Dicembre 25th, 2019 Riccardo Fucile
A SIRACUSA IL GESTO DI UN CAMPIONCINO DI KARATE: LEALTA’ SPORTIVA E VALORI MORALI… LA MADRE: “L’ONESTA’ E’ LA PRIMA COSA NELLA VITA, MIO FIGLIO E’ ABITUATO A VINCERE MA ANCHE A PERDERE CON UMILTA'”
“Mamma questa medaglia non la merito, perchè non l’ho vinta. Devo consegnarla al vero vincitore”. Quando la lealtà sportiva e i valori morali rappresentano la vera vittoria, allora accadono storie come quella che ha visto protagonista Giorgio Torrisi, 10 anni, cintura nera di karatè e, dopo ciò che è accaduto, anche di lealtà .
Per un errore nel calcolo dei punti è stato giudicato e premiato come vincitore di un torneo, ma quando ha scoperto di non aver realmente conquistato l’ambita medaglia d’oro ha scelto di consegnarla a Carlotta Bartolo, 11 anni, arrivata seconda.
La competizione, la settima edizione dell’International Edukarate, si è svolta al PalaCannizzaro di Acicastello e ha visto sfidarsi 350 bambini provenienti da tutta la Sicilia. Giorgio Torrisi, di Catania, è stato giudicato il primo nella sua categoria. Immediatamente dopo la premiazione, i genitori stessi, Antonio Torrisi e Chiara De Melio, hanno intuito che c’era qualcosa che non quadrava nei punteggi. “Mio figlio è abituato a vincere – ha raccontato Chiara, la mamma – ma anche a perdere con umiltà , perchè è questo che insegno ai miei figli. Ho spiegato a Giorgio che c’è stato un errore e ha voluto consegnare la medaglia a chi l’ha meritata al suo posto. L’onestà è la prima cosa nella vita”.
Scene rare e ben lontane da quelle a cui spesso si assiste nelle tribune delle gare di calcio giovanili, in cui genitori eccessivamente esigenti pretendono solo vittorie sul campo. A discapito del decoro, della forma e dell’educazione dei figli.
Così Giorgio ha scelto che la sua più grande vittoria sarebbe stata quella di consegnare la medaglia a Carlotta. E la missione è stata compiuta e la medaglia ha trovato il suo legittimo proprietario: tutta la famiglia Torrisi è sbarcata nella palestra dell’ “Accademia Bartolo” a Pachino, in provincia di Siracusa, per incontrare Carlotta e i suoi genitori.
“La nostra prima vittoria è questa – ha dichiarato Giuseppe Bartolo, padre di Carlotta e maestro di karatè -, trasmettere ai nostri atleti e figli i valori della lealtà ”. Carlotta ha ottenuto la sua meritata medaglia, ma il vero vincitore morale della competizione, manco a dirlo, è stato Giorgio.
Il gesto è stato anche notato – e lodato – dall’organizzatore dell’evento, Salvo Filippello, pedagogista componente della commissione nazionale Csain e coordinatore regionale. “Un esempio virtuoso – ha commentato Filippello – come ente promuoviamo i valori sociali ed educativi, al di la di quelli agonistici. Vuol dire che abbiamo seminato bene. Il nostro obiettivo è creare grandi uomini, più che grandi campioni”.
Filippello ha messo in piedi anche una “karate-therapy”, che serve ad incanalare energie ed istinti dei più piccoli nell’ambiente sano dello sport. “Lavoriamo anche in ambienti difficili – ha spiegato il responsabile siciliano di Csain – e con questa attività facciamo in modo che i ragazzini più iperattivi possano lavorare sull’autocontrollo”.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2019 Riccardo Fucile
L’ARCIVESCOVO LOREFICE HA PRESO IN BRACCIO LA STATUA DEL BAMBINO, L’HA MOSTRATA AI FEDELI E L’HA BACIATA: IL SIMBOLICO GESTO DI UN GRANDE UOMO DELLA CHIESA
Un Bambino Gesù nero, sull’altare della cattedrale di Palermo. È l’iniziativa dell’arcivescovo Corrado Lorefice nel segno dell’accoglienza ai migranti.
La sorpresa nel corso della messa di Natale celebrata a mezzanotte dal presule nel duomo arabo-normanno della città , che ospita anche le spoglie di don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia e proclamato beato.
Dal corridoio centrale, procedendo silenziosamente verso l’altare, si è fatta avanti una piccola processione di otto bambini e bambine vestiti di bianco e di blu, sei italiani e due stranieri, che portavano candele e composizioni floreali. Dietro di loro un uomo italiano e una donna di colore reggevano e mostravano una statuetta di Gesù di carnagione nera.
Il Bambinello è stato portato sino alla postazione dell’arcivescovo Lorefice, che l’ha preso in braccio, lo ha mostrato ai fedeli che riempivano la cattedrale, lo ha baciato e poi lo ha consegnato a uno dei sacerdoti concelebranti, che guidando lo stesso piccolo corteo iniziale, lo ha deposto vicino all’altare.
I bambini hanno posato le luci e le corone natalizie nei pressi del piccolo Gesù appena nato e proveniente simbolicamente dall’altra parte del Mediterraneo. Ai piedi del Bambino è stato posto il libro del Vangelo, aperto alla pagina che annuncia la nascita di Gesù in una mangiatoia.
La statua del bambinello Gesù di colore proviene dalla Tanzania. Sono stati alcuni missionari che operano nel Paese africano a donarla al parroco della Cattedrale, monsignor Filippo Sarullo, in occasione del 25esimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale
E’ stato l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice a volere che la statua venisse portata in processione in Cattedrale e deposta davanti all’altare, in segno di accoglienza verso i migranti e verso tutta la comunità di stranieri che vive a Palermo.
A più riprese, negli ultimi anni, l’arcivescovo di Palermo ha posto l’accento sui temi dell’accoglienza e dell’apertura ai migranti, che in Sicilia trovano spesso il primo approdo. Fra le iniziative più significative, l’ospitalità data a una donna migrante, col suo bambino, nei locali della Curia.
Lorefice ha anche più volte accolto, sui moli del porto, le navi che portavano a Palermo centinaia di migranti soccorsi in mare.
Significativa la dedica che stilò, in un libro di papa Francesco donato a Luca Casarini, capo della missione di “Mare Jonio”, la nave del progetto Mediterranea che più volte ha recuperato migranti naufraghi nel Canale di Sicilia: “Sono con voi”.
(da agenzie)
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Dicembre 25th, 2019 Riccardo Fucile
“NON ASPETTIAMO CHE IL PROSSIMO DIVENTI BRAVO PER FARGLI DEL BENE”
“Mentre qui in terra tutto pare rispondere alla logica del dare per avere, Dio arriva gratis. Il suo amore non è negoziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo e non potremo mai ricompensarlo”.
Nella messa della notte di Natale, in una Basilica di San Pietro gremita di fedeli, papa Francesco interpreta il mistero della Natività con le parole dell’Apostolo Paolo: “è apparsa la grazia di Dio”, così chiamata, spiega, “perchè è completamente gratuita”. “È l’amore divino, l’amore che trasforma la vita, rinnova la storia, libera dal male, infonde pace e gioia” dice nell’omelia.
“Stanotte ci rendiamo conto che, mentre non eravamo all’altezza, Egli si è fatto per noi piccolezza; mentre andavamo per i fatti nostri, Egli è venuto tra noi – prosegue il Papa – Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore”.
Per Francesco, “Dio non ti ama perchè pensi giusto e ti comporti bene; ti ama e basta. Il suo amore è incondizionato, non dipende da te. Puoi avere idee sbagliate, puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene. Quante volte pensiamo che Dio è buono se noi siamo buoni e che ci castiga se siamo cattivi. Non è così”.
“Nei nostri peccati continua ad amarci. Il suo amore non cambia, non è permaloso; è fedele, è paziente. Ecco il dono che troviamo a Natale: scopriamo con stupore che il Signore è tutta la gratuità possibile, tutta la tenerezza possibile”, aggiunge.
Il Papa ha anche un’esortazione per i fedeli: “Non aspettiamo che il prossimo diventi bravo per fargli del bene, che la Chiesa sia perfetta per amarla, che gli altri ci considerino per servirli. Cominciamo noi. Questo è accogliere il dono della grazia. E la santità non è altro che custodire questa gratuità “.
“Gesù ce lo mostra stanotte – insiste -: non ha cambiato la storia forzando qualcuno o a forza di parole, ma col dono della sua vita. Non ha aspettato che diventassimo buoni per amarci, ma si è donato gratuitamente a noi”.
“Posiamo lo sguardo sul Bambino e lasciamoci avvolgere dalla sua tenerezza”, invita quindi Francesco. “Non avremo più scuse per non lasciarci amare da Lui: quello che nella vita va storto, quello che nella Chiesa non funziona, quello che nel mondo non va non sarà più una giustificazione. Passerà in secondo piano, perchè di fronte all’amore folle di Gesù, a un amore tutto mitezza e vicinanza, non ci sono scuse”.
E “che cosa fare di fronte a questa grazia? Una cosa sola: accogliere il dono”, afferma il Pontefice. E “il dono che è Gesù” si accoglie “per poi diventare dono come Gesù”. “Diventare dono è dare senso alla vita – conclude -. Ed è il modo migliore per cambiare il mondo: noi cambiamo, la Chiesa cambia, la storia cambia quando cominciamo non a voler cambiare gli altri, ma noi stessi, facendo della nostra vita un dono”.
(da agenzie)
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