Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
IL CAPITONE SI SENTE SOTTO BOTTA PER UNA RIFORMA ELETTORALE CHE LO STERILIZZA… CON IL RITORNO AL PROPORZIONALE LE MAGGIORANZE SI FARANNO IN PARLAMENTO E NON CI SARANNO PIU’ “UOMINI SOLI AL COMANDO”
È facile facile, per una macchina da propaganda come Salvini: ”È nato il governo Conte-Monti”. È bastato l’endorsement del Professore, il mostro dell’austerity per i sovranisti. Vale mezzo discorso: “Volete fare la rivoluzione e ora vi ritrovate con Monti e Casini”.
Ancora più facile, dopo la successiva istantanea, quando Monti, uscendo dall’emiciclo, abbraccia il nuovo ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’Aula, si leggerà nello stenografico, “rumoreggia”.
Ecco, già si capisce quale sarà il format delle prossime settimane: “gli abusivi”, complici di Bruxelles, aggrappati alle poltrone perchè timorosi della volontà degli italiani. E il bersaglio, simbolo del tradimento, “l’uomo che sussurrava alla Merkel, diventato l’uomo della provvidenza dell’establishment. Sentite qui, lo sfregio alla vanità dell’avvocato Conte: “Lo stile è sostanza, non apparenza, non dipende solo dalla cravatta, dalla pochette, dal capello ben pettinato”.
Il destinatario, toccato nella considerazione di sè, si morde il labbro. Poi, nella replica, risponde rivolto solo a Salvini, in un nuovo capitolo di una tenzone che assomiglia quasi a un affare privato: “Con una certa arroganza una forza politica unilateralmente ha deciso di portare l’Italia alle elezioni, di volerci arrivare da ministro dell’Interno e sempre unilateralmente e arbitrariamente di concentrare definitivamente nelle proprie mani tutti i poteri: pieni poteri”.
Appunto il format: il paladino del popolo, delle piazze, della sovranità inespressa contro il paladino dell’antisovranismo, che vive il proprio ruolo in modo così messianico da permettersi il lusso di non nominare, neanche una volta, i partiti che lo sostengono.
Proprio così, neanche una volta. In questo dettaglio c’è un tema politico.
Non è un caso che Salvini non attacca mai Luigi Di Maio, anzi ne sottolinea l’assenza in Aula durante il suo discorso, come ieri ne aveva sottolineato il volto da sfinge.
Così come il premier è impegnato a scavare un solco, un punto di non ritorno irreversibile tra il Movimento e la Lega, Salvini è impegnato a gettare benzina sul fuoco delle inquietudini dei Cinque stelle e del ministro degli Esteri che questa operazione l’ha subita. Diciamola così: spera che, lì dentro, prima o poi scoppino e accada qualcosa.
Calcolo o disperazione, il dibattito è aperto.
Si capisce però quale sia il rovello che lo turba, la preoccupazione rivelata da un volto più stanco e più cupo. E da un discorso che non ha la tracotante arroganza di un comizio, e questa è una notizia.
Perchè, dicevamo, il bersaglio c’è, ed è facile. Ma è lo sbocco che non si intravede. L’uomo che ha avuto in mano l’Italia sognando la spallata plebiscitaria già vede la palude, ovvero un cambio delle regole che lo consegni all’impotenza.
Chiamiamo le cose col proprio nome: la legge elettorale proporzionale, su cui la discussione è già avviata.
Salvini freme, invoca il popolo, annuncia una raccolta firme contro la legge elettorale che “legittima l’inciucio” e il ritorno al “pentapartito”.
Il suo discorso trasuda frustrazione, propria di chi ha tanti voti ma non sa dove portarli, un po’ come chi ha tanti soldi ma non sa come spenderli, un po’ come la Le Pen che più volte è arrivata prima, ma non ha mai vinto.
Parliamoci chiaro: la proporzionale è il vero grimaldello che sterilizza Salvini, cambiando radicalmente schema.
Addio coalizione, addio indicazione del premier, le maggioranze si fanno dopo il voto, in Parlamento. Tradotto, bene che gli vada, quando sarà , tornerà nella casella che ha lasciato un mese fa, perchè il premier è frutto di un negoziato post voto tra partiti. Comunque non è scontato.
Se va male, e questo è il disegno, la legge serve a rendere stabile questo assetto e allargarlo: una sorta di nuova conventio ad excludendum, sia pur senza guerra fredda, nell’era del pericolo sovranista.
Ecco perchè Salvini non attacca Di Maio e i Cinque stelle nel loro insieme ma solo Conte.
Sa che il sovranismo da solo non basta. Col proporzionale le maggioranze si fanno in Parlamento.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
“DOPO LE EUROPEE AVEVO OFFERTO A SALVINI IL MINISTERO DELL’ECONOMIA PER FARE LA FLAT TAX, NON HA VOLUTO”… “HA CREDUTO DI ANDARE AL VOTO, ORA ACCAMPA SCUSE”
“Dopo le europee avevo detto alla Lega ‘prendetevi il commissario dell’Italia ma si è fatta melina, non avevano a cuore il cambiamento dell’Europa. Oppure gli avevo detto ‘prendetevi il ministero dell’Economia per la flax tax’”.
Incassata la fiducia delle Camere, Luigi Di Maio torna a parlare dell’ormai ex alleato di governo. Il neo ministro degli Esteri, ospite a Di Martedì su La7, assicura che non tornerebbe indietro
L’alleanza con il Pd, nei confronti del quale il Movimento 5 stelle è sempre stato molto critico, non era tra le prime opzioni sul tavolo negli infuocati giorni della crisi di governo.
Il leader M5s spiega il perchè: “Sul partito democratico ero uno dei più scettici, avevo parlato di andare il voto. Poi mi sono consultato con il Movimento, anche con Grillo, l’abbiamo messo al voto, l′80% degli iscritti ha votato a favore del nuovo governo. Poi quando mi sono seduto al tavolo con il Pd mi ha stupito positivamente che eravamo d’accordo su temi come il salario minimo e i temi ambientali. Senza essere di destra e di sinistra, può iniziare un nuovo percorso”.
Sulla crisi aperta da Matteo Salvini, che ha portato alla fine dell’alleanza Lega-M5s dice: “Ho assistito ad una crisi di governo surreale, hanno creduto di andare al voto, ora accampano scuse, citando il colloquio tra Merkel e Conte, che è avvenuto a febbraio”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
LA MANIFESTAZIONE SOVRANISTA CONTRO IL GOVERNO E’ UN FLOP SUI SOCIAL… L’ANALISI DEI DATI: ORMAI I SOVRANISTI SUL WEB SONO IN MINORANZA
È finita con i militanti sovranisti a protestare per essere stati oscurati dai principali social network. L’adunanza per il voto sovrano si è rivelata, soprattutto in rete, un flop annunciato. Anzi un boomerang per essere più precisi.
Nella giornata di lunedì 9 settembre tra i principali argomenti discussi nella twitter-sfera italiana non abbiamo trovato i soliti slogan sovranisti tanto cari a Salvini e Meloni, bensì un ironico consiglio degli utenti di spostare la manifestazione al Papeete beach.
L’hashtag #papeeteinpiazza verso le ore 12 aveva già raggiunto una mole di tweet (6.162 messaggi) cinque volte maggiore di #vogliamovotaresubito.
Per renderci conto della differenza tra l’appeal online di sovranisti e quello dei loro detrattori basti dire che #papeeteinpiazza è cresciuto per tutta la giornata ad un ritmo di circa 2mila tweet all’ora contro i circa 700 di #vogliamovotaresubito.
L’hashtag nato in rete per prendere in giro l’evento organizzato da Salvini è riuscito a imporsi all’attenzione degli utenti online in maniera molto virale: una media di 100 messaggi contro Salvini venivano visualizzati da 148.427 profili unici.
Dall’altra parte i tweet a favore della manifestazione venivano visualizzati da 119.596 profili unici per ogni 100 messaggi. Un dato interessante ci svela come dietro i sovranisti ci sia stata una maggiore attività di coordinamento che corrisponde alla macchina della propaganda digitale di Salvini.
Il fatto che su ogni 100 tweet scritti su #vogliamovotaresubito il 91% fosse un messaggio non originale (un retweet) ci fa pensare come questo hashtag sia stato dunque gonfiato in maniera artefatta da account automatici
A peggiorare la sentiment ci hanno pensato i militanti sedicenti neo-fascisti scesi a fianco di Lega e Fratelli d’Italia con annessi saluti romani sotto Montecitorio.
Per alcune ore nella top ten delle tendenze italiane di Twitter si è imposto “fascisti” per sottolineare il contrasto stridente tra la richiesta di democrazia dei sovranisti e i loro compagni di piazza.
La manifestazione di Roma si è dunque trasformata in un vero e proprio boomerang di consenso digitale. E il dato diventa ancora più evidente se analizziamo quanti nuovi potenziali elettori sono stati agganciati in questa giornata dai principali leader politici.
Matteo Salvini non è più il leader senza rivali sul web: è stato infatti superato sia dal premier del governo giallorosso che da Nicola Zingaretti. Giuseppe Conte è quindi il personaggio politico ad aver capitalizzato di più grazie ai 473 nuovi utenti aggiunti. Dopo il premier italiano c’è Nicola Zingaretti con 468 nuovi profili aggiunti, mentre Matteo Salvini è ultimo con 460 nuovi utenti.
La crisi di consenso che Matteo Salvini sta scontando con l’opinione pubblica digitale, segnalata su questo blog dalle europee di maggio fino alle recenti vicende, ci consegna un interessante fenomeno. La straordinaria capacità della rete di creare e disfare improvvisamente la carriera di un leader politico.
Casi come quelli di Salvini, oppure come Renzi, che perse molto del suo consenso per via di una campana online condotta sull’affaire banche, ci descrivono in maniera plastica questo fenomeno. L’opinione pubblica digitale, ovvero la somma delle opinioni degli utenti online, ha per sua natura la capacità di formare il pensiero collettivo in maniera quasi istantanea.
L’aggregazione delle opinioni in rete avviene infatti quotidianamente, riuscendo in questo modo a creare masse critiche in maniera repentina.
Ecco perchè una campagna online ben condotta, che riesca a essere virale quanto basta per trasformare delle tematiche spinose in trending topic, può risultare fatale per i destini di qualsiasi politico. Anche per quello che gode dei più rosei sondaggi.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Costume | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
IN ITALIA SOLO IL 10% DEI BIMBI HA ACCESSO A UN ASILO PUBBLICO, CONTRO LA MEDIA EUROPEA DEL 33%… IL COSTO SAREBBE DI 9 MILIARDI, SALVO CHE UNA PARTE DELLA RETTA NON PREVEDA UNA QUOTA A CARICO DELLA FAMIGLIA
Quanto costa l’asilo nido gratis per tutti promesso da Giuseppe Conte nel discorso per la fiducia alla Camera di ieri?
Il Fatto Quotidiano spiega che oggi solo un bimbo su 10 riesce ad accedere al nido pubblico — ben sotto il target europeo del 33% —con picchi negativi in Calabria e Campania. La media nazionale è del 22,8%.
Ma per rispettare la quota chiesta dall’Ue occorre assicurare un posto a 343.583 bambini nei nidi d’infanzia a finanziamento pubblico, realizzando 162.421 nuovi posti.
E i conti si fanno amari: comporterebbe un maggiore esborso di circa 9 miliardi, senza considerare la copertura dell’azzeramento delle rette per tutte le famiglie.
Stando ai dati Istat più recenti, nel 2016 la spesa impegnata dai Comuni per i servizi alla prima infanzia è stata di 1,4 miliardi. Il 19% è stato rimborsato dalle famiglie sotto forma di rette.
La spesa pubblica dunque è stata di circa 1,2 miliardi per una copertura poco sopra il 10% dei bambini sotto i 3 anni, al netto dei servizi privati. Il Comune di Mantova ha messo in piedi una norma che la prevede (ma non per tutti).
C’è da ricordare che quella degli asili nido gratuiti era una promessa della Lega Nord, che poi ovviamente ha fatto la fine delle accise.
Secondo le stime della Cgil sarebbero un milione i bambini tra zero e 3 anni che non usufruiscono dell’asilo nido: 3 su 4 nella fascia di età interessata, quindi, resta fuori da una struttura per l’infanzia, pubblica o privata.
Il 24% circa di copertura si discosta ancora troppo dall’obiettivo di Lisbona che, per il 2010, richiedeva la soglia del 33%. Questa era invece la situazione nel 2017:
E questa invece è la situazione attuale: nella media nazionale del 24% di copertura si va dal picco del 44,7% in Valle d’Aosta al 7,6% della Campania.
Tra le regioni virtuose, che raggiungono e superano il 33%, ci sono l’Emilia Romagna, la Toscana e la Provincia di Trento mentre nelle regioni del Sud non si raggiunge il 15%. In Campania e Calabria si scende ben al di sotto del 10%.
Se poi si considerano solo le strutture pubbliche, in cui i costi sono parzialmente calmierati, la frequenza scende al 12% scarso. In Italia quindi poco più di un bambino su dieci ha diritto ad un posto al nido.
(da “NextQuotidiano“)
argomento: governo | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
“NEI COLLOQUI DI LAVORO CI CHIEDONO SE ABBIAMO POSTI DA INFLUENCER O DA MANAGER”
Nei sogni delle giovani savonesi c’è un futuro da influencer come Chiara Ferragni, mentre un lavoro da impiegate è guardato con sufficienza e difficilmente “digerito”.
Lo stesso per gli uomini: se si chiede loro quale lavoro vorrebbero intraprendere la risposta è «quello di Fedez», giusto per restare in zona.
Sempre se non si pretende di fare i manager appena usciti dal liceo.
Pochi invece prendono in considerazione la possibilità di guadagnarsi uno stipendio come operai, così le aziende faticano a trovare personale e sono costrette ad andare a cercare candidati direttamente negli istituti scolastici.
Il paradosso emerge nella provincia riconosciuta come area di crisi industriale complessa. Da un lato ci sono fabbriche in difficoltà e un esercito di disoccupati, dall’altro alcune imprese in crescita vorrebbero assumere, ma non trovano personale.
Lo conferma Matteo Ferraiuolo, imprenditore quarantenne a capo dei marchi Quidam e Vitrum & Glass di Cairo, specializzate nella lavorazione vetraria per l’edilizia e l’arredamento.
«Non giudico, ma è un dato di fatto che si incontrino difficoltà a trovare candidati che abbiano come ambizione il lavoro nell’industria. Cercano occupazioni più creative. Però, se le giovani donne pensano che lavorare significhi farsi fotografare con una borsa, non è un traguardo realistico».
Con un fatturato di circa dieci milioni e una cinquantina di dipendenti suddivisi fra i due marchi, il gruppo valbormidese sta aumentando il proprio giro di affari. E ha bisogno di personale che fatica a trovare.
«La criticità — spiega Ferraiuolo – è individuare candidati under 30 con un profilo adatto alle nostre esigenze. Operiamo in un settore tecnico, una realtà che va verso una dimensione industriale per tecnologia di produzione, ma su un mercato che richiede un approccio artigianale, con differenziazione dei prodotti, varietà delle lavorazioni e cura del particolare».
Dal mondo della scuola a quello del lavoro il salto è abissale. E allora è l’azienda ad andare verso la scuola.
Dal 2016 sono iniziati i contatti con il Campus di Savona, l’Università di Genova e alcune scuole superiori come l’Itis. I tecnici valbormidesi hanno svolto alcune docenze, seguito dalle visite degli studenti in azienda.
«Da qualche anno — commenta Ferraiuolo – cerchiamo di favorire gli inserimenti nella nostra realtà . Abbiamo bisogno di tecnici, impiegati amministrativi e commerciali. Tramite agenzie interinali abbiamo organizzato due corsi di formazione. Il primo nell’ottobre scorso: sei persone hanno seguito lezioni su tecnica, relazioni interne ed esterne, sicurezza sul lavoro. Una parte teorica ha riguardato materie prime e la filiera di produzione, e abbiamo organizzato anche incontri con i sindacalisti. La parte pratica si è svolta in produzione, con l’affiancamento passivo e poi con interventi effettivi. Alla conclusione sono stati firmati tre contratti di apprendistato. A marzo abbiamo ripetuto l’iniziativa in un altro reparto e altre tre persone sono state portate in azienda. Terminato l’apprendistato, il nostro obiettivo è sempre di inserire definitivamente in organico i giovani».
(da “il Secolo XIX”)
argomento: denuncia | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
INSULTI SESSISTI E PUGNI CONTRO LA GIOVANE, A DIMOSTRAZIONE CHE CON LA FECCIA SOVRANISTA I TEMPI DELLE DISCUSSIONI SONO FINITI DA TEMPO
Domenica 8 settembre il senatore Matteo Salvini era a Vignola (Modena) per “visita evento locale (Via Gramsci) e gazebo Lega (Corso Italia 84/Piazzetta Villa Braglia)”. L’evento locale visitato da Salvini era Bambinopoli, una manifestazione storica per i vignolesi, visto che è giunta quest’anno alla sua XVIII edizione.
Un evento dedicato ai bambini e alle associazioni di volontariato. Soprattutto una manifestazione apartitica e apolitica, perchè dedicata ai bambini.
Qualcuno non ha gradito che Salvini politicizzasse una manifestazione per i bambini.
E del resto il leader del Carroccio — che è il primo a lamentarsi di quelli che strumentalizzano i bambini — forse avrebbe potuto evitare di farlo.
Ma siamo un Paese libero, e quindi come Salvini può andare all’ex mercato ortofrutticolo di Vignola per fare campagna elettorale per le regionali in Emilia-Romagna così i cittadini hanno diritto di criticare questa scelta.
È il caso di Federica Zanasi, che è di Vignola ed è studentessa universitaria, che è andata in via Gramsci con un cartello dove era scritto «Politicizzare una festa dei bambini è da pezzenti». Un messaggio per certi versi non difforme dall’appello lanciato dall’ex compagna di Salvini il giorno stesso.
Come al solito i fan dell’ex ministro dell’Interno non hanno gradito la presenza di una persona che la pensava diversamente da loro. Federica racconta in un post su Facebook di essere stata «aggredita non solo verbalmente con insulti sul mio aspetto fisico, ma di vedermi accerchiata da diversi Vignolesi e sempre da loro venire strattonata, spinta e perfino ricevere pugni e schiaffi, davanti agli sguardi impassibili di altri Vignolesi che, al posto di intervenire, incitavano i primi».
«Dimagrisci. Sei grassa, sei brutta e sei ignorante»
Nei video pubblicati su Facebook si sentono alcuni cittadini, normali cittadini anche se non proprio pacifici, iniziare con la tiritera di Bibbiano: «gli piacciono quelli di Bibbiano, vengono da Bibbiano» ma si passa presto al tentativo di farle abbassare il cartellone, non sia mai che Salvini lo possa leggere.
«Che cazzo siete venuti a fare, nessuno vi ha chiamato» urla una donna, mentre un’altra chiede di chiamare la Polizia (e perchè?). «La festa è di là , vai a rompere i coglioni di là » dice una signora per invitarla ad andare da un’altra parte, a Bambinopoli appunto. Oppure a Bibbiano. Non si deve disturbare il comizio, mentre la folla urla “elezioni elezioni” scatenata dall’oratore sul palco.
«Al PD i bambini piacciono, si sa», dice una signora che sta dando — nemmeno troppo velatamente — della pedofila alla ragazza o agli elettori del Partito Democratico. Una signora incita l’amica ad “andarci addosso” e quella accetta il consiglio ed inizia con gli spintoni. Un altro con la scusa di «le facciamo il solletico?» le mette le mani addosso, un’aggressione fisica in piena regola. Ma sono le donne le più manesche, una le sferra un pugno che fa dire al tizio del solletico «questo non sono stato io».
E non mancano gli insulti, quelli tipici di chi sa valorizzare il ruolo della donna in politica come i leghisti: «Dimagrisci. Sei grassa, sei brutta e sei ignorante» ma anche «hai una faccia da culo incredibile». Ad un ragazzo che ha preso le difese di Federica invece è toccato «puzzi».
Evidentemente i pacifici elettori della Lega, quelli che vanno sempre con il sorriso e amano la democrazia farebbero di tutto per consentirti di esprimerti. Lei ne è uscita un po’ scossa ma senza traumi. Forse uno: il fatto che nessuno dei suoi concittadini sia intervenuto a fermare quelli che la insultavano, anzi molti di loro si godevano divertiti lo spettacolo. Con un sorriso un po’ ebete e un po’ complice.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: criminalità | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
ALLARME PER I GIOVANI CHE NON LAVORANO E NON STUDIANO, SONO IL 26%
Una duplice sfida attende la scuola italiana nei prossimi dieci anni: oltre un milione di studenti in meno e circa metà degli attuali docenti che andranno in pensione.
Lo dice il nuovo Rapporto Ocse “Education at a glance 2019” presentato oggi. Lo studio evidenzia che l’Italia ha la quota maggiore di docenti ultra 50enni (59%) e che dovrà sostituirne circa la metà entro i prossimi dieci anni.
Quota 100 ha aumentato il turn-over. Inoltre la nostra scuola ha la quota più bassa di insegnanti di età tra i 25 e i 34 anni nei Paesi dell’Ocse. Pochi giovani dunque in cattedra. Ma per tutti l’obiettivo – una richiesta che viene da lontano – è unico: il 68% degli insegnanti ha dichiarato che migliorare i salari dei docenti dovrebbe essere una priorità .
Il Rapporto prende in considerazione vari aspetti del mondo dell’istruzione, dalla scuola all’università . E l’Italia non ne esce benissimo a partire dalla spesa in istruzione, tra le più basse, e dalla quota di giovani Neet che cresce e che preoccupa. Ecco alcuni punti del Rapporto Ocse in sintesi.
Giovani neet
Non studiano, non lavorano, non risultano in formazione. Si chiamano Neet (l’acronimo sta per Not Engaged in Education, Employment or Training) e l’Italia registra la terza quota più elevata di giovani in queste condizioni tra i Paesi dell’Ocse: il 26% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni è Neet, rispetto alla media Ocse del 14%. L’Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi con tassi superiori al 10% per le due categorie (inattivi e disoccupati) tra i 18-24enni. Circa l’11% dei 15-19enni sono Neet, ma questa quota triplica per i 20-24enni, raggiungendo il 29% per le donne e il 28% per gli uomini nella classe d’età in cui inizia la transizione verso l’istruzione terziaria e il mercato del lavoro. Sebbene il livello d’istruzione sia più alto tra le donne, il tasso di giovani Neet aumenta fino al 37% per le donne di età compresa tra i 25 e i 29 anni e scende al 26% per gli uomini della stessa coorte.
La spesa in istruzione
L’Italia spende circa il 3,6% del suo Pil per l’istruzione dalla scuola primaria all’università , una quota inferiore alla media Ocse del 5% e uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi dell’Ocse.
La spesa è diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l’università , più rapidamente rispetto al calo registrato nel numero di studenti, che è sceso dell’8% nelle istituzioni dell’istruzione terziaria e dell’1% nelle istituzioni dall’istruzione primaria fino all’istruzione post-secondaria non terziaria.
La quota del finanziamento privato nell’istruzione terziaria è lievemente superiore in Italia (36%) rispetto alla media dei Paesi dell’Ocse (32%). Tra le fonti pubbliche, le amministrazioni regionali e locali contribuiscono a una piccola quota del finanziamento dell’istruzione non terziaria (5% dall’amministrazione regionale e 8% dalle amministrazioni locali); le amministrazioni regionali contribuiscano al 18% del finanziamento pubblico per l’istruzione terziaria.
La spesa per studente spazia da circa 8 000 dollari statunitensi nell’istruzione primaria (94% della media Ocse) a 9 200 dollari statunitensi nell’istruzione secondaria (92% della media Ocse) e 11 600 dollari statunitensi nei corsi di studio terziari (74% della media Ocse) o circa 7 600 dollari statunitensi se si esclude la spesa per ricerca e sviluppo. Le famiglie contribuiscono al 5% del finanziamento totale dell’istruzione dalla scuola primaria alla scuola post-secondaria non terziaria e al 30% al livello d’istruzione universitaria.
Il primato sull’infanzia
Il tasso d’iscrizione scolastica dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni è del 94%, un valore superiore alla media Ocse. Insomma è piena scolarizzazione sin dai tre anni. L’istruzione nella scuola dell’infanzia (pre-primaria) è principalmente erogata dal settore pubblico, con il 72% dei bambini iscritti presso istituti pubblici. Nelle scuole dell’infanzia ilnumero di bambini per maestra si attesta a 12, rispetto alla media Ocse di 15.
L’Italia spende circa 7.400 dollari statunitensi per allievo nelle scuole pre-primarie, circa 1.000 dollari statunitensi in meno rispetto alla media Ocse di 8.350 dollari statunitensi. A questo livello d’istruzione la spesa complessiva è stata pari allo 0,5% del prodotto interno lordo (PIL) nel 2016, la stessa quota del 2012. La spesa privata è stata pari al 12% del totale delle risorse finanziarie a questo livello, mentre l’88% residuo è stato finanziato da fonti pubbliche.
“Più incentivi per laurearsi”
Siamo fanalino di coda per numero di laureati. Il grido d’allarme risuona da tempo: il 19% dei 25-64enni hanno un’istruzione terziaria conferma l’Ocse contro una media del 37%. Unico dato positivo è che la quota di laureati è in aumento per le generazioni più giovani. La quota di giovani adulti (di età compresa tra i 25 e i 34 anni) che hanno un titolo di studio di istruzione terziaria – si legge nel Rapporto – è più elevata e ha raggiunto il 28% nel 2018 (34% per le giovani donne), nonostante il tasso di occupazione dei 25-34enni con un titolo di studio terziario sia del 67%, rispetto all’81% dei 25-64enni.
Le lauree di secondo livello sono relativamente apprezzate: si stima che il 22% degli italiani dovrebbe iscriversi a un corso di studio di secondo livello prima di aver compiuto 30 anni, rispetto al 14% in media tra Paesi dell’Ocse. In Italia, chi arriva a una laurea di primo livello (tasso di conseguimento: 31%) ha maggiori probabilità di iscriversi a un corso di laurea di secondo livello rispetto ad altri Paesi dell’Ocse. Il tasso di diploma al secondo livello in Italia ha raggiunto il 22% nel 2017 (media: 18%).
(da agenzie)
argomento: scuola | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
LA FALSA DICHIARAZIONE DEL COMANDANTE DELLA STAZIONE FARNESE… IL SOSPETTO DI “AFFINITA'” TRA CARABINIERI E PUSHER
Il carabiniere Mario Cerciello Rega è stato ucciso il 26 luglio a Roma con 11 coltellate. Accusatidel delitto due americani: Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth.
Il collega che era con Cerciello, Andrea Varriale, è stato iscritto dalla Procura militare nel registro degli indagati per «violata consegna» per non aver portato con sè la pistola d’ordinanza nell’operazione in cui Cerciello è stato ucciso.
Ma Varriale non è certo l’unico ad aver mentito sull’arma.
Racconta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera che il comandante della stazione Farnese Sandro Ottaviani ha raccontato di aver ricevuto l’arma di Varriale in ospedale, mentre è ormai accertato che fosse stata lasciata in caserma.
Ecco il verbale del primo agosto 2019, dal quale si evince anche che i carabinieri sapevano della mancanza della pistola d’ordinanza per Cerciello Rega da subito, ma hanno taciuto il particolare per giorni:
Domanda: Quando ha constato che il vicebrigadiere Cerciello aveva effettuato il servizio senza la pistola di ordinanza?
Ottaviani: La mattina del 26 luglio verso le 11,30 quando sono rientrato in ufficio ho verificato che nell’armadietto personale assegnato a Cerciello era riposta la sua pistola d’ordinanza.
Domanda: Riguardo all’arma in dotazione a Varriale?
Ottaviani: Varriale mi ha consegnato l’arma al pronto soccorso dell’ospedale Santo Spirito dove aveva appreso che Cerciello non aveva l’arma al seguito.
PerchèOttaviani ha mentito? Sperava di «coprire» soltanto la violata consegna del suo sottoposto oppure c’è ben altro dietro questa bugie?
Il sospetto, scrive ancora il Corriere, è che in realtà ci siano “affinità ” tra alcuni carabinieri e i pusher della zona e questa catena di bugie contribuisce ad alimentarlo.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Settembre 10th, 2019 Riccardo Fucile
RESPINTO IL RICORSO DEI LEGALI DEL SOVRANISTA INDAGATO PER CORRUZIONE INTERNAZIONALE
Un nuovo tassello si aggiunge nella presunta trattativa del Metropol a Mosca. Il tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Gianluca Savoini, indagato per corruzione nell’inchiesta sui presunti fondi russi al Carroccio, con cui si chiedeva l’annullamento del decreto di perquisizione e dei sequestri effettuati nei confronti del leghista presidente dell’associazione Lombardia-Russia. L’avvocato Lara Pellegrini aveva sostenuto l’illegittimità dell’audio della riunione al Metropol di Mosca, che è alla base dell’atto istruttorio.
Nell’inchiesta della Procura di Milano sono coinvolto anche l’avvocato Gianluca Meranda e l’ex bancario Francesco Vannucci. Il 18 ottobre 2018 incontrano tre uomini russi, tra i quali Andrej Yurkevich Kaharchenko e Ilya Yakuin, considerati vicini ad Aleksadr Dugin, ideologo del partito di Putin Russia Unita.
In ballo c’era una partita petrolifera da 3 milioni di tonnellate di diesel da consegnare in 6 mesi o un anno, che si sarebbe potuta tradurre in un finanziamento illecito da 65 milioni di euro per la Lega.
Pochi giorni fa, dall’analisi dei telefonini dell’ex portavoce di Matteo Salvini non erano emersi contatti con il leader del Carroccio: uno dei due cellulari era stato acquistato di recente, per cui l’assenza di contatti potrebbe essere una conseguenza del fatto che nel passaggio da un cellulare all’altro parte del contenuto non sia stato trasferito e quindi non possa essere rintracciato dai pm
(da agenzie)
argomento: Giustizia | Commenta »