Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
CI MANCAVANO LE CASTRONERIE DEL CAVALIERE PER COMPLETARE IL QUADRO… MA LASCIA FORZA ITALIA ALLA CARFAGNA E GODITI LA VITA
“Il M5S è il partito dello sciopero. Ieri hanno fatto scioperare i loro figli anche in un giorno di scuola. Ma tanto non sappiamo nemmeno se i loro figli ci vanno a scuola, mentre quelli del Pd li mandano all’università delle Frattocchie”.
Silvio Berlusconi attacca così i due partner del governo.
Il riferimento è alle manifestazioni per il clima che si sono svolte il 27 settembre in tante piazze d’Italia. Il ministro dell’Istruzione, il pentastellato Lorenzo Fioramonti, aveva affermato che l’assenza degli studenti per l’occasione sarebbe stata giustificata.
Un riferimento poi al Carroccio e all’estrema destra: “Lega e fascisti li abbiamo fatti entrare noi al governo, li abbiamo legittimati noi, li abbiamo costituzionalizzati noi. Siamo ancora nel centrodestra, di cui siamo il cuore, il cervello e la spina dorsale”, ha detto dal palco del Teatro Manzoni a un convegno di FI sulle pensioni: “Siamo obbligati a stare nel centrodestra, se loro non avessero noi in coalizione non sarebbero centrodestra, sarebbero una destra estremista, non avrebbero la capacità di vincere e sicuramente sarebbero incapaci di governare”.
Sarà opportuno ricordare a Berlusconi:
1) Porti rispetto al milione di giovani che hanno manifestato pacificamente per la difesa del Pianeta, visto che ci sono, tra i loro genitori, anche elettori di Forza Italia. Cittadini di centrodestra che, come quelli del M5s e del centrosinistra, i figli a scuola li mandano regolarmente con tanti sacrifici.
2) Sono gli italiani che legittimano i partiti attraverso il loro voto, così funziona la democrazia. Era legittimato il Msi di Almirante così come Democrazia Proletaria di Capanna., gli ultimi che non avevano rinnegato la loro ideologia, pur accettando le regole costituzionali.
3) Da tempo in Italia non esistono più “fascisti” e “comunisti”, al massimo personaggi da avanspettacolo che rappresentano in scena l’immagine degli stereotipi di quello che fu un movimento politico, di fatto interpretando il copione assegnatogli dagli avversari per apparire imbecilli.
4) Oggi esiste un sovranismo razzista, manovrato da potenze straniere (Berlusconi dovrebbe saperlo bene, visto i suoi trascorsi in dacia) cui Forza Italia fa da tempo ignobile ruota di scorta per interessi aziendali, permettendo persino che le sue reti televisive siano infestate da istigatori seriali all’odio razziale.
5) il concetto “siamo obbligati a stare nel centrodestra” è indicativo del vuoto politico in cui naviga Forza Italia, come se fiancheggiare i razzisti avesse qualcosa a che fare con il liberismo da lui sembre sbandierato o come se fosse coerente con il suo collocamento nel Ppe a livello europeo. Forse che la Merkel è alleata in Germania con l’Afd?
Berlusconi festeggi i suoi 83 anni, si goda la vita e lasci Forza Italia a Mara Carfagna, l’unica che ha un minimo di cervello.
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
I SERVI DI MOSCA PENSANO DI SCREDITARE LA GIOVANE SVEDESE INVENTANDOSI COMPLOTTI
Sui blog della destra cospirazionista e sui social continuano a circolare affermazioni infondate secondo cui Greta sarebbe manovrata da Soros
Greta Thunberg, la giovane attivista svedese che da mesi lotta in prima linea per lo sviluppo sostenibile e contro i cambiamenti climatici, continua a esser uno dei soggetti principali bersagliati dalla diffusione di false notizie da parte di siti complottisti e cospirazionisti.
L’attivista 16enne, che ha recentemente tenuto un discorso sui cambiamenti climatici all’Onu, è accusata di essere manovrata dai cosiddetti “poteri forti” e, più recentemente, di essere pagata e manovrata da George Soros, imprenditore e filantropo ungherese naturalizzato statunitense, da diversi anni menzionato in teorie complottiste che si sono rivelate — de facto — infondate.
E proprio in concomitanza con il Global strike for future del 27 settembre, che ha riunito solo nelle piazze italiane «più di un milione» di manifestanti, sono riemerse sui social network alcune immagini che denuncerebbero i presunti collegamenti tra Greta Thunberg e George Soros.
Greta “al soldo” di Soros attraverso l’attivista Luisa-Marie Neubeuer? No
A seguito di un articolo comparso su NyaTider, un blog svedese appartenente alla destra cospirazionista, sono emerse una serie di immagini che ritraggono Greta Thunberg affiancata da Luisa-Marie Neubeuer, un’attivista di origine tedesca e organizzatrice in Germania delle principali manifestazioni contro i cambiamenti climatici, ispirati agli scioperi di Greta Thunberg.
Luisa-Marie Neubeuer, inoltre, è anche una delle giovani ambasciatrici della One Campaign, un’associazione indipendente che dal 2004 opera per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica per sostenere politiche e programmi per porre fine, entro il 2030, alla povertà estrema, alla fame nel mondo, alla cura dell’ambiente e all’accessibilità globale alle cure mediche, specialmente nei Paesi in via di sviluppo.
«Gli Youth Ambassador sono giovani attivisti estremamente motivati che conducono attività di sensibilizzazione in tutta Europa per porre fine alla povertà estrema. Sollecitano un impegno concreto dei responsabili politici, lavorano con i mezzi di comunicazione per aumentare la visibilità delle campagne della One e incoraggiano il pubblico ad agire nella lotta contro la povertà con attività online ed eventi locali. Il programma è un’ottima opportunità per studenti appassionati di affari internazionali e cooperazione internazionale».
In questo caso, semplicemente, ci si ritrova davanti a due giovani attiviste che hanno obiettivi, interessi e temi comuni su cui dibattere che hanno unito le forze nella stessa fase storica con il fine di sensibilizzare sempre più persone e giovani sulla lotta ai cambiamenti climatici.
Cos’è la One campaign
Cos’è la One campaign
La One Campaign è stata fondata nel 2004, unendo undici organizzazioni umanitarie senza scopo di lucro. Tra le organizzazioni coinvolte figurano, tra gli altri, la Data di Bono Box, frontman degli U2, la World Vision International, il movimento cristiano statunitense Bread for the World.
Nella lista dei finanziatori, pubblicata regolarmente e con trasparenza sul sito ufficiale della One Campaign, figurano la Bill & Melinda Gates Foundation dell’imprenditore informatico e filantropo statunitense Bill Gates, fondatore della Microsoft, e poi anche la Open Society Foundation di George Soros.
Chi fa parte della One Campaign e da chi è finanziata
La lista dei 21 membri del consiglio di amministrazione della One Campaign — consultabile sul sito ufficiale dell’organizzazione — include «persone con una vasta esperienza in difesa e attivismo, politica, politica e affari». Tra i vari nomi, figura quello di Morton H. Halperin, il consulente senior dell’Open Society Foundation di George Soros.
Un solo nome legato a Soros su ventuno. E a ben guardare gli altri membri del Cda della One Campaign emergono nomi di artisti, filantropi, attivisti, ma anche di politici repubblicani statunitensi come la senatrice Kelly Ayotte, così come politici conservatori britannici, come David Cameron. Identità politiche con ideali opposti rispetto a quelli spesso associati a George Soros.
Tuttavia, è doveroso ricordare che associazioni come la One Campaign operano di certo attraverso libere donazioni, e che tali fondi, a prescindere dal giudizio personale che il singolo può avere circa il donatore, vengono apertamente riportati e dichiarati. Al netto di ciò, risulta improbabile pensare che possa esistere un “complotto” nascosto quando tutti i dati e i nomi delle persone coinvolte vengono riportati in modo trasparente e accessibile a tutte e tutti.
Il fotomontaggio di Greta Thunberg con George Soros
Ma nell’ultima settimana sui social di tutto il mondo, così come in Italia, è circolata anche un’immagine di Greta Thunberg in compagnia dell’imprenditore e filantropo ungherese Soros.
La foto è però falsa, in quanto frutto di un fotomontaggio del volto di Soros che è stato sovrapposto su quello dell’ex vice presidente degli Stati Uniti Al Gore, anche lui attivista contro il cambiamento climatico.
La foto originale di Greta Thunberg e Al Gore, infatti, risale al 30 dicembre 2018, ed è presente sui social dell’attivista svedese sin da allora.
Non si tratta quindi di accordi siglati dietro le quinte dai “potenti del mondo” sfruttando ragazzini e ragazzine. Sembra piuttosto che sulla figura di Greta Thunberg si concentrino sempre più teorie cospirazioniste infondate e circostanze volontariamente alterate per darle contro e screditarla.
(da Open)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI ANNI SONO EMIGRATI 600.000 UNGHERESI E LA POLITICA DEMOGRAFICA SOVRANISTA E’ UN FLOP… COSI’ FA ARRIVARE LAVORATORI INDIANI, VIETNAMITI, CINESI, MONGOLI, UCRAINI E ROMENI ALLA FACCIA DELLE BALLE CHE RACCONTA
Non lo dice a nessuno, ipocrita come tutti i sovranisti, ma Viktor Orban sta accogliendo in Ungheria un numero crescente di lavoratori stranieri al fine di colmare una lacuna di manodopera.
Ovviamente, la cosa sta avvenendo senza tanti clamori, dato che la principale colonna del governo di Orban è proprio la lotta all’immigrazione.
Ma l’Istituto centrale di statistica ungherese Ksh ha annnciato che i permessi di lavoro accordati a stranieri fino ad agosto sono già saliti a quota 49.699 mentre in tutto l’anno scorso erano stati solo circa 61 mila.
Nei primi otto mesi dell’anno si è già arrivati dunque ad oltre l’80% dell’intero 2018. Dalle statistiche emerge che arrivano indiani, vietnamiti, cinesi, mongoli, ma anche ucraini e romeni.
Gli stranieri lavorano nell’agricoltura (per esempio gli indiani sono molto impiegati negli allevamenti delle mucche da latte), ma anche nell’industria.
L’Ungheria accoglie migranti perchè le imprese ne hanno bisogno per far crescere l’economia nonostante il calo demografico e l’emorragia di espatriati all’estero, segnalano esperti.
Media sostengono che le misure pro-natalità , al momento, non stanno funzionando
Inoltre negli ultimi anni circa 600 mila ungheresi sono emigranti verso Occidente
Dal canto loro i sindacati sono preoccupati perchè i lavoratori asiatici accettano remunerazioni basse e nel complesso fanno abbassare i salari.
Una parte della popolazione, sopratutto in provincia, non comprende il fenomeno e appare disorientata dalla contraddizione fra la propaganda anti-migranti del governo e il crescente numero di permessi di lavoro elargiti.
Così la sostanzialmente ingiustificata paura dai migranti, alimentata da una martellante propaganda, ha causato scontri fra ungheresi e lavoratori stranieri.
“L’immigrazione dei lavoratori stranieri è una cosa cattiva per l’Europa”, aveva dichiarato Orban nel 2015 con una frase che ha connotato la sua politica e i suoi ultimi tre governi in carica dal 2010.
Una linea concretizzatasi in maniera spettacolare durante la crisi migratoria europea del 2015, quando Orban ordinò la creazione di una barriera di filo spinato alla frontiera tra Ungheria e Serbia per bloccare l’ingresso di immigrati clandestini.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
CII SONO CONCETTI INACCETTABILI ( COME IL RICONOSCIMENTO DELLA COMPETENZA DEI CRIMINALI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA, IL MANCATO IMPEGNO DIRETTO DI NAVI EUROPEE, CONCETTI VAGHI SUL RUOLO DELLE ONG) MA REALISTICAMENTE OGGI COME OGGI NON SI POTEVA SPERARE DI PIU’ DA CERTI GOVERNI EUROPEI
È tutto nelle cinque pagine della Joint delcaration of intent on a controlled emergency procedure siglato a Malta il senso della bozza di accordo tra Francia, Germania, Italia e Malta.
L’accordo prevede l’impegno volontario degli stati membri che lo hanno sottoscritto a dare vita ad un meccanismo di solidarietà temporaneo nella gestione dei migranti. Si tratta, come è specificato nel testo, di un meccanismo “pilota” con molti paletti.
Secondo Matteo Salvini si tratta di una fregatura, ma l’accordo in realtà interviene proprio dove l’azione dell’ex ministro dell’Interno si era dimostrata più inefficace: la ripartizione dei migranti che arrivano a bordo delle navi delle ONG.
Nei quattordici mesi la soluzione escogitata dal governo è stata quella di “chiudere i porti” alle nave umanitarie. Una chiusura fittizia che è durata in modo variabile ore, giorni o settimane e che si è conclusa con lo sbarco delle persone a bordo. Nella maggior parte dei casi è avvenuto in Italia e la ripartizione, elemosinata di volta in volta con singoli accordi, non è stata molto efficace.
Che l’accordo sia limitato unicamente ai migranti che arrivano a bordo delle navi delle ONG (quindi una minima percentuale del totale degli sbarchi come ammette Salvini) però è una mezza verità .
Perchè nel testo della bozza non vengono menzionate esplicitamente le Ong. Si parla invece assicurare lo sbarco in un place of safety dei migranti «presi a bordo in alto mare» da non meglio specificate “imbarcazioni”.
Questo senza dubbio esclude dall’accordo i migranti che arrivano a bordo di barchini e barconi (e che sono in ogni caso sempre arrivati) ma non limita il campo d’azione alle navi delle organizzazioni non governative.
Anzi: in linea teorica dovrebbero essere compresi anche quelli tratti in salvo dalle navi della Guardia Costiera o della Marina Militare così come quelli salvati dai pescherecci o da altre imbarcazioni commerciali
Non solo : nella bozza si stabilisce che i richiedenti asilo verranno ripartiti in quota tra le varie nazioni entro 30 giorni e l’ìter della domanda sarà valutata nei Paesi di arrivo, senza quindi distinzione tra chi ha diritto di asilo e migranti economici. Saranno i singoli Stati a verificare il diritto o meno alla protezione umanitaria e a provvedere a eventuali rimpatri.
Rimpatri che, se passasse la linea Lamorgese, dovranno essere gestiti e finanziati dall’Unione Euopea, non dai singoli Stati.
Il rischio di criminalizzare le ONG
I paletti, dicevamo, ci sono e sono molti. A partire dall’approccio volontaristico e temporaneo alla questione della redistribuzione.
L’accordo — si legge — sarà valido per un periodo non inferiore a sei mesi. Il rinnovo non sarà automatico ma soggetto ad un ulteriore accordo oppure potrebbe cessare «in caso di abuso da parte di terze parti».
Nel preambolo poi si sottolinea come la normativa attualmente in vigore sia il Regolamento di Dublino ed infatti i contraenti si impegnano (tra le altre cose) a lavorare ad una riforma del sistema comunitario del diritto d’asilo e delle norme sulla ripartizione contenute nel Regolamento, che prevede appunto non una suddivisione su quote obbligatorie tra tutti gli stati membri ma un’adesione volontaria.
Per forza di cose si tratta di una misura tampone che non è necessariamente una fregatura per l’Italia, per le ONG o per i migranti
Sotto certi aspetti era il meglio che si potesse fare nell’attuale situazione politica e tenuto conto di chi sono le parti in gioco.
Giusto per fare una sintesi: in Italia il partito di maggioranza relativa è quello che fino a venti giorni fa controfirmava allegramente i divieti di accesso emanati da Salvini e il cui leader parlava delle ONG come taxi del mare. In Germania il ministro dell’Interno è quello che prima di scaricare brutalmente il leader della Lega ragionava su come bloccare i migranti (e al tempo stesso ce ne rimanda indietro a migliaia da Nord). La Francia come sappiamo bene si è resa protagonista di episodi di respingimento — e in alcuni casi è intervenuta direttamente sul nostro territorio nazionale — di migranti al confine. Malta da parte sua ha sempre tenuto un atteggiamento di chiusura sui migranti comportandosi in maniera non dissimile all’Italia quando ne ha avuto la possibilità .
Bisogna essere realisti: questo è un accordo politico e per ottenere qualcosa di più è necessario prima un cambiamento politico interno (in Italia, in primis) e a livello europeo. Ma quel cambiamento non c’è, altrimenti tutti i 27 stati membri starebbero già lavorando ad una modifica del Regolamento di Dublino.
È vero che tra i tanti paletti molti riguardano proprio l’attività delle ONG che sono ancora nel mirino.
Ad esempio nel preambolo al punto IV è scritto nero su bianco che i trafficanti abusano delle regole di ricerca e soccorso e della presenza di navi vicine alla loro area di operazione «per implementare il loro modello di business» e ancora più sotto al punto X si richiama al fatto che il favoreggiamento dell’immigrazione illegale è un reato che «mette a rischio le vite dei migranti» per cui «l’attività sistematica di facilitazione dell’immigrazione irregolare costituisce una particolare causa di preoccupazione».
Queste parole non sono poi così diverse dalle accuse mosse in questi mesi alle ONG da Salvini e anche molte procure italiane che hanno indagato (senza successo) le ONG proprio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Ma le cose non stanno proprio così: le persone che vengono salvate dalle ONG arriverebbero comunque. Anzi, generalmente le loro vite — come hanno sottolineato le richieste di archiviazione dei PM — sono già a rischio e quindi l’intervento è più che legittimato dalle regole e dalle convenzioni internazionali.
Dire che l’attività delle ONG mette a rischio le vite umane senza dire che quelle vite sono già a rischio è sbagliato.
Il più contestato è ovviamente il punto sei della bozza di accordo, quello dove si conferma che questo nuovo meccanismo di ripartizione non nasce per creare nuove rotte migratorie verso l’Europa e non dovrebbe creare la nascita di nuovi pull factor ovvero fattori d’attrazione per la migrazione.
Non si sta dicendo quindi che le ONG costituiscono un pull factor, non solo perchè non è vero ma perchè non sarebbero “nuovi” visto che operano già .
Il nuovo pull-factor è semmai proprio l’accordo, la ripartizione dei migranti. Quel punto dovrebbe essere letto più come una rassicurazione per alcuni paesi (la Germania? la Francia?) che magari temono che salvare vite umane e un accordo di ripartizione possa spingere più persone a partire.
Ed infatti successivamente si raccomanda di non ostacolare l’attività SAR della Guardia Costiera libica e ci si impegna a “potenziare” le capacità di intervento delle unità di guardia costiera dei paesi sulla sponda meridionale del Mediterraneo.
Il che costituisce un ulteriore controsenso se si pensa che per l’Unione Europea la Libia non è un porto sicuro e quindi a rigor di logica riportare i migranti in Libia non equivale a sbarcarli in un place of safety.
Si poteva fare di più? No
La domanda a questo punto è una sola: è un buon accordo o un cattivo accordo? Non è possibile rispondere ora perchè bisogna prima vederlo alla prova nei fatti.
Sulla carta è senza dubbio un piccolo passo avanti rispetto alle politiche salviniane. Ma non è una rivoluzione.
Non si parla ad esempio di ripristinare missioni di ricerca e soccorso europee come era ad esempio Triton.
Non si affronta il problema a livello europeo, ad esempio ci si limita ad una delle tante rotte migratorie che portano in Europa, che al momento è quella meno battuta. Mancano la Grecia, la Spagna e la rotta balcanica. Il che potrebbe costituire un problema in futuro quando si cercherà di allargare il numero di stati che compartecipano all’accordo.
Nel contempo non si può non prendere atto dello sforzo di agire al di fuori delle regole europee in nome di quella logica (corretta in linea di principio) che “chi sbarca in Italia sbarca in Europa”.
Ma questo deve valere anche per chi sbarca in Grecia, in Spagna o arriva in Croazia e Slovenia. Per cambiare le cose però la strada è lunga: non basterà modificare il Regolamento di Dublino, servirà anche modificare i trattati europei che prevedono che la gestione dei flussi migratori sia di esclusiva competenza nazionale (è una delle poche materie non comunitarie assieme alla difesa dei confini esterni).
Un accordo del genere è impossibile da raggiungere in un mese (e non si sa quando, visto gli assetti politici all’Europarlamento) ed era necessario — per il nuovo governo ma anche per smettere di fare politica sulla pelle dei migranti — di un accordo di minima.
Quello siglato a Malta è un primo passo.
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
SI PARLA DI UN RIACCREDITO DEL 2%-3% PER CHI PAGA ATTRAVERSO IL MECCANISMO CASHBACK
Uno sconto sull’IVA per chi paga con il bancomat e una tessera elettronica per pagamenti e incentivi — presentata come card anti-evasione — da far gestire alle Poste.
Sono queste le due direttive che segue il governo nella Legge di Bilancio per l’ardua guerra al contante a cui vuole dedicarsi.
Per la card anti-evasione, il tema è stato al centro dell’incontro tra il premier Conte e l’amministratore delegato di poste Matteo Del Fante: si tratterebbe di una card da utilizzare per i pagamenti elettronici e per ricevere gli eventuali bonus e incentivi previsti per chi paga con carta, una sorta di chiave di accesso alle diverse funzioni: carta d’identità , tessera sanitaria e, appunto, conto corrente (tipo borsellino elettronico).
Secondo il Messaggero sulla card sarà riaccreditato il 2% o il 3% delle spese effettuate:
È il cosiddetto meccanismo del «cashback» che il governo vuole inserire nel decreto fiscale in chiave anti-evasione.
In pratica una sorta di rimborso Iva sulle spese pagate con mezzi tracciabili come i bancomat. Inizialmente questo meccanismo potrebbe essere applicato soltanto a settori considerati ad alto rischio di evasione, come i ristoranti, i parrucchieri, i lavori idraulici o di manutenzione, i meccanici, etc.
àal lato dei commercianti, il governo sta cercando un accordo con l’Abi per ridurre le commissioni sull’utilizzo dei Pos, azzerando quelle per le transazioni sotto i cinque euro. In realtà l’Italia, pur essendo nelle ultime posizioni per transazioni digitali, è anche uno dei paesi nei quali le commissioni sono tra le più basse.
Un meccanismo alternativo potrebbe essere la concessione di sconti fiscali ai commercianti sui costi dei pos sulla falsa riga di quanto già avviene per i benzinai.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
“QUELLA DI TOKYO 2020 SARA’ LA MIA ULTIMA GARA, DOPO VOGLIO FARE COSE DA DONNA, CON CALMA”
“Ho sempre avuto un buon rapporto con il tempo”. E, infatti, Federica Pellegrini arriva puntualissima: tuta fucsia e t-shirt bianca, occhiali da sole variopinti, caschetto biondo e viso pulito. “Piacere, Federica” si presenta.
Quasi non fosse la campionessa che siamo abituati a conoscere, quasi fosse semplicemente una donna di 31 anni e ancora una valigia piena di sogni.
Perchè la più grande duecentometrista della storia (“se lo dite voi, va bene”) del nuoto (6 medaglie d’oro ai Mondiali, 7 agli Europei e 1 ai Giochi Olimpici, solo per citarne alcune) a guardarla da vicino fa meno “paura”. O meglio. Gli occhi nocciola, determinati e voraci, tradiscono timidezza e umiltà e ancora tanta fame di successi. Dentro e, soprattutto, fuori la vasca. “Non è più un mistero per nessuno che quella di Tokyo 2020 sarà la mia ultima gara”, ci dice infatti Federica.
È convinta, glielo leggiamo nelle parole scandite con attenzione. Troppa la voglia di prendersi “con calma” tutto quello che la vita ha ancora da offrirle. Già , la calma. Un elogio della lentezza che forse una velocista come lei non si è potuta permettere.
“Ho iniziato a nuotare e a vincere molto presto”, ci racconta, “alle Olimpiadi di Atene 2004 avevo solo 16 anni (arrivò seconda conquistando l’argento, ndr). Sono stata catapultata sotto i riflettori, non ero abituata ad averli puntati addosso. Da allora non ne sono mai più uscita”. Croce e delizia.
Perchè da quel momento Federica è diventata per tutti “la Pellegrini” e ancora “la Divina”. Amata, odiata, osannata, criticata. E lei, con le sue spalle di adolescente, ha sopportato da subito un peso troppo grande.
“Non è stato facile. Ho iniziato una vita fatta di allenamenti puntuali e diete rigorose. Ma il nuoto è la mia passione: mi piace stare in acqua, allenarmi, far fatica per raggiungere un obiettivo più grande”.
Il talento, la passione. E il carattere: “Sono una persona molto precisa, rigorosa. Fare sport ad alto livello richiede dedizione, che si riflette in tutto quello che fai e nella vita di tutti i giorni. È quasi alienante. Uno sport individuale non è per tutti”.
Da oltre 15 anni nelle più grandi competizioni, con equilibrio e concentrazione. Sarà pure umana? “Nel tempo ho sempre cercato di ricavarmi la mia fetta di normalità ”.
E in questa “normalità ”, sono subentrati anche i periodi bui, personali e da professionista. Problemi alimentari prima (“Da adolescente vedevo il mio corpo cambiare in un modo che non conoscevo e questo inizialmente mi ha spaventato”), attacchi di panico dopo.
In un’intervista con Maurizio Costanzo ha raccontato: “Era il 2008, durante una gara, un meeting italiano. Non una gara importante, però avevo appena vinto l’Olimpiade e c’erano molte pressioni esterne, anche pressioni che facevo io su me stessa”.
Le chiediamo cosa è successo e il suo sguardo brillante si rattrista un po’: “Scappavo dalla vasca. Ho superato questo disagio grazie a una persona di fiducia, un professionista ovviamente. Questo è il consiglio più grande che posso dare: affidarsi a un professionista”.
Nel 2008 il simbolo dell’Italia nel mondo aveva solo 20 anni, un tricolore già caricato sulle spalle e molte persone che non le perdonavano sgarri e fallimenti, che non concedevano deroghe alla sua eccezionale carriera. Ma Federica non è un robot. Averla davanti, con il suo sorriso pulito e vederla stringersi nelle spalle quando ammette che il “più grande dolore della sua vita è stata la morte nell’ottobre 2009 di Alberto Castagnetti”, suo allenatore e “secondo papà ”, ne è solo la conferma.
Come la Fenice che ha tatuata sulle spalle, però, Federica si è sempre rialzata.
Nè il podio sfuggito per pochi centesimi a Rio 2016 (“la mia più grande delusione da nuotatrice, fa male”), le ha impedito di rimettersi in carreggiata e di vincere ancora e ancora.
Merito della famiglia, anche, ci dice la Pellegrini: “Se non ci fossero stati loro, forse non sarei riuscita a fare la carriera che ho fatto”. Ma soprattutto della curiosità e della caparbietà che la spinge avanti. Federica a trazione anteriore. Federica che guarda alla tv, strizza l’occhio alla moda, si diverte con i social. Federica pigliatutto. Forse per questo che a molti è antipatica? Per questo non le si perdona niente?
“Penso sia un fattore che accomuna tutte le donne in Italia. All’uomo viene perdonato più facilmente il fallimento, alle donne un po’ meno. Non sono viste come sportive di serie b: per quanto riguarda gli stipendi nel nostro sport sono alla pari, non c’è distinzione da questo punto di vista. Ma mi sembra ci sia un approccio diverso per le donne e per gli uomini: ai secondi si concede di sbagliare o si cerca sempre una giustificazione”
Intanto lei non si fa scalfire. E oltre al nuoto, mette un piede nella tv (“Italia’s Got Talent è un’esperienza incredibile”), nella moda (“Mi piace”) e muove i primi passi da influencer:
”È un lavoro tosto. Gestisco Instagram personalmente, non faccio questo di mestiere, posto perchè mi diverto a far capire al di fuori della vasca come si svolge la mia vita. Ma è un lavoro e come a tutti i lavori bisogna dedicarcisi 24 ore su 24. Non lo sto facendo. Non so se sarà quella la mia vita dopo Tokyo. Ma non dico di no, perchè io non dico di no a niente. Non si sa mai nella vita”.
Perchè la Pellegrini, ormai l’abbiamo capito, prende tutto con serietà . E quando le chiediamo se lei così attenta ai temi ambientali pensa che Greta sia un fantoccio nelle mani di potenti, come vogliono alcuni tesi complottiste, si inalbera un po’: “Sarebbe un’attrice bravissima! Tutt’altro, penso che sia una ragazzina con le palle che finalmente sta smuovendo il mondo che ha taciuto per anni qualcosa di veramente imbarazzante”.
Non è un caso che Federica sia testimone da anni di un marchio di costumi (e non solo) Jaked, nato in Italia, che porta avanti un approccio green, con prodotti fatti con materiali di riciclo, fibre e filati naturali. È l’azienda che firma il suo costume da campionessa.
Ma la sfera personale di Federica si chiude qui. Perchè quando le chiediamo di Magnini taglia corto: “Stiamo parlando di una storia passata”. E ancor più quando le domandiamo se è innamorata: “No!”, risponde secca.
Aspettiamo qualche secondo per afferrare qualcosa che la tradisca, ma non arriva nulla. “Dobbiamo crederti”, le confessiamo.
Un’ultima cosa però riusciamo a sfilargliela: “Dopo Tokyo mi mancherà l’adrenalina pre e post gara, ma ho voglia di fare cose da donna, nuove esperienze, senza troppa fretta. Una famiglia? È una cosa che vorremmo un po’ tutte. Quando verrà , sarò contenta”.
Ma per il momento la testa e il cuore della Divina sono alle Olimpiadi del 2020, dove vuole tagliare un altro traguardo. Perchè se è vero che “piacere a tutti non è mai stata la mia massima aspirazione”, Federica la “dura” si scioglie, fa parlare il cuore e ammette: “Se la gente è affettuosa nei miei riguardi per quello che ho fatto nello sport sono felice. Lo sport accomuna, la gente si riconosce negli atleti in gara. Se credo di essere amata dagli italiani? Penso di sì”, dice con un briciolo di emozione e con una voce bambina, “spero di sì”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
I COMPRATORI SI SONO TIRATI INDIETRO
Il 6 agosto al Mise l’allora ministro Di Maio aveva promesso: «Nessuno perderà il lavoro». Quel giorno venne resa nota la firma dei contratti preliminari tra il gruppo Toskoz, proprietario della storica fabbrica del cioccolato Pernigotti nata nel 1860, e le due aziende che erano rimaste in campo dopo una «selezione» durata mesi tra varie società del settore dolciario in seguito all’accordo sindacale per la chiusura con reindustrializzazione firmata a febbraio.
Oggi, fa sapere La Stampa, i compratori si sono tirati indietro:
Mercoledì scorso, di nuovo al Mise, a Roma, era previsto il tavolo per sancire la firma dei contratti definitivi, prevista per il 30 settembre, ma tutto è stato rinviato al 2 ottobre poichè, secondo la Pernigotti, Emendatori ha interrotto la trattative proprio nel finale.
La Spes, da parte sua, era pronta ad andare avanti ma ieri sera è arriva l’ennesima doccia fredda per i lavoratori e per una città intera: la Spes ha annunciato che la Pernigotti ha rescisso il contratto preliminare a pochi giorni dal 30 settembre.
La coop torinese ha fatto sapere che il gruppo Toksoz ha motivato la sua clamorosa decisione con l’impossibilità di definire il contratto definitivo con Emendatori.
La Spes sarà comunque presente al tavolo del 2 ottobre al Mise «per rispetto dei lavoratori e delle istituzioni». I sindacati sono sorpresi ma solo in parte dalla notizia.
«Era nell’aria anche questo colpo di scena — dice Marco Malpassi della Flai Cgil -. Lunedì a Milano avremo un incontro nella sede della Pernigotti e attendiamo il 2 ottobre a Roma per vedere cosa ci diranno».
Lo staff di Emendatori starebbe però ancora trattando con Pernigotti: i lavoratori dello stabilimento vogliono credere che resti ancora un ultimo minimo spiraglio di speranza
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
UNA VECCHIA FOTO SCATTATA IN VIA TOLEDO A NAPOLI SPACCIATA PER UNA IMMAGINE DI IERI… MA LE CARTACCE A TERRA NON ERANO DEI RAGAZZI
Falsi, ipocriti, bufalari di professione, spacciatori di fake news e nemici dell’ambiente: in una parola, i leghisti.
Più precisamente, Susanna Ceccardi, che ha pensato bene di diffondere una fake news clamorosa per gettare fango sulla manifestazione mondiale sul clima che fa capo a Greta Thunberg, principale avversaria degli avvelenatori del pianeta come Trump e Bolsonaro cui la Lega fa le fusa.
Ceccardi nella giornata di ieri ha postato questa foto sul suo profilo Facebook, scrivendo “Gretini vs Leghisti. Trovate le differenze!”.
Peccato che si tratti di un clamoroso fake: la foto infatti è stata scattata in via Toledo a Napoli, non a una manifestazione sul clima.
La bufala è stata smontata già da bufale.net oltre che da Selvaggia Lucarelli su twitter, che attacca personalmente la Ceccardi anche se non è stata lei a creare la foto. Ma condividerla e avallarla senza un minimo di controllo unicamente per fare becera propaganda non è meno grave.
(da Globalist)
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Settembre 28th, 2019 Riccardo Fucile
RAPPORTO OXFARM: IN ITALIA CHI NASCE DA FAMIGLIE POVERE E’ DESTINATO A RIMANERE POVERO
In Italia l’ascensore sociale è fermo: gli sforzi individuali, la dedizione, il talento sono sempre meno determinanti per il miglioramento delle condizioni di vita rispetto alla famiglia d’origine.
Tanto che un terzo dei figli di genitori più poveri, è destinato a rimanere fermo al piano più basso dell’edificio sociale, mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco, mantengono una posizione apicale.
Lo spiega il nuovo dossier di Oxfam — organizzazione che lotta contro le disuguaglianze — dal titolo “Non rubateci il futuro”: il quadro che emerge mostra come, le disuguaglianze di reddito dei genitori diventano oggi disuguaglianze di istruzione dei figli che si trasformano, a loro volta, in disuguaglianze di reddito, replicando quelle che già esistevano tra i rispettivi genitori.
Spiegato da Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia: “Viviamo in un’epoca e in un paese in cui ricchi sono soprattutto i figli dei ricchi e poveri i figli dei poveri”.
Il dossier di Oxfam sottolinea come i figli delle persone collocate nel 10% più povero della popolazione italiana, sotto il profilo retributivo, ad oggi avrebbero bisogno di 5 generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale.
Questo in un contesto in cui il lavoro non basta più a garantire un livello di vita dignitoso: nel 2018 circa il 13% degli occupati nelle fasce d’età tra i 16 e i 29 anni era working poor, faceva cioè parte di una famiglia con reddito inferiore al 60% del reddito mediano nazionale. Il fenomeno è riconducibile in buona parte agli inadeguati livelli retributivi che vedono i giovani penalizzati da quasi 40 anni rispetto agli occupati più anziani.
Un fenomeno, sottolinea Oxfam, che va di pari passo con la proliferazione di contratti di breve durata e il boom degli occupati in part-time involontario che ha visto un incremento di un milione e mezzo di unità nel decennio 2008-2018.
Il trend dei contratti a termine è stato intervento proprio nell’anno in corso, dopo l’introduzione del decreto dignità . I dati Inps sui primi sei mesi del 2019 dicono che il saldo netto dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato segna un aumento di 321.805 contratti, registrando così un incremento del 150,7% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Il Rapporto annuale 2019 dell’Istat fotografa invece un ulteriore incremento dell’occupazione part-time: più di 2,7 milioni di italiani hanno contratti part-time anche se vorrebbero lavorare (e quindi guadagnare) di più. E 1,9 milioni sono donne.
Oxfam evidenzi poi come l’Italia detenga oggi il triste primato nel G7 per il maggior numero di laureati occupati in mansioni di routine: solo l’anno scorso 1,8 milioni di persone in possesso del titolo di laurea erano impiegati in professioni che richiedono un titolo di studio inferiore. L’assenza di posizioni lavorative qualificate e di prospettive di progressione di carriera condiziona fortemente la scelta di tanti italiani, oltre mezzo milione negli ultimi 4 anni, di trasferirsi all’estero: tra questi i giovani laureati costituiscono oggi la componente più rappresentativa, spiega ancora Oxfam.
“Ragazzi e ragazze che in molti casi hanno pochissime, se non nessuna possibilità di migliorare la propria condizione rispetto alla generazione precedente. Tutto questo non è altro che l’emblema di una società immobile che offre alle nuove generazioni una limitatissima sfera di opportunità . Lo specchio di una disuguaglianza economica e sociale, che anzichè attenuarsi di generazione in generazione, nella migliore delle ipotesi, non si riduce mai”, accusa Bacciotti.
Per questo è stata lanciata la campagna People Have the Power (qui il link): un gruppo di giovani provenienti da 12 città italiane si è fatto portavoce di un appello rivolto alle istituzioni per chiedere un cambiamento nelle politiche su istruzione pubblica, lavoro e accesso alla cultura.
L’istruzione è il punto su cui più si concentra il dossier di Oxfam, spiegando come oggi il sistema dell’istruzione italiano offra minori garanzie di emancipazione sociale: il figlio di un dirigente ha oggi un reddito netto annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato, anche se i due hanno concluso un ciclo di studi di uguale durata.
“L’azione di contrasto al fallimento formativo e alla povertà educativa, fortemente associata nel nostro Paese alla povertà economica, alla marginalità e vulnerabilità sociale, deve essere potenziata in via prioritaria — aggiunge Bacciotti — Solo in questo modo si riuscirà a garantire, ai giovani che ne sono oggi privati, la possibilità di costruire in modo consapevole e responsabile il proprio progetto di vita, raggiungere un adeguato livello di benessere individuale e, più in generale, a rafforzare la partecipazione critica delle nuove generazioni alla vita democratica del Paese”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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