Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
SI ERA DIMESSO PER EVITARE CHE SI VENISSE A SAPERE IL REALE MOTIVO… CLASSE DIRIGENTE AL SUD SEMPRE BEN SELEZIONATA, TANTO PER CAMBIARE
Fino a qualche ora fa, l’unica notizia sulle dimissioni di Claudio Falchi, segretario della Lega a Riace ed eletto in Consiglio comunale nella lista “Riace rinasce, trasparenza e legalità ”, guidata dal sindaco Antonio Trifoli, era quella che attribuiva a non meglio precisate “questioni familiari” la sua decisione di lasciare la politica riacese.
Questioni che era stato lo stesso Trifoli a confermare, smentendo qualsiasi problema interno alla maggioranza.
Ma quelle dimissioni altro non erano se non un tentativo di giocare d’anticipo per nascondere una verità diversa: l’incandidabilità di Falchi a causa di una condanna definitiva per bancarotta fraudolenta.
La notizia è arrivata a Riace proprio nel giorno in cui il suo ex sindaco Mimmo Lucano ha potuto rimettere piede nel suo paese, grazie alla revoca del divieto di dimora imposta fino a ieri dal tribunale di Locri per i reati contestati nell’ambito del processo “Xenia”.
L’incandidabilità di Falchi, almeno nei corridoi del Comune, non era affatto una novità di ieri.
La notizia era stata comunicata al presidente del Consiglio comunale già lo scorso 28 agosto, quanto la Prefettura ha inviato al municipio la nota relativa agli accertamenti sul consigliere.
Ed è in quel documento che viene riportata la sentenza di condanna del tribunale di Milano, divenuta irrevocabile il 7 dicembre 2003, a due anni per bancarotta fraudolenta. Il ministero dell’Interno, dunque, con nota del 27 agosto ha confermato la causa di ineleggibilità , come previsto dalla legge 235 del 2012. E da quella comunicazione la Prefettura è partita per invitare il presidente del Consiglio a convocare l’assemblea.
Lo scopo, si legge nel documento, era quello di comunicare lo status dell’ormai ex consigliere Falchi all’intero corpo consiliare. Ma così non è stato, tanto che quando Maria Spanò — candidata a sindaco nella lista di Lucano e battuta da Trifoli alle elezioni di maggio — ha chiesto spiegazioni su quella nota, il clima consiliare si è infiammato, tanto da impedirne il prosieguo e, soprattutto, senza che tale comunicazione fosse resa nota alla minoranza.
Per evitarne la comunicazione, infatti, Falchi è arrivato all’appuntamento in aula dopo aver rassegnato le proprie dimissioni, decisione comunicata lo stesso 28 agosto.
Insomma, un tentativo in extremis di non far uscire dal Palazzo la notizia. Senza, però, riuscirci.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
PER UN VESTITO SCOLLATO LE DA’ DELLA PROSTITUTA, ORMAI DILAGANO I SEDICENTI FASCISTI DA AVANSPETTACOLO
Non si è ancora placata la polemica sulla ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova e il suo look quirinalizio e nel mirino degli odiatori che popolano la Rete finisce la collega Paola De Micheli.
Un militante di Casapound ha infatti ripubblicato una foto della ministra delle Infrastrutture immortalata durante la seduta della Camera con un vestito con una profonda scollatura.
E accanto all’immagine il commento: “Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti… appena staccato dal turno sulla Salaria”.
Un chiaro riferimento alla consolare romana popolata dalle prostitute. Andrea Cpi, l’uomo che ha postato la foto l’ha poi cancellata, ma oramai era troppo tardi. Nel Pd è scoppiata la rivolta e la protesta contro questo ennesimo atto di sessismo.
Davide Faraone rilancia il post su Facebook. E scrive: “La De Michelis presa per prostituta da un fascista di CasaPound senza alcuna dignità . Sono talmente maschilisti da non riuscire minimamente a valutare il lavoro di una donna. Non conta quello che hanno fatto o come potrebbero svolgere il ruolo di ministro, conta se hanno il dècolletè, se hanno il vestito blu elettrico, se sono grasse o hanno le labbra rifatte”.
“Immagino che al tipo di CasaPound che ha appena dato della prostituta alla nostra Paola De Micheli, ministro delle Infrastrutture, passerà in tribunale la voglia di offendere ancora. Intanto solidarietà a Paola ed un abbraccio”, twitta Emanuele Fiano. Che osserva: “La Rete è troppo piccola per contenere tutti i frustrati che si sfogano contro le donne in politica. Di qualsiasi partito siano, a loro andrà sempre la mia solidarietà . Denunciate, denunciate, denunciate questi poveretti della tastiera. Gli passerà la voglia”, dice ancora il deputato dem.
“Ancora insulti sessisti nei confronti di una donna che rappresenta il Paese e serve le istituzioni”, commenta la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, che su Twitter manifesta “piena solidarietà a Paola De Micheli”. “La volgarità e l’ignoranza degli attacchi – dice – non scalfiranno il suo e nostro lavoro. Sconfiggere l’odio diffuso nella rete è una nostra priorità “.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
L’ITALIA UNA VOLTA NON ERA COSI’, MA RIPULIREMO QUESTO SCHIFO, FOSSE ANCHE L’ULTIMA COSA CHE FAREMO
Per due giorni non ha preso sonno, Rayem. Continuava a piangere, non la smetteva più. Piangeva e chiedeva: “Perchè? Cosa ho fatto di male, papà ?”.
Quello che ha fatto di “male”, Rayem, figlio di genitori marocchini, è stato ciò che fa ogni bimbo di tre anni, di qualunque colore o nazionalità , ad ogni latitudine: avvicinarsi a un altro bambino come lui, a una neonata in culla, per curiosità , per giocare, per confrontarsi col mondo che lo circonda.
Quello che ho visto fare a mio figlio ogni singolo giorno da quando, un anno e mezzo fa, sono diventato padre.
Solo che non siamo più in un Paese normale da tanto tempo. Siamo in Italia, dove accade che un omuncolo, un criminale (scusate, non riesco proprio a chiamarlo papà ) per quel meraviglioso gesto di apertura ti prenda a calci. A calci, avete capito. A tre anni.
Ti faccia fare un salto di due metri, prima di accasciarti a terra. In pieno giorno, nella via centrale di Cosenza.
I lividi e le contusioni passeranno, prima o poi. Ma le ferite psicologiche, quelle non basteranno anni per ricucirle.
Per un attimo ho provato a mettermi nei panni di Bouazza, il papà di Rayem. Come glielo fai a spiegare a un bambino di tre anni che non è stato preso a calci per il suo gesto ma per il colore della pelle che porta?
Come glielo racconti che nel 1995, quando Bouazza è arrivato qui, l’Italia era un luogo pieno di limiti e contraddizioni, ma non era un Paese razzista?
Eppure quando leggo la storia di questi due bambini, le vittime che vedo sono due: Rayem, certo. Ma forse prima ancora, quella neonata in culla che con questo razzismo, con questo vuoto culturale dovrà crescere, conviverci.
Se avessi qui davanti Rayem, lo stringerei forte per fargli sapere che quelli che hanno sbagliato siamo noi, noi adulti, incapaci di lasciargli in eredità una società appena decente da permettere a due bambini di potersi ancora guardare negli occhi, toccare e cercare senza avere paura.
Il suo diritto è quello di essere e comportarsi solo come un bambino.
Il nostro dovere è ripulire tutto questo schifo, fosse anche l’ultima cosa che faremo.
Lorenzo Tosa
(da TPI)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
LA FUGA DALLA DITTATURA, I LAGER LIBICI, L’ARRIVO IN ITALIA … GRAZIE AL SUO TALENTO DI ATLETA SI INTEGRA E TROVA LAVORO ALLA DECATHLON AD ALBA… LA TITOLARE: “PUO’ ANCHE NEVICARE MA LUI ARRIVA SEMPRE PUNTUALE, SI FA 16 CHILOMETRI IN BICI”
Il motto di Omar, profugo atleta, è never give up running and smile, non smettere mai di correre e di sorridere.
Dal Gambia dov’è nato 23 anni fa è scappato nel momento più brutto della dittatura di Yahya Jammeh, uno dei regimi più oppressivi al mondo, tra islamizzazione radicale, tentativi di golpe, violenze e fame.
Quando nel 2016, a soli diciannove anni, rimase solo al mondo, decise di fuggire di corsa dal regime che aveva insanguinato il suo Paese senza mai girarsi indietro, una fuga della speranza e della disperazione. Ci vuole del coraggio per dire addio alla terra nella quale uno è nato, e partire per migliaia e migliaia di chilometri in pantaloncini, maglietta e scarpe da ginnastica.
E senza soldi, a parte qualche spicciolo che si era guadagnato lavorando nei cantieri. Da solo. “Essere coraggioso non significa non avere paura, ma vuol dire andare avanti sempre e comunque. Fai il primo passo, e ciò che vuoi ti verrà incontro”.
“Stipato su un pullman dove eravamo accalcati uno sull’altro ho attraversato Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger per arrivare nel deserto libico dove di giorno soffocavo dal caldo sabbioso. Di notte tremavo per il freddo. Presto sono finite le scorte di acqua e siamo rimasti due giorni senza bere”. Omar arriva stremato in Libia, dove finisce in un campo di raccolta profughi.
E qui vede l’inferno. “Gli arabi trattavano malissimo noi africani – racconta – bastava contraddirli, non fare quello che ordinavano, e scattavano pestaggi bestiali, rappresaglie crudeli, torture. Ho visto gente massacrata di botte e non smettevano di picchiarli neppure quando cadevano a terra feriti e insanguinati. Ho visto stuprare le donne”.
Omar riesce a sopravvivere in quel girone dantesco, in un mese e mezzo, con lavori saltuari, si procura la somma di denaro che gli era stata richiesta dagli scafisti per traghettare il Mediterraneo. “Un giorno arrivano due boss, ci chiamano e ci chiedono ‘chi di voi sa guidare una barca?’. In due alzano la mano”.
“La mattina dopo all’alba ottanta di noi, c’erano anche donne e bambini, salgono su un barcone, gli scafisti ci portano a cento metri da riva, poi si buttano in acqua e tornano indietro a nuoto. Proseguiamo da soli e dopo diverse ore di navigazione sbarchiamo a Lampedusa”.
Omar, quando tocca terra, piange di felicità . Sa che d’ora in avanti la corsa può ricominciare, questa volta le sue falcate non serviranno per lasciarsi alle spalle una dittatura, ma per andare incontro al futuro. “Amo sempre sorridere, non credo che i temporali durino per sempre. Il sole sorgerà di nuovo”.
Viene accolto nei “centri immigrazione” della Sicilia, di qui parte per Torino dove viene ospitato dalla Croce Rossa, quindi finisce a La Morra, piccolo borgo sulle langhe. Dove ben presto si integra proprio grazie alla corsa. “So cosa significa stare male, e non voglio che nessun altro si senta in quel modo”.
“Quando arrivo ero solo, completamente solo. Tristissimo. Non conoscevo nessuno. Comincio a frequentare la scuola per imparare l’italiano, e qui conosco i primi amici con i quali ho cominciato ad andare a correre. Uno di loro un giorno mi dice, ‘Omar, corri troppo bene, vieni con me, ti porto in una squadra di atletica’. Da quel giorno la mia vita è cambiata, ho fatto la mia prima gara con le scarpe bucate e l’ho vinta. Mi hanno subito tesserato alla Fidal. E ben presto sono entrato a far parte anche di una squadra di calcio”.
Omar non si ferma mai, lotta come un leone. “Da piccolo mi dissero, ‘sii la persona di cui avevi bisogno da bambino’. Questo insegnamento mi ha trasformato nella persona onesta che sono oggi”.
Ogni giorno, anche quando fa freddo piove e nevica, in bicicletta macina 16 chilometri per raggiungere il campo di atletica o quello di calcio. Studia, impara la lingua. Manda il suo curriculum in giro. Gli risponde Decathlon, il primo colloquio è per una posizione come stagista.
Al funzionario dell’ufficio Personale che gli chiede notizie, cosa sa fare, mostra il cellulare dove c’è il video di una sua gara. “So correre”. Al termine dello stage di sei mesi, per merito gli viene proposto un contratto di lavoro.
È stato così che è tornato a sorridere. E che la sua storia finisce su Facebook diventando virale. “È come se fossi rinato, sono circondato da persone che mi vogliono bene e mi fanno sentire a casa”.
“Omar, 22 anni – ha postato Erika Siffredi, dell’ufficio Personale Decathlon – ha un permesso di soggiorno come richiedente asilo, è sbarcato a Lampedusa tre anni fa dopo un viaggio durato quasi 2 mesi. Si è presentato ad una giornata di selezione, parlava male l’italiano ma era sorridente. Un sorriso a trentadue denti che aveva tanto da raccontare. Durante il colloquio ha tirato fuori il cellulare per farmi vedere un video in cui stava partecipando ad una gara di corsa. Sì, Omar è un runner, uno di quelli veloci”.
“In questi mesi ha imparato tanto ma soprattutto ci sta insegnando tanto. Lui arriva sempre in anticipo in sella alla sua bicicletta e non importa se fuori ci sono 40 gradi o sta diluviando, lui è sempre puntuale ma soprattutto Omar è sempre felice”.
“Non è stato facile ma Omar ce l’ha fatta e oggi la firma di questo contratto di lavoro ha un sapore diverso, anche per me. Buona strada ragazzo. Si aggiunge quindi un rappresentante del Gambia a quelli del Pakistan, Argentina, Marocco, Macedonia, Croazia, Francia e Inghilterra presenti nel nostro negozio. A noi l’Italia piace così”.
E non solo a loro.
(da “La Repubblica“)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
LA FOGNA RAZZISTA NON APPREZZA, MANCA POCO CHE SANTIFICANO QUEL SOGGETTO INFAME
Oggi Giorgia Meloni ha avuto la nobile idea di pubblicare sulla sua pagina facebook un post di condanna nei confronti di quanto accaduto a Cosenza, dove un uomo ha dato un calcio nello stomaco a un bambino di tre anni che aveva accarezzato suo figlio neonato in carrozzina.
“Un atto disumano che mi lascia senza parole. I responsabili paghino severamente per quello che hanno fatto. Al piccolo e alla sua famiglia il mio abbraccio”, ha scritto Meloni sulla sua pagina Facebook.
E nello spazio di commenti c’è chi si è scatenato.
C’è chi dubita che l’episodio sia realmente avvenuto, nonostante i testimoni
C’è chi ha detto esplicitamente che sono i bambini africani ad essere violenti e maleducati e i genitori lasciano fare tutto:
Ma il tema più gettonato è, come al solito, l'(inventata) invasione che è “senza contrasto”, per giustificare l’aggressione a un bimbo
Peccato che invece grazie alle telecamere di videosorveglianza nel giro di due giorni l’uomo sia stato individuato: si tratta di T.D. di 22 anni, fratello di un collaboratore di giustizia. Insieme alla moglie, M.V., di 24 anni, dovrà rispondere di lesioni personali.
Infine c’è quello che dice che Giorgia Meloni è stata “una delusione”.
Che tristezza.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
“NON SIAMO TUTTI UGUALI” E SI SCUSA PER GLI ARTICOLI DEL SUO GIORNALE
«Ieri abbiamo pubblicato due articoli che mi hanno dato sui nervi». L’editoriale firmato da Vittorio Feltri oggi su Libero riguarda il caso delle offese nei confronti di Teresa Bellanova, ministra dell’Agricoltura fresca di nomina, criticata tanto per il vestito indossato durante il giuramento al Quirinale quanto per avere “solo” la terza media.
Con buona pace del suo passato da bracciante e il suo lavoro da sindacalista in prima linea contro il caporalato.
Con un colpo di coda il direttore di Libero decide di scostarsi dalla posizione assunta dal suo giornale nei giorni precedenti.
Per quanto cerchi di mitigare i toni ribadendo l’assoluto rispetto per i colleghi autori dei precedenti articoli.«Questo nostro Libero se non altro è capace di sorprendere — scrive Feltri — In redazione non siamo tutti uguali, c’è chi la pensa in un modo e chi in un altro, e siamo capacissimi di tollerare ogni opinione, soprattutto quelle che personalmente non condivido». Il riferimento è ai pezzi firmati da Antonio Barbieri (definito «ottimo giornalista»).
«Mi scuso con la ministra per quanto gratuitamente abbiamo scritto di lei» scrive Feltri. In primo luogo, spiega il direttore di Libero, perchè la mancanza di titoli accademici della ministra Bellanova, non è un indicatore adeguato della competenza della stessa.
Questo perchè, sottolinea Feltri, «Una donna che ha iniziato a impegnarsi quale bracciante a 14 anni suscita in me solo ammirazione. Non me la sento di criticarla perchè non è andata oltre la scuola secondaria, dovendo sgobbare nei campi. Anzi, la apprezzo».
Il giornalista aggiunge ammirazione ad ammirazione, lodando Bellanova per il suo percorso personale e professionale che la ha portata a «passare dalla zolla all’amministrazione dello Stato».
Per quanto riguarda il capitolo “look” invece — o più propriamente il body-shaming di cui è stata vittima Bellanova — Feltri difende la libertà di ciascuno di vestirsi secondo il proprio gusto e il proprio portafoglio, sottolineando come gli aspetti meramente estetici abbiano poco a che fare con l’attività politica di una persona.
«Peraltro l’abito di Bellanova mi è sembrato perfettamente acconcio», aggiunge il giornalista. Che conclude le sue scuse alla neo-ministra affermando: «Forza Bellanova cara, io sono dalla tua parte. Giacchè so che le donne non hanno vita facile benchè siano in genere più brave degli uomini, almeno più serie. Se tu sei comunista, pazienza, ce ne faremo una ragione e semmai ti manderemo al diavolo per la tua politica e non per il resto. Vedremo».
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
DAL NUMERO DEI SOTTOSEGRETARI ALLA PRESIDENZA DEL COPASIR
Nell’attesa del discorso di Giuseppe Conte a Camera e Senato, che si terrà lunedì prossimo, la neonata alleanza giallo-rossa infligge gli ultimi colpi all’ex alleato di governo Matteo Salvini e alla sua Lega.
In accordo con il premier, garante dell’intesa, Luigi Di Maio ha voluto dare ai dem un segnale di apertura concedendo loro un numero di sottosegretari maggiore rispetto a quello ottenuto a suo tempo dal Carroccio.
Al Pd al prossimo Consiglio dei ministri verranno assegnati quattro/cinque posti di sottogoverno in più rispetto ai 15 ricoperti dalla Lega fino a qualche giorno fa: si tratta di viceministri ma soprattutto di uno stuolo di sottosegretari, il cui numero raggiunge quasi quota 20 unità , che affiancheranno i colleghi pentastellati.
Il totonomi sembra ormai volgere al termine.
Secondo quanto riportato da Carmelo Lo Papa su Repubblica, sembrano esserci pochi dubbi su Emanuele Fiano vice o sottosegretario agli Interni, come per Antonio Misiani al Mef. Anna Ascani andrebbe invece all’Istruzione, Marina Sereni alla Sanità , Andrea Martella all’Ambiente, Walter Verini alla Giustizia, Lia Quartapelle agli Esteri.
Di Maio nel frattempo cerca di tranquillizzare i suoi confermando, sembra, Laura Castelli al Mef e Manlio Di Stefano alla Farnesina, ipotizzando l’ex ministro dei Trasporti Toninelli nuovo capogruppo al Senato e Francesco D’Uva alla Cultura.
Nel frattempo anche la successione al vertice del Copasir diventa una nuova potenziale occasione per infliggere un ulteriore schiaffo a Matteo Salvini.
Dopo l’addio di Lorenzo Guerini, nel frattempo andato alla Difesa, il nome favorito sembra essere quello di Adolfo Urso in quota Fratelli d’Italia.
Va ricordato infatti che la presidenza del Copasir — Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica — viene attribuita per legge all’opposizione, in un’ottica di bilanciamento di poteri che assegna a Palazzo Chigi la delega ai servizi segreti.
Ora, tanto i dem quanto i cinque stelle sembrano seriamente intenzionati a piazzare alla presidenza del Copasir una figura che sia quanto più possibile distante da Matteo Salvini; per questo è iniziata a trapelare l’intenzione di nominare un esponente di Forza Italia che, come previsto dalla legge, si trova all’opposizione come Lega e Fratelli d’Italia.
Per ora, tuttavia si tratta solo di voci di corridoio e indiscrezioni, e Forza Italia stessa non ha voluto sbilanciarsi. «Del Copasir ne parleranno Berlusconi e Salvini», ha chiosato Tajani rinviando la discussione a un prossimo incontro tra i due leader.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
LO AVREBBERO ELIMINATO “I POTERI FORTI”? MA SE E’ STATO DI MAIO A NON RINNOVARGLI LA FIDUCIA VUOL DIRE CHE IL M5S E’ AL SERVIZIO DEI POTERI FORTI
Alessandro Di Battista, sparito da tre giorni come suo costume quando le cose si fanno difficili per il MoVimento 5 Stelle, è riapparso ieri notte su Facebook per non dire qualcosa. O meglio, per suggerirla. Anzi, per insinuarla.
Invece di farci sapere se gli piace o no il nuovo governo che il M5S ha formato con il Partito Democratico, tra l’altro a quanto pare apprezzatissimo dalla base su Rousseau, il Dibba che anche oggi diventa ministro domani ha deciso di far riemergere il sommergibile riprendendo un post che aveva scritto tempo fa su Toninelli e i Benetton: “Questo l’ho scritto tre mesi fa. Consiglio di farlo leggere a tutti coloro che negli ultimi mesi si sono scagliati contro Danilo. Buona serata”.
“Da quando Toninelli si è scagliato contro la famiglia Benetton ci hanno provato anche con lui. È vero, ha fatto qualche gaffe, ma possibile che aver pubblicato una foto in un momento sbagliato su Instagram o aver fatto qualche altro errore sia più importante che aver regalato le autostrade ai privati? Possibile che un verbo errato sia più importante delle mazzette? Danilo ha bloccato gli aumenti dei pedaggi per la gran parte delle tratte autostradali. Grazie a questa azione milioni di italiani hanno risparmiato un bel po’ di soldi. Danilo, dimostrando un coraggio da leone, ha tolto, in due ore, le deleghe al sottosegretario Siri coinvolto in una pesantissima inchiesta di corruzione. Danilo non si è piegato e per questo giornali, Tv e politici da quattro soldi, provano da mesi a spezzarlo.”
Ora però c’è un problema grosso come una casa.
Dibba suggerisce — anche se come suo costume da sommergibile non dice — che Toninelli fosse avversato dai poteri forti.
Non sfuggirà ai più che Toninelli, come Trenta, Lezzi e Grillo, non è stato riconfermato nella compagine governativa che il MoVimento 5 Stelle ha formato con il Partito Democratico.
Ma — e qui sta la parte interessante — il M5S è nato per combattere i poteri forti.
Se è vero quello che (non dice ma) dice Di Battista su Toninelli, allora questo significa che il M5S si è piegato ai poteri forti.
Ancora: siccome per quanto ne sappiamo i ministri li sceglie Di Maio, a questo punto è altrettanto evidente che Di Maio, se quello che insinua Dibba è vero, ha avuto un ruolo nel complotto.
Come mai questo Dibba non ce lo dice? E perchè mentre molti grillini si sono esposti a maree di insulti per l’ok al governo con il PD, Di Battista non si è sporcato le mani finora ma ha ricicciato solo per difendere Toninelli?
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
“UN PUPAZZO DIFFONDE ODIO DA QUANDO E’ NATO E TUTTO GLI E’ CONCESSO. UN PROFESSIONISTA USA UNA METAFORA SUL SUICIDIO POLITICO DI SALVINI E LE VITTIME SPALLEGGIANO IL CARNEFICE. FATE RIDE!”
Chef Rubio entra nella polemica che vede coinvolti Fabio Sanfilippo e Matteo Salvini, e lo fa esprimendo la sua solidarietà al giornalista di Rai Radio 1 sottoposto ad accertamenti disciplinari per un suo post dedicato all’ex ministro dell’Interno.
«Un pupazzo diffonde odio da quando è nato e tutto gli è concesso. Un professionista fa un discorso complesso in una missiva in cui parla di suicidio politico che è palesemente una metafora e che succede? Le vittime spalleggiano il carnefice! Fate ride tutti!», scrive su Twitter Rubio.
La vicenda. Lo scorso quattro settembre Sanfilippo si è rivolto a Salvini dalla sua pagina Facebook. Due i passaggi “incriminati”. Quando ha scritto: «Hai perso il posto da ministro, certo stai in Parlamento, ma con la vita che ti eri abituato a fare tempo sei mesi e ti spari nemico mio», letto da alcuni come se fosse un invito al suicidio. E poi quando, parlando dell’influenza negativa che l’ex premier ha avuto su due dei suoi nipoti, ha tirato in ballo la figlia di Salvini: «Mi dispiace per tua figlia, ma avrà tempo per riprendersi, basta farla seguire da persone qualificate. In bocca al lupo».
L’ex titolare del Viminale si scagliato contro Sanfilippo dalle sue pagine social e dai talk show televisivi, incassando anche l’appoggio di alcuni politici all’opposizione come Matteo Renzi.
Da qui l’indignazione di Chef Rubio che su Twitter ha scritto: «State facendo tutta sta pupazzata per un’espressione palesemente figurativa e inattuabile? Ma non ve vergognate?».
E poi rivolto ai politici dell’opposizione che hanno criticato il giornalista: «I politici tutti che si uniscono in un cordoglio ipocrita fanno pena, come quell’altro che mette in mezzo Gesù, amore e su fija. Massima solidarietà a Fabio Sanfilippo».
In poche ore #ChefRubio è diventato trending topic su Twitter. Centinaia i commenti ai suoi post
(da agenzie)
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