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IL COMUNE DI PISA A GUIDA LEGHISTA BOCCIA LA MOZIONE PER SILVIA ROMANO: PRIMA GLI ITALIANI UN CAZZO

Settembre 18th, 2019 Riccardo Fucile

SI CHIEDEVA IL MASSIMO IMPEGNO DELLE ISTITUZIONI PER RIPORTARE IN ITALIA LA GIOVANA RAPITA IN KENYA

Sono passati quasi dieci mesi dal rapimento di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya il 20 novembre dello scorso anno, ma ancora poco si sa sul suo destino e sulle indagini su questo caso.
La politica italiana, al netto di alcune dichiarazioni di facciata, sembra essersi messa in una posizione di perenne attesa che ha quasi il sapore del disinteresse.
Sotto traccia si starà  sicuramente lavorando anche dalla Farnesina, ma l’apparenza restituisce una verità  abbastanza diversa. E nel novero del comportamento delle istituzioni si inserisce anche quanto accaduto a Pisa nella giornata di martedì 17 settembre.
La maggioranza — di centrodestra e guidata dalla Lega — ha, infatti, bocciato una mozione che aveva come obiettivo quello di garantire un maggiore impegno delle istituzioni (nello specifico quelle pisane) affinchè le sorti di Silvia Romano non rimanessero in quella zona d’ombra, dando una maggiore importanza alla richiesta di maggiore interesse (anche fattivo) da parte del Comune toscano. Cosa che, invece, non sembra esser stata gradita al consiglio.
«Oggi durante il consiglio comunale di Pisa la maggioranza ha bocciato la mozione per Silvia Romano, che chiede il massimo impegno da parte delle istituzioni per la liberazione della giovane cooperante rapita in Kenya — ha amaramente commentato Giuseppe Civati in una nota pubblicata sul sito di Possibile -. La Lega e la destra non perdono occasione per dimostrare l’ipocrisia e il vuoto dietro i loro stessi slogan: tuonano ‘Prima gli italiani!’, ma se ne dimenticano quando gli italiani e le italiane sono Giulio Regeni e Silvia Romano».
Un evento, quello di Pisa, che va a legarsi alla rimozione di alcuni striscioni dai palazzi istituzionali per chiedere e, soprattutto, ricordare come la verità  vada ricercata e le luci non vadano mai spente in casi come quelli dei due italiani. «A Pisa, dove avrebbe potuto prevalere la preoccupazione e l’attenzione per la vicenda di una giovane donna di cui non si hanno notizie da troppi mesi, se non le tracce che sono emerse nelle ultime settimane dalle indagini — conclude Civati -, si è invece consumato l’ennesimo episodio della guerra spietata alle ONG che la Lega porta avanti all’insegna della propaganda e della disumanità ».

(da agenzie)

argomento: denuncia | Commenta »

COSA DICE IL TRIBUNALE SULLA MAMMA DI GRETA (NON DI BIBBIANO)

Settembre 18th, 2019 Riccardo Fucile

“LA MADRE PASSA SPESSO LE GIORNATE DORMENDO, IMPONENDO ALLA BAMBINA DI STARE FUORI CASA E DI NON FARE RIENTRO SE NON UNA VOLTA NELL’ARCO DELL’INTERO POMERIGGIO, UN QUADRO DI FORTE INSTABILITA’ EMOTIVA”

Repubblica oggi racconta in un articolo a firma di Matteo Pucciarelli cosa c’è nelle carte del tribunale su Greta e su sua madre Sara,   la cui vicenda non è avvenuta a Bibbiano (nonostante i tentativi messi in atto e poi cancellati dalla Lega per farlo credere) ma a Como ed è cominciata quando, il 23 giugno 2016 il papà  di Greta, che si è separato dalla compagna nel 2009, chiede al tribunale di Milano la decadenza della responsabilità  genitoriale della madre.
Parla di «difficoltà  di mantenere con la figlia rapporti continuativi» per il diniego di lei, di «gestione inadeguata della minore, spesso assente da scuola».
Dopo un primo confronto tra le parti in tribunale, la palla passa al servizio sociale territoriale per gli approfondimenti, servizio che raduna 19 comuni della zona. (…) La donna si rivolge al Centro psico-sociale di Appiano Gentile, anche lì si conferma un quadro di «forte instabilità  emotiva».
Greta racconta di essere spesso punita dalla madre, una volta anche percossa. I suoi insegnanti aggiungono che talvolta nessuno la va a prendere all’uscita da scuola. Si legge, ancora: «La mamma passa spesso le giornate dormendo, imponendo alla bambina di stare fuori di casa e di non fare rientro, se non una volta sola nell’arco dell’intero pomeriggio»
Il 30 agosto 2017 un vicino di casa telefona al 114 Emergenza infanzia, tra le molte cose testimonia che la donna insulta Greta. Così la piccola viene affidata a una comunità  gestita dalla Chiesa. Ci arriva il 15 giugno 2018 in condizioni difficili, «non seguita neppure negli accudimenti primari». Lì la situazione migliora, anche nel suo rapporto con il padre, regolato nelle visite.
E quindi
La madre invece non si dà  pace, cambia tre avvocati, racconta la storia con altri nomi alla Provincia di Como parlando di bambina “scippata”, si accende il dibattito pubblico. Poi nasce il contatto con la Lega. Il presidente del tribunale dei minori di Milano, Ciro Cascone, non commenta il caso in sè ma specifica solo che «il fatto che Greta sia tornata a casa significa che sta meglio e che quindi il sistema funziona: l’interesse primario è sempre quello dei minori».
(da “NextQuotidiano”)

LA BAMBINA DI STARE FUORI CASA E DI NON FARE RIENTRO SE NON UNA VOLTA NELL’ARCO DELL’INTERO POMERIGGIO, UN QUADRO DI FORTE INSTABILITA’ EMOTIVA”
«La mamma passa spesso le giornate dormendo, imponendo alla bambina di stare fuori di casa e di non fare rientro, se non una volta sola nell’arco dell’intero pomeriggio».
Repubblica oggi racconta in un articolo a firma di Matteo Pucciarelli cosa c’è nelle carte del tribunale su Greta e su sua madre Sara,   la cui vicenda non è avvenuta a Bibbiano (nonostante i tentativi messi in atto e poi cancellati dalla Lega per farlo credere) ma a Como ed è cominciata quando, il 23 giugno 2016 il papà  di Greta, che si è separato dalla compagna nel 2009, chiede al tribunale di Milano la decadenza della responsabilità  genitoriale della madre.
Parla di «difficoltà  di mantenere con la figlia rapporti continuativi» per il diniego di lei, di «gestione inadeguata della minore, spesso assente da scuola».
Dopo un primo confronto tra le parti in tribunale, la palla passa al servizio sociale territoriale per gli approfondimenti, servizio che raduna 19 comuni della zona. (…) La donna si rivolge al Centro psico-sociale di Appiano Gentile, anche lì si conferma un quadro di «forte instabilità  emotiva».
Greta racconta di essere spesso punita dalla madre, una volta anche percossa. I suoi insegnanti aggiungono che talvolta nessuno la va a prendere all’uscita da scuola. Si legge, ancora: «La mamma passa spesso le giornate dormendo, imponendo alla bambina di stare fuori di casa e di non fare rientro, se non una volta sola nell’arco dell’intero pomeriggio»
Il 30 agosto 2017 un vicino di casa telefona al 114 Emergenza infanzia, tra le molte cose testimonia che la donna insulta Greta. Così la piccola viene affidata a una comunità  gestita dalla Chiesa. Ci arriva il 15 giugno 2018 in condizioni difficili, «non seguita neppure negli accudimenti primari». Lì la situazione migliora, anche nel suo rapporto con il padre, regolato nelle visite.
E quindi
La madre invece non si dà  pace, cambia tre avvocati, racconta la storia con altri nomi alla Provincia di Como parlando di bambina “scippata”, si accende il dibattito pubblico. Poi nasce il contatto con la Lega. Il presidente del tribunale dei minori di Milano, Ciro Cascone, non commenta il caso in sè ma specifica solo che «il fatto che Greta sia tornata a casa significa che sta meglio e che quindi il sistema funziona: l’interesse primario è sempre quello dei minori».

(da “NextQuotidiano”)

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RAZZISMO STADI, NESSUNA SANZIONE PER I CORI CONTRO KESSIE E LUKAKU, ENNESIMA VERGOGNA ITALIANA

Settembre 18th, 2019 Riccardo Fucile

QUELLO CHE HANNO SENTITO MILIONI DI ITALIANI IN TV NON E’ STATO “PERCEPITO” DAGLI ADDETTI ALLA SICUREZZA E DAL GIUDICE FEDERALE… A QUANDO UN PREMIO ALLA FECCIA RAZZISTA?

Nessun provvedimento per gli episodi di razzismo contro il centrocampista ivoriano del Milan Franck Kessie e per quelli contro l’attaccante belga dell’Inter Romelu Lukaku.
Il giudice sportivo della Serie A Gerardo Mastrandrea non ha punito i tifosi dell’Hellas Verona e quelli del Cagliari dopo i buuu razzisti indirizzati verso i due giocatori.
Nel comunicato, pubblicato sul sito della Lega Serie A, si legge: «Il Giudice Sportivo, […] considerato che il responsabile dell’Ordine pubblico ha fatto conoscere che la Questura di Cagliari ha segnalato che nelle fasi antecedenti il calcio di rigore, e solo in quella occasione, dal settore ‘Curva Nord’, abitualmente occupato dalla tifoseria di casa, si sono levati cori, urla e fischi nei confronti dell’atleta avversario Lukaku che si apprestava ad effettuare il tiro da rigore e che in tale circostanza dalla zona posta a sinistra guardando la porta sono stati percepiti alcuni versi da parte di singoli spettatori che però non sono stati intesi dal personale di servizio, nè in vero dai collaboratori della Procura federale, come discriminatori a causa dei fischi e delle urla sopra menzionati; ritenuto, in ogni caso, che non possono essere integrati i presupposti, in termini di dimensione e reale percezione, prescritti dall’art. 28 comma 4 CGS per la punibilità  a titolo di responsabilità  oggettiva delle condotte in questione, il Giudice Sportivo delibera di non applicare sanzioni a carico della Soc. Cagliari».
Nemmeno una parola, invece, in merito ai presunti cori nei confronti di Kessiè: gli ispettori della procura federale, nel loro referto, non hanno riportato di aver percepito alcun ululato razzista.
Questa doppia assoluzione dimostra ancora una volta l’inquietante silenzio italiano. Chi era presente allo stadio di Cagliari e in quello di Verona, ma anche chi ha visto le partita da casa, ha sentito chiaramente e ripetutamente i fischi indirizzati ai due calciatori.
Eppure chi avrebbe potuto prendere decisioni forti non l’ha fatto. Entrambi gli episodi sono stati sottolineati con forza dai giocatori: Lukaku ha pubblicato un lungo post su Instagram in cui condanna duramente ogni forma di razzismo.
«Molti giocatori nell’ultimo mese sono stati vittime di abusi razzisti. A me è successo ieri. Il calcio è un gioco che deve far felici tutti e non possiamo accettare nessuna forma di discriminazione che lo possa far vergognare. Spero che tutte le Federazioni del mondo reagiscano duramente contro tutti i casi di discriminazione. Instagram, Twitter, Facebook devono lavorare meglio così come le società  calcistiche perchè ogni giorno si vede almeno un commento razzista sotto al post di una persona di colore. Noi lo diciamo da anni ma ancora nessuno si muove. Signore e signori, siamo nel 2019 e invece di andare avanti stiamo tornando indietro. Penso che noi giocatori dovremmo unirci per fare una dichiarazione su questo problema: dobbiamo mantenere il nostro gioco pulito e divertente per tutti», ha scritto l’attaccante belga dell’Inter.
Il procuratore di Kessie, dopo che l’Hellas Verona ha negato di aver percepito cori razzisti durante la partita contro il Milan, ha duramente attaccato la società  scaligera: «Ho trovato inaccettabile, vergognoso il comunicato del Verona», ha detto George Atangana, il manager del giocatore. «Smentisce i fatti e conferma la tendenza a considerare normale ciò che non lo è affatto. Non vedo alcuna vera volontà , in Italia, di affrontare e risolvere il problema, come invece accade in altri Paesi europei».
Il probabile riferimento è al Chelsea: il club inglese ha infatti deciso di impedire a vita l’accesso allo stadio Stamford Bridge a un tifoso, dopo gli insulti razzisti rivolti all’attaccante del Manchester City Raheem Sterling.
Quelli di Lukaku e Kessie sono solo gli ultimi due episodi di razzismo negli stadi. La lista è davvero lunga e in molti casi i responsabili sono rimasti impuniti. Nella stagione 2000-2001 l’attaccante nigeriano del Treviso Akeem Omolade fu bersagliato di fischi da parte dei tifosi della propria curva. Nella partita successiva i suoi compagni entrarono in campo tutti con il volto dipinto di nero, allenatore compreso.
Nel 2005 il difensore del Messina Andrè Kpolo Zoro, durante la partita contro l’Inter a San Siro, dopo l’ennesimo insulto ricevuto prese in mano il pallone e minacciò di uscire dal campo. Più recente è invece l’episodio con protagonista Kevin Prince Boateng: durante un’amichevole contro la Pro Patria, l’ex centrocampista del Milan, stanco dei continui cori razzisti provenienti dal settore dei tifosi della squadra avversaria, prima scagliò il pallone contro la rete di recinzione, poi lasciò il campo rifiutandosi di continuare a giocare, seguito dal resto della squadra. E ancora, torniamo in Serie A alla Sardegna Arena, stadio del Cagliari: i tifosi di casa due anni fa bersagliarono i giocatori della Juventus Blaise Matuidi e Moise Kean. Restando sempre nella massima serie calcistica, impossibile dimenticarsi dei buuu ricevuti da Kalidou Koulibaly lo scorso dicembre durante Inter-Napoli. Fino al caso più recente, in Premier League, con protagonista Paul Pogba: l’ex centrocampista della Juventus, ora al Manchester United, è stato oggetto di pesanti insulti razzisti su Twitter dopo l’errore dal dischetto durante la partita contro il Wolverhampton giocata lo scorso 19 agosto.

(da agenzie)

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PRIMO SONDAGGIO SUL PARTITO DI RENZI: 3,8%

Settembre 18th, 2019 Riccardo Fucile

TRA GLI ELETTORI PD L’ 85% CONTRO LA SUA SCELTA, SOLO IL 6% FAVOREVOLE

Il primo sondaggio sul partito di Renzi Italia Viva è quello diffuso ieri da Cartabianca, che gli attribuisce un non pregevolissimo 3,8%, ma è chiaro che ad oggi è troppo presto, vista l’accelerazione degli eventi degli ultimi giorni, per considerare come attendibili questo tipo di rilevazioni.
È interessante comunque far notare che l’elettorato potenziale di questa ancora troppo recente rilevazione è quello del Partito Democratico in gran parte, ma è sostanzioso anche tra gli altri partiti e persino tra chi non votava.
Un altro sondaggio di Ixè ha riguardato invece la scelta di Renzi di lasciare il Partito Democratico: ha detto sì il 6% degli elettori del Partito Democratico, ha detto no l’85%. Ora bisognerebbe capire se tra quelli che hanno detto sì ci sono coloro che magari lo volevano già  fuori da prima o no.
Nel dicembre scorso Il Sole 24 Ore aveva pubblicato una rilevazione di Winpoll Srls sul partito di Renzi, ovvero su un nuovo soggetto politico guidato dall’ex premier, e se quanti prendevano in considerazione l’idea di votarlo.
Questi i risultati dell’epoca, anche se nel frattempo il quadro politico, che vede oggi al governo una coalizione M5S-PD nata proprio per iniziativa di Renzi, è profondamente cambiato.

(da agenzie)

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IN ITALIA CI SONO UN MILIONE DI POSTI DI LAVORO LIBERI E NESSUNO LO SA: LE FIGURE SPECIALIZZATE NON SI TROVANO

Settembre 18th, 2019 Riccardo Fucile

LO STUDIO UNIONCAMERE E ANPAL: IL 31% DEI POSTI DIFFICILI DA COPRIRE…”SERVE CHE SCUOLA E MONDO DEL LAVORO PUNTINO SULLA FORMAZIONE”

In Italia ci sono circa 1 milione di posti di lavoro lasciati scoperti. In altre parole, le aziende vorrebbero assumere figure talvolta altamente specializzate che però non riescono a trovare sul mercato.
I dati sono stati sviluppati sulla base dell’Indagine Excelsior — Unioncamere e Anpal, pubblicata ieri, lunedì 16 settembre: nella fotografia scattata dagli esperti sul mondo dell’occupazione nel nostro Paese c’è da un lato una situazione favorevole, con numero di contratti in crescita nel mese in corso, circa 20mila in più rispetto allo stesso mese del 2018,   con un incremento di 4,8 punti percentuali da parte soprattutto delle imprese del comparto industriale e terziario, dall’altro le difficoltà  da parte delle stesse nel reperire le figure professionali richieste.
Potrebbe sembrare un paradosso: a fronte degli oltre 435mila contratti di lavoro che le imprese intendono attivare, il 31% delle entrate previste risulta non facile da trovare, con un incremento, rispetto a settembre 2018, di ben 5 punti percentuali.
Insomma 1 posizione su 4 resta scoperta perchè non si riesce a trovare la figura adatta. Inoltre, scorrendo il Borsino delle Professioni, si nota come siano soprattutto gli operai specializzati, in particolare fabbri ferrai, saldatori, lattonieri, come pure i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni ad essere maggiormente richiesti e, soprattutto, difficili da reperire, con percentuali superiori al 50% se non addirittura al 60%.
E tutto questo nonostante i dati sulla disoccupazione giovanile da record Italia: basti pensare che secondo gli ultimi dati Istat relativi al mese di luglio sull’occupazione, la disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha toccato quota 28,9% (+0,8 punti su giugno). Su base annua invece il valore continua a scendere (-2,7 punti), confermando un trend tra i più negativi in Europa. Ma come si è potuti arrivare a questa situazione?
L’esperto: “La colpa? Il rapporto tra scuola e lavoro”
Fanpage.it lo ha chiesto a Francesco Seghezzi, presidente della Fondazione Adapt, l’Associazione per favorire gli studi nel campo del diritto del lavoro e delle relazioni industriali, fondata da Marco Biagi nel 2000.
“Questi dati periodici sono dati da considerare su due livelli — ha sottolineato Seghezzi -. Prima di tutto questi risultati non si devono prendere per oro colato, dal momento che sono il frutto di questionari che le aziende compilano con desiderata specifiche, talvolta non tenendo conto del mercato del lavoro. E poi non bisogna dimenticare che oggi il rapporto tra mondo della formazione e imprese è diventato complicato. Serve più formazione e soprattutto serve che le aziende collaborino in maniera più incisiva e continuata con gli enti di formazione. L’incontro tra questi soggetti deve avvenire prima per poter allineare tutte le competenze”.
Dunque, riflettori puntati su orientamento e formazione: “In Italia — ha concluso Seghezzi — mancano i servizi indispensabili per un passaggio facile dalla scuola al lavoro. La prima ha al momento troppi limiti ed è difficile che riesca a formare a 360 gradi tutte le figure specializzate che le imprese chiedono. Sono quest’ultime che devono intervenire e concludere in un certo senso il percorso formativo. Per cui credo che la soluzione a questa situazione sia che scuola e mondo imprenditoriale cominciano a dialogare prima, magari potenziando l’alternanza scuola-lavoro o incentivando l’orientamento e la pratica in azienda. Misure, queste, che nel nostro Paese sono ancora poco utilizzate”.

(da Fanpage)

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IL GOVERNO SMENTISCE: “NIENTE TASSE SUL CONTANTE”

Settembre 18th, 2019 Riccardo Fucile

LA VICEMINISTRA CASTELLI: “OCCORRE SEMMAI AGEVOLARE I PAGAMENTI ELETTRONICI”

La viceministra Laura Castelli, riconfermata al ministero dell’Economia e delle Finanze dopo i tentativi di farla fuori, annuncia in un’intervista a Italia Oggi che non ci saranno tasse sul contante o sui prelievi. Nel colloquio con Cristina Bartelli Castelli è però possibilista su un “riordino” dell’IVA:
State valutando un riordino delle aliquote Iva?
Il tema ambientale deve passare anche dall’Iva. In tutto il mondo si sta discutendo dell’impatto ambientale dei prodotti che vengono immessi sul mercato, sia dal punto di vista della produzione, che del consumo e della vendita. In un’ottica più ampia bisogna lanciare un green new deal che promuova la riconversione del paese verso una progressiva e sempre più diffusa attenzione alla protezione della biodiversità  e dei mari, al contrasto ai cambiamenti climatici, dando segnali positivi ad aziende virtuose in tal senso grazie all’introduzione di una addizionale Ires per chi non persegue un cammino di riduzione dell’inquinamento, sul quale ci sono ad oggi fondi a sostegno.
Cos’è?
Si vuole inserire nella fiscalità  di un paese europeo una componente che riguarda l’impatto ambientale di una produzione della azienda. Oggi le imprese in Italia dovrebbero già  fornire una certificazione di aver ridotto i propri impatti ambientali. Sul clima non si può più scherzare, accompagnando senza escludere nessuno in maniera graduale, siamo sicuri che coinvolgendo le parti sociali il tema potrà  essere affrontato in manovra e non rimarrà  solo uno slogan.
Ci sarà  una tassa sul prelievo del contante?
No, la proposta di mettere una quota su quanto prelevato allo sportello non esiste in questo ministero, e non esiste nella nostra testa. Esiste invece uno studio per agevolare i pagamenti elettronici. Ricordo che esiste una norma sull’obbligo del Pos mai realmente attuata in assenza delle sanzioni. Serve un lavoro di squadra, le banche ad esempio avrebbero già  potuto togliere la commissione sui pagamenti di piccole cifre. C’è, insomma da accordare le corde e riuscire insieme a non avere sul punto più alibi.

(da agenzie)

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