Destra di Popolo.net

PER UNA VOLTA CONTE SI FA FARE DOMANDE DAI GIORNALISTI MA NON FINISCE BENE E SCAPPA

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

IL CAMBIO DI PASSO DI CONTE: QUANDO DI FRONTE ALLE ACCUSE DI UNA GIORNALISTA TEDESCA SULLE RESPONSABILITA’ DELL’ITALIA PER MIGLIAIA DI PROFUGHI ANNEGATI, BATTE IN RITIRATA E SE NE VA

Giuseppe Conte ha voglia di parlare. Non solo il lungo monologo in conferenza stampa per dare un ultimatum ai suoi due vicepremier, chiedendo loro di fargli fare il presidente del Consiglio in santa pace, senza bisogno di pungoli esterni.
Addirittura, il premier ha permesso ai giornalisti convocati nella sala stampa di Palazzo Chigi di rivolgergli alcune domande.
Una novità , visto che ultimamente Giuseppe Conte aveva abituato la stampa a monologhi più che a vere e proprie conferenze stampa con interazioni.
Ma evidentemente il presidente del Consiglio ha voluto dare il segnale di un nuovo corso della sua presidenza.
Per questo ha accettato il confronto, senza apparenti condizionamenti esterni dettati da strategie di comunicazione pilotate dal Movimento 5 Stelle.
Forse l’atto più forte di tutta questa conferenza stampa, che segna quantomeno una equidistanza dalla Lega e dai pentastellati.
Giuseppe Conte ha risposto sulla Tav, ad esempio. Ricordando che l’opera non ha superato la prova dell’analisi costi-benefici ma che può essere strategica. Tuttavia, ha ribadito che se la Francia e se l’Unione Europea non dovessero fare il loro, allora l’intero impianto dell’opera sarebbe rimesso in discussione. Una non risposta, nei fatti.
Giuseppe Conte ha anche provato a scherzare con l’inviato di Piazzapulita, ricordandogli la frase carpita a Davos mentre stava parlando con Angela Merkel. Anche a lui, che aveva chiesto una data per rendere valido questo ultimatum, Giuseppe Conte non ha risposto, dicendogli che quella sulla Merkel («quando dico basta, riesco a tenere a bada Di Maio e Salvini») era soltanto una battuta.
Ma alla fine scoppia la bagarre quando la corrispondente della stampa tedesca gli ha fatto una domanda sulle morti in mare, ricordandogli la vergognosa politica di Salvini : «Non permetto a nessuno di dire che questo governo lascia morire in mare le persone. Ci siamo intesi e non ho altro da dire».
Era talmente evidente che la domanda di una giornalista straniera aveva colpito nel segno che, mentre la sala stampa si stava infiammando, Giuseppe Conte ha pensato bene di fare una ritirata strategica ed è andato via.
Un cambio di passo, senz’altro. Sulla sua riuscita c’è ancora qualche riserva.

(da agenzie)

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IL DISCORSO DI CONTE: “BASTA PROVOCAZIONI O MI DIMETTO, LE REGOLE UE VANNO RISPETTATE”

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

“VOGLIO UNA RISPOSTA RAPIDA E CHIARA E ATTEGGIAMENTI CONSEGUENTI”… LE REAZIONI POLITICHE

Parla Giuseppe Conte. Ed evoca le dimissioni. Nel suo atteso discorso agli italiani, ha detto chiaramente che non intende farsi consumare dalla perenne rissa tra M5S e Lega. “Non mi presto a vivacchiare, a galleggiare. E sono pronto a rimettere il mio mandato nelle mani del presidente della Repubblica”.
Parla dalla Sala dei Galeoni a Palazzo Chigi, non la solita location degli incontri con la stampa. Ed è un discorso con cui dice basta al clima da campagna elettorale. Basta alle ingerenze dei ministri in aree non di loro competenza.
Ma sottolinea anche che le regole dell’Unione europea vanno rispettate, finchè non saranno cambiate. È un discorso agli italiani, ma soprattutto un avvertimento ai due vicepremier: “Alle forze politiche chiedo una risposta chiara e rapida”. Anche se non chiarisce qual è la sua deadline.
“Andiamo avanti se tutti mantengono la parola, non abbiamo tempo da perdere”, è stata la prima replica di Salvini. E poi avverte: “Sui vincoli Ue il voto ha parlato chiaro”.
“Il Movimento 5 Stelle è la prima forza politica di maggioranza – ha sottolineato Di Maio – e ha sempre sostenuto questo governo. Lo abbiamo sempre fatto lealmente e crediamo che ci sia ancora tanto da fare e soprattutto un contratto da rispettare. Noi siamo leali, vogliamo metterci subito al lavoro e crediamo che i fatti siano la migliore risposta in questo momento. Questa è l’unica maggioranza possibile”. E chiede un vertice già  nella giornata di domani
La reazione di Nicola Zingaretti arriva dal Pisano, dove il segretario Pd è in campagna elettorale:   “Conte ha ammesso la paralisi, il disastro e il fallimento del suo governo che noi denunciamo da settimane”.
“Le ‘comunicazioni importanti’ di Giuseppe Conte – dice Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri – si trasformano nella naturale continuazione di questo governo: una tragica barzelletta. In una sorta di seduta di autocoscienza assolutoria, Conte si loda e si imbroda vanagloriandosi dei pessimi risultati di un esecutivo contronatura.

(da agenzie)

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CONTE DIRA’ “O COMANDO IO O SI VA A VOTARE”: POI TUTTO RIMARRA’ COME PRIMA E SI CONTINUERA’ A GALLEGGIARE

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

TORNARE ALLE URNE NON CONVIENE A NESSUNO

Quella del governo Lega — Movimento 5 Stelle è una breve storia, che ha due protagonisti e un comprimario. E oggi siamo al punto in cui il comprimario si gioca il tutto per tutto, provando a ritagliarsi una centralità  che negli ultimi mesi i due protagonisti gli hanno negato a turno.
O meglio, oggi siamo al punto in cui il comprimario chiederà  che tutto cambi. E non cambierà  nulla. Un tentativo dall’esito scontato, insomma, ma che avrà  una certa eco pubblica grazie alla scelta di portare a conoscenza dei cittadini parte di ciò che sta accadendo nelle stanze dei bottoni.
La riflessione da cui parte Giuseppe Conte è nota: così non si può andare avanti. Per una serie di questioni, solo in parte riconducibili al risultato delle Elezioni Europee, che da tempo i due protagonisti della storia si rifiutano di affrontare.
Il colmo si è raggiunto in questa settimana: mentre la UE chiedeva risposte immediate e concrete sui conti pubblici (e Tria naufragava nell’ennesimo episodio dai contorni farseschi), il caso Whirlpool esplodeva in tutta la sua rilevanza e Trenta e Grillo erano travolte dalle contestazioni, Di Maio era impantanato in polemiche interne e Matteo Salvini faceva sapere di essere troppo impegnato nella campagna elettorale per i ballottaggi per poter dare una mano.
Il Governo è allo sbando e io non ho la legittimità  e la forza politica per dare una sferzata, ragiona Conte. Beh, visto che i due protagonisti fanno finta di non capire la gravità  del momento, non mi resta che parlare al Paese. Per dire una cosa sola, molto semplice.
O si cambia e mi date in mano le chiavi del governo, o meglio andare a elezioni subito, a settembre magari, in modo da lasciare al governo che verrà  la possibilità  di fare la legge di bilancio in tempi utili a evitare l’aumento dell’IVA.
Il punto è questo: Conte può accettare di fare il mediatore tra i due protagonisti, come del resto era chiaro fin dall’inizio, ma a due sole condizioni. La prima è che dopo la mediazione, la trattativa, il confronto, la sua parola deve contare qualcosa. Un caso TAV — bis, insomma, non deve ripetersi, soprattutto sul codice degli appalti.
Nè è accettabile che il ministro dell’Interno lo smentisca ogni volta che si parla di migranti. Nè, soprattutto, è possibile che la lotta fratricida fra ministri tracimi dalle pagine dei giornali e non resti confinata tra le mura di Palazzo Chigi.
Poi c’è la seconda questione, dirimente. Salvini e Di Maio devono chiarire una volta e per tutte se credono in questo esecutivo o se è solo un modo per coltivare interessi particolari e per continuare una partita a scacchi (che per ora vede i leghisti in vantaggio e i grillini arroccati… Proprio intorno a Conte, peraltro).
Ecco il tentativo che farà  Conte: restituirà  agli italiani questo quadro, con convinzione e con fiducia, parlando a loro perchè suocere intendano. Consapevole che potrebbe non servire.
La sensazione è che questa mossa sia interessante dal punto di vista strategico — politico, ma inutile da quello pratico.
Salvini non ha intenzione nè di cambiare passo nè di strappare, ma sa che per lui la cosa migliore è continuare a galleggiare. Abbozzerà , magari cedendo sull’emendamento al codice degli appalti, ma terrà  il punto su TAV, decreto sicurezza bis, migranti e flat tax.
Di Maio può dare tempo al Presidente del Consiglio, certo. Ma non può dargli quella centralità  che chiede, proprio perchè si sta giocando una partita difficilissima anche all’interno del suo partito.
Abbozzerà , magari elogiando le capacità  di mediazione di Conte. Ma non accontenterà  Tria sul reddito di cittadinanza, nè accetterà  senza fiatare il rimpasto di governo in programma nelle prossime settimane

(da “Fanpage”)

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QUEI BAMBINI MORTI IN MARE MENTRE I GOVERNANTI DELLA “CIVILE” EUROPA SE NE FOTTONO

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

LA DENUNCIA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA SCOPERCHIA LE RESPONSABILITA’ DEI SINGOLI STATI CHE HANNO OPERATO UNA POLITICA CRIMINALE

Oggi per quegli strani e misteriosi corsi e ricorsi storici dell’Internet su Twitter e su Facebook molti parlano della notizia di un bambino di pochi mesi morto in mare nel tentativo di attraversare il Mediterraneo.
Prima che i soliti giornalisti d’inchiesta esperti in unghie smaltate scoprano che si tratta di una notizia vecchia o attacchino con la litania di bambolotti ve lo diciamo noi. Quella tragica foto è stata scattata nel maggio del 2016 e pubblicata all’epoca da Sea Watch.
Al governo c’era Matteo Renzi e Salvini se ne andava in giro per i salotti televisivi a parlare di invasione.
Sea Watch voleva dare un segnale per far capire all’Italia cosa davvero stava succedendo a Sud delle coste siciliane. Non l’esercito di riserva del terribile piano Kalergi pronto a mettere in atto il piano di sostituzione di popolo più volte paventato dal leader della Lega. Non c’è e non c’era in Italia nessun genocidio dei bianchi, c’era in vece il massacro dei disperati in fuga dalla guerra, dalla fame, dalle violenze o dalle torture. Tra questi c’era anche quel bambino.
L’articolo dell’Huffington Post cui fanno riferimento i molti tweet commossi per la sorte orribile di quel bambino risale appunto al 31 maggio del 2016, poco più di tre anni fa. E forse è quello il motivo per cui oggi se ne parla ancora.
La morte di quel bambino non è “colpa di Salvini” perchè in quel periodo Salvini non era al governo. Il Capitano si preparava ad andarci, soffiando sul fuoco della xenofobia e del razzismo e raccontando agli italiani come i buonisti erano contenti di regalare 35 euro al giorno ad ogni migrante per mantenere gli invasori in lussuosi hotel.
Nulla di tutto questo era vero. A partire dal fatto che era stata la Lega Nord a mettere in piedi quel sistema dell’accoglienza. E che sempre la Lega Nord quando era al governo aveva votato per una maxi sanatoria che aveva regolarizzato almeno duecentomila migranti irregolari (o clandestini, come preferite).
Quel bambino non è morto ieri. Ma questo non significa, contrariamente a quando racconta il ministro e papà  che sulla rotta del Mediterraneo Centrale si muoia meno o non si muoia affatto.
Ad esempio oggi la Guardia costiera libica ha recuperato al largo delle coste libiche il corpo di una donna e di un bambino morti in mare dopo il rovesciamento di un barcone di migranti. All’appello mancano ancora 25 persone, che attualmente risultano disperse. Si tratta di migranti che provenivano dal Sudan, dal Kenya, dalla Nigeria e dalla Costa d’Avorio.
Sappiamo già  cosa diranno i patridioti: sono le Ong e le missioni di soccorso a costituire un fattore di attrazione (il cosiddetto pull factor) che facendo aumentare le partenze fa conseguentemente aumentare le morti e i naufragi.
Ma il pull factor costituito dalle ONG costituisce un incentivo tanto quanto il sapere che il Codice di Navigazione e i trattati internazionali impongono ai natanti di soccorrere le persone in difficoltà .
Il vero fattore di attrazione è la speranza di migliori condizioni di vita che l’Occidente e l’Europa possono offrire ai migranti. Prova ne è che le persone continuano a tentare di venire in Europa pur sapendo che rischiano di morire perchè le Ong non possono più operare. E non nascondiamoci il fatto che il numero di partenze è diminuito perchè in Libia si è tornati a chiudere i migranti in lager e campi di concentramento, come quando c’era quel sant’uomo di Gheddafi.
La verità  è che lungo la rotta del Mediterraneo Centrale si continua a morire anche nonostante la politica dei “porti chiusi”.
In proporzione al numero degli sbarchi (che è diminuito) il numero dei decessi è aumentato. In pratica arrivano meno migranti ma ne muoiono di più.
Inutile dire che la criminalizzazione delle Ong iniziata già  con il precedente governo e perseguita a tutta forza da Salvini è uno dei principali motivi per cui le persone muoiono in mare.
Un altro invece sono le politiche adottate dagli stati europei, Italia e Francia in testa, che dopo la chiusura di Mare Nostrum (la missione che nemmeno Beppe Grillo voleva) hanno iniziato con i respingimenti in mare.
Si tratta di azioni illegali, alcune documentate dall’esperto di internazionale dell’Istituto di studi politici di Parigi, l’israeliano Omer Shatz, e dal giornalista franco-spagnolo Juan Branco che hanno presentato un esposto alla corte penale internazionale dell’Aja.
Nel documento-denuncia si legge che gli stati europei (in particolare l’Italia) avrebbero «esternalizzato le pratiche di respingimento dei migranti in fuga dalla Libia alla Guardia costiera libica, pur conoscendo le conseguenze letali di queste deportazioni diffuse e sistematiche (40 mila respingimenti in 3 anni), gli agenti italiani e dell’UE si sono resi complici degli atroci crimini commessi contro nei campi di detenzione in Libia».
Anche la creazione della zona SAR libica nel giugno del 2018 sarebbe stata funzionale a mettere in atto questi respingimenti.
Non solo le motovedette libiche non intervengono tempestivamente. Non solo la Marina Militare si muove solo quando esce la notizia che una bambina è morta. La zona di competenza libica è gestita da uno Stato che di fatto non esiste e non ha le risorse per farlo tant’è che quando i libici non usano le motovedette per fare la guerra le operazioni “libiche” vengono coordinate da un’imbarcazione della Marina Militare ormeggiata a Tripoli.

(da “NextQuotidiano“)

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LA UE DENUNCIATA PER CRIMINI CONTRO L’UMANITA’ ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DELL’AJA: “RESPONSABILE DI 12.000 MORTI”

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

“GRAVI COLPE NELLA GESTIONE DEI MIGRANTI”: UN TEAM DI AVVOCATI INTERNAZIONALI PRESENTA UNA CIRCOSTANZIATA DENUNCIA (ANCHE CONTRO L’ITALIA)

«Crimini contro l’umanità »: è il capo d’accusa contenuto in una denuncia contro l’Unione Europea e gli Stati membri che hanno svolto un ruolo di primo piano nella crisi dei rifugiati, Italia, Germania e Francia.
La denuncia è stata presentata alla Corte penale internazionale dell’Aia (Cpi) e contenuta in un documento lungo 245 pagine.
Lo scrivono il Guardian ed El Pais citando come autori principali della denuncia sono Juan Branco, che ha lavorato in passato alla Cpi e al ministero degli esteri francese, e Omer Shatz, un avvocato israeliano che insegna all’università  Sciences Po di Parigi che guidano un gruppo di avvocati internazionale.
Il documento chiede un’azione punitiva sulla politica migratoria dell’Ue basata dopo il 2014 sulla deterrenza, che presumibilmente «intendeva sacrificare la vita dei migranti in difficoltà  in mare, con l’unico obiettivo di dissuadere gli altri in situazioni simili dalla ricerca di un rifugio sicuro in Europa».
L’accusa è che funzionari e politici hanno consapevolmente creato la «via di migrazione più letale del mondo», con la conseguenza che oltre 12.000 persone hanno perso la vita.
L’accusa di «crimini contro l’umanità » si basa in parte su documenti interni di Frontex, l’organizzazione dell’Ue incaricata di proteggere le frontiere esterne dell’Unione, che, dicono gli avvocati, ha avvertito che il passaggio dalla fortunata politica di salvataggio italiana di Mare Nostrum potrebbe portare a un «più alto numero di vittime».
La denuncia sostiene che: «Per arginare i flussi migratori dalla Libia a tutti i costi… e al posto di operazioni di salvataggio e sbarco sicure come prescrive la legge, l’Ue sta orchestrando una politica di trasferimento forzato nei campi di concentramento, come le strutture di detenzione (in Libia) dove vengono commessi crimini atroci».
Il passaggio da Mare Nostrum a una nuova politica del 2014, nota come Triton (dal nome del dio messaggero greco del mare), è identificata come un momento cruciale «che stabilisce indiscutibili mens rea (intenzioni mentali) per i reati ipotizzati».
Si afferma che le prove contenute nel dossier stabiliscono la responsabilità  penale all’interno della giurisdizione della Cpi per «causare la morte di migliaia di esseri umani all’anno, il respingimento (ritorno forzato) di decine di migliaia di migranti che tentano di fuggire dalla Libia e la successiva commissione di omicidio, deportazione, detenzione, riduzione in schiavitù, tortura, stupro, persecuzione e altri atti inumani contro di loro».
La politica Triton ha introdotto «l’attacco più letale e organizzato contro la popolazione civile su cui la Cpi ha giurisdizione nell’intera storia della corte», afferma il documento legale.
«I funzionari dell’Unione europea e degli Stati membri avevano una conoscenza precoce e piena consapevolezza delle conseguenze letali della loro condotta». La presentazione non individua singoli politici o funzionari per responsabilità  specifiche ma cita i cablo diplomatici e i commenti dei leader nazionali

(da agenzie)

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LAVORO, SITUAZIONE DRAMMATICA AL SUD: A RISCHIO 80.000 OPERAI

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

LA VICENDA WHIRLPOOL SCOPERCHIA UNA CRISI SENZA PRECEDENTI: AL MISE 140 VERTENZE

Una situazione drammatica. Non si può definire in altro modo la crisi industriale che, soprattutto al Sud, sta mettendo in ginocchio migliaia di famiglie. A fare il punto della situazione è Il Mattino di Napoli:
Sono circa 140 i tavoli di grandi vertenze industriali aperti al ministero dello Sviluppo: coinvolgono quasi 200mila lavoratori, dei quali 80mila al Sud. Ma all’interno di questo gruppo c’è un numero di vertenze, una sessantina, che difficilmente porterà  a un rilancio, per la maggior parte nel Mezzogiorno. Qui tra i 15mila e i 20mila addetti potrebbero rimanere soltanto con gli ammortizzatori e nessuna speranza di trovare un’altra occupazione. “Perchè sotto Roma – spiega un funzionario del ministero – mancano le infrastrutture, il mercato e le banche, quindi è difficile trovare imprenditori disposti a investire. Di conseguenza, non resta che rispondere all’emergenza con la cassa integrazione”.
La crisi investe interi settori, dalla meccanica all’arredamento, dalle comunicazioni al commercio. A fine anno la spesa totale per cassa integrazione potrebbe sfiorare i 10 miliardi di euro. In molti casi, come nella vicenda   Whirlpool, l’ipotesi di rilancio è molto difficile.
Il Mattino fa un elenco delle emergenze nel Sud, dai 1.500 ex addetti di grandi catene come Carrefour, Coop e Tony, ai 290 operai della Industria Italiana Autobus; da Firema al gruppo Natuzzi; da Almaviva agli ex dipendenti Fiat a Termini Imerese.
Stamattina, intanto, i lavoratori della Whirlpool di via Argine a Napoli si riuniscono in assemblea per mettere a punto una strategia comune allo scopo di contrastare la decisione della multinazionale e rilanciare le iniziative di lotta degli operai. Ma l’attenzione di tutti è concentrata sul vertice convocato per martedì alle 15 al Mise e sul ruolo che potrebbe assumere il governo in questa delicata trattativa. Per quel pomeriggio è annunciato un vero e proprio esodo dei lavoratori verso la Capitale, con almeno mille persone pronte ad un sit-in di protesta nei pressi della sede del ministero. Molti lavoratori saranno accompagnati dai familiari per rimarcare il peso sociale che una decisione del genere assumerebbe in un territorio già  devastato dalla crisi come quello napoletano.
Nella fabbrica occupata, non mancano iniziative originali a sostegno della mobilitazione. Molti opera indossano la maglietta della divisa da lavoro con una spunta verde sul simbolo aziendale. Una risposta alle slide presentate dalla multinazionale venerdì scorso ai sindacati che ‘cancellavano’, con una spunta rossa, lo stabilimento partenopeo dalla geografia della Whirlpool in Italia.

(da “Huffingontpost”)

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TRE MILITARI DELLA BRIGATA ALPINA TAURINENSE INDAGATI PER VIOLENZA SESSUALE E FAVOREGGIAMENTO A DANNO DI TRE SOLDATESSE

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

LA PROCURA DI TORINO AVVIA LA RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO PER UN MARESCIALLO, UN TENENTE COLONNELLO E UN CAPITANO

La Procura di Torino ha notificato l’avviso di fine indagini, che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio, a un maresciallo della Taurinense.
Violenza sessuale il reato ipotizzato nei suoi confronti: avrebbe molestato tre soldatesse durante alcune esercitazioni di sci.
Nell’ambito della stessa inchiesta, anticipata dal dorso torinese del Corriere della Sera, un tenente colonnello è indagato per favoreggiamento e un capitano per omessa denuncia.
Lo Stato Maggiore ha fatto sapere che il militare è stato sospeso.
L’inchiesta coordinata dal pm Barbara Badellino riguarda episodi che, secondo l’accusa, si sarebbero verificati tra il gennaio 2017 e lo stesso mese del 2018.
A farla scattare la confidenza di una presunta vittima delle molestie a un carabiniere, che con una segnalazione ha fatto partire gli accertamenti.
Nel fascicolo del PM ci sono palpeggiamenti e baci a tre soldatesse durante le esercitazioni di sci e offese a sfondo razzista a un militare: per questo un maresciallo capo della brigata alpini Taurinense è indagato dalla Procura per violenza sessuale aggravata e maltrattamenti.
Nell’ambito dell’inchiesta, sono indagati anche un tenente colonnello (per favoreggiamento) e un capitano (per omessa denuncia).
L’impressione che ha la Procura è evidentemente che avrebbero tentato di insabbiare il caso. Gli episodi sarebbero avvenuti tra il gennaio 2017 e lo stesso mese del 2018, su alcune vette, in vista dei campionati sciistici delle truppe alpine. La Procura ha notificato l’avviso di fine indagini che, solitamente, precede la richiesta di rinvio a giudizio. Lo Stato Maggiore ha fatto sapere che il militare è stato sospeso

(da “NextQuotidiano“)

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IL SELFIE DI SALVINI CON ENZO PORPIGLIA, FUNZIONARIO DEL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA TRASFERITO PER AVER AVVICINATO UN GIUDICE PERORANDO LE RAGIONI DI UN CONDANNATO PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

LE RIVELAZIONI DE “IL FATTO”: LA FIGLIA E’ STATA CANDIDATA DELLA LEGA ALLE EUROPEE RACCOGLIENDO 10.000 PREFERENZE

Il Fatto torna oggi all’attacco di Matteo Salvini per un presunto selfie imbarazzante con Enzo Porpiglia, padre di una candidata leghista e funzionario che, secondo il quotidiano, “cercò di favorire l’avvocato Romeo (in odor di ‘ndrangheta)”. Spiega Lucio Musolino:
Tra i tanti scatti fatti ieri a Piazza Venezia, in occasione della Festa della Repubblica, ce n’è uno che merita di essere raccontato perchè parte da lontano.
“Matteo rideva perchè gli stavo raccontando dello straordinario risultato in Calabria”. Lo scrive Vincenzo Porpiglia che su facebook pubblica anche la foto di lui e Salvini sorridenti.
Enzo Porpiglia è il padre di Francesca Anastasia Porpiglia, la 27enne candidata con la Lega alle politiche del 2018 e alle Europee del26 maggio raccogliendo poco più di 10mila voti.
Fin qui è solo il selfie di un padre orgoglioso della figlia e desideroso di far sapere a Salvini che lo “straordinario risultato in Calabria” è anche merito suo.
Ma Enzo Porpiglia è pure il funzionario part-time della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio che, nel 2017, era stato segnalato in Procura dal giudice Ornella Pastore davanti al quale si sarebbe dovuto celebrare il processo “Gotha”contro i vertici della ‘ndrangheta.
Tra le righe però si spiega che Porpiglia è stato archiviato:
Trasferito d’ufficio, l’indagine nei suoi confronti è stata archiviata perchè non “c’erano fatti penalmente rilevanti”. Resta comunque inopportuno se un funzionario del Tribunale ha tentato di avvicinare il giudice “perorando le ragioni di Paolo Romeo”, l’avvocato già  condannato per concorso esterno e oggi accusato d’essere una delle teste pensanti della ‘ndrangheta reggina. “Non può essere ritenuto mafioso per sempre”avrebbe detto Porpiglia al giudice parlando di Romeo, “il suo dominus nonchè compagno di partito”.

(da “NextQuotidiano”)

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LA STORIA DEI CARABINIERI CHE SEQUESTRANO I DISEGNI DEI BAMBINI SULLA FESTA DELLA REPUBBLICA A CERNUSCO SUL NAVIGLIO

Giugno 3rd, 2019 Riccardo Fucile

DAVANTI C’E’ LA SEDE NAZIONALE DI ALTAFORTE, LA CASA EDITRICE DI CASAPOUND

Una lettera firmata da Fabrizio Gatti su Repubblica ci racconta un fatto curioso accaduto a Cernusco sul Naviglio, scrivendo a nome di un gruppo di genitori della scuola materna, primaria e secondaria della provincia di Milano:
Da qualche settimana, praticamente di fronte al complesso scolastico che porta i bambini dall’asilo nido fino alla terza media, ha aperto con ampie vetrine sulla strada la sede nazionale di Altaforte Edizioni, l’editore famoso per essere un centro di propaganda degli attivisti di CasaPound, per avere pubblicato l’intervista biografica con il ministro Matteo Salvini e per avere, tra i suoi responsabili, Francesco Polacchi indagato dalla Procura di Torino.
Oggi, in occasione della festa della Repubblica, e quindi dell’anniversario della nostra Costituzione, abbiamo pensato di addobbare i tre grandi platani di fronte alle vetrine di Polacchi con una piccola e spontanea mostra fotografica intitolata “Gli Alberi della Memoria”.
Si trattava di dodici fogli in formato A4 in tutto, con le immagini delle deportazioni degli alunni e la loro reclusione nei campi di concentramento; la foto della lapide dedicata a Enrico e Luciana Finzi, studenti del liceo Giulio Cesare di Roma, espulsi dalla scuola nel 1938 a seguito delle leggi razziali, deportati ad Auschwitz nel 1943 e mai più ritornati; e le copertine di tre libri: Se questo è un uomo di Primo Levi, il Diario di Anna Frank e Sopravvissuta ad Auschwitz di Liliana Segre, come consigli per una lettura indispensabile.
Purtroppo, però, in pochissimi hanno potuto vedere l’installazione. Approfittando del fatto che alcuni genitori fossero andati a messa nella vicina chiesa parrocchiale, due solerti pattuglie, una dei carabinieri l’altra della polizia locale, hanno strappato le foto dai supporti, le hanno portate via . Se avessero aspettato il nostro arrivo, avrebbero saputo che le avremmo smontate noi. E anche che con esse volevamo solo affermare i nostri principi costituzionali, gli stessi con cui cresciamo i nostri figli e diamo la nostra continua collaborazione ai loro insegnanti. Carabinieri e vigili urbani hanno forse applicato la norma sulle pubbliche affissioni senza, ovviamente, alcuna arbitrarietà . E per questo va loro il più totale rispetto.
C’è però, almeno per oggi, un lieto fine: anche senza fotografie, ci siamo ritrovati in tanti e da stamattina i tre platani di via Pontida 17 a Cernusco sul Naviglio saranno per il nostro quartiere gli Alberi della Memoria.

(da “”NextQuotidiano”)

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