Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
E NON CONFONDIAMO IL POPOLO CON LA PLEBE CHE SCEGLIE SEMPRE BARABBA
Il 29 maggio 1453 d.c. cadde Costantinopoli, ultimo baluardo dell’Impero romano che
aveva governato il mondo per secoli.
Eduard Gibbon, lo storico inglese che ci ha lasciato, nel XVIII, uno dei saggi fondamentali sul declino e la caduta dell’Impero romano, descrisse così i giorni che precedettero quell’evento:
“Molto diverse erano le condizioni dei cristiani, che con forti e impotenti lamenti piangevano le loro colpe o la punizione dei loro peccati…. I cittadini accusavano l’imperatore per aver rifiutato ostinatamente di arrendersi al momento opportuno, prevedevano gli orrori della loro sorte e desideravano la tranquillità e la sicurezza della servitù turca”.
Come i cristiani descritti da Gibbon, tanti oggi, esponenti politici e commentatori dell’opposizione di sinistra, sono diventati i migliori alleati di Matteo Salvini nel chiedere di andare al voto il più presto possibile. E come i cristiani di Costantinopoli sembrano desiderare ”la tranquillità e la sicurezza della servitù” leghista.
Credo che, in cuor suo, nessun dem possa credere di essere in grado di misurarsi con ”il Barbarossa in campo”. Anche perchè non saprebbe che cosa dire agli elettori.
Così Nicola Zingaretti vuole andare alle urne non per competere nel grande gioco, ma per capitalizzare — se sarà possibile in serie B — il risultato delle elezioni europee e, soprattutto, per comporre delle liste che, a elezioni avvenute, gli diano il controllo dei gruppi.
”Al voto! Al voto!” gridano tutti come forsennati.
Le regole, le procedure, gli assetti dei poteri istituzionali sembrano diventati tanti lacci e laccioli — è stato detto — di un’area ambigua della Costituzione (sic!) in cui interviene (arisic!) un presidente non votato.
Ma quali sarebbero le linee si condotta conformi alla sovranità popolare? Seguire i diktat di una forza politica che (con il 17% dei voti in Parlamento) crede di poter parlare a nome di 60 milioni d’italiani?
E’ vero, il 26 maggio questa percentuale è stata raddoppiata, ma per un altro Parlamento, che si guarda bene dall’avvalersene, come se fossero voti affetti da un virus pandemico.
Ma quali sono le regole lasciateci dai Padri costituenti?
1°) Quando si apre una crisi di governo, il pallino passa nelle mani del Capo dello Stato che agisce secondo la sua discrezione ed il suo convincimento.
2°) E’ suo diritto/dovere procedere a consultazioni, dare mandati esplorativi, tentare la formazione di un nuovo esecutivo (di cui nomina sia il premier che i ministri) che è vivo già all’atto del giuramento, ma che, per essere vitale, ha bisogno di un voto di fiducia delle Camere.
3°) Tocca comunque al Presidente della Repubblica — e non a Salvini – convincersi che non esistono alternative alla fine anticipata della legislatura e procedere di conseguenza, sentiti i Presidenti delle Camere.
E’ bene ricordare che, dopo le elezioni del 2018, Mattarella, pur di far decollare la legislatura (per come era composto il quadro politico uscito dalle urne, anche allora vi sarebbero state le condizioni per rimandare tutti a casa) arrivò persino a promuovere un governo (Cottarelli) con inclusa una clausola di dissolvenza automatica, qualora fossero maturate le condizioni di una soluzione stabile.
Poi, pur di dare un esecutivo al Paese, accettò persino il parto podalico del governo Conte, a procedura del tutto invertita. E non si venga a dire che la maggioranza giallo-verde avesse avuto il mandato dagli elettori e che i programmi fossero conformi.
Si trattò di un inciucio talmente spregiudicato da fare il giro del mondo e dall’essere assunto come modello del sovranpopulismo in marcia.
Che cosa ci sarebbe non solo di illegittimo, ma anche di scorretto, se un eventuale governo di garanzia – promosso dal Capo dello Stato, con un programma limitato ad affrontare talune delle tante emergenze del Paese e a mantenere attivo il canale di comunicazione con Bruxelles aperto da Conte e da Tria — ottenesse via libera, ancorchè travagliata, in Parlamento?
Una scelta siffatta sarebbe preferibile anche nel caso che al nuovo governo, privo di fiducia, toccasse di gestire soltanto l’ordinaria amministrazione. A fronte di tale prospettiva (che inevitabilmente dovrebbe coinvolgere il Pd e il M5S — Grillo lo ha capito, forse anche Renzi – magari anche qualche forzista non ”totizzato”) si è urlato all’inciucio.
Non solo da parte di Salvini il quale reagisce come se la disobbedienza ai suoi ukase equivalesse ad un colpo di Stato; ma persino da parte di Zingaretti e compagni. In sostanza, il Capitano, per arroganza, bullismo, tracotanza si è messo nel sacco da solo.
Se ne è accorto e cerca di uscire (la sua ultima conferenza stampa ha dato assicurazioni a tutti, dalla Ue ai mercati).
Invece di legarcelo dentro i suoi oppositori lo aiutano a uscire, perchè — sostengono — tutto ciò che si fa contro Salvini lo aiuta e lo rafforza. E chi lo ha detto?
Che cosa potrebbe fare il Capitano: mettere in sciopero l’UGL? Inventarsi una marcia su Roma? Ma Salvini non è il leader del partito più vecchio d’Italia che ha preso parte a tutti i governi Berlusconi?
Un anno fa un osservatore che avesse previsto il finale a torte in faccia del governo del cambiamento sarebbe stato considerato un po’ folle. Si dice che non si possono alleare i partiti che hanno fatto il jobs act e quelli del reddito di cittadinanza.
Ma risulta forse che il M5S — al di là delle sparate di Di Maio – abbia messo in discussione il pacchetto-lavoro del governo Renzi se non per aspetti tutto sommato secondari?
Poi vi è lo spettro del Russiagate. Sul piano politico vi sono delle novità da considerare. Se l’atteggiamento verso l’Unione europea e l’euro è il vero discrimine della lotta politica, non si può dimenticare che i parlamentari pentastellati sono stati determinanti con i loro voti per la elezione di Ursula Von der Leyen, sia pure a conclusione di una campagna che era iniziata reggendo la coda ai gilet gialli.
Questa ”svoltina” ha una ricaduta positiva anche in Italia. Giuseppe Conte è riuscito a convincere i pentastellati a non reagire alla sconfitta elettorale del 26 maggio, tornando sulle barricate. Li ha persuasi, invece, a ”romanizzarsi” quel tanto che basta per tirare a campare (e trovare una posizione nel nuovo quadro politico).
Un filo questo che porta a Bruxelles, passando per il Quirinale. Nell’ultima chiamata prima della guerra civile — sono parole di Rino Formica — nulla può più essere come prima, anche sul piano delle alleanze.
L’Italia, con l’aiuto dell’Europa, ha un problema primario: combattere i conati di sovranismo ovvero di un mix maleodorante che amalgama populismo, culto della personalità e fuhrerprinzip. In questa battaglia c’è posto per tutti. Ognuno è benvenuto; lo sono persino i ”badogliani” del M5S.
Quanto al popolo, non facciamoci illusioni. Ricordiamoci l’invito di Hanna Arendt a non confondere il popolo con la plebe che è sempre pronta a scegliere Barabba.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
IL PERCORSO DELLA CRISI: OGGI ALLE 16 CAPIGRUPPO IN SENATO… GRASSO PROPONE UNA TRAPPOLA ANTI-SALVINI
L’obiettivo è definire il percorso della crisi di Governo, ma potrebbe non bastare la giornata di oggi.
Alle 16 è prevista al Senato la conferenza dei capigruppo e gli occhi sono puntati sulla presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati. In una nota, la seconda carica dello Stato chiarisce però da subito che se non ci sarà unanimità fra i presidenti dei senatori dei partiti non sarà lei, ma l’Aula del Senato a doversi pronunciare.
La convocazione dell’Assemblea, nell’ipotesi in cui il calendario dei lavori non venga approvato in capigruppo all’unanimità , non costituisce forzatura alcuna, ma esclusivamente l’applicazione del regolamento” dichiara il presidente del Senato: “L’art. 55, Comma 3, prevede infatti che sulle proposte di modifica del calendario decida esclusivamente l’Assemblea, che è sovrana. Non il presidente, dunque”… “In un momento cosi’ delicato per il paese, l’unico metro possibile da adottare a garanzia di tutti i cittadini è il rispetto delle regole”.
Il senatore Pietro Grasso, in un post su Facebook, propone una ‘trappola’ che le opposizioni unite possono mettere in campo per impedire il blitz di Matteo Salvini per sfiduciare il Governo e andare al voto al più presto. “Se 5 Stelle, Pd e Misto sono scaltri, Salvini non potrà vincere questa partita e umiliare il Parlamento col suo 17% di voti” scrive il senatore di Leu, ex presidente del Senato Pietro Grasso (LeU), che già guarda a un voto dell’Aula di Palazzo Madama sul calendario: “Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia in Senato NON hanno la maggioranza di 161 voti necessaria per imporre nulla. Basterà contarsi prima: se i senatori di centrodestra sono meno degli altri si potrà votare il calendario in Aula, e fissare la discussione per il 20 agosto (o il 21, o il 22). Se invece sono di più, semplicemente se gli altri non entreranno in Aula il centrodestra non avrà mai il numero legale per il blitz, e saranno costretti a rimandare di giorno in giorno l’Assemblea. In questo modo Salvini, ogni giorno più nervoso e contestato, capirà che il Parlamento non è a sua disposizione, per ora”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
PRONTA LA SCISSIONE PARLAMENTARE CON “AZIONE CIVILE”: “SE IL GOVERNO TIENE, SALVINI SI SGONFIA”… IPOTESI PREMIER DI UNA FIGURA NON DIVISIVA COME CANTONE O BELLONI
“Voglio che sia una separazione consensuale, amichevole”. Matteo Renzi annuncia ai suoi
che è necessario passare subito all’azione: “Azione Civile” è il progetto che l’ex premier metterà in campo già da oggi per separare dal Pd un nuovo gruppo parlamentare che dia pieno sostegno a un Governo istituzionale, affidato a una figura terza, un tecnico, che non solo impedisca di andare al voto in autunno, ma guardi all’obiettivo 2023, alla fine della legislatura.
Già nella giornata di oggi c’è spazio per prime mosse: un’ora prima della Conferenza dei capigruppo del Senato, prevista alle 16 e chiamata a decidere il percorso della crisi di Governo, si riunirà infatti il gruppo parlamentare del Pd di Palazzo Madama.
Renzi confida che la sua posizione trovi terreno fertile anche nel Pd, visto che molti padri nobili del centrosinistra si sono già espressi contro il voto subito e per una stabilità istituzionale nel Paese.
Per Renzi l’obiettivo primario è far saltare lo schema di Salvini sul voto subito. “Se c’è un Governo che tiene, Salvini si sgonfia” ha assicurato l’ex premier parlando con i suoi fedelissimi, spiegando che certamente verrebbero al pettine tanti nodi che riguardano il leader leghista, dai rapporti con l’Europa fino alle vicende giudiziarie.
Azione Civile si porrebbe come base parlamentare del nuovo Governo istituzionale. Renzi immagina un esecutivo affidato a una figura terza, non divisiva. Tra i profili su cui si ragiona, il magistrato Raffaele Cantone, già presidente di Anac, e la diplomatica Elisabetta Belloni, segretario generale del Ministero degli Affari Esteri.
“Dobbiamo ribaltare la posizione di Salvini e togliere di mezzo l’ipotesi del voto, che sarebbe deleteria per l’Italia” è la convinzione di Renzi, che guarda ben oltre il Governo di scopo, immaginando un esecutivo capace di guardare alla fine della legislatura, quindi anche affronti il tema dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, visto che il mandato settennale di Sergio Mattarella scade nel 2022.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
SI PROSPETTA IL RITORNO AL VECCHIO CIARPAME CHE AVEVA PORTATO LO SPREAD A 500 E L’ITALIA AL FALLIMENTO, TRA SCANDALI E MIGNOTTE: E’ IL NUOVO CHE AVANZA
Matteo Salvini va al voto con Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Dopo gli annunci sulla corsa solitaria e i conti dei sondaggi che gli spiegavano il rischio sconfitta di un soffio, il Capitano annuncia in un’intervista al Giornale che il vecchio caro centrodestra, che sembrava giubilato dal contratto Lega-M5S, tornerà in campo per le prossime elezioni.
Con l’annuncio Salvini si trae d’impaccio dal rischio che Forza Italia faccia il governo con Renzi e il PD contro di lui ma si porta a casa anche il malumore di chi considerava Silvio come parte del problema e un sostenitore dell’Europa.
Nell’intervista che rilascia ad Alessandro Sallusti, Salvini alla fine annuncia che chiede a Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi “di andare insieme oltre il vecchio centrodestra”, qualunque cosa ciò voglia dire.
Il dato di fatto è che Salvini si porta con sè il “vecchio” Berlusconi che aveva svillaneggiato in più occasioni all’inizio della legislatura, quando il patto con i grillini sembrava più solido, e fa il contrario di quello che gli suggeriva la Meloni, che invece voleva tenere fuori dalla corsa il Cavaliere per spartirsi più facilmente il potere tra Lega e Fratelli d’Italia.
Con la mossa Salvini si assicura la pole position nei sondaggi e ipoteca il risultato finale visto che adesso soltanto una clamorosa (e inaspettata) rimonta di uno dei due poli può distoglierlo dalla soglia del 41% che basta con il Rosatellum per portare a casa la vittoria in entrambe le Camere. Poi però inizierà il difficile. Ci sarà da governare.
E la situazione si riproporrà identica a quella che ha lasciato sciogliendo il governo Conte.
(da agenzie)
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Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
LEGHISTI VENETI CONTRO SALVINI E A FAVORE DI ZAIA: “INVECE DI FARE IL PAGLIACCIO IN SPIAGGIA PENSA ALL’AUTONOMIA DEL VENETO”
Che l’aria stia cambiando intorno a Matteo Salvini non lo testimonia soltanto l’emorragia
di fan dalla sua pagina. C’è anche la sequela di insulti ricevuti proprio sul suo terreno più congeniale, Facebook, dai seguaci del governatore del Veneto Luca Zaia.
Racconta oggi Enrico Ferro su Repubblica:
La rivolta social dei veneti si scatena venerdì, quando Zaia rilancia nella sua pagina ufficiale due dirette Facebook di Salvini impegnato prima a Pescara e poi a Campobasso per quello che è, di fatto, l’inizio della campagna elettorale che porterà a nuove elezioni. Il governatore del Veneto, con astuzia, si limita a condividere le dirette invitando i suoi elettori a lasciare qualche commento.
Apre le danze Rosanna Franceschini: «Apprezzo lei signor Zaia, ma non il suo rappresentante di partito. Mesi e mesi di banderuole e di campagna elettorale continua. Ha solo parlato e girato sagre e spiagge. Di lavoro poco e ora che vi erano tante decisioni da prendere fugge. Vergognoso».
Fioccano altri i commenti. Laura Bardini: «Apprezzo il suo operato, Zaia, ma non quello di Salvini».
Gianna Andriolo: «Ben presto finirà di fare il pagliaccio in spiaggia e si leccherà le ferite».
È evidente che le contestazioni arrivano perchè Salvini viene accusato di essere troppo vicino al Sud e di aver fatto saltare l’Autonomia del Veneto:
Chi conosce bene le dinamiche della Lega in Veneto non crede che tutto questo sia frutto del caso. Luca Zaia ha un indice di gradimento altissimo nel panorama nazionale dei governatori delle Regioni e Salvini lo sa. Forse anche per questo motivo ha trasformato il percorso verso l’autonomia del Veneto in un tira e molla spesso indigesto proprio a Zaia, che di questa riforma ha fatto una bandiera.
Le battaglie vinte negli ultimi mesi, dalle Olimpiadi Milano-Cortina del 2026 fino al riconoscimento delle colline del Prosecco come patrimonio Unesco, hanno contribuito a rafforzare l’immagine del leader veneto.
«Salvini burattino dei potenti, da Berlusconi a Putin» scrive Mario Sorrentino sulla bacheca di Zaia. E la Bestia continua a mordere il suo padrone.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 12th, 2019 Riccardo Fucile
LA DIRETTA FB DI MORISI OGNI TANTO SI INTERROMPE PER NON FAR SENTIRE I BOATI DI PROTESTA
Il comizio di Matteo Salvini a Siracusa è stato contraddistinto da fischi e contestazioni da parte di centinaia di persone: si sono sentiti distintamente i cori “Buffone, Buffone” e i fischi durante l’intervento del Capitano persino nei video dei suoi sostenitori.
Uno dei presenti sostiene che sia stato alzato in più occasioni il volume della musica per coprire i fischi
E anche nelle tante dirette dal palco si sentono distintamente i fischi
La diretta sulla pagina di Salvini è stata interrotta in molte occasioni: secondo la pagina FB di Matteo — che continua a perdere fan dopo l’annuncio della rottura con il MoVimento 5 Stelle — a causa di problemi tecnici; secondo altri per evitare di far sentire i tanti fischi che arrivavano.
(da “NextQuotidiano”)
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