sera Report ha mandato in onda il servizio sulla palazzina di Bresso acquistata dal senatore e sottosegretario della Lega Armando Siri accendendo un mutuo con la Banca Agricola Commerciale di San Marino da 583mila euro senza ipoteca.
La Procura di Milano diretta da Francesco Greco ha paerto un fascicolo di indagine senza ipotesi di reato e a carico di ignoti, affidato al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e, racconta oggi il Corriere, non riguardante invece l ‘acquisto di un altro bilocale per la figlia.
La storia, raccontata dal programma di Rai3 Report, inizia il 31 gennaio 2019, quando nello studio a un passo dal Duomo di Milano del notaio Paolo De Martinis, Siri firma il rogito per l’acquisto di una palazzina a Bresso in provincia di Milano. Sono sette appartamenti, un negozio, un laboratorio più alcune cantine.
La mediazione immobiliare è realizzata da una società di Policarpo Perini, vecchia conoscenza di Siri, per essere stato nel 2013 il candidato sindaco a Bresso del Partito Nuova Italia (Pin) fondato da Siri prima della sua conversione alla Lega. I solai della palazzina sono acquistati invece dal padre dell’agente immobiliare, Marco Luca Perini, presidente dell’associazione Spazio Pin, che gestisce i corsi di formazione della Lega, oltre a essere attiva nel campo dei corsi di meditazione, ipnosi e massaggio.
Scrive oggi Il Fatto che “gli organi di controllo italiani e della repubblica di San Marino avrebbero rilevato che l’operazione è difficilmente qualificabile come riciclaggio, poichè il finanziamento della banca sammarinese è stato concesso senza alcun bene a garanzia. Ma proprio per questo il trattamento riservato dall’istituto di credito al sottosegretario del governo italiano è da considerare, se non illecito, di certo sorprendente, perchè è davvero raro che un prestito di queste dimensioni possa essere concesso senza alcuna garanzia, senza alcuna ipoteca o fideiussione”.
«I fondi sono frutto di regolare mutuo nel pieno e trasparente rispetto di tutte le norme bancarie, anche quelle anti riciclaggio – replica Siri –, nessuna operazione sospetta da segnalare ma normale compilazione dei moduli che tutti i notai sono tenuti a redigere».
Scrive Repubblica:
Nel fascicolo di «atti relativi» c’è già una prima informativa consegnata dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, ma i magistrati hanno delegato altri accertamenti per sviluppare la segnalazione di operazione sospetta fatta dal notaio milanese che ha stipulato l’atto, Paolo De Martinis. Intervistato da Report, ieri sera, ha confermato che «garanzie reali nell’atto stipulato o con atto successivo non ce ne sono». Dunque, sulla palazzina acquistata non c’era alcuna ipoteca: «Quando normalmente c’è l’ipoteca»
Un mese fa, i vecchi proprietari della palazzina di Bresso hanno avvertito gli inquilini in affitto che il complesso – due piani, sette appartamenti – era stato venduto e che i nuovi proprietari volevano cambiare tutto.
«Presumo già da tempo – dice la presidente della Banca centrale di San Marino, Catia Tomasetti – non conosco gli esiti degli eventuali approfondimenti. Ma in ogni caso – precisa – in presenza di una persona politicamente esposta, anche le banche sammarinesi sono tenute all’applicazione di misur rafforzate di adeguata verifica in linea con le disposizioni comunitarie».
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
NON SOLO PARNASI, CI SAREBBE UN ALTRO CONTRIBUTO NELL’OCCHIO DEL MIRINO DEGLI INQUIRENTI, POSSIBILI SVILUPPI CLAMOROSI
L’associazione PiùVoci è oggetto di un’indagine da parte della procura di Milano. Lo scrivono oggi Gianni Barbacetto e Valeria Pacelli sul Fatto Quotidiano che puntano il dito sull’associazione gestita dal tesoriere della Lega Giulio Centemero e su alcune donazioni che potrebbero costituire finanziamento illecito.
NELLA CAPITALE, i magistrati Paolo Ielo, Luigia Spinelli e Barbara Zuin stanno esaminando i 250 mila euro che nel 2015 l’associazione Più Voci ha ricevuto da una società che era riconducibile al gruppo di Luca Parnasi, l’imprenditore romano poi finito sotto inchiesta con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a commettere reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione
È proprio indagando sul costruttore che gli investigatori ascoltano alcune conversazioni in cui si fa cenno a versamenti alla Più Voci.
Viene intercettato un dialogo avvenuto dopo che Parnasi era stato contattato da un giornalista dell’Espresso che aveva chiamato per avere chiarimenti proprio sui 250 mila euro, versati alla onlus in due tranche da 125mila.
Il commercialista Gianluca Talone propone a Parnasi: “Cerchiamoci una giustificazione, perchè è stata fatta l’erogazione liberale!”. E Parnasi replica: “Possiamo giustificare che abbiamo un progetto ex post! Se no bisognerebbe incontrarli domattina, capito? Dovremmo fare… se tanto firmo io basta fare un pezzo di carta”. E poi aggiunge: “Posso chiamare Giulio Centemero, è il braccio destro !”.
In seguito però ci ripensa: “Andrea (Manzoni, commercialista, membro del consiglio dell’associazione Più Voci, estraneo alle indagini, n d r) va benissimo! Chiama Andrea da un fisso ufficio, e dici: ‘Senti, ci ha chiamato L’Espresso!’”. […]
Questa è la vicenda romana. Ora sulla onlus Più Voci si è appuntata l’attenzione anche della Procura di Milano, dove Centemero non risulta indagato.
Nel mirino dei magistrati c’è un altro contributo sul quale si tiene il massimo riserbo. Ma è un’inchiesta che potrebbe riservare nuove sorprese.
(da agenzie)
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Maggio 7th, 2019 Riccardo Fucile
QUASI CENTO GLI INDAGATI, 43 LE ORDINANZE CAUTELARI
Associazione a delinquere aggravata dall’aver favorito una cosca mafiosa, abuso d’ufficio, finanziamento illecito ai partiti e corruzione per spartirsi e aggiudicarsi appalti pubblici.
Sono le accuse mosse dalla Dda di Milano nei confronti di politici, amministratori pubblici e imprenditori di Lombardia e Piemonte: 43 le ordinanze di custodia cautelare eseguite all’alba dai carabinieri di Monza e dalla Guardia di Finanza di Varese, di cui 12 in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma.
Tra gli arrestati ci sono il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella, candidato alle Europee nella circoscrizione di Nord-Ovest ora in carcere (secondo i pm era a “libro paga” di un imprenditore) e il sottosegretario forzista all’area Expo della Regione Lombardia Fabio Altitonante, ai domiciliari.
Ma c’è anche l’ex coordinatore provinciale di FI a Varese, Gioacchino Caianiello, già condannato in via definitiva nel 2017 per concussione e ora accusato di “istigazione alla corruzione” nei confronti del presidente della Regione Lombardia, il leghista Attilio Fontana, che non ha mai denunciato l’episodio. La Procura ha chiesto poi alla Camera l’autorizzazione all’arresto del deputato forzista Diego Sozzani per finanziamento illecito. Turbativa d’asta e corruzione sono invece i reati ipotizzati a carico del responsabile operativo dell’Amsa, la municipalizzata che gestisce i rifiuti di Milano, Mauro De Cillis.
In totale sono 95 le persone coinvolte nell’inchiesta coordinata dal Procuratore aggiunto e responsabile della Direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Dolci e dai pm Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno.
Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata a corruzione aggravata dall’aver favorito un’associazione di tipo mafioso, finanziamento illecito ai partiti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d’ufficio.
Due i filoni principali di questa inchiesta che ha scoperchiato un sistema consolidato di comportamenti ritenuti illeciti nella pubblica amministrazione della Regione Lombardia amministrata dalla maggioranza di centrodestra Lega-Forza Italia.
Uno di questi riguarda gli appalti targati Amsa, l’azienda dei rifiuti milanese e parecchie partecipate pubbliche. Un altro, quello varesino e che ha come personaggio principale l’ex coordinatore provinciale Caianiello, riguarda invece il Piano di governo del territorio e le sue varianti.
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana è parte offesa e non risulta indagato: nei giorni scorsi è stato ascoltato dai pm milanesi per chiarire il tentativo di corruzione da lui subito. “Non dico nulla, ho letto che io sono parte offesa. Quindi per rispetto della magistratura le cose che dovrò dire le dirò a loro”, ha commentato il governatore.
Il gip Raffaella Mascarino ha riscontrato un’urgente esigenza cautelare nei confronti di 43 degli indagati per interrompere il continuo susseguirsi di reati “ascoltati” in diretta dalla Guardia di Finanza di Milano e di Busto Arsizio oltre che dai carabinieri di Monza e dalla polizia municipale milanese nelle intercettazioni ambientali da cui è emerso un sistema che aveva come punti di riferimento di volta
in volta tre personaggi, come riferisce il Corriere.
O Caianiello, o il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella, o l’imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali, Daniele D’Alfonso della Ecol-Service srl, l’unico al quale è stata contestata anche l’aggravante di aver agevolato il clan di ‘ndrangheta dei Molluso di Buccinasco, facendone lavorare uomini e mezzi negli appalti presi pagando appunto tangenti.
Ed è proprio D’Alfonso che, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, attraverso fittizie consulenze e altre utilità , avrebbe remunerato stabilmente Tatarella con consulenze fittizie da 5mila euro al mese, “oltre all’erogazione di una serie di utilità quali pagamenti di biglietti aerei, di viaggi di piacere, l’uso di una serie di autovetture, la disponibilità di una carta di credito American Express abilitata al prelievo di contante”, come si legge nell’ordinanza del gip. In cambio il forzista l’avrebbe favorito negli appalti dell’Amsa, in particolare, e l’avrebbe introdotto in altri appalti a Varese e a Novara, dove sarebbe stato attivo il parlamentare di FI Diego Sozzari.
I due si incontravano “Da Berti”, il ristorante milanese vicino agli uffici della Regione Lombardia già venuto a galla in molte indagini milanesi, e che ora nel linguaggio degli indagati è diventato “la mensa dei poveri”, definizione che ha dato il nome all’indagine della Dda.
Non solo, D’Alfonso risulta anche essersi “attivato in prima persona rendendosi disponibile verso l’imprenditore Andrea Grossi nelle operazioni di finanziamento illecito del partito Fratelli d’Italia“.
Dalle indagini è emerso poi come nel marzo 2018 Caianiello avrebbe proposto assieme al direttore generale dell’ente Afol Metropolitana, Giuseppe Zingale, al governatore Fontana di mettere quest’ultimo, suo uomo di fiducia, a capo del settore Formazione della Regione in cambio di consulenze da affidare al socio dello studio legale di Fontana, il consigliere regionale uscente Luca Marsico che sarebbe così stato risarcito per la mancata rielezione. Un’ipotesi di scambio, contestata dai pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri, in cui il governatore lombardo figura come parte offesa perchè, pur senza denunciare la proposta, avrebbe spiegato a Caianiello di voler esplorare altre possibilità rispetto al futuro di Marsico.
Non solo. Gli inquirenti hanno scoperto anche una tangente su una sentenza di tangenti, riferita ad un episodio del 2005. Protagonisti sono, come riferisce il Corriere, l’imprenditore edile Emilio Poggiaro, che pagò all’epoca una mazzetta da 250mila euro a Caianello: il politico varesino fu processato e condannato in via definitiva a 3 anni di pena e 125mila euro di risarcimento. Ma proprio lo stesso imprenditore è tornato ora a chiedere a Caianello un nuovo favore, per il quale finge di ricevere il risarcimento di 125mila euro fissato dalla sentenza oltre al rimborso delle spese legali.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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