Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
IL GOVERNO SALE DI 4 PUNTI DI GRADIMENTO, LA LEGA CALA SULLA SOGLIA DEL 30%, RISALGONO PD E M5S… GIUDIZIO POSITIVO SULLA MANOVRA PER AVER EVITATO AUMENTO IVA
A dicembre l’immagine del governo giallorosso torna a migliorare. Ancora i giudizi positivi non arrivano alla maggioranza degli intervistati, ma nelle ultime due settimane l’esecutivo ha recuperato 4 punti di gradimento, toccando quota 45
Spicca soprattutto il gradimento per il premier Giuseppe Conte, cresciuto a 49 punti (44% di giudizi positivi e 45% negativi): Matteo Salvini insegue a 13 punti di distanza. Sono i dati che emergono dal sondaggio realizzato da Ipsos
Il servizio di rilevazione dell’opinione pubblica ha anche misurato il grado di apprezzamento degli italiani per le misure che il governo sta portando avanti, in particolare con la manovra.
Tra i temi di attualità , il più popolare è la lotta all’evasione fiscale: il 68% degli intervistati ritiene giusto che lo Stato combatta questi fenomeni e il 64% condivide l’idea di aumentare le pene per gli evasori.
INTENZIONI DI VOTO E LEADER
Secondo Ipsos, l’andamento degli indicatori segnala una leggera ripresa della maggioranza e viceversa una battuta d’arresto nella crescita di consensi per l’opposizione.
Partendo dalle intenzioni di voto, la Lega (30,6%) arretra di oltre un punto rispetto a fine novembre, mentre il Partito democratico si avvicina al 19% (18,7%, +0,5) e il Movimento 5 stelle recupera più di un punto, riavvicinandosi notevolmente al compagno di governo (18%, +1,3).
Fratelli d’Italia sale ancora all’11%, così come Forza Italia torna a riavvicinarsi al 7%. Arretra invece di oltre un punto Italia Viva (4,2%, -1,3), allontanandosi dal picco raggiunto nelle scorse settimane.
D’altronde Matteo Renzi è anche il leader meno gradito con appena 14 punti. A 19 c’è Silvio Berlusconi, poi Luigi Di Maio con 22 punti: il capo politico Cinquestelle però è in crescita, così come Nicola Zingaretti che è davanti a lui di 4 punti. Giorgia Meloni torna dietro a Salvini (35 contro 36 punti), ma come detto il premier Conte è ancora più alto tra i gradimenti, a quota 49.
IL GOVERNO
L’indice relativo alla capacità del Governo di rispettare il proprio programma sale invece di quattro punti (45), mentre resta più stabile e basso l’indice relativo alla coesione percepita tra le forze di maggioranza (29, +1).
I consensi verso l’azione dell’esecutivo, spiega Ipsos, “salgono in queste due settimane soprattutto tra i ceti professionalizzati (imprenditori, dirigenti, liberi professionisti), tra commercianti, artigiani e lavoratori autonomi, tra i disoccupati, tra quanti risiedono nelle regioni del sud e nelle isole e più in generale tra quanti si informano prevalentemente tramite i quotidiani o tramite i social-media”.
LA MANOVRA
Invece è chi si informa prevalentemente tramite tv o radio a pensare che questa sia “la manovra delle tasse”. Una quota di intervistati comunque leggermente minoritaria (34%), rispetto a chi pensa che sia “la manovra che riesce ad evitare l’aumento dell’Iva e aumenta le risorse a disposizione dei cittadini” (37%).
Riguardo alla legge di bilancio in generale, l’opinione pubblica si divide per il momento tra un 41% di valutazioni positive ed un 45% negative (molto positive per il 12%, molto negative per il 22%).
Resta prevalente l’aspettativa di un aumento della pressione fiscale il prossimo anno (41%), mentre cala al 6% la quota di coloro che si aspettano una riduzione delle proprie tasse (erano il 12% un mese fa), torna a crescere l’idea che il proprio carico fiscale resterà immutato (36% oggi, rispetto al 32% di un mese fa).
Tra i driver più negativi della manovra, spiega Ipsos, “oltre alla sensazione di un aumento generale delle tasse, specie delle ‘micro-tasse’, vi sono la plastic tax, la limitatezza degli interventi di sostegno alle fasce deboli, il ritocco alle accise sui carburanti e l’assenza di aiuti alle micro-imprese e alle partite Iva.
Tra i driver più positivi si registrano il riconoscimento dell’importanza di aver bloccato l’aumento dell’Iva e lo sforzo, per quanto ancora limitato, di riduzione del cuneo fiscale“.
Quanto al tema della lotta all’evasione fiscale, la stragrande maggioranza degli intervistati si dice d’accordo. Anche se, ricorda Ipsos, “gli italiani mantengono in buona parte un atteggiamento ambiguo: implacabili con la cosiddetta ‘grande evasione’ e auto-indulgenti riguardo alla ‘piccola evasione’, molto diffusa in larghi strati della popolazione”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
VOTA NO IL SOLITO PARAGONE CHE NESSUNO ESPELLE DAL M5S, ASSENTI 3 GRILLINI
Primo traguardo parlamentare per la manovra 2020 che, da ora, non potrà più essere modificata.
Dopo una lunga serie di ritocchi arriva in serata il via libera di Palazzo Madama, con fiducia e 166 sì. 128 i no.
L’Aula dice sì, dopo un esame di oltre 40 giorni in Commissione Bilancio – tra stop and go e vertici di maggioranza – culminato con una maratona notturna di 14 ore. Il testo passerà poi alla Camera praticamente ‘blindato’ considerati i margini stretti di tempo per scongiurare l’esercizio provvisorio ma si preannuncia un dibattito infuocato a Montecitorio per la protesta delle opposizioni.
Ciampolillo, Primo Di Nicola, Mario Michele Giarrusso non hanno partecipato al voto di fiducia, mentre ha votato no, come annunciato, Gianluigi Paragone, che però assicura che non lascerà il Movimento, caso ormai umoristico perchè per molto meno in passato il M5S aveva cacciato altri parlamentari “dissidenti”.
La manovra, lievitata oltre 31 miliardi, sterilizza totalmente le clausole di salvaguardia per il 2020 ma il governo dovrà disinnescare aumenti di Iva e accise per 20,1 miliardi nel 2021 e 27,1 miliardi nel 2022 (eredità del governo Lega-M5s)
La manovra per il 2020 vale oltre 31 miliardi. La componente più importante è quella relativa al disinnesco delle clausole di salvaguardia, che avrebbero fatto aumentare iva e accise per un valore di circa 23 miliardi.
Le micro tasse sono diventate quasi irrilevanti
L’elenco delle micro tasse è composto soprattutto da interventi denominati plastic tax, sugar tax, tassa sulla fortuna, Robin tax e stretta sulle auto aziendali.
Nel caso delle vetture concesse come fringe benefit l’aumento della tassazione, dopo le prime ipotesi e lo scontro all’interno della maggioranza, è stato rivisto quasi azzerandone gli effetti.
Anche le nuove tasse su bevande zuccherate e su imballaggi e contenitori in plastica sono state ammorbidite in termini di prelievo (la plastic tax, per esempio, garantirà 140 milioni nel 2020, ma doveva assicurare inizialmente 1 miliardo).
Il governo dopo una serie di vertici di maggioranza ha stabilito di farle scattare con maggiore gradualità , introducendole nel corso del 2020, anzichè dal 1° gennaio.
La tassa sulla fortuna è di fatto una stangata con un prelievo del 20% sulle vincite al gioco superiori a 500 euro, e compensa con i suoi 308 milioni di gettito la necessità di non stringere troppo su sugar e plastic tax. Aumenta al 27,5% l’addizionale Ires a carico dei concessionari attivi nel settore trasporti.
(da agenzie)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
“STATO SPACCIATORE DI DROGA”?: UN MINISTRO CHE RAPPRESENTA LO STATO NON STRINGE LA MANO A UN CONDANNATO PER SPACCIO
Oggi Salvini ha fatto il moralista, si è vestito del suo abitino da buon cristiano (da ex ministro e da papà , potremmo dire) e ha ringraziato la presidente del Senato Casellati per aver giudicato inammissibile l’emendamento per la cannabis legale.
L’Italia con questo tema ha un problema serio, dovuto in parte a una profonda ignoranza sul tema (è stato abbondantemente dimostrato che la cannabis legale non ha conseguenze non dà dipendenza – come al contrario fanno le sigarette, gestite dal monopolio di Stato – o l’alcool, e che nei paesi dove è legale il consumo è largamente diminuito), sia per una mai cessata confusione di confini tra lo Stato e quella criminalità organizzata che con la legalizzazione della cannabis andrebbe a perdere una vastissima fetta di mercato.
Chiunque è in grado di capire che i motivi per cui in Italia è tabù addirittura parlare di legalizzazione della cannabis pochissimo hanno a che fare con il timore reverenziale della vecchia, moralista e bigotta classe politica nei confronti del consumo di marijuana e più invece afferiscono a un mondo oscuro fatto di commistioni, spaccio e denaro sporco che chissà in quali tasche va a finire.
Vedere Matteo Salvini fare una tirata contro la droga (che fa il bis con quel ‘la droga fa male’ come commento alla condanna dei carabinieri che hanno ucciso Stefano Cucchi), quando quella stretta di mano – da lui mai ritrattata – con Luca Lucci, capoultrà del Milan fresco di patteggiamento per 18 mesi proprio per – indovinate – proprio spaccio di droga, fa veramente pietà .
(da Globalist)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LA CANNABIS LEGALE NON E’ UNA DROGA PERCHE’ LA PERCENTUALE DI THC NON SUPERA LO 0,5% E QUINDI NON HA PROPRIETA’ PSICOTROPE
Matteo Salvini oggi in Aula al Senato ha ringraziato la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati per aver bloccato l’emendamento sulla cannabis legale presentato da Matteo Mantero e altri senatori della maggioranza e approvato la settimana scorsa in Commissione Bilancio a Palazzo Madama.
Salvini ha detto che i suoi ringraziamenti sono «a nome di tutte le comunità di recupero dalle dipendenze» perchè la presidente del Senato ha evitato «la vergogna dello stato spacciatore di droga» aggiungendo che «se alcuni colleghi mettessero per l’agricoltura vera la passione che ci mettono per le canne l’Italia sarebbe un paese più sano» (non si sa quanto intenzionale sia stata la citazione speculare al pezzo dei Pitura Freska).
C’è un problema, anzi più d’uno.
Il primo è che la canapa oggetto dell’emendamento approvato nei giorni scorsi non è una droga. Avendo una percentuale di THC (il tetraidrocannabinolo) inferiore allo 0,5% la Cannabis “light” non ha proprietà psicotrope e quindi non è una sostanza stupefacente.
Quando era al Viminale però Salvini ha scatenato un’inutile e costosa guerra alla canapa legale sfruttando un vuoto normativo contenuto nella legge 242 del 2016 che paradossalmente consente la produzione e la coltivazione della canapa ma non specifica quasi nulla sulla sua commercializzazione.
Oltre a questo la Lega al Governo ha dato forte impulso ad una campagna a base di perquisizioni nelle scuole che ha portato allo stupefacente sequestro di qualche chilogrammo di erba a fronte di centinaia di operazioni condotte da oltre duemila agenti.
Eppure per la Lega quell’emendamento bloccato dalla Casellati avrebbe addirittura «di fatto liberalizzato la cannabis» spingendo gli adolescenti a «fumare la droga di Stato». Che è una balla: perchè nessuno fumerebbe mai la canapa legale per una ragione molto semplice: non ha un effetto “drogante”, non è una droga.
Anche i prodotti additati come più “pericolosi” come quelli a base di cannabidiolo (una sostanza che non ha effetto psicoattivo) non vengono estratti unicamente dalle tanto temute infiorescenze ma da tutta la pianta.
Se si volesse liberalizzare la cannabis, intesa come droga, si sarebbe invece intervenuti ad alzare la soglia di THC “legale” che invece è stato fissato allo 0,5%.
Pillon forse ignora che in realtà la “droga di Stato” esiste già : è la cannabis ad uso medico (terapeutico) coltivata dall’Istituto Farmaceutico Militare che proprio durante il governo gialloverde ha annunciato che avrebbe aumentato la produzione passando da 150 a 300 chilogrammi nel 2020.
Come abbiamo spiegato l’emendamento di Mantero serviva solo a colmare quel vuoto normativo evidenziato dalla Cassazione nella sentenza delle sezioni riunite.
Il paradosso è che attualmente è già legale coltivare e produrre la Cannabis Sativa L. (la elle sta per Linneo) ma non è consentita la commercializzazione delle infiorescenze (che non possono contenere in ogni caso più dello 0,6% di THC) pur essendone permessa la produzione.
Un vuoto normativo grazie al quale nei mesi scorsi sono stati emanati numerosi provvedimenti di sequestro nei confronti dei negozi che vendono la cannabis light
Lo Stato spacciatore dicevamo.
Eppure l’8 agosto del 2019 la Regione Veneto promulgava la legge regionale a sostegno e promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale ed agroalimentare della canapa (Canapa sativa L.).
Ai più attenti non sfuggirà che il Veneto è governato dalla Lega. Forse il Veneto è una Regione spacciatrice? No, perchè la Cannabis per cui è lecita la coltivazione non è una droga (come abbiamo già detto).
La Regione Veneto in base alla già citata legge 242/2016 ha quindi autorizzato la coltivazione della pianta, e non solo, prevede di erogare contributi a chi svolge «attività di ricerca relativa alla utilizzazione della canapa in tutti gli ambiti possibili, in particolare nel campo alimentare, cosmetico e della bioedilizia» e «attività di informazione finalizzata alla diffusione della conoscenza delle proprietà della canapa e dei suoi diversi utilizzi nei settori agroalimentare e industriale».
Insomma pure una Regione fortemente leghista ritiene che quella della canapa sia agricoltura vera, al contrario di quello che pensa Salvini.
Il punto è che senza l’emendamento bloccato oggi c’è il rischio che chi coltiva la suddetta pianta possa venire sanzionato perchè appunto la Cannabis legale contiene quello 0,5% di THC che nelle tabelle del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope non viene menzionato.
Di fatto un giudice veneto potrebbe decidere che una pianta con lo 0,3% di THC possa essere considerata sostanza stupefacente e quindi sequestrare il campo o il raccolto. Un paradosso?
Più che altro il frutto della completa ignoranza (e magari una buona dose di malafede) di Salvini sulla materia.
Del resto nella sua relazione al Consiglio Regionale il consigliere Nazzareno Gerolimetto (lista Zaia Presidente) spiegava che «le varietà ammessa alla coltivazione, senza autorizzazione, sono quelle iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole non rientranti nell’ambito di applicazione del T.U. delle leggi in materia degli stupefacenti» (la relazione venne approvata anche da Lega e Fratelli d’Italia).
Secondo Simone Benini e Carlo De Girolamo, rispettivamente candidato presidente alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e parlamentare del Movimento 5 stelle «l’ignoranza e la malafede della destra danneggiano 1.000 imprese agricole emiliano-romagnole».
I due esponenti del M5S spiegano che in Emilia-Romagna vengono coltivati a norma di legge 1.200 ettari di terreno e che «la scelta politica di non ammettere nella manovra l’emendamento che colmava quel vuoto normativo che oggi blocca e costringe gli agricoltori di questo settore alla totale precarietà e’ semplicemente inaccettabile».
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LE CAZZATE SOVRANISTE PER SPAVENTARE GLI ITALIANI, ECCO UNA PANORAMICA DEL PARERE DEGLI ESPERTI
Dopo quasi tre anni di vuoto normativo la politica trova il coraggio di normare la cannabis light che dà lavoro a un indotto pari almeno a quello dell’ex Ilva, e quindi 10/12mila persone, garantendo con una legge un intero settore che sarà sempre più strategico a livello internazionale.
I cittadini e i piccoli imprenditori coinvolti tirano finalmente un sospiro di sollievo dopo 2 anni e mezzo di battaglie, sequestri, dissequestri, condanne, assoluzioni e pregiudizi ideologici lanciati nella mischia come wrestler professionisti in una mega rissa.
Bene, tutti contenti? Assolutamente no. Perchè si è alzato un coro di proteste che nel resto del mondo farebbero sorridere, e che invece da noi vengono rilanciate dalla stampa, in particolare quella cattolica, mescolando bugie, fake news e invenzioni vere e proprie per spaventare i cittadini.
Un coro di voci che hanno avuto l’effetto sperato, visto che l’emendamento è appena stato dichiarato inammissibile dalla presidente Caselati, buttando di nuovo tutto il settore nel panico.
“Garantire la salute”
Maurizio Gasparri ad esempio, dopo aver definito il provvedimento nientemeno che come “un attentato alla Costituzione”, dice che “I grillini oltre a devastare l’economia vogliono devastare anche la salute”. Ora, a parte che il testo è stato firmato da M5S, PD e LEU, dire che si vuole devastare l’economia può suonare al massimo come una battuta, visto he è un provvedimento che metterebbe in sicurezza gli affari di migliaia di aziende per un mercato stimato in decine di milioni di euro.
Sul discorso della salute delle persone invece vale il contrario di quello che dice Gasparri, perchè è proprio per garantire la salute delle persone bisogna normare un fenomeno, obbligando i produttori ad effettuare determinati controlli per fare in modo he il prodotto sia salubre.
Soglie di THC e dipendenza
Secondo Anna Maria Bernini, di Forza Italia, l’emendamento: “Decide surrettiziamente la soglia oltre la quale la cannabis è droga”. Ed è un’altra bugia: è almeno dal 1989, come hanno sottolineato diversi esperti, che si è verificata una iniziale convergenza fra studi tossicologici e giurisprudenza che ha portato ad individuare la percentuale di THC dello 0,5% come limite oltre il quale si concretizza l’effetto drogante.
Poi dice che l’approvazione avviene “in spregio alle evidenze scientifiche e alle sentenze della Cassazione”. Tutt’altro: era stata proprio la Corte di Cassazione a chiedere alla politica di intervenire per normare il fenomeno, cosa che, anche se in ritardo, è stata fatta.
La tripletta della senatrice si conclude con la spiegazione che la cannabis light dà : “Altissimo rischio di dipendenza”.
E qui facciamo rispondere direttamente al dottor Lorenzo Calvi, medico chirurgo, professore universitario e specialista in anestesia, rianimazione, terapia del dolore ed esperto in terapie con la cannabis.
“L’unica dipendenza che potrebbe dare sarebbe quella dalla nicotina qualora fosse mischiata con il tabacco. La cannabis light, ricca di CBD e con un contenuto così basso di THC non può dare dipendenza e in Svizzera, dove il fenomeno si è sviluppato ben prima che qui e il limite di THC è dell’1%, hanno messo nero su bianco nel loro regolamento che non può farlo”.
Secondo la dottoressa Viola Brugnatelli, neuroscienziata, docente presso l’Università di Padova e fondatrice di Cannabiscienza, piattaforma online che fa corsi sulla cannabis per medici e professionisti della salute, “è un’affermazione falsa. Per la cannabis si può parlare di tolleranza, ma non di dipendenza, come provato da tantissima letteratura scientifica. Nel 1992 venne fatto lo studio scientifico più grosso sul THC sintetico, il Nabiximol. Hanno scritto che non c’era rischio di dipendenza. Se non c’è rischio di dipendenza con il THC sintetico, che è il principio attivo che dovrebbe dare il problema, figuriamoci se può esserci con cannabis ricca di altri composti, come il CBD, che viene invece studiato per trattare le dipendenze”.
Secondo Paola Binetti, senatrice dell’Unione di Centro, il provvedimento avrebbe addirittura “liberalizzato la cannabis”, cosa assolutamente falsa.
E’ un provvedimento che permette la commercializzazione di cannabis a basso contenuto di THC, che ne contiene dalle 10 alle 50 volte in meno di quella ad uso ricreativo
Lo spauracchio “droga”
Per Giorgia Meloni, “la droga non è mai una cosa leggera e innocua”. Anche qui risponde il dottor Calvi: “Allora nemmeno il tè o il caffè sono innocui, se intendiamo la droga come una sostanza con un principio attivo. Sono 12mila anni che l’uomo usa le piante e con un uso sapiente non ci sono mai stati problemi. E’ una propaganda politica che va avanti da 80 anni, e dire oggi che la cannabis light sia una droga può essere vero solo perchè contiene una minima quantità di sostanza stupefacente, ma è innocua, ci vogliono ben altre percentuali per fare effetto. Fino a che resta sotto lo 0,5% ti può rilassare un po’, ma probabilmente meno della valeriana o del luppolo. E’ una demonizzazione antiscientifica che lascia il tempo che trova”.
Rincara la dose la dottoressa Brugnatelli, sottolineando che “le droghe le utilizziamo tutti i giorni, ciò che conta è il dosaggio. Lo stesso pepe che utilizziamo è una droga, ma non ne prendiamo 5 chilogrammi al giorno. Anche l’acqua se assunta in quantitativi esagerati può fare male: la parola farmaco deriva dal greco e significa veleno, dipende tutto dal dosaggio; la parola droga, ancora oggi in inglese significa farmaco e sta ad indicare tutto ciò che teniamo in casa nel mobiletto dei medicinali”.
Poi c’è l’intervento di Giovanni Serpelloni, che era il responsabile del Dipartimento delle politiche antidroga ai tempi di Giovanardi, quando venne diffusa la bufala che la cannabis creerebbe i buchi nel cervello. “Dal punto di vista scientifico la percentuale dello 0,5% vuol dire che in un grammo di vegetale possono esserci fino a 5 milligrammi di THC”, spiega sottolineando che: “Ebbene questa quantità di THC è quello che viene definitivo in termini tossicologi ‘dose minima drogante’ quindi assumendo tale quantità di sostanza si hanno effetti psicoattivi su coordinamento, guida dei veicoli e percezione della realtà . In una scatoletta di 8 grammi di vegetale, una di quella in commercio nei nuovi negozi, vi sono fino a 40 milligrammi Thc. Faccio presente che uno spinello medio ne contiene 25 milligrammi”.
Risponde ancora il dottor Calvi: “Il problema degli effetti del THC, posto in questa maniera è un falso problema perchè innanzitutto varia nel singolo e dipende da diversi fattori, ma soprattutto è dimostrato scientificamente che il CBD, di cui la cannabis light è ricca, ne contrasta gli effetti, quindi non posso avere un effetto psicotropo con la cannabis light, non ci sono storie. E’ un discorso assurdo”.
“Non possiamo nascondere il disappunto nel vedere utilizzata la manovra di bilancio, che dovrebbe prevedere unicamente interventi volti alla gestione economica e finanziaria del Paese, per legiferare su un ambito strettamente sociale e sanitario” è la presa di posizione della comunità di San Patrignano e di altri politici, alla quale facciamo rispondere dall’avvocato Giacomo Bulleri, esperto di settore, “Al di là del dato tecnico di un emendamento — che comunque è assolutamente compatibile con le esigenze produttive, industriali e quindi finanziarie tipiche di una legge di bilancio — questo “coro di no” cita la scienza veramente a sproposito dimostrando di ignorare completamente una enorme mole di dati e studi scientifici che hanno portato da tempo l’OMS a chiedere la riclassificazione della pianta di canapa che, prima di tutto, è una pianta industriale e non una droga, peraltro per espressa previsione comunitaria. Mi auguro che si tratti del canto del cigno di un pensiero superato, non veritiero ed ormai quasi stucchevole”
Infine sottolineiamo che, in quasi 3 anni in cui la cannabis light è stata disponibile sul territorio nazionale, non si è verificato nemmeno un incidente che abbia riguardato la salute pubblica.
Non solo, perchè di recente l’OMS, che ha chiesto che la cannabis venga riclassificata nelle tabelle internazionali riconoscendone le proprietà mediche, si è anche espressa sui prodotti che contengono CBD e THC sotto allo 0,2%, spiegando che non vanno inseriti in nessuna tabella.
E chiudiamo con un’annotazione tecnica: in Svizzera, dove la cannabis light è regolata come sostituto del tabacco, il limite di THC è il doppio di quello stabilito dal provvedimento italiano, e cioè all’1%.
(da Fanpage)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
LA FONDATRICE DI “ODIARE TI COSTA” DENUNCIA GLI ODIATORI E DA’ SUPPORTO ALLE VITTIME: “ORA UNA LEGGE CONTRO L’ODIO ON LINE”
Un impegno per i diritti civili durato tutta una vita, la vicinanza e il sostegno alla comunità Lgbt, e poi ultimamente la campagna ‘Odiare ti costa’, che raccoglie e denuncia tutti coloro che spargono odio sul web, insultando e minacciando pensando di essere protetti dallo schermo di un computer.
Cathy La Torre, 39 anni, ha vinto il premio “professionisti pro-bono” dei The Good Lobby Awards 2019, in pratica quegli avvocati che si battono per i diritti civili anche in forma gratuita, consegnati il 13 dicembre a Bruxelles.“
“Questo premio significa veder riconosciuta la bontà e la necessità urgente di una battaglia che non poteva più essere rinviata” ha dichiarato La Torre a Vanity Fair, “Prendo, prendiamo questo premio come un abbraccio di migliaia di persone che in tutta Europa ci dicono: “Grazie, avevamo bisogno di questo. Andate avanti per il bene di tutti”. E colgo l’occasione per ringraziare un’altra grande iniziativa, e cioè “The Good Lobby”, che mette assieme a livello europeo tutte le voci, tutti i gruppi che chiedono maggiore democrazia e maggiore unità . Per me rappresenta il coronamento di un percorso. Ma non una meta”.
Grazie a Odiare Ti Costa, un pool di avvocati e informatici lavora h24 a titolo volontario e spiega alle vittime cosa possono fare per tutelarsi.
“Di certo impegnarsi su un fronte tanto difficile quale è la lotta contro l’odio online sfibra, spossa, lascia a volte senza forze. Poi però arriva un riconoscimento del genere e senti di non essere sola, capisci che ciò che stai facendo ha un senso e che tanti, anche fuori dai confini nazionali, ti osservano. E lo fanno col cuore pieno di speranza” continua l’avvocatessa.
“Il mio prossimo grande obbiettivo è Far crescere Odiare Ti Costa, portare a casa i primi fondamentali successi anche sul piano dei risarcimenti nei confronti delle vittime, ma soprattutto vedo nel mio futuro immediato un duro lavoro per portare in Parlamento una legge contro l’odio online. Questo sarà il passo più importante per noi e soprattutto per il Paese”.
(da agenzie)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
EUGENIA CANFORA E’ LA DIRIGENTE SCOLASTICA DIVENTATA IL VOLTO DELLA LOTTA ALLA DISPERSIONE SCOLASTICA IN CAMPANIA: SONO QUESTI GLI ESEMPI CHE ONORANO L’ITALIA
L’ha nominata en passant, durante l’ormai celebre discorso a Montecitorio del 9 settembre, Giuseppe Conte.
Tra una stoccata agli ex alleati di governo e l’altra, elencando i tanti problemi che l’Italia deve ancora affrontare. “Per quanto riguarda la scuola”, ha detto, “occorre intervenire per ridurre la dispersione scolastica”.
La questione non viene quasi mai discussa — l’ultimo rapporto in merito, pubblicato dal Ministero dell’istruzione e della ricerca ad agosto, è stato messo da parte e in fretta dimenticato.
Sicuramente poco spendibile in campagna elettorale, la dispersione scolastica è d’altronde uno di quei problemi sistemici che la penisola si porta dietro almeno dal 1877, quando la legge Coppino rese l’istruzione obbligatoria, e che non può essere risolto da un decreto veloce veloce o con le buone intenzioni.
Soltanto nell’anno scolastico tra 2016 e 2017, sono oltre 131mila gli studenti italiani che hanno abbandonato la scuola dell’obbligo prima del tempo. Negli ultimi 20 anni, sono almeno 3 milioni i giovani che si sono allontanati dall’istruzione per mai più ritornarci.
I dati sono particolarmente allarmanti nel Mezzogiorno.
Non è quindi un caso che Eugenia Carfora, la dirigente scolastica che negli ultimi anni è diventata il volto della lotta alla dispersione scolastica — ottenendo vari riconoscimenti a livello nazionale e arrivando a raccontare la propria storia nei salotti televisivi — venga dalla Campania.
Armata di un coraggio infinito, una perseveranza di ferro e un sorriso modesto che ha l’aria di non abbandonarla spesso, nemmeno quando racconta delle avversità che ha dovuto affrontare negli ultimi anni.
“Tutti vorrebbero fare qualcosa, ma si domandano ‘chi me lo fa fare?’. Così passano gli anni, passa il tempo, e un giorno ci si guarda indietro e si dice ‘potevo fare qualcosa, e non l’ho fatto’”, riflette Carfora, al margine dell’evento TEDx a Treviso che l’ha vista raccontare la propria storia di resistenza a una sala gremita di giovani. “Ecco, io un giorno così non lo voglio mai vivere”.
Il suo percorso comincia nel 2007, vinto il concorso da dirigente scolastica, decide di assumersi la responsabilità di una scuola a cui nessuno voleva avvicinarsi: l’istituto professionale del Parco Verde a Caivano, alle porte di Napoli.
Un luogo dove la dispersione scolastica raggiunge dei livelli emergenziali, collocato nel cuore di una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa, tra prostituzione e malvivenza.
“Tutto sembrava tranne che una scuola”, ricorda Carfora. Lasciata a sè stessa, scarsamente curata, vuota. “Ho fatto quello che un comune cittadino dovrebbe fare: ho cominciato a pulire, a chiedere aiuto”. Giorno dopo giorno, talvolta andando a recuperare personalmente i ragazzi rimasti a casa da scuola, bussando ad ogni singola porta, remando contro le dinamiche sociali locali, la preside ha dato nuova linfa vitale alla sua scuola. All’insegna della bellezza e della legalità , per lei due imperativi categorici.
“Il mio sogno è semplicemente quello di aiutare a pensare. C’è chi non vuole che tu pensi: perchè se pensi, ci pensi un po’ prima di fare quello che loro vogliono”, dice. Combattendo al contempo l’attrattività del lavoro offerto ai ragazzi dalla criminalità organizzata, che nella periferia di Napoli la fa spesso da padrona.
“Molte volte, nella scuola i ragazzi non sono abituati a vedere un sentiero, una luce per vedere il mondo e trovare sè stessi. In quei casi si deve fare una doppia fatica. Alcuni dicono che interrompono gli studi per andare a lavorare — ma parlano sempre di lavorare per qualcuno. Io vorrei che lavorassero perchè è una gioia lavorare, perchè all’interno del lavoro si può trovare anche tanta civiltà ”.
Oggi Carfora continua a lavorare perchè la sua scuola, una volta descritta come tra le peggiori d’Italia, sia un modello — contattando aziende che assumano i suoi studenti una volta finito il percorso di studio, investendo sulla pulizia e “l’impeccabilità dell’accoglienza” (come la chiama lei), motivando i professori a dare il meglio. Perchè la dispersione, spiega la preside, si combatte “tirando dentro tutti, convincendoli che davvero si diventa più liberi leggendo un libro. Lavorando per una scuola che sia un centro di opportunità totale. Riappropriandosi degli spazi”.
Il nemico numero uno contro cui combattere, in un posto come Parco Verde, Carfora l’ha identificato da tempo: è l’omertà . “L’indifferenza ammazza le persone. L’omertà ammazza le persone. I muri a volte sono fisici, ma a volte i muri invisibili, quelli del silenzio, sono molto più pericolosi”.
C’è poi la questione degli investimenti: semplicemente troppo bassi, in tutta Italia, per garantire l’educazione di qualità di cui i giovani italiani hanno bisogno. Una situazione ancora più grave se si prendono in considerazione i più recenti dati Ocse, che mostrano come il 23 per cento dei quindicenni italiani abbia bassissime competenze di comprensione del testo. Un quadro desolante, ennesimo sintomo di un sistema Italia in cui le disuguaglianze tra Nord e Sud, centri e periferie, ricchi e poveri si riproducono in continuazione e non danno segno di sanarsi.
“Molti parlano di numeri, ma gli investimenti sono terribilmente bassi”, denuncia allora Carfora. “Io credo che chi non investe nella scuola non voglia il cambiamento. Ma io voglio insegnare ai ragazzi a non rassegnarsi mai: non è l’assenza di un banco che non ti fa fare lezione, ma piuttosto la mancanza di ispirazione. Dobbiamo educare alla sensibilità , alle emozioni”.
“Tutte le grandi emergenze sociali passano per la scuola. E allora investiamo nella scuola. Nelle professionalità — nel professore, nella professoressa. Facciamoli sentire meno soli. Ricordiamo che questa è la migliore professione del mondo, reclutiamo chi ha l’inclinazione. Non ci servono più soldi per fare contenti i professori: ci servono più investimenti affinchè un domani non ci si debba tutti pentire di non aver salvato questi ragazzi”, aggiunge. Sperando che la sua storia possa gettare un po’ di necessaria luce su una questione strutturale che non può certo essere risolta dai singoli presidi, per quanto tenaci.
(da Tpi)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
IL CONTRATTO DI LAVORO DEGLI AGENTI DA RINNOVARE: CHI E’ VENUTO PRIMA PENSAVA AD INDOSSARE LE DIVISE INVECE CHE AL RINNOVO DEL CONTRATTO
È “immorale” pagare 4 euro l’ora gli straordinari dei poliziotti ed è “immorale” che gli agenti debbano aspettare due anni per vederseli riconosciuti.
Così il capo della Polizia Franco Gabrielli ha chiesto al governo di mettere mano al contratto delle forze di polizia, auspicando che non ci siano più ritardi.
“La sicurezza costa – ha detto intervenendo al convegno per i 20 anni del Silp-Cgil – pretendiamo che si apra il tavolo di contrattazione per il rinnovo del contratto. È una cosa che necessita di essere messa all’ordine del giorno”.
Al di là della necessità di salvaguardare uno “stipendio dignitoso per tutti, che è la precondizione di uno Stato serio”, Gabrielli ha chiesto che nel nuovo contratto vi sia una “particolare attenzione per gli accessori”, a partire proprio dagli straordinari, “che non sono più attuali”.
“Nella stagione che stiamo vivendo vi è una indubbia percezione di insicurezza da parte dei cittadini – ha premesso Gabrielli – e anche se i dati dicono che i reati maggiori sono in calo, noi dobbiamo comunque intercettare paure e bisogni della gente. Perchè quello che vogliono i cittadini è proprio vedere le forze di polizia presenti. Ci vogliono la sera, la notte, nei prefestivi e festivi – sottolinea ancora Gabrielli – Ma tutto questo costa e va remunerato. Chi vive in una condizione di disagio deve vedersi riconosciuta la propria condizione di disagio. E dunque, conclude il capo della Polizia, mi auguro che si arrivi ad un nuovo accordo. L’Amministrazione, lo Stato, devono essere in grado di dare risposte”.
(da agenzie)
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Dicembre 16th, 2019 Riccardo Fucile
FINALMENTE UN MINISTRO COMPETENTE CHE SA DI COSA PARLA
Tanti boss della camorra si dissociano con una lettera inviata in Procura. Quale significato assume questa scelta?
«Negli ultimi tempi le richieste di dissociazione appaiono in aumento e sembrano esprimere una strategia processuale finalizzata ad accedere alle misure premiali previste per i detenuti condannati in via definitiva. Un cambiamento, questo, che potrebbe avere come obbiettivo i possibili effetti delle recenti sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte Costituzionale, che hanno sancito la parziale incostituzionalità del cosiddetto ergastolo ostativo. Ai boss, ora, non è preclusa la possibilità di scontare pene inferiori rispetto a quella a vita’ e di accedere a permessi premiali. Tale problematica è costantemente seguita anche dal Ministero dell’Interno»
Emergenza camorra, contatti tra clan e immigrati, ma anche allarme organici nelle forze di polizia: ne parliamo con il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che analizza con il Mattino lo scenario attuale nell’area metropolitana.
Dinanzi alla commissione antimafia, il procuratore Melillo ha parlato di scenario di faida a bassa intensità . Di recente il ministero dell’interno ha promesso per Napoli l’arrivo di nuove forze di polizia: crede che possano bastare a risolvere il trentennale conflitto tra i Mazzarella e l’Alleanza di Secondigliano
«Nei primi 10 mesi del 2019, l’azione di contrasto condotta dalle forze di polizia nella provincia di Napoli ha consentito la denuncia o l’arresto di 323 persone per associazione di tipo mafioso e l’esecuzione di numerose operazioni di polizia giudiziaria. La situazione della criminalità organizzata nel capoluogo partenopeo, già particolarmente variegata, appare comunque in continua evoluzione. Si registrano alcune azioni violente tra componenti dei vari clan per la ricerca e l’affermazione della leadership nei vari quartieri. Va anche detto che la vita nei contesti degradati e la diseguaglianza socio-economica costituiscono l’habitat ideale per le organizzazioni camorristiche che finiscono per attrarre tanti giovani. Anche per questo, la prefettura di Napoli, fin dal 2017, ha istituito un apposito tavolo sul tema del disagio e della devianza giovanile e ha avviato, con i fondi del Pon Legalità , un progetto quinquennale per la presa in carico di 300 minori, tra i 6 e i 18 anni, a grave rischio di esclusione sociale. Altra iniziativa in materia di contrasto alla devianza giovanile è quella dei cosiddetti maestri di strada, anche questa finanziata con risorse del Pon. Ma Napoli è una città in cui bisogna sempre tenere alta la guardia. In alcune realtà è presente anche una generazione di nuove leve particolarmente agguerrite e contrapposte che affermano la loro presenza con modalità violente e volutamente eclatanti che mettono a repentaglio l’incolumità dei cittadini e allarmano interi quartieri. Le forze di polizia, quindi, stanno compiendo ogni sforzo possibile per rendere più serrato il controllo del territorio».
Altra questione centrale nel contrasto al crimine riguarda il pensionamento della parte migliore della nostra intelligence, causa «quota cento». Eppure il crimine organizzato oggi ricicla e converte proventi di racket e droga, con strategie sempre più sofisticate. C’è il rischio di un arretramento investigativo?
«I vertici delle forze di polizia seguono con attenzione il turn-over del personale e, nel caso di particolari professionalità , hanno cura di assicurare un affiancamento del personale più giovane a quello in possesso di maggiore anzianità ed esperienza. Inoltre, i numerosi concorsi succedutisi negli ultimi anni hanno visto la partecipazione di candidati sempre più preparati e dotati di titoli di studio fortemente legati alla professione: ciò garantisce in termini numerici e di know-how un adeguato turn-over del personale cessato dal servizio per raggiunti limiti d’età ».
Uno dei fenomeni criminali cittadini riguarda le aggressioni all’interno degli ospedali, a che punto è il progetto di collegare la Questura ed i pronto soccorso allarmi e videosorveglianza
«Il fenomeno, purtroppo frequente, delle aggressioni nei confronti di medici e operatori delle strutture sanitarie è da tempo all’attenzione del Ministero dell’Interno. In alcune realtà , come quella di Napoli, sono già operativi piani di intensificazione della vigilanza mobile presso gli ospedali e sono attivi canali di comunicazione diretti con i presidi delle Forze di polizia. Sempre a Napoli è stata avviata la fase esecutiva del progetto di adeguamento tecnologico dei sistemi di videosorveglianza già esistenti al fine di consentire anche la messa in rete con le sale operative».
Il 10 dicembre, altri 10 immobili confiscati alla camorra dei Nuvoletta-Polverino di Marano, saranno riconsegnati al comune di Marano, anche se resta attuale il problema del riutilizzo di queste strutture strappate al clan grazie a processi lunghi e dispendiosi. Sono centinaia i terreni e gli immobili confiscati ai Nuvoletta-Polverino, anche se sono pochissime le acquisizioni che si sono trasformate in esempi virtuosi di riutilizzo, cosa risponde alle inevitabili perplessità da parte della società civile
«Il processo di riuso per finalità sociali dei beni immobili confiscati è spesso intriso di difficoltà , che sono la naturale conseguenza della provenienza criminale del bene e nascono anche da altre criticità frequentemente legate ai tempi lunghi che intercorrono tra il sequestro e la confisca definitiva. Naturalmente, queste difficoltà si sono registrate e si registrano anche per i beni confiscati al clan Polverino, al quale sono stati sottratti complessivamente qualcosa come 151 beni immobili, riutilizzati anche per esigenze logistiche dell’Arma dei Carabinieri. Il Comune di Marano ha svolto un ruolo significativo in questa vicenda, manifestando interesse sia in una precedente occasione sia qualche giorno fa, per l’acquisizione di un certo numero di beni, che in parte verranno destinati a finalità sociali e in parte a finalità economiche. Ovviamente bisognerà sostenere il Comune in questo sforzo, superando la criticità principale che vede questi beni ancora parzialmente occupati; e, in tal senso, sono state già calendarizzate, d’intesa tra l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e la Prefettura di Napoli, le operazioni di sgombero. Altrettanto significativo è stato l’apporto fornito dal Comune di Quarto che nell’ultima conferenza di servizi ha manifestato l’interesse all’acquisizione di 60 su 61 della confisca Polverino che ricadono in quel territorio comunale».
Uno dei punti critici del contrasto all’illegalità riguarda la difficoltà di reperire i cosiddetti braccialetti elettronici. In circolazione sull’intero territorio nazionale ci sono ancora pochi dispositivi rispetto alle esigenze: una questione che non dipende direttamente dal ministero dell’interno, ma che rappresenta un tema aperto in materia di prevenzione e di esecuzione delle pene. Quale è il suo giudizio?
«Risultano 4.367 braccialetti elettronici attivati sul territorio nazionale di cui ben 4307 riguardano persone agli arresti domiciliari mentre sono 57 i dispositivi da collocare nelle prossime settimane. Il Ministero dell’Interno ha investito circa 23 milioni di euro per un contratto che prevede la possibilità di attivare ogni mese anche 1.200 braccialetti elettronici se richiesti dall’autorità giudiziaria. Questo tipo di dotazione tecnologica è molto utile, non solo a Napoli, per l’esecuzione della pena fuori dal carcere e in materia di prevenzione dei reati, da ultimo anche contro lo stalking. L’amministrazione dell’Interno è dunque molto attenta alle richieste dell’autorità giudiziaria per l’utilizzo di questo strumento di sorveglianza elettronica».
Codice Rosso, a Napoli solo a novembre c’è stato un boom di reati legati ad aggressioni contro le cosiddette fasce deboli (per lo più aggressioni contro le donne), numeri che richiedono preparazione e strutture ad hoc per le forze di polizia. Come giudica i primi mesi dalla nuova legge chiamata codice rosso
«In tre mesi – dal 9 agosto scorso, data di entrata in vigore della legge sul cosiddetto Codice Rosso, al 30 novembre ci sono già numerose denunce connesse alle nuove fattispecie di reato introdotte in materia di violenza di genere. Il dato, oltre a fornire l’ampiezza del fenomeno, consente di evidenziare come l’attività repressiva delle forze di polizia, ma anche di vicinanza alle vittime con l’impiego di personale altamente specializzato nella gestione di tali delicati eventi, abbia fatto crescere la fiducia nelle istituzioni da parte delle persone coinvolte da queste odiose condotte. Le vittime, infatti si rivolgono sempre più spesso ai presidi di polizia, anche per il tramite di patronati o associazioni, denunciando gli autori e facendo in tal modo emergere il fenomeno nella sua reale dimensione».
Immigrati e camorra, esiste un corto circuito? C’è allarme dal suo osservatorio?
«Le più recenti attività investigative non hanno evidenziato commistioni stabili tra organizzazioni criminali straniere e clan camorristici operativi in città e provincia. Vi sono, però, contatti fra i due mondi criminali per ciò che attiene al traffico internazionale ed allo spaccio di sostanze stupefacenti, nonchè alla contraffazione ed alla commercializzazione di merce griffata realizzata in fabbriche clandestine e venduta sui mercati campani e nelle altre province italiane. La camorra, specie nell’area centrale della città di Napoli, si avvale di stranieri per consumare alcune tipologie di reato come furti, piccole rapine, spaccio di droga. Anche in questo campo è costante l’attività della Forze di polizia che, tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2019, ha portato all’arresto o alla denuncia nella provincia di Napoli di 4.949 cittadini stranieri».
(da “il Mattino”)
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