Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA NAVE HA CHIESTO ALL’ITALIA UN PORTO SICURO: ORA LA STRATEGIA E’ DI NON RISPONDERE…. ALLA FINE E’ MALTA A FAR SBARCARE LA DONNA INCINTA, NOI NON SIAMO CAPACI NEANCHE A FAR RISPETTARE LA LEGGE
Neanche per permettere a una donna, al nono mese di gravidanza, di sbarcare. Palazzo Chigi e Viminale non hanno risposto a Sos Mediterranèe e a Medici senza frontiere che hanno chiesto all’Italia di far partorire in sicurezza una donna che domenica scorsa è stata salvata dall’imbarcazione Ocean Viking.
Alla fine, all’allarme lanciato dalla Ong ha risposto Malta così la nave ha fatto rotta verso l’isola dove la donna è stata messa in salvo insieme al marito.
Ma ancora nessuno dei due Paesi ha risposto alla richiesta di un porto sicuro per far sbarcare tutti gli 82 migranti rimasti a bordo.
Ieri sera il segretario Pd Nicola Zingaretti, nella nuova veste di alleato di governo, ha chiesto al premier lo sbarco immediato dei migranti “senza se e senza ma”.
Ma in seguito a questo appello c’è stata solo una lunga giornata di silenzio. Sta di fatto che l’attuale titolare del Viminale Luciana Lamorgese continua a tacere.
Per ora, dal ministero dell’Interno, l’unico atto formale è stato ribadire attraverso la Guardia costiera ad un’altra nave umanitaria, la Alan Kurdi, che è ancora in vigore il divieto di ingresso nelle acque territoriali firmato dagli ex ministri Salvini, Trenta e Toninelli.
Tuttavia nessuna firma analoga al momento si registra per la Ocean Viking da parte del ministro Lamorgese ma non vi è neanche l’autorizzazione allo sbarco.
Così il Pd continua a spingere sulla riapertura dei porti alle Ong. È questo già un terreno di scontro dei nuovi alleati. Per Davide Sassoli la Ocean Viking “deve sbarcare. Cosa pensano, di risolvere il problema dell’immigrazione tenendo in mare, 100, 200, 300 persone?”.
Ormai risale a domenica scorsa il primo intervento della Ocean Viking al largo della Libia: 50 persone su un imbarcazione in difficoltà . La nave è quindi rimasta in zona e ieri ha preso altri 30 migranti soccorsi da un veliero mentre si trovavano su un gommone. Nell’ala sinistra del governo inizia a esserci insofferenza.
A denti stretti un deputato di Leu afferma: “Bisogna autorizzare lo sbarco. Non si può aspettare anche in questo caso l’emergenza sanitaria e far scendere tutti in barella”.
Sono ore di attesa, si aspetta un segnale del premier Conte e del ministro Lamorgese, ma la pazienza del Pd e di Leu è già al limite.
(da “Huffingtinpost”)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
OTTIENE SOSTEGNO SUI PROFUGHI: CHI ACCOGLIE GUADAGNA FONDI, CONFERMATO IL 23 SETTEMBRE IL VERTICE A MALTA
Con la pochette bianca nel taschino a segnare il nuovo corso, oggi Giuseppe Conte porta in dote a Bruxelles il nuovo governo M5s-Pd: missione compiuta. Il resto è una sfilza di incontri e complimenti, congratulazioni e pacche sulla spalla.
Finiti nel buco nero del passato, i tempi in cui Conte era premier del governo gialloverde, quello che ogni giorno faceva a pugni con l’Ue o per via di Matteo Salvini oppure per colpa di Luigi Di Maio. Oggi inizia un’altra storia. Solo abbozzata nelle materie economiche: con la presidente Ursula von der Leyen c’è un primo scambio di vedute sulla nuova situazione politica in Italia, nessun risultato concreto ma del resto non ne erano previsti, dicono fonti vicine alla nuova presidente della Commissione sottolineando “il clima positivo” della conversazione.
Qualcosa di concreto si muove con Francia e Germania sulla redistribuzione dei migranti che arrivano in Italia e sulla riforma di Dublino. Non una parola però da parte del premier sul caso della Ocean Viking, la nave della ong norvegese con 34 migranti a bordo, ancora in cerca di un porto sicuro. “Sbarchi subito”, dice il presidente dell’Europarlamento David Sassoli dopo aver ricevuto Conte. Da ieri lo chiede anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti.
Intanto però di immigrazione Conte parla con von der Leyen e anche negli altri, numerosi incontri di giornata con i vertici europei.
Alla sua prima visita a Bruxelles da premier dell’alleanza M5s-Pd, Conte incassa il sostegno di Parigi alla riforma di Dublino, chiesta da tempo da Roma, sostenuta fortemente anche da von der Leyen. E con la presidente della Commissione, nell’incontro mattutino a Palazzo Charlemagne, il premier parla della possibilità di mettere in piedi il seguente meccanismo: assicurare fondi europei ai paesi che accolgono migranti. Chi non accoglie, non ne beneficerebbe, ca va sans dire.
“Ci saranno dei paesi riluttanti ma chi non parteciperà ne risentirà sul piano finanziario”, dice il capo del governo parlando dell’accordo per la redistribuzione dei migranti in Europa, accordo che l’Italia sta stringendo con Francia, Germania e che dovrebbe essere definito il 23 settembre a Malta, in un vertice che vedrà la partecipazione anche della Finlandia, quale presidente di turno dell’Ue.
Un accordo che — se tutto va bene — dovrebbe garantire all’Italia la redistribuzione di almeno il 50 per cento dei migranti che arrivano, divisi tra Francia e Germania, 25 per cento a testa, e sperare nell’adesione di altri Stati, attratti dai fondi Ue a disposizione.
Fatto l’accordo, dovrebbe ripartire anche Sophia, la missione navale europea di sicurezza marittima, a comando italiano, rimasta ancora in piedi in teoria, ma senza più navi nel Mediterraneo per via del no di Salvini a mandarla avanti. Contraddizione in termini ma tant’è.
“L’operazione Sophia non era stata completamente accantonata, ma non era stata valorizzata — dice Conte — In un quadro in cui andiamo ad attivare un meccanismo di redistribuzione europea” dei migranti “una volta attivato, possiamo riconsiderare il tutto”.
A Bruxelles, Conte viene accolto da Donald Tusk, presidente del consiglio europeo uscente, primo sponsor del ‘Conte bis’ nelle settimane di piena crisi di governo ad agosto, quando ancora in Italia Pd e M5s discutevano sul premier. “E’ bello rivedere l’amico Conte, abbiamo parlato delle priorità dell’Italia”, dice il polacco. “Mi mancherai amico”, gli dice l’italiano salutandolo.
Ma i complimenti di Tusk suonano solo il gong di inizio per una serie di congratulazioni: oggi qui Conte è l’uomo che si è prestato per liberare l’Italia dal sovranista Salvini. Tappeti rossi per lui. Dopo l’incontro con von der Leyen, viene ricevuto dal presidente del Parlamento europeo Sassoli, poi dal prossimo presidente del Consiglio europeo Charles Michel e infine dal presidente uscente della Commissione europea Jean Claude Juncker.
Certo gli interrogativi restano aperti sulle questioni economiche, malgrado Roma possa ora contare su un atteggiamento più morbido da parte della nuova Commissione.
Il che non significa che automaticamente si va in una direzione di revisione delle regole del patto di stabilità e crescita (serve l’unanimità in Consiglio Ue). Disponibile la Germania, che è in recessione, ci sono però i paesi rigoristi del nord a tirare il freno.
Con von der Leyen “non abbiamo fatto la manovra economica – dice Conte – quello che ho detto è che vorrei stabilire un patto con l’Europa. Abbiamo davanti una stagione riformatrice che non si esaurisce in qualche mese evidentemente. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo e per questo tempo vogliamo fare un patto con l’Europa per una Italia digitalizzata, vogliamo orientare completamente il nostro sistema industriale verso una Green economy e da questo punto di vista abbiamo bisogno di tempo. Dobbiamo fare investimenti che ci consentano crescita economica e di orientare verso lo sviluppo il Paese e una maggiore occupazione e di maggiore qualità . Su questo vogliamo fare un patto trasparente con l’Europa: questo è il nostro programma, consentiteci di realizzare questi investimenti e per un periodo di tempo fateci fare questi investimenti”.
All’indomani della fiducia del Senato al Conte II, anche l’Europa riparte con i nuovi vertici.
Da stasera il commissario italiano Paolo Gentiloni sarà chiuso in una sorta di ‘conclave’ fino a domani con von der Leyen e gli altri commissari, un ritiro di “team building” a Genval, a 30 km da Bruxelles.
E venerdì il debutto sarà del nuovo ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, al suo primo Eurogruppo in Finlandia. Da lì in poi, riflettori puntati sulla manovra economica: il primo atto del nuovo corso, il corso della pochette.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
SOLO UNA GRANDE EUROPA POTRA’ GARANTIRE UN FUTURO ALLA NOSTRA ITALIA, BISOGNA ESSERE ALL’ALTEZZA DELLA NUOVA SFIDA
Ieri sera fa ho avuto modo di ascoltare, sia Bersani, su La7, che Salvini, su Rai1, intervistato da Vespa. Dimensioni totalmente diverse, ovviamente, così diverse che meritano considerazioni separate.
Salvini è come se avesse gettato via la maschera, comunque. Non gli interessa il centrodestra
Per lui, quel riferimento rappresenta soltanto una sorta di “mera opportunità elettorale”. Il suo fine è la conquista del potere, “avvenga come avvenga”.
Il ragionamento è diventato ancor più manifesto allorquando, a domanda di Vespa, ha risposto che il distinguo tra destra e sinistra lo reputa superato perchè, per lui, la “contrapposizione politica” è tra “difensori dell’Italia” ed Europeisti (tra Sovranisti e non, insomma) e che, a tale scopo, proverà ad allargare, ad inglobare di tutto e di più.
La cosa finora gli è riuscita perchè, alle ultime politiche, la sua lista ha ospitato liberali, ex FLI ed ex aderenti al MSN, ovviamente unitamente a tanti altri “disperati” in “cerca d’autore
Manca una visione politica vera a propria, insomma. Esiste il “Salvinismo”. Una scatola vuota, proprio come il Sovranismo.
Senza un riferimento politico ideale chiaro la politica diventa nulla, però.
Salvini non mi ha mai convinto e, più lo conosco, ed ancor di meno lo reputo utile all’Italia…
Bersani è intervenuto su varie questioni.
Con un ragionamento semplice, quanto efficace, ha rimarcato un dato oggettivo: al di di come la si voglia o la si possa “eticamente dipingere” o vedere, quella tra PD e M5S è un’alleanza politica potenzialmente organica, capace di ricostruirlo per davvero un nuovo bipolarismo tra centrosinistra e centrodestra.
PD e Cinquestelle sono forze politiche di sinistra, stataliste e con tantissimi punti di contatto, sia valoriali che programmatici.
C’è da immaginare che, col passar del tempo, diventeranno molto più di una maggioranza politica che proverà a governare il Paese sino al termine della Legislatura.
Ai grillini, comunque, le “scoppole” faranno bene, perchè, forse, prenderanno definitivamente atto che il “vaffa day” quotidiano ed il sistematico giustizialismo etico, prima, e giudiziario, poi, sono buoni soltanto per la propaganda e per la potenziale conquista del potere: governare, fare politica, incarnare ideali, sogni e speranze, servire il proprio Paese, rappresentano una “missione laica”, un impegno filosofico, prima ancora che materiale, così elevati che soltanto chi ha in sè il seme ed i segni della storia e del rispetto per le Istituzioni può pensare, seriamente, di poterci riuscire o, almeno, provare.
Studiare, essere equilibrati ma anche sanamente ribelli, nella ricerca; approfondire e cercare di capire, oggi sì e domani pure, sono condizioni essenziali.
Quel che manca, quindi, è il centrodestra ed, in esso, una forza liberale capace di condurlo sul terreno della modernità .
Amiamo tutti la nostra Patria. Amiamo tutti la nostra terra. Ma è nell’interazione sovranazionale che dovremo essere capaci di farla risplendere in tutta la sua bellezza, perchè questa terra, al di là dei rivoli della storia e delle campanilistiche contrapposizioni (menomale che ancora esistono!), ha tradizioni e cultura, storia e bellezza, e sarà in una grande Europa che bisognerà farle emergere.
La stima, il rispetto, sono cose che si conquistano: è tempo che la nostra politica, che la nostra classe politica, che la nostra stessa società , accettino la sfida…”
Salvatore Totò Castello
Right Blu – La Destra liberale
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
ECCO LE PROVE DI COME AGISCE L’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE CHE SI FA PAGARE DAI PROFUGHI PER LASCIARLI PARTIRE (E LI SCORTA PURE)… IN ITALIA QUALCUNO E’ COMPLICE DI QUESTI CRIMINALI
Alnoor Mohammadiaen Adam, 44 anni, è il testimone chiave dell’esposto contro Roma e Bruxelles articolato in 244 pagine e presentato lo scorso giugno alla Corte Penale internazionale ( Cpi) dell’Aja dall’avvocato israeliano Omer Shatz, docente di diritto internazionale a Sciences Po e dal collega franco-spagnolo Juan Branco
La denuncia è per “crimini contro l’umanità ” e mette sotto accusa l’aiuto economico e militare dato da Italia e Ue alla Guardia costiera della Libia, che poi usa queste risorse per alimentare la tratta di esseri umani, tra indicibili violenze, ricatti, prigionie e torture.
Membro della tribù sudanese dei Berti, una delle più colpite durante il conflitto in Darfur, in questa intervista Alnoor Mohammadiaen Adam rivela per la prima volta alla stampa il proprio nome e il suo volto: «Ho deciso di farlo perchè ciò che sta accadendo sulla pelle di chi fugge dalle guerre e dalla povertà rinnova il mio dolore. La decisione dell’Italia e dell’Ue di addestrare, finanziare con soldi pubblici e affidare alla Guardia costiera libica le operazioni di salvataggio in mare dei migranti è un’aberrante truffa non solo ai nostri danni ma anche nei confronti dei cittadini italiani ed europei», dice.
E aggiunge: «Non ne parlo per averlo sentito dire: è un fatto che io e mia moglie siamo stati costretti a constatare in prima persona». La moglie di Alnoor è morta per le violenze subite e le malattie contratte in Libia, poche ore dopo essere sbarcata con il marito a Trapani.
«I medici mi hanno detto che era incinta», racconta Alnoor. La cui testimonianza, secondo l’accusa, dimostra che Italia e Unione Europea nel consegnare la gestione del recupero in mare dei migranti alla Guardia costiera libica hanno contribuito all’attuazione di crimini contro l’umanità .
Signor Adam, ci può spiegare cosa è accaduto quando il 17 luglio 2016 siete riusciti a imbarcarvi su un peschereccio in Libia?
«A mezzanotte io e mia moglie siamo stati portati a un molo con molti pescherecci. I trafficanti, che si facevano chiamare Abdelbasit e Fakri, ci hanno detto che ci avrebbero scortato per 2 ore affinchè non venissimo intercettati dai “pirati”. Eravamo 86 persone, tutte sudanesi. La barca però era troppo carica. A quel punto Abdelbasit è saltato dentro e ha iniziato a timonare, mentre il gommone di scorta guidato da Fakri ci precedeva effettuando “ricognizioni”. Ci hanno scortato per un’ora e mezza fino a quando Fakri ha accostato e ha urlato: “Abdelbasit, vieni, veloce!” A quel punto ho chiesto cosa dovessimo fare, avendo capito che saremmo rimasti soli, ma non hanno risposto e se ne sono andati via a tutta velocità col gommone. Poco dopo è arrivata una barca più grande, armata di mitragliatrice Dushka, con otto uomini in uniforme, che ci ha speronato. Eravamo terrorizzati. Due di loro armati fino ai denti sono saltati dentro e ci hanno urlato: “Siamo la Guardia costiera libica. Rappresentiamo il governo. Sappiamo che state andando in Europa. Ma ora dovete tornare in Libia!”».
A quel punto cosa è successo?
«Ci hanno costretto a invertire la rotta mentre il mare diventava sempre più grosso. Noi non eravamo in grado di gestire l’inversione, allora uno degli uomini della Guardia costiera ha preso il timone. Ma le onde erano troppo alte anche per lui. Così i suoi colleghi ci hanno lanciato una corda per trascinarci, visto che la loro imbarcazione era più grande e più veloce. Sulla via del ritorno, hanno intercettato altre 4 barche. Al mattino presto, quando siamo arrivati a Zawiya, due barche erano già state rilasciate perchè avevano raggiunto un accordo con la Guardia costiera libica. Poco dopo siamo stati trasferiti in alcuni container-prigione vicino a un edificio a più piani. I carcerieri ci hanno subito detto: “Ognuno di voi deve pagare 2.000 dinari (più di 1.200 euro, ndr) e vi porteremo in un punto dove sarete recuperati. Se non avete soldi, ecco il telefono, chiamate le vostre famiglie e ditegli che ce li spediscano. C’è un nostro agente incaricato di ritirare il denaro a Tripoli. Chi non paga, verrà trasferito nella prigione di Osama 767”. Io e mia moglie non avevamo più soldi perchè li avevamo usati tutti per pagare il viaggio verso l’Europa. Così ci hanno separati, Hala in un container, io in un altro. Siamo rimasti chiusi lì dentro senza mai uscire e senza notizie l’uno dell’altro per due settimane. Mi hanno picchiato e torturato. Non riesco a parlare di quello che è successo a mia moglie. Alla fine, lei ha chiamato i suoi fratelli che hanno inviato denaro per farci uscire. Non mi dimenticherò mai quei giorni. Dentro ai container faceva un caldo asfissiante ma ci davano solo una tazza d’acqua al giorno. Quando ne ho chiesta un’altra, non solo non me l’hanno data, ma il giorno dopo ho avuto solo mezza tazza. Ho chiesto il motivo e la risposta è stata: “Perchè così non disturbi chiedendo di andare in bagno”. Il cibo era molto scarso e disgustoso».
E dopo cosa è successo?
«Hanno mandato alcuni di noi a lavorare nei terreni agricoli circostanti, ordinando ai proprietari di impedirci di scappare. Con il lavoro forzato ci saremmo pagati il nuovo viaggio. Alla sera tornavamo prigionieri nei container. Dopo mesi di lavori forzati siamo stati rimessi in mare sulla barca di legno della prima volta, ma ora a farci da scorta c’era direttamente la stessa barca della Guardia costiera libica comandata dallo stesso capo dell’equipaggio».
È davvero certo che il comandante fosse lo stesso?
«Non mi dimenticherò mai la sua faccia e i suoi modi spietati».
A quel punto cosa è accaduto?
«Ci hanno scortato per circa tre ore, fino a quando le luci non erano più visibili. Mi è rimasto impresso quando siamo passati davanti alle fiamme dell’impianto petrolifero offshore di Sabratha e il capo dell’equipaggio della Guardia costiera ci ha detto: “Se vi lasciassimo qui dovreste pagare di nuovo”. A quel punto ho dedotto che la Guardia costiera libica non è un corpo unico, ma è costituita da più gruppi divisi tra loro».
Poi hanno continuato a scortarvi?
«Sì, ma a un certo punto ci hanno detto: “Continuate così” e se ne sono andati. Mentre albeggiava abbiamo realizzato che due barche di migranti partite con noi non c’erano più. Non so cosa gli sia successo. Le onde intanto erano diventate così alte che abbiamo iniziato ad andare nel panico».
Chi vi ha recuperati in mare e portati in Sicilia ?
«Siamo stati avvistati da una nave che passava, poco dopo ci ha sorvolati un elicottero. Poi è arrivata l’Aquarius che ci ha presi a bordo sbarcandoci a Trapani. Mia moglie è morta 48 ore dopo, per gli stenti e le violenze che aveva subito».
(da “L’Espresso”)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
VELLA INVITATO COME PRIMO RELATORE AL CONVEGNO A VIENNA: “I TRAFFICANTI VANNO CERCATI IN LIBIA, QUELLI CHE ARRIVANO SONO LE VITTIME CHE DOBBIAMO TUTELARE”
“Le organizzazioni dei trafficanti utilizzano imbarcazioni a poco prezzo. Il sequestro di questi mezzi è inefficace, perchè sono mezzi non utilizzabili per un nuovo viaggio”.
Lo ha detto il procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, a Vienna, partecipando come primo relatore all’incontro sul “Smuggling – traffico di migranti” nella capitale austriaca, portando dinanzi ai rappresentanti degli Stati delle Nazioni Unite l’esperienza dei pm di Agrigento sul contrasto ai trafficanti di esseri umani.
“Oggi – ha aggiunto Vella – sempre di più un efficace contrasto alle organizzazioni di trafficanti di migranti presuppone una lotta da svolgere sulla terra ferma non in mare, soprattutto nei Paesi di partenza con la necessaria collaborazione dei Paesi di destinazione. Sono poco utili e difficilmente attuabili i blocchi navali, cioè i tentativi di bloccare in mare l’arrivo delle imbarcazioni cariche di migranti”.
Vella ha aggiunto: “Il Paese di destinazione è il luogo in cui arrivano le vittime dei traffici, portando con se il peso delle violenze subite, delle torture, degli abusi sessuali, delle uccisioni di familiari o di amici. I Paesi di partenza sono i luoghi in cui si trovano i trafficanti, le loro armi da fuoco, i loro mezzi, le loro basi, le prigioni in cui tengono i migranti, e, soprattutto, i loro soldi”.
Il numero due della Procura agrigentina ha fatto riferimento alle varie tipologie di “viaggi” organizzati dagli scafisti con il sempre maggiore ricorso agli “sbarchi fantasma”.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
A CHI CHIEDEVA I SOLDI SAVOINI? CHI SONO I DATORI DI LAVORI DELLA LEGA?
Che dire? Una mancanza di fantasia. Salvini ormai ripete le stesse cose coattivamente.
E poi in piano risentimento: “Conte oggi dov’è? A Bruxelles, dai suoi datori di lavoro…”
Ultima la polemica anti-Ue e sovranista: “Ormai la distinzione in Italia non è più tra sinistra e destra ma tra i partiti che prendono ordini dall’estero, come un tempo il Pci li prendeva dall’Unione Sovietica, e i partiti che invece hanno a cuore l’Italia e gli italiani, noi siamo uomini liberi”
Talmente liberi da aver tentato (con esiti negativi) di arruffianarsi Trump, da aver fatto i maggiordomi di Putin e di avere un iscritto (mai querelato dalla Lega) che è andato a Mosca a chiedere soldi ai russi (Savoini) in cambio di una politica pro-Mosca fatta da Salvini
Senza dimenticare l’ordinanza che vietava le manifestazioni di protesta ai lavoratori (italiani) che difendevano il posto di lavoro fatta fare dopo le richieste dell’ambasciatore russo in Italia.
Resta da capire che è libero e chi siano i traditori.
(da Globalist)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
INIZIANO LE DEFEZIONI… SALVINI PERDE UNA DELLE SUE COLONNE DEL CONSENSO IN SICILIA
Era stato uno dei primi a salire sul Carroccio in Sicilia. Adesso è anche il primo a scendere. A pochissimi giorni dal ritorno della Lega tra i banchi dell’opposizione, Carmelo Lo Monte ha deciso di abbandonare il partito dell’ex vicepresidente del consiglio.
Il 9 settembre, infatti, ha lasciato il gruppo della Lega alla Camera per passare a quello Misto. Così Matteo Salvini perde una delle sue prime colonne del consenso in Sicilia, e una delle più stabili.
Alle politiche del 2018, per esempio, Lo Monte aveva fatto incassare alla Lega, il 37,25 percento dei voti al Carroccio a Graniti, paesino in provincia di Messina e suo comune di nascita.
Così il partito di Alberto da Giussano è risultato essere la prima forza politica nel piccolo comune siciliano con 320 voti su 886 elettori, lasciando dietro il M5s che incassava solo il 23,52.
Consenso che si era allargato alla vicinissima Taormina, dove il Carroccio aveva preso il 22,59 percento dei consensi.
Piccoli numeri, se rapportati al numeri degli elettori, ma significativi perchè arrivavano dalla Regione più a Sud d’Italia. Alle Europee di maggio la Lega ha registrato il 44,97 percento a Graniti, diventato secondo comune siciliano più vicino alla Lega. Che fine faranno quei voti ora che Lo Monte ha lasciato il gruppo?
Tra l’altro si tratta dell’ennesima virata di Lo Monte, vero e proprio globetrotter dell’arco costituzionale nella sua lunga storia politica.
Deputato ininterrottamente dal 2006, ora che ha 63 anni è alla sua quarta legislatura. Prima era stato deputato regionale all’Assemblea regionale siciliana, vicepresidente della Regione nel 1998. Nato politicamente nella Democrazia cristiana, Il parlamentare siciliano è passato prima con i Popolari, poi con i Socialisti, poi ancora con il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo, prima di farsi convertire sulla via di Alberto da Giussano ottenendo un’elezione alla Camera nel 2018.
Una via che adesso abbandona per il gruppo Misto. Solo l’ennesimo cambio di maglia per Lo Monte. Un cambio che sembra indicare la nuova direzione del vento, proprio in quel Sud al quale Salvini si era rivolto nel tour di agosto, quando ha aperto la crisi di governo.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
DA SHARE DEL 18% E PERSINO DEL 24% E’ PRECIPITATO ALL’11%… E MORISI NON PARLA PIU’ DI BOOM D’ASCOLTI
Il grande ritorno di Matteo Salvini a Porta a Porta non è andato bene. Forse la colpa è stata della scenetta con l’analcolico biondo bevuto assieme a Bruno Vespa nella simpaticissima scenetta in anteprima della puntata.
I dati di ascolto parlano chiaro: ieri in seconda serata “Porta a Porta” ha ottenuto 1 milione 96 mila spettatori con l’11.4 di share.
Al punto che il deputato PD Michele Anzaldi su Twitter scrive che «per ampia parte del comizio senza contraddittorio del leader Lega, 6 punti in meno dell’esordio 2018».
L’effetto Salvini (come lo chiamava Morisi) ha smesso di pompare? È presto per dirlo, ma è vero quello che dice Anzaldi.
L’11 settembre 2018, puntata d’esordio in seconda serata della ventiquattresima stagione di Porta a Porta il programma di Vespa aveva realizzato il 17.3% di share con 1.563.000 spettatori.
Un anno dopo oltre mezzo milione di spettatori sembra aver perso l’entusiasmo per le gesta del Capitano.
All’epoca Salvini si era presentato in televisione per raccontare la sua verità sull’immigrazione, giudici e soldi della Lega (i 49 milioni). Ieri Salvini ha provato a raccontare qualche balla sui migranti e ha preferito non raccontare la sua verità sui rapporti del suo ex collaboratore Savoini con certi russi incontrati a Mosca.
Forse gli italiani si sono stufati di ascoltare il disco rotto di Salvini che oltretutto non è più ministro e quindi ha perso un po’ di fascino?
Oppure dopo 14 mesi di nulla quasi assoluto il leader della Lega è ormai spompato?
E’ un dato di fatto che ieri di nottambuli salviniani ce ne fossero meno che l’ultima volta.
Così come è interessante notare che questa volta le pagine ufficiali della Lega non abbiano parlato del BOOM DI ASCOLTI del Capitano.
I dati di ieri impallidiscono in confronto al 22,6% di share (non 24,5% come è scritto nel post qui sotto) che Porta a Porta aveva fatto l’11 febbraio scorso, sempre in seconda serata.
C’è da dire che nell’occasione il programma di Vespa aveva beneficiato del boom di ascolti del Commissario Montalbano (44,9%).
E pure in un altra occasione Salvini aveva fatto un “record” di ascolti quando sempre a Porta a Porta in seconda serata lo share era arrivato al 18% (1.711.000 spettatori). Era il 10 gennaio 2019. Il giorno dopo Salvini postava soddisfatto la notizia dei dati d’ascolto prontamente rilanciati da uno dei membri del “Team comunicazione del Senatore Matteo Salvini”.
Tutti festeggiavano il record di ascolto stagionale. Salvini bucava il video e chiudeva i porti come se non ci fosse un domani. Come se il governo avesse davvero dovuto durare per cinque anni.
Poi si è scoperto che i porti li chiudeva per finta e forse qualcuno ha cominciato ad accorgersi che va bene gli ascolti STRATOSFERICI e le prestazioni maiuscole nei salotti televisivi, va bene proverbiali folle oceaniche nelle piazze ma forse era il caso che Salvini iniziasse a lavorare al Viminale (curiosamente in quel periodo ci andò davvero pochino).
E con lo share alle stelle e il vento dei sondaggi in poppa qualcuno deve aver deciso che era ora di passare all’incasso. E Salvini ha fatto all in mettendo sul piatto i suoi sette ministeri (era un bluff, non li ha messi davvero). E così il fenomeno ha cominciato a sgonfiarsi.
Il disco ormai è gracchiante, ha sempre il suo stile, ma come dire, non è più al passo coi tempi.
(da agenzie)
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Settembre 11th, 2019 Riccardo Fucile
LA PROCURA ITALIANA E ARGENTINA INDAGANO DOPO LA CIRCOSTANZIATA DENUNCIA DI FABIO PORTA: IN DIECI SEZIONI UNA PIOGGIA DI SCHEDE A SENSO UNICO VOTATE DALLA STESSA MANO
La procura di Buenos Aires ha accolto la denuncia di brogli elettorali presentata da Fabio Porta, già senatore e candidato non rieletto del Pd in Sud America, a seguito di “oggettive anomalie” riscontrate in diversi seggi appartenenti alla circoscrizione consolare.
Al centro della denuncia oltre quindicimila schede elettorali “sospette” concentrate in una decina (su novanta) sezioni elettorali di Buenos Aires; in queste sezioni si concentrerebbero il 90% dei voti che consentirono al senatore Adriano Cario di essere eletto con l’USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani), con la conseguente perdita per il PD di un seggio ritenuto “sicuro”.
Secondo la denuncia, presentata contestualmente in Italia e Argentina dallo stesso Porta e da Alberto Becchi (primo dei non eletti PD in Sudamerica) le migliaia di schede “anomale” concentrate in un pugno di sezioni di Buenos Aires sarebbero state votate quasi sempre dalle stesse mani, come sarebbe riportato dagli stessi verbali vidimati dai presidenti di seggio a Castelnuovo di Porto (la città italiana dove avviene lo scrutinio della Circoscrizione Estero).
Secondo Porta l’USEI “passava da una media del 20% di voti nelle altre sezioni a 80-90% e specularmente gli altri partiti passavano dal 40% al 4% e numeri simili”.
Ad aumentare i sospetti anche lo “strano e repentino” passaggio del neo-eletto senatore Cario dall’USEI al MAIE; pochi giorni dopo, proprio grazie ai due voti al Senato, il MAIE entrava nel governo Lega-5Stelle e il Senatore Ricardo Merlo diventava sottosegretario agli esteri nel primo governo Conte.
(da agenzie)
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