Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
ANCHE I PAPA BOYS SI SCHIERANO CON LE SARDINE: “CI SAREMO ANCHE NOI AL VOSTRO FIANCO IL 14 DICEMBRE A SAN GIOVANNI”
“La Pascale tra noi? Diamo il benvenuto a chiunque si discosti dal sovranismo”.
Così parlò Mattia Santori, uno dei leader del movimento delle Sardine.
Il riferimento è all’intervista rilasciata dalla compagna di Silvio Berlusconi, Francesca Pascale, all’Huffington Post: “Guardo con interesse alle sardine, vi ritrovo elementi e quella libertà che furono propri della rivoluzione liberale di Berlusconi”.
“Se le Sardine, oltre al moto di ribellione verso l’intolleranza sapranno interpretare lo spirito democratico e liberale di chi oggi non vuol rassegnarsi ad un’Italia che sia un monocolore e sovranista, penso che valuterò il piacere di riscendere in piazza per la libertà di tutti”, dice ancora la Pascale a proposito della manifestazione del 14 dicembre a piazza San Giovanni a Roma.
Per Santori “non abbiamo bandiere proprio perchè accettiamo chiunque voglia prendere posizione contro la retorica sovranista divisiva professata da una parte della destra. Putroppo, in Emilia Romagna e non solo, Forza Italia è alleata proprio con i principali artefici di questa retorica. Ma se viene con una sardina bella colorata, chiuderemo un occhio”.
Un altro endorsement al movimento delle sardine arriva poi in giornata anche dai Papa boys: “Anche noi il 14 dicembre in piazza San Giovanni – dichiarano i vertici dell’associazione nazionale dei giovani del Papa – Siamo vicini a questo movimento straordinario, crescano e facciano cose alte. Il Papa li ha accesi, Francesco è vicino ai giovani”.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
DOSSIER OSSERVATORIO COTTARELLI: I NOSTRI AGENTI SONO PIU’ CHE IN ALTRI PAESI EUROPEI E L’INCIDENZA DELLA SPESA SUL PIL E’ ALTA
Le forze di polizia italiane – intese come l’insieme dei quattro corpi di Carabinieri, Polizia, Penitenziaria e Gdf – sono davvero impegnate in una lotta sproporzionata contro il crimine?
Ed è vero che negli altri Paesi si investono molte più risorse per questi capitoli, garantendo ai cittadini un dispiego di forze a presidio del territorio ben maggiore?
Le cose, viste con l’occhio dei numeri, non vanno esattamente come il senso comune – in molti casi alimentato dalle dichiarazioni politiche che ciclicamente emergono sul tema – sembra suggerire.
A fare i conti sul nostro settore della sicurezza è stato l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, guidato da Carlo Cottarelli in questi giorni grazie di assunzioni straordinarie in aggiunta al normale turnover.
In uno studio siglato dai ricercatori Stefano Oliveri e Fabio Angei, si scopre infatti che il numero di appartenenti alle forze di polizia ogni 100 mila abitanti è ancora tra i più alti in Europa.
Nel 2017 – quindi dopo la riforma Madia che ha fatto passare i Forestali sotto i Carabinieri, riducendo da cinque a quattro i corpi statali – si contavano circa 306mila unità .
Un rapporto tra personale delle forze dell’ordine e popolazione da primato in Europa: su 35 Paesi considerati, l’Italia occupa l’ottava posizione, con 453 unità ogni 100mila abitanti contro una media europea di 355.
I principali paesi europei paragonabili all’Italia si trovano a valori nettamente più bassi: il Regno Unito a 211, la Francia a 320, la Spagna a 361 e 297 la Germania.
Se anche si volesse tenere in considerazione la diversa presenza di reati da combattere, l’Italia non sembrerebbe a corto di forze: abbiamo l’11,7 per cento di reati per 100 mila abitanti in più della media Ue, mentre il numero del personale della forze dell’ordine supera la media del 27,6 per cento.
Anche la spesa di 1,3 punti percentuali di Pil è ben sopra la media (0,9 per cento) continentale.
Insomma, a fronte di questi numeri la riorganizzazione invocata dalla Madia procede per ora a rilento.
“Tuttavia, i potenziali risparmi emergenti dalla riforma sono limitati (meno di 60 milioni a regime su una spesa di circa 22,6 miliardi)”, dicono i ricercatori e la riforma stessa “sta procedendo lentamente”.
Ad esempio, è probabile “che ancora per diversi anni troveremo stazioni di Polizia di Stato e di Carabinieri contigue o località , anche di dimensioni contenute, in cui sono presenti tutti gli altri corpi”.
Uno dei “temi caldi” del dibattito politico è se il personale delle forze dell’ordine debba essere aumentato, cosa che sta parzialmente avvenendo in questi giorni grazie ad alcune assunzioni straordinarie in aggiunta al normale turnover.
Tuttavia, il numero di appartenenti alle forze di polizia ogni 100 mila abitanti è ancora tra i più alti in Europa.
Nel 2017 i quattro restanti corpi di polizia occupavano complessivamente circa 306mila unità (contro le circa 312mila del 2015, anno della riforma Madia), di cui 96.891 nella Polizia di Stato, 110.779 nei Carabinieri, 38.136 nella Polizia Penitenziaria e 60.069 nella Guardia di Finanza
La spesa per “servizi di polizia” era di circa 22,6 miliardi di euro nel 2017 (circa 1,3 punti percentuali di Pil),[5] ben al di sopra della media europea (0,9 per cento del Pil). Tra i maggiori paesi europei, solo la Spagna presentava nel 2017 un valore di spesa simile all’Italia (1,2 per cento di Pil).
Si noti che, tenendo conto del maggior peso degli interessi sul debito pubblico e di altre rigidità presenti nel bilancio italiano (l’elevato peso della spesa per pensioni), a parità delle altre condizioni, la spesa per servizi di polizia dovrebbe casomai risultare più bassa di quelle della media europea, a meno di non voler mantenere in Italia tasse più elevate che nel resto d’Europa per sostenere una maggiore spesa pubblica.
Il maggior numero del personale delle forze dell’ordine riscontrato in Italia sembra dovuto solo in parte, almeno a prima vista, dal maggior numero di reati con rilevanza penale.[6] Infatti, in Italia nel 2017 sono stati registrati dalle forze di polizia circa 2.564 reati ogni 100mila abitanti, l’11,7 per cento in più rispetto alla media dei Paesi presi in esame. Questo scostamento è molto inferiore a quello registrato per il numero del personale delle forze dell’ordine (27,6 per cento)
Questi dati suggeriscono probabilmente, nonostante siano sicuramente necessarie analisi più approfondite, che non abbiamo pochi poliziotti, che non spendiamo troppo poco e che i tassi di criminalità in Italia non sono così più alti degli altri paesi europei da giustificare un aumento della spesa per le forze di polizia.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
SECONDO L’ISTRUTTORIA E’ STATO UN ESPEDIENTE PER CARPIRE DATI PERSONALI IN MANIERA ILLECITA
Vi ricordate il Vinci Salvini? Una sorta di concorsone per i fan di Capitan Nutella che, in realtà , per molti nascondeva il proposito di acquisire i dati dei partecipanti in modo da poter profilare un database da sfruttare per fini elettorali.
Ora si è scoperto che quella vicenda ha un seguito legale: lo scorso 30 ottobre il Garante per la privacy ha informato Giulio Centemero, quale legale rappresentante del movimento politico “Lega Salvini premier” dell’esistenza di un procedimento per l’adozione dei provvedimenti “correttivi e sanzionatori” ai sensi dell’articolo 166, comma 5, del codice in materia di protezione dei dati personali.
In altri termini: dopo un’istruttoria il Garante della Privacy ha ritenuto che alcuni dubbi fossero legittimi e si appresta a sanzionare la Lega che, da parte sua, sta preparando la difesa.
Il comma 5 infatti recita: “L’Ufficio del Garante, quando ritiene che gli elementi acquisiti nel corso delle attività di cui al comma 4 configurino una o più violazioni indicate nel presente titolo e nell’articolo 83, paragrafi 4, 5 e 6, del Regolamento, avvia il procedimento per l’adozione dei provvedimenti e delle sanzioni di cui al comma 3 notificando al titolare o al responsabile del trattamento le presunte violazioni, nel rispetto delle garanzie previste dal Regolamento di cui al comma 9, salvo che la previa notifica della contestazione non risulti incompatibile con la natura e le finalità del provvedimento da adottare.
Quindi per il Garante della Privacy ci sono state violazioni e il procedimento dopo essere stato stato avviato può passare alla fase successiva, ovvero quella sanzionatoria o correttiva.
Ma come è accaduto? Tutto era nato nel marzo 2018 quando il deputato del Pd Michele Anzaldi (ora passato in Italia Viva) presentò un esposto al Garante per la Privacy.
Era il febbraio 2018 quando Salvini lanciò il ‘concorso’ su Facebook ‘VinciSalvini’: l’iniziativa consentiva a chiunque avrebbe maggiormente interagito con le pagine social del Capitano di prendere un caffè con lui.
Salvini l’ha riproposta nel maggio del 2019, improvvisandosi piazzista su facebook per sponsorizzare la trovata elettorale: “Più mi piace metti ai post sulla mia pagina Facebook, più veloce sei, più punti accumuli -, annunciava Salvini – Da quest’anno guadagni punti anche con i like su Instagram e con i ‘retweet’ su Twitter. Cosa si vince? Soldi? Zero. Ogni giorno un post con la tua foto che diffonderemo ai 6 milioni di amici. Per i più fortunati una chiacchierata al telefono con me”.
In cambio, lo staff dell’ex ministro aveva accesso a informazioni più precise sul coinvolgimento della propria base per le scorse elezioni europee del 26 maggio.
Nel mentre però, tra la prima e la seconda edizione del ‘concorso’, era entrato in vigore in Europa il Regolamento generale per la protezione dei dati (Gdpr), che obbliga i titolari del trattamento di dati a dare conto in modo molto più preciso di come verranno utilizzate le informazioni raccolte
Nel corso della prima edizione del concorso, un collettivo di hacker si era introdotto nei server della Lega e aveva trafugato 23 gigabyte di email, tutt’oggi disponibili online, dove sono presenti anche mail di centinaia di utenti che avevano aderito alla prima edizione di #VinciSalvini, di cui sono quindi ancora reperibili nomi, cognomi e indirizzi email.
Essendo avvenuto prima del 25 maggio 2018 (giorno in cui è diventato pienamente effettivo il Gdpr), il furto di informazioni aveva avuto conseguenze limitate.
In merito era stata avviata un’istruttoria da parte del Garante per la privacy, che non aveva potuto far altro che prendere atto della disattivazione dei sistemi informatici presi di mira dagli hacker.
La Lega non ha mai fatto mistero del fatto che le informazioni fornite servivano per una profilazione dell’elettorato: per fare più punti nel concorso, era necessario totalizzare un alto livello di interazioni, incentivo affinchè l’utente metta a disposizione della campagna sia il profilo Facebook sia quello Twitter e Instagram (novità rispetto all’edizione passata).
I dati così raccolti potevano quindi essere elaborati dalla Lega per Salvini Premier, dando allo staff del ministro dell’Interno una grande quantità di informazioni sui propri sostenitori.
Ma sembra che oltre a queste informazioni spontaneamente fornite dagli utenti, il sito della Lega utilizzerebbe un numero di cookies (5) superfluo: per il funzionamento del sito ne basterebbe uno, gli altri 4 – aveva rivelato l’identificazione tramite Google Analytics – servirebbero proprio a raccogliere informazioni statistiche.
Ma questa tipologia di traccianti, secondo il Gdpr, “deve essere autorizzata espressamente e con un gesto positivo da parte dell’utente”.
Ma diversamente da quanto prescritto dal Gdpr, nell’informativa sui cookies del concorso si precisava la possibilità per l’utente di porre il rifiuto “di usare i cookies selezionando l’impostazione appropriata sul vostro browser, ma ciò potrebbe impedirvi di utilizzare tutte le funzionalità di questo sito web. Utilizzando il presente sito web, voi acconsentite al trattamento dei Vostri dati da parte di Google per le modalità e i fini sopraindicati”.
Un meccanismo dunque automatico e per il quale non è richiesto che l’utente esprima esplicitamente il suo consenso.
In una prova, l’agenzia Agi ha riscontrato l’installazione di 3 cookies in soli quattro minuti dall’accesso, senza che venisse richiesta alcuna autorizzazione.
Informazioni che “verranno trasmesse e depositate presso i server di Google negli Stati Uniti” – come si legge nell’informativa – Compreso il vostro indirizzo IP”.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
LA GRILLINA OSPITE A SKYTG24: “SONO FIERAMENTE ROMPISCATOLE”… “NESSUNA DEROGA AL DOPPIO MANDATO, SI PUO’ CONTINUARE A FARE POLITICA ANCHE FUORI DALLE ISTITUZIONI”
“Io so che Di Maio sta cercando di porre all’attenzione del governo dei punti di vista tipici del M5S ma preferirei ci fosse molto meno la ricerca del tweet e molto più la voglia di conciliare punti di vista diversi che però hanno pari dignità e devono trovare una forma di mediazione”.
Lo dice la capogruppo M5S in Regione Lazio Roberta Lombardi, ospite de L’Intervista su Sky Tg 24.
E Lombardi ricorda come anche Beppe Grillo abbia sempre detto che “ci sono dei temi” su cui Pd e M5S possono trovare un punto di caduta
“Sono fieramente rompiscatole, me lo ha insegnato Grillo. Se non ti sta bene la politica, ci disse Grillo, c’è la possibilità di cambiare le cose”, rivendica Lombardi.
“Più che parlare di una fronda, parlerei del fatto che come M5S abbiamo fatto un investimento su questo Governo perchè volevamo fare delle cose utili per il Paese. Quindi sicuramente questo modo continuo di porre dei distinguo, anche semplificando il messaggio politico alla ricerca sempre del titolo o dell’agenzia che ti ponga più in evidenza, è stancante”, spiega Lombardi.
“L’atteggiamento di Di Maio – ha concluso Roberta Lombardi – è quello del capo politico di una forza che sta cercando di mantenere la propria identità all’interno del Governo ma lo fa in una modalità molto muscolare che non condivido, preferirei che fosse più mediata”, aggiunge.
“No, la regola è questa e io trovo che sia molto sana per tutti. Anche io sono al secondo mandato”. Roberta Lombardi, capogruppo M5s alla Regione Lazio, risponde così a ‘L’Intervista’ su Sky TG24 a chi le chiede se sia possibile derogare al limite dei due mandati, per permettere a Virginia Raggi di ricandidarsi a sindaco di Roma. “Nessuna deroga per nessuno. Si può fare politica anche fuori dalle istituzioni, anzi un ricambio generazionale è sano e salutare”, aggiunge l’ex parlamentare M5s.
(da agenzie)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
I FEDELI A CONTE PRONTI ALLO STRAPPO SE DI MAIO FACESSE CADERE IL GOVERNO
Il governo giallorosso, nato da appena tre mesi, sembra già replicare il quotidiano stillicidio di contrapposizioni, fra le forze che lo sostengono, del precedente esecutivo. In questa fase però, più che la volontà di far prevalere le proprie ragioni identitarie, sono le dialettiche interne a mettere a rischio quell’equilibrio necessario a far convivere partiti e movimenti che negli ultimi anni se le sono date di santa ragione su quasi tutti i temi.
Ad alimentare un clima già incandescente ci ha pensato anche la tensione interna al M5s, con la posizione del capo politico Luigi Di Maio messa in discussione mai con così tanta chiarezza.
La fronda interna, di cui si parla da tempo, fino ad oggi non era riuscita a produrre una vera e propria frattura. Adesso però ha fatto sentire la sua voce, secondo quanto riferisce la Repubblica, ma confermato anche a Open, accerchiando il capo politico che, per ora, può contare sulla fiducia di Grillo, ma che comincia a sentirsi nel bunker.
Di Maio ha minizzato: «Su 320 parlamentari ce ne sono una decina spaventati quando alzo la voce, io non rinuncio alle nostre battaglie perchè qualcuno è spaventato», ha detto il ministro a proposito delle indiscrezioni su un documento di sfiducia pronto contro di lui.
Insomma, per il ministro degli Esteri si tratterebbe di uno sparuto numero di malpancisti preoccupato più di far rimanere in piedi il governo a ogni costo che delle battaglie ideali, come Mes e riforma della prescrizione, del Movimento.
Ma secondo quanto è riuscito a ricostruire Open la situazione sarebbe diversa.
In queste ultime settimane l’autorità e l’influenza di Di Maio sarebbero crollate all’interno dei gruppi parlamentari e soprattutto fra i capigruppo.
Il documento di sfiducia nei confronti del capo politico sarebbe l’extrema ratio: ma sembra di capire che i coordinatori degli stessi gruppi non farebbero fatica a farlo sottoscrivere a una parte consistente dei parlamentari pentastellati.
Ciò che frena i dissidenti da mettere in atto nero su bianco la proposta di destituzione sono due fattori non trascurabili: il primo, come detto, è il rinnovo dell’investitura a Di Maio da parte del fondatore del Movimento Beppe Grillo, che però si dice abbia apprezzato poco il cannoneggiamento al governo dopo la sua benedizione, pur nel suo linguaggio immaginifico, dell’alleanza nel campo del centrosinistra.
Il secondo elemento che trattiene la fronda dalla resa dei conti con il capo politico, a cui eletti ed elettori imputano tra le altre cose il crollo dei consensi, sarebbe la sua successione.
La frase di Di Maio di pochi giorni fa («Sappiate che dopo di me c’è solo Di Battista») è sembrata a quasi tutti una minaccia e un avvertimento: nessuna delle fazioni in campo è in grado di sostituirlo e se dovesse cadere la guida andrebbe al più mediaticamente visibili degli esponenti pentastellati.
Le fazioni in campo
Una minaccia perchè è arcinoto che Di Battista non abbia digerito l’alleanza con il Partito Democratico e se “il Dibba” dovesse sostituire Di Maio l’alleanza giallorossa probabilmente avrebbe le ore contate. L’ex vicepremier gioca quindi la partita del dividi et impera, cercando di alzare la tensione nell’esecutivo anche per evitare che le varie fazioni si alleino contro di lui. Ma, come vedremo, potrebbe rivelarsi un boomerang.
Ma quali sono queste fazioni e quanto pesano, soprattutto nei numeri parlamentari?
Al vertice c’è Di Maio con i suoi, come si diceva sempre più accerchiati e indeboliti. Poi ci sono Fico e i fichiani, l’ala sinistra del Movimento: agguerriti, ma non numerosissimi e soprattutto azzoppati dal fatto di aver un leader alla presidenza di Montecitorio e considerato troppo radicale per i “gusti” della maggioranza della base.
Poi c’è il gruppo che fa riferimento a Giuseppe Conte. È da quest’area che potrebbero arrivare le sorprese.
Con Conte a Palazzo Chigi la guida della fronda contiana sarebbe stata affidata a Stefano Panuanelli: il ministro dello Sviluppo è apprezzato per il suo lavoro e per i suoi modi anche dalle altre forze parlamentari e i feedback dalla base parrebbero positivi.
Fonti ben informate riferiscono a Open che l’insofferenza nei confronti Di Maio sarebbe in stato così avanzato che, in caso di elezioni anticipate, i contiani, guidati da Patuanelli, sarebbero pronti a lasciare il Movimento per costituire una lista autonoma: una specie di Lista Civica con il premier nel ruolo che fu del senatore Monti.
Oltre ai fedelissimi del capo politico, i fichiani e i contiani fra gli schierati ci sono ancora (pochi) seguaci di Di Battista, che però nella partita sembrano più giocare da riserva armata del ministro degli Esteri.
In ultimo esiste il gruppo eterogeneo di chi non è stato riconfermato nei ruoli di governo, che in caso di bisogno non andrà certamente in soccorso di Di Maio.
Ma, sempre secondo quanto è riuscito a ricostruire Open, la maggioranza (per ora) silenziosa dei parlamentari pentastellati sarebbe rappresentata da coloro che non si schierano apertamente, ma che sono uniti dal desiderio che la legislatura non muoia.
E che quindi cominciano a manifestare irritazione nei confronti del leader per i quotidiani attentati alla sopravvivenza del governo.
Proprio perchè quest’ultimo gruppo è numeroso e eterodosso è difficile tracciare una mappa con pesi precisi delle varie “correnti”: la situazione è fluida e in divenire.
Quello che è certo è che Di Maio fa oggi fatica a controllare la maggioranza dei gruppi. E ciò che oggi appare come un’entropia, come quella di cui Grillo ha parlato nel suo intervento con al fianco l’ex vicepremier, rischia di travolgerlo se troverà un’ordine e un’organizzazione.
(da Open)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
MULTINAZIONALI, PALAZZINARI, FONDAZIONI: I POTERI FORTI DIETRO I FRATELLI D’ITALIA
Chi c’è dietro a Fratelli d’Italia? E chi c’è dietro alla purista Meloni?
L’Espresso ha pubblicato un’inchiesta per scoprire il lato nascosto, le contraddizioni politiche del partito del “prima gli italiani”, la narrazione pompata sui social dalla macchina della propaganda nazionalista.
Spunta una cena con i lobbisti delle multinazionali il 12 novembre a Bruxelles in un lussuoso hotel del centro; il sostegno del network ultra conservatore americano alle fondazioni collegate partito conservatore europeo di cui è membro Fratelli d’Italia; i finanziamenti di Luca Parnasi e dei suoi soci d’affari ma anche l’acquisto a prezzi stracciati della sede storica di via Ottaviano, roccaforte del Movimento sociale italiano. E non solo…
In Europa Giorgia ha scelto di salire sul cavallo che conta: l’European Consevatives and Reformist, il gruppo europarlamentare che esprime 62 deputati e raccoglie sovvenzioni pubbliche da Bruxelles per svariati milioni di euro.
Ma è anche una sigla in grado di attirare donazioni dagli Stati Uniti, da grandi multinazionali e da associazioni strettamente connesse all’ala più conservatrice dei Repubblicani. E gli affari nazionali come vanno?
Scrive L’Espresso: “Il potere che ha deciso di sostenere Fratelli d’Italia assume la forma di imprenditori, grandi e piccoli, di costruttori della Capitale. I nomi più famosi del settore del mattone. Primo fra tutti Luca Parnasi”.
Ma non è il solo contributo che porta le stimmate dell’imprenditore sotto inchiesta per corruzione e finanziamento illecito.
L’Espresso, poi, rivela altri quattro nomi che riconducono sempre a Parnasi e alla Pentapigna e che hanno finanziato con altri 100 mila euro il partito.
L’Espresso, inoltre, pubblica i nomi che compongono il reticolo di associazioni e fondazioni d’area Fratelli d’Italia.
C’è la più nota: Fondazione Alleanza Nazionale con il suo patrimonio immobiliare che si è arricchito nel 2018, con l’acquisizione della storica sede del movimento sociale di via Ottaviano. Alla fine per evitare lo sfratto dei camerati, la fondazione ha deciso di comprarlo. Il prezzo? Un ottimo affare, per la zona davvero fuori mercato.
(da Business.it)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
DA CREDIEURONORD ALLE SPONDE CON I BANCHIERI AMICI
Non si sono mai chiesti se avevano una banca come fece improvvidamente il segretario degli allora Ds Piero Fassino nel 2005, durante le fasi cruciali della scalata di Unipol a Bnl.
E non si sono mai trovati sotto il fuoco incrociato di un affaire giudiziario-mediatico come quello toccato in sorte a Maria Elena Boschi, finita nell’occhio del ciclone per il salvataggio di Banca Etruria quando il padre Pierluigi ne era vicepresidente.
Tuttavia, se c’è un partito che di banche, per pudore, non dovrebbe proprio parlare, è la Lega di Matteo Salvini.
Il problema è che ne parla eccome, Matteo Salvini, ergendosi a baluardo dei risparmiatori italiani — buon ultimo nel dibattito sul Meccanismo Europeo di Stabilità al Senato della Repubblica -, e ponendosi in alterità rispetto al capitalismo di relazione e ai corto circuiti malsani tra politica e finanza, sia essa italiana o franco-tedesca.
Forse a Salvini andrebbe ricordata la storia del suo partito, sebbene l’abbia vissuta tutta, e tutta in posizioni di vertice.
È la Lega che nel 1998 fonda una banca. Si chiama CrediEuroNord ed è pomposamente definita la prima banca del popolo padano.
Con una campagna a tappeto tra i militanti riesce a ottenere 3000 sottoscrizioni. Apre pure due sportelli, uno a Milano e uno a Treviso e prende la tesoreria del Comune di Erbusco, in provincia di Brescia, ovviamente a guida leghista.
Peccato che dopo soli tre anni, la situazione sia disastrosa: 8 milioni di perdite e 12 di sofferenze, la metà delle quali fanno a capo a soli cinque soggetti, una delle quali è la Bingo.Net che ha tra gli amministratori il sottosegretario Balocchi e un altro paio di parlamentari leghisti.
Un bel guaio, perchè la banca rischia il fallimento, e 3000 soci, fieri militanti leghisti, di finire gambe all’aria.
Ed è sempre la Lega che chiede aiuto ai banchieri amici e lo trova, grazie all’allora amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani, che nel 2003 rileva CrediEuroNord per 2,8 milioni.
I maligni raccontano che il salvataggio della banca del popolo padano avviene su sollecitazione del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, molto amico di Fiorani e fino ad allora sotto attacco della Lega, che l’aveva accusato di scarsa vigilanza nel caso dei Tangobond e dei crac di Parmalat e Cirio.
Vero o falso che sia, è singolare che nel giro di pochi giorni l’atteggiamento di Bossi nei confronti di Fazio cambia radicalmente: “Anche se non abbiamo mai avuto una particolare simpatia per Via Nazionale, riteniamo che la difesa del Governatore sia la miglior garanzia per uno stop agli stranieri”, dichiara Umberto Bossi qualche giorno dopo il salvataggio di Credieuronord. A volte, il caso.
Non finisce qui: le cronache di allora — su cui si è posata un po’ troppa polvere — raccontano anche che per ringraziarli del nuovo, morbido atteggiamento verso Antonio Fazio e per la scalata che la Popolare di Lodi a Banca Antonveneta, Fiorani decide di consegnare a Giancarlo Giorgetti, allora presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, oggi numero 2 della Lega di Salvini, 100mila euro incartati in una pagina di giornale.
Giorgetti rifiuterà quei soldi, racconta in seguito Fiorani, ma non denuncerà mai la tentata corruzione di chi ha salvato la Lega e la sua banca dal crac.
La storia continua.
Nel 2005 il sogno di Fiorani si infrange contro le inchieste della magistratura, e alla Lega serve un nuovo banchiere amico: quel banchiere è Massimo Ponzellini, cugino proprio di Giancarlo Giorgetti, nominato presidente di Banca Popolare di Milano dopo un epica battaglia con l’ex Dc Roberto Mazzotta.
«L’abbiamo nominato noi», dice Umberto Bossi. E i giornali non si fanno problemi a chiamare Ponzellini, per il quale si ipotizzeranno in seguito candidature sotto i vessilli di Alberto da Giussano, il “banchiere della Lega”.
È il 2009, l’anno dei Tremonti Bond, obbligazioni bancarie perpetue sottoscritte dal Tesoro per migliorare la capitalizzazione delle banche durante la crisi finanziaria.
Caso vuole che quelle obbligazioni siano sottoscritte in massa proprio dal Banco Popolare — il nuovo gruppo di cui fa parte l’ex Lodi di Fiorani — e dalla Banca Popolare di Milano.
E sempre il caso vuole che il Banco Popolare abbia staccato a favore del curatore fallimentare dell’ex CrediEuroNord un assegno di un milione e seicentomila euro per rilevare un immobile a Bergamo, alcuni crediti fiscali e i futuri proventi di alcune cause contro ex dirigenti.
Ed è sempre un caso, ma questo avviene proprio all’indomani dall’aver ricevuto dal Ministero per l’Economia 1,4 milioni di Euro in Tremonti Bond.
Soldi di noi contribuenti, usati per sistemare i conti di chi aveva comprato la banca della Lega.
Insomma, caro Salvini, qualcosa con le banche avete combinato anche voi. Le avete fondate. Ne avete nominato i vertici. Avete in qualche modo messo nei guai gli azionisti-correntisti.
E vi siete salvati grazie al provvidenziale intervento di banchieri amici, ai quali avete reso il favore.
Abbastanza per evitare di puntare il dito altrove, non trovi?
(da Fanpage)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
“MI AUGURO CHE NON FACCIANO COME I GRILLINI”… SEMPRE IN PRIMA LINEA PER IL DIRITTI CIVILI: “LA DISTINZIONE NON E’ TRA ETERO E GAY, MA TRA DIGNITA’ E PREGIUDIZIO, TRA LIBERTA’ E REPRESSIONE, TRA CULTURA E IGNORANZA”
“Guardo con interesse alle sardine, vi ritrovo elementi e quella libertà che furono propri della rivoluzione liberale di Berlusconi”. E poi: “Mi auguro non facciano come i grillini”. E ancora: “Valuterò il piacere di riscendere in piazza il 14 dicembre”.
Eccola qui, la Pascale che non ti aspetti. Si parla di diritti, della necessità di continuare la battaglia per sostenere le istanze del mondo Lgbt+, e Francesca Pascale collega anche questa, che ritiene “esigenza imprescindibile”, alla spinta che sta facendo scendere nelle piazze italiane giovani e adulti, in nome della libertà di pensiero e contro Matteo Salvini.
Che il leader della Lega le aggradi poco non l’ha mai nascosto, che la parola “libertà ” sia al centro della sua vita pure. L’ha messa anche nel titolo dell’associazione, in difesa dei diritti della collettività arcobaleno e dei bambini e delle donne svantaggiati, che presiede e presenterà agli inizi del nuovo anno: si chiamerà “I colori della libertà ”. Quella libertà che, racconta, l’ha portata, quindici anni fa e quarantanove di differenza tra loro, a legare la sua vita a Silvio Berlusconi, già tycoon delle televisioni, ai tempi di nuovo premier.
Lei chiama Berlusconi “il mio presidente”, dice che è “un uomo che mi ha fatto crescere e non mi ha mai tradito moralmente, che quando rientra a casa mi porta un raggio di sole”.
Ripete di essersene innamorata “per la sua idea di libertà ”. Quella libertà per cui ora Pascale intende impegnarsi al servizio della causa Lgbt+ – “questo è il mio futuro”, scandisce – e che le fa dire sorridendo a fior di labbra: “Oggi amo Silvio, ma se domani mi innamorassi di una donna, che male ci sarebbe?”.
Quella libertà che le ha fatto scattare, a lei “berlusconiana”, “di fronte ad un periodo oscurantista”, la curiosità per le sardine.
“Guardo con interesse alle sardine”. Cosa intende dire?
Si tratta di un fenomeno spontaneo, dilagante, animato da giovani, quindi va guardato con rispetto, interesse e soprattutto non va sottovalutato. Un errore che a suo tempo è stato commesso con i 5 stelle ed il risultato è quello che è oggi sotto gli occhi di tutti. Perchè etichettarlo come un gruppo manovrato da ambienti di sinistra, al fine di sminuirlo? Prima di chiedersi da chi è costituto bisognerebbe riflettere sul motivo che li ha portati a scendere in piazza. Un fiume di persone che invadono le principali città italiane è sicuramente un sussulto civico contro un linguaggio che è risultato inattuale e pericoloso, illiberale, diseducativo, in grado di innescare odio. E l’estremismo fa emergere sempre movimenti di protesta. Le sardine “pescano”, pertanto, anche tra coloro che non hanno mai votato e che mai voteranno a sinistra, incarnano l’esigenza di un cambiamento. Spero, però, che non accada quanto successo in passato ad altri.
Cioè?
Mi auguro che le “sardine”, al fine di non perdere la propria indipendenza e per far sì che il messaggio che stanno lanciando non perda la propria autenticità , cambino idea sul diventare movimento strutturato o partito politico. Restando anima critica potranno evitare la sorte che è toccata ai grillini, prima anti-sistema, oggi in giacca e cravatta attaccati alla poltrona. Dico loro: restate indipendenti, restate liberi, siate l’anima rivoluzionaria che alberga in tutti i partiti e che pertanto non ha bisogno di etichette.
Il movimento da molti è considerato di sinistra. Lei è ancora iscritta a Forza Italia o sta tentando la fuga come si dice di altri?
Oggi gli ideali non si limitano ai concetti rigidi di destra e sinistra. Ci sono nuove categorie che si stanno definendo. Per quanto mi riguarda, non sono solo di Forza Italia, sono berlusconiana. Nessuno lo è più di me! Poi, va detto in modo netto che se una cosa è giusta, è giusta e basta, non ha colore politico. Cerchiamo, inoltre, di ricordare bene le premesse, lo spirito che ha animato la discesa in campo di Silvio Berlusconi, la nascita di Forza Italia e di quel centrodestra del 1994 che ha dato un contributo fondamentale alla democrazia compiuta dell’alternanza.
Che c’entra con le sardine?
Nelle sardine ritrovo alcuni elementi della rivoluzione liberale, naturalmente attualizzati. Il messaggio azzurro infatti è sempre stato incentrato sulla libertà contro il regime, sui diritti di tutti contro i diritti dei pochi, sulla centralità della persona e la sua dignità , contro la violenza, il razzismo, le discriminazioni, attraverso un linguaggio costruttivo e mai distruttivo, che ha dato coraggio e speranza ai cittadini, mai basato sulla paura.
“Odio i sovranismi, non ho particolare simpatia per Salvini”, ha detto in passato. Oltre all’antipatia verso il fronte sovranista e il leader della Lega, cosa la unisce alle sardine?
Il messaggio forte che queste piazze stanno dando mira a riaffermare la democrazia, il bene comune, la libertà , il dialogo, l’inclusione, la solidarietà . Princìpi che la comunicazione sovranista, con i suoi inevitabili effetti a 360 gradi, sta marginalizzando, creando oggettivamente un clima che porta inevitabilmente all’intolleranza, alla demonizzazione del nemico, alla mancanza di rispetto, all’incitamento e alla continua contrapposizione. Certo, la vera sfida sarà trasformare gli ideali in azioni concrete. Quella che auspico pertanto, per il bene del nostro paese, è una nuova rivoluzione culturale. L’intolleranza non si combatte solo con la politica, anche se questa è uno strumento fondamentale. Ci vuole uno scatto di reni da parte di tutta la società , che parta da ognuno di noi. Dobbiamo mobilitarci e assumerci le nostre responsabilità , ad iniziare dalle scuole, approfondendo la storia, la Costituzione, attualizzandone valori e insegnamenti.
Il 14 dicembre andrà in Piazza San Giovanni a Roma per la prima grande manifestazione nazionale delle sardine?
Se le sardine, oltre al moto di ribellione verso l’intolleranza sapranno interpretare lo spirito democratico e liberale di chi oggi non vuol rassegnarsi ad un’Italia che sia un monocolore e sovranista, penso che valuterò il piacere di riscendere in piazza per la libertà di tutti.
Scusi, ma il suo compagno, Silvio Berlusconi, alleato di Salvini, è a conoscenza di questo?
Voglio ribadire che un conto è la rivoluzione liberale di Silvio Berlusconi, un conto l’estremismo sovranista. Ecco perchè sento di espormi! Per dire a tutti i liberali, a quel popolo di centrodestra, anche a quello che non ci vota più, che deve risvegliare i propri sentimenti, riaffermare con coraggio i propri valori, anche attraverso l’indignazione. Il presidente è stato il primo vero interprete dei desideri del popolo, sin dalla discesa in campo, ma lui ha saputo trasformare la paura in speranza, in voglia di cambiare, per questo non mi rassegno.
Crede ancora in Forza Italia, insomma.
Credo ancora in quella Forza Italia che, a parte il mio presidente, ha avuto degli interpreti abbastanza mediocri. Silvio Berlusconi non ha mai utilizzato un linguaggio razzista e, soprattutto non ha mai lasciato le persone in mare; ha davvero contrastato l’immigrazione clandestina, facendo accordi direttamente con l’Africa. Ricordo al Ministero dell’Interno un galantuomo, Roberto Maroni, per dire che non ho nulla contro quella Lega che era parte allora di un centrodestra inclusivo e non esclusivo. Io da cristiana sono cresciuta con valori diversi rispetto a chi si rivolge al prossimo con: zingaro, puttana, sporco negro, terrone, frocio. Queste le sembrano parole cristiane? Il cristianesimo è l’opposto. Gesù era straniero in patria, ebreo, perdonava, accoglieva, moltiplicava la ricchezza per distribuirla senza chiedere nulla in cambio. Come è scaduta la politica oggi: da un lato Salvini, a rappresentare un centrodestra completamente snaturato, e dall’altro Di Maio e Toninelli. Quando il vero centrodestra era tenuto insieme da Berlusconi, i suoi oppositori erano l’illuminato Pannella, Amato, Veltroni, Rutelli e Bertinotti, uomini da cui mi divide quasi tutto, ma dei quali non posso non riconoscere preparazione e cultura.
A proposito di battaglie culturali e della sua “I colori della libertà ”, ha detto di aver pensato a questa costituenda associazione “anche nel mio interesse”. Cosa intendeva?
Lo intendevo da cittadina libera che crede nella libertà . Ognuno di noi deve sempre pensare che i diritti negati agli altri potrebbero essere i propri.
“Nè etero nè gay, sono libera”, ha dichiarato. Più volte hanno detto che “è lesbica”. Lei ha rilanciato “Amo Berlusconi, ma se domani scegliessi di vivere in una famiglia arcobaleno?”.
Il clamore e la curiosità che suscita questa mia dichiarazione sono il sintomo che c’è ancora tanto da fare… non amo le definizioni, nè le categorie.Oggi amo Silvio ma se domani mi innamorassi di una donna, che male ci sarebbe? L’amore è il principio cardine della vita e all’interno di quello tutto è possibile. Quindi non pianifico la mia vita secondo uno schema precostituito. L’unico confine che vedo non è tra eterosessuali e gay ma tra libertà e repressione, tra dignità e pregiudizio, tra cultura e ignoranza.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 7th, 2019 Riccardo Fucile
IL PROF BURIONI: “EVITI DI CONSIGLIARE TERAPIE MEDICHE NON ESSENDO MEDICO E DI SCRIVERE SCEMENZE SU TWITTER”
Il professor Roberto Burioni ieri ha scovato un tweet sul vecchio account di Lucia Borgonzoni in cui l’attuale candidata governatrice dell’Emilia Romagna consiglia ai medici di prescrivere “gite nei boschi anzichè antidepressivi”
Burioni le ha ricordato che non è mai il caso di mettersi a discutere di terapie mediche non essendo medici, perchè si rischia di “giovare al dottore dicendo scemenze su Twitter”.
Dopo il tweet di Burioni anche altri account hanno sentito l’urgenza di spiegare alla Borgonzoni che non è il caso di fare diagnosi su Internet
Borgonzoni comunque ha una certa passione per il parlare a vanvera.
In questi mesi ha sparato fregnacce sul MES, voleva azzerare l’addizionale IRPEF in Emilia come in Veneto (dove non è azzerata), ha criticato la sanità emiliana per poi essere costretta ad ammettere che funziona bene, ha difeso la “tradizione” del tortellino senza conoscerla.
Insomma, è la perfetta candidata della Lega per la Regione Emilia Romagna.
(da “NextQuotidiano“)
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