Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
CHISSA’ COME SARANNO CONTENTI I RESPONSABILI DELLA LEGIONE DI UN ACQUISTO DEL GENERE
Il consigliere comunale Fabio Tuiach ha deciso di cambiare vita, almeno per un po’. Dopo aver scatenato forti polemiche per essersi detto «offeso» in quanto cattolico perchè «Liliana Segre ha detto che Gesù era ebreo» ed essere, il consigliere di minoranza del gruppo misto del consiglio comunale di Trieste va oltralpe, per arruolarsi nella Legione straniera in Francia
.Fabio Tuiach lascia il consiglio comunale di Trieste almeno per un po’. Dopo la gaffe su Gesù e Liliana Segre, l’ex pugile ha deciso di dirigersi verso la Francia.
Sarebbe partito in treno nella notte, dopo aver dato debita comunicazione al suo luogo di lavoro.
Raggiunto telefonicamente da Il Piccolo di Trieste, ha spiegato che la ragione risiede in motivazioni personali e familiari, ma che l’intento del viaggio è vedere se «posso arruolarmi come legionario e cambiare vita lasciando tutto».
«Io sono un guerriero e quando le cose si mettono male vado a marciare» ha aggiunto intervistato da Il Piccolo di Trieste, spiegando che spera di passare le selezioni, diventare francese e avere «una seconda opportunità nella mia vita a 39 anni».
Insomma, Tuiach, noto anche per aver detto che Maometto era un pedofilo, sembra aver deciso di dare una svolta alla sua vita, prendendosi intanto un mese di pausa dal lavoro, poi chissà : «Potrei non tornare più».
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
SPERAVA DI FARE UN PO’ DI BECERO POPULISMO E CHE TUTTI GLI RISPONDESSERO “CONTE”, MA I TEMPI STANNO CAMBIANDO
C’era una volta un padano… La favola di Pinocchio in versione Salvini inizierebbe così. E racconterebbe che questo padano, sbozzato sull’immagine di Alberto da Giussano e benedetto dalle acque del Po, era un padano piuttosto monello: faceva dei cori contro i meridionali, diceva che la Padania non è Italia e premeva per il secessionismo.
Poi il Padano è diventato grande, ma il suo atteggiamento non è cambiato. Anzi ha iniziato a dire un mucchio di bugie.
Per esempio, ha cominciato a negare il suo passato, sperando che tutti si dimenticassero che cosa cantava fino a qualche anno prima.
E poi, miracolo, è successo che il Padano è diventato un politico vero, uno che al governo d’Italia c’è andato sul serio. E le bugie si sono moltiplicate.
Per esempio promette di togliere le accise, promette che il governo durerà fino alla fine della legislatura, di essere fedele al premier Conte.
La storia come è andata a finire ce la ricordiamo tutti. E possiamo concordare che, a differenza di Pinocchio, che da bugiardo è diventato un bambino buono, il nostro padano è sarebbe ancora un burattino con il naso lungo.
Ed è quello che gli stanno ricordando gli utenti di twitter:
Salvini ha infatti postato una statuetta di Pinocchio, scrivendo un ammiccante ‘chi vi ricorda?’, sperando che tutti rispondessero ‘Conte’, da bravi bambini.
Invece una marea di risposte che mostrano l’autogol del leghista.
Eccone alcune:
“Uno che credeva il sud il cancro dell’Italia e adesso chiede il voto, diceva NoTAV poi SàTAV, uno che predica sovranismo e si ritrova coinvolto in affari loschi con i russi… che faccio? Continuo o una mezza idea te la sei fatta??
che faccio? Continuo o una mezza idea te la sei fatta?? Bacioni ai Pinocchi! ”
“Colui che raccontava che il Conte1 sarebbe durato tutta la legislatura.. Ha ragione Di Maio a fidarsi fino a prova contraria. Perchè una possibilità bisogna darla a tutti. Ma voi leghisti tradite per natura.”
Matteo Salvini il caxxaro più caxxaro del mondo, l’unico in grado di dire caxxate e far abboccare la gente. Colui che nell’ignoranza ci sguazza salvini il cantastorie, SalviniChiacchierone una vita in vacanza”
“Mi ricorda “Abolirò le accise al primo Consiglio dei Ministri.”
“Mi ricorda “Il latte a un euro o non mi alzo dal tavolo”
“Mi ricorda “No Euro”
“Mi ricorda “No Tav”
“Mi ricorda “Il tricolore fa schifo W la Padania”
“Quello “Questo governo durerà fino alla fine della legislatura,ho fatto una promessa agli italiani”QUAQUARAQUà€
“Un ministro dell’interno che aveva promesso in campagna elettorale che avrebbe tolto le accise sui carburanti al primo consiglio dei ministri, firmando in TV un contratto con gli italiani. Mi ricorda quello che aveva una patria che si chiamava Padania , che gli italiani del sud erano terroni e puzzavano ed ora sono amici … vado avanti?”
(da Globalist)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
AI GRILLINI DELLA BASE PIACE CALLIPO
La candidatura di Francesco Aiello a governatore della Calabria per il M5s non conosce pace. Non bastava la macchia dell’abusivismo edilizio su una sua villa, per la quale è stato già condannato alla demolizione di un piano da Tar e Consiglio di Stato. Il docente scelto dai vertici grillini deve ora fare i conti con gli attivisti calabresi, più attratti dal candidato sostenuto dal Pd, l’imprenditore del tonno Pippo Callipo, che già nelle scorse settimane sembrava poter correre per il M5s da civico, salvo poi incassare lo stop di Luigi Di Maio dopo l’annuncio della candidatura.
Il nome di Aiello dovrà passare dalle forche caudine della piattaforma Rousseau, come ricorda al Corriere della sera la deputata Federica Dieni, che non nasconde la sua preferenza per il candidato accolto dai dem definendolo un «valido candidato».
Dieni nega che le sue riserve su Aiello siano legate alle vicende dell’abusivismo edilizio e prova a spostare il mirino: «Ho letto alcune sue dichiarazioni e mi sembra uno molto concentrato su se stesso».
Insomma Aiello non le piace e già annuncia che, quando il suo nome sarà sottoposto al voto di Rousseau, lei voterà «no».
La deputata per ora evita fughe in avanti solitarie, se proprio deve essere costretta a scegliere, meglio «un nostro attivista di livello, che in Consiglio porti avanti un progetto condiviso, non personale». Ma poi la palla passa a Di Maio: «Deciderà il nostro capo politico». E la partita resta ancora aperta.
(da “NextQuotidiano“)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
SI PROFILA UN AUMENTO DEL PRESTITO STATALE DI ALTRI 50 MILIONI
Per Alitalia si profila un aumento dell’ennesimo prestito da parte dello Stato: da 400 a 450 milioni di euro per il vettore nazionale dopo che la trattativa per la cordata con Ferrovie dello Stato, Atlantia e un partner tra Delta e Lufthansa è saltata.
Racconta oggi Il Messaggero:
Al Mef e al Mise stanno valutando se portare a 450 milioni di euro l’iniezione di liquidità per il vettore, che a breve resterà senza risorse. Oggi alla Camera è atteso una modifica al decreto fiscale, perchè l’articolo 54 parla di un finanziamAlitaliaome svelato dal Messaggero — il ceo Carsten Spohr per riaprire il tavolo.
Per uscire dall’impasse il governo starebbe studiando una formula più generica e fumosa, che prevede di garantire con soldi pubblici l’operatività alle società in amministrazione straordinaria «per le loro indilazionabili esigenze gestionali».
Anche se questo schema potrebbe non passare in Europa, dove è già aperta un’indagine per aiuti di Stato legato al vecchio prestito ponte da 900 milioni di euro. Ma il titolare del Mise continua a ripetere che «non ci saranno problemi».
Questo, così come l’accordo con il vettore tedesco, è soltanto un pezzo del mosaico per provare a salvare l’ex compagnia di bandiera.
Al di là degli esuberi — i sindacati danno per certo una riduzione del personale fino a 4 mila unità — la futura Alitalia per essere appetibile deve avere un nuovo perimetro aziendale e risultare più profittevole.
In quest’ottica andrebbe letto un piano allo studio dei tre commissari, che metterebbe assieme la nascita di tre società ad hoc per le tre mission (volo, catering/handling e manutenzione) e una riduzione del costo del lavoro del 20 per cento da ottenere parametrandolo ai costi standard del settore e ottimizzando le performance.
Oggi il vettore spende all’anno per i suoi dipendenti 600 milioni di euro (150 per i piloti, 150 per gli assistenti di volo, 300 per quelli di terra) contro i 900 milioni del 2007.
Questa riduzione è stata realizzata soltanto grazie a una riduzione dell’attività , alla quale non è seguito un aumento della redditività .
Da qui il timore dei sindacati che, sotto un altro ombrello societario, si rivedano i contratti esistenti come già avvenuto in passato.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
PER UNA CONFERENZA 40.000 EURO, MA VANNO BENE ANCHE 25.000
Il Fatto racconta oggi quanto costa avere Matteo Renzi come conferenziere: “Forty thousand euros. Quarenta, qu-a-tro siii-ro”, scandiscono al telefono dalla Pro Motivate, una delle agenzie che propongono online l’ex premier come speaker.
“Dovete contare anche un viaggio in business per una e a volte due persone”.
Tanto costa ingaggiare il fondatore di Italia Viva a una conferenza che —facciamo credere all’interlocutore —sarà in programma l’anno prossimo a Barcellona, titolo “Populismo e dinamiche economiche ”.
Tema su cui Renzi — ci viene garantito — saprà dire la sua. Del resto “politica globale, “affari correnti”, “finanza e tendenze future”sono solo alcuni degli argomenti elencati online di quello che è stato “il più giovane primo ministro in Italia e il più giovane leader del G7”.
Analogo curriculum sponsorizza l’agenzia Chartwell Speakers, ma per “appena ”25mila euro. C’è un però: a sentire l’agente che risponde da Dublino, Renzi non è la scelta più azzeccata. Di conferenzieri che possano parlare di populismo ce ne sono altri, pure meno esosi: con 16mila euro, per esempio, ti porti a casa Anne Applebaum, un premio Pulitzer che “in quanto giornalista, e non politico, può affrontare il tema in modo più indipendente di Renzi”.
Dalla Chartwell quasi ci convincono, spendere tutti quei soldi per Renzi non conviene. È diventato troppo caro, più dei 20mila euro di cui parlava solo un anno fa Marina Leo, responsabile per l’Italia di un’altra agenzia che vende i suoi discorsi, Celebrity Speakers.
“Sembrano tanti, ma la metà se ne va in tasse e lo speaker deve pagare le persone che mettiamo a disposizione, in quei soldi c’è pure il compenso dell’agenzia”, diceva alla stampa allora.
Oggi che con i giornali non parla più, le si strappa solo: “È un’attività privata, non ha niente a che vedere con la sua attività di leader politico perchè quando era primo ministro non poteva fare queste cose”.
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
LE VARIE VOCI CHE SI RINCORRONO
John Elkann non ha intenzione di acquistare il gruppo GEDI per poi rivendere La Repubblica a Carlo De Benedetti. L’indiscrezione era rimbalzata nei giorni scorsi dopo la nota alla Consob che confermava la trattativa fra i figli dell’Ingegnere e l’erede della famiglia Agnelli ma è smentita oggi nell’articolo a firma di Sergio Bocconi sul Corriere della Sera: l’operazione dovrebbe prevedere come primo passo la vendita della quota di GEDI che fa capo a CIR, pari al 45,7% del capitale, a Elkann che già possiede il 6,2%. Smentite anche le dimissioni di Carlo Verdelli, arrivato da poco alla guida del quotidiano
Sempre gli ambienti vicini a Elkann sottolineano che l’obiettivo è assicurare a Gedi condizioni di stabilità che «consentano alla società di evolvere velocemente, compiendo scelte che non possono più essere rimandate».
In sostanza si ritiene necessario procedere a un risanamento, all’integrazione organizzativa all’interno di Gedi, nata nel 2017 con la fusione fra Espresso e Itedi, e a un rilancio in una prospettiva prioritariamente digitale.
Garantendo, si sottolinea inoltre, «l’autonomia redazionale, perchè il giornalismo di qualità troverà sempre un mercato, a condizione sia autorevole e indipendente».
Intanto Marco Palombi sul Fatto mette insieme tutti i dubbi sull’operazione:
Si vedrà se i prati sono davvero in fiore, ma resta la domanda sul senso economico dell’operazione. L’ultima trimestrale di Gedi, quella al 30 settembre, parla di una situazione non piacevole: -18,3 milioni di risultato netto e fatturato in discesa in tutte le voci (vendite, pubblicità , etc.), ma il bilancio senza la vendita del gestore delle reti Persidera sarebbe in sostanziale equilibrio.
Il valore della società , secondo l’ultimo report Mediobanca, è di circa 240 milioni (al lordo di un passivo ingente) per il 75% grazie alle radio: il problema più grosso, nel medio periodo, sono Repubblica e i suoi 400 dipendenti.
La verità però è che si fatica a comprendere il senso industriale di un’operazione del genere:
La direzione industriale sembra essere quella di costruire una rete di quotidiani locali e la prima cosa che balza all’occhio è la duplicazione delle redazioni in almeno due città (Torino e Genova), senza contare — parlando di Repubblica- il costo non compensato dai ricavi di alcuni dorsi locali (ad esempio Palermo e Bari).
Insomma, se Elkann vuole gestire probabilmente dovrà tagliare, ma la realtà è che il giornale fondato da Eugenio Scalfari, a forte vocazione nazionale e politica, pare il meno sensato in un progetto del genere: venderlo potrebbe essere quasi naturale.
A meno che non siano vere le voci malevole che già circolano: la fusione con Peugeot & C. alla fine sarà un bagno di sangue per le fabbriche italiane in termini di occupazione. Quando si licenzia, avere qualche giornale a disposizione certo non fa male.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
IN 25.000 E C’E’ ANCHE SAVIANO: “SALVINI HA PAURA DI QUESTE PIAZZE”… I VOLONTARI RACCOLGONO CIBO PER I POVERI
La pioggia non dà tregua, ma nonostante questo l’enorme piazza Duomo è piena di Sardine. Venticinquemila secondo gli organizzatori.
Sotto i portici di Corso Vittorio c’è un gazebo bianco, da lì arriva il suono di una chitarra e si vedono piccoli altoparlanti, talmente piccoli che solo le prime tre file riescono ad ascoltare.
Tutto questo per dire che il fashmob sarebbe dovuto essere nella più piccola piazza dei Mercanti, ma la folla che si è radunata è talmente tanta che ci si è spostati in fretta e furia sotto la Madonnina.
Tra la folla c’è anche Roberto Saviano, con il suo ombrello, tra i primi a parlare: “Questa piazza è bellissima perchè non ci sono leader. Salvini si sta preoccupando moltissimo, credeva di essere riuscito a scoraggiare l’opposizione con i numeri e inventando sui social balle e ora si sta mettendo a paura”.
Nel frattempo lungo tutta la piazza i volontari dell’associazione “Pane quotidiano” passano con i carrelli e raccolgono cibo che i partecipanti al flashmob hanno portato con loro per donarlo ai bisognosi.
Non solo scatolette di sardine, ma anche pacchi di pasta, sale, zucchero, latte. C’è di tutto e a poco a poco il cibo diventa una montagna. “Stanotte e domani mattina lo portiamo ai poveri. Si metteranno in fila e queste file sono sempre più lunghe”, osserva un volontario in pettorina arancione.
In corsa dal flashmob di Taranto arriva anche Mattia Santori, l’ideatore insieme ai tre ragazzi di Bologna di quest’onda che porta il nome di Sardine. “Per il momento noi dobbiamo rimanere lontani dalla politica, dobbiamo restare una piazza fluida e libera come siamo adesso”, dice
E poi ancora: “Salvini ha chiesto di incontrarci? Lo ha detto tante volte, a partire dalla manifestazione di Ferrara, poi però in piazza non è mai venuto. Noi non siamo interessati a incontrare esponenti di quella politica che contestiamo e che in questi anni ha contribuito a disgregare in maniera impressionante il tessuto sociale”.
Scherzando Santori, nel vedere la piazza così piena, ricorda come tutto sia iniziato quasi per gioco e “adesso la situazione ci è un po’ sfuggita di mano”.
Nel senso che viene contattato da tantissime città d’Italia che vogliono organizzare un flashmob. Dove può partecipa anche lui, come ha fatto oggi volando dalla Puglia a Milano. Ma in vista del 14 dicembre, a un mese esatto dall’evento di Bologna e in occasione della manifestazione di Roma, “sarà necessario avviare una raccolta fondi”, annuncia parlando con i cronisti e guardando un po’ più in là .
Tra i cartelli con su scritto “Sardine del naviglio” e “Milano non si lega”, c’è un ragazzo sulla ventina d’anni, che da una transenna in cemento osseva la piazza dall’alto. Si chiama Filippo Cucchetto: “Sono tornato da Novara, ero fuori Milano mi sembrava giusto far sentire che ci siamo”.
Poco distante Vincenzo Pace, un educatore che vive e lavora a Milano: “Per me questa piazza non è contro Salvini, piuttosto è un modo di intendere la politica. Viviamo nel degrado della politica, tutto viene scritto sui social in un’eterna campagna elettorale di incitamento all’odio come se il problema fossero i migranti quando i problemi sono altri come l’economia e dissesto idrogeologico”.
Le voci sono tante, le Sardine sembrano un’infinità . La pioggia batte sempre più forte ma come dicono dal palco “i pesci azzurri sanno nuotare”. E come recita un cartello, oggi “il mare è arrivato anche a Milano”
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
PIAZZE CONTRAPPOSTE IN APPENNINO DIVISE DA 200 METRI, TUTTO TRANQUILLO
I leghisti della montagna abbracciano Matteo Salvini. E le sardine, ad appena duecento metri, provano a farsi sentire.
Le temperature erano bassissime, con la colonnina di mercurio che segnava appena 6 gradi. Ma in piazza Martiri e in piazza Peretti il clima era caldissimo: nella prima, alle 18.30, è arrivato il leader della Lega, Matteo Salvini, pronto a tirare la volata a Lucia Borgonzoni, candidata alla presidenza della Regione alle elezioni del 26 gennaio, assente alla manifestazione, nella quale non era prevista la sua partecipazione.
Al fianco di Salvini, circa 400 sostenitori della Lega, compresi i candidati reggiani Gabriele Delmonte e Matteo Melato.
In piazza Peretti, invece, oltre 400 sardine montane, che dopo aver scalato la Pietra di Bismantova si sono trovati faccia a faccia con il leader del Carroccio, oggetto della contestazione del movimento.
Da parte delle sardine, cori e striscioni all’insegna nell’ormai celebre slogan: “Castelnovo Monti non si Lega”. L’organizzazione della manifestazione di Castelnovo Monti è stata di quattro ragazzi del posto.
Nessun particolare riferimento diretto a Salvini, se non nel constatare che la piazza è stata riunita per contrastare la politica fatta di slogan e il clima d’odio proprio della comunicazione leghista.
(da agenzie)
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Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
“NEL PAESE QUALCOSA STA CAMBIANDO”
Hanno cominciato ad arrivare fin dal primo pomeriggio, nonostante il diluvio, tanto che, prima delle 17, gli organizzatori hanno deciso di spostare il flash mob da piazza dei Mercati al Duomo.
Sui social si erano raccomandati: «Vi chiediamo di non portare cartelli offensivi, denigratori o violenti, non saranno ammessi slogan contro qualcuno in particolare, non vogliamo bandiere di partiti o associazioni. Siamo, invece, un banco fitto e disciplinato di sardine solidali».
E così è stato. In piazza ci sono semplicemente disegni dei pesci azzurro-verdi, sui cartelli bagnati dalla pioggia.
Quel che è certo è che le «Sardine» continuano a convergere tutte insieme e «a dare l’idea che la società civile che crede nei valori della Costituzione è anche un popolo», come spiegano Simona Regondi, Debora Del Muro, Ivano Cipollaro, Fabio Cavallo e gli altri portavoce del movimento.
Il programma è iniziato con un tributo live a Lucio Dalla («Com’è profondo il mare», omaggio alla capacità di resistenza esistenzial-politica della «squadra» ittica), seguito da altre musiche, come «Libertà è partecipazione» di Giorgio Gaber
Dietro le quinte, c’è già una sardina gigante, da muovere come fosse un dragone giapponese, e una coreografia fatta di centinaia di pesci azzurri.
Molti di quelli che arrivano, giovani e persone in là con gli anni, origini italiane e straniere senza distinzioni, portano sotto il braccio non impegnato dall’ombrello la Costituzione: i primi articoli sono stati letti all’inizio della manifestazione. Sotto la Madonnina il sit- in si connota di una matrice operativa, «nel nome del fare»: sono stati disseminati in piazza grandi carrelli della spesa. Obiettivo: raccogliere molti chili di alimenti da destinare alle mense dei poveri tramite l’associazione Pane quotidiano.
In mezzo alla folla di piazza Duomo anche Roberto Saviano: «Questa piazza non deve essere una piazza solo contro, ma sta andando verso la difesa dei diritti che sono prima di ogni cosa. Le Sardine impediscono l’erosione della democrazia», ha detto lo scrittore dal palco. «Questa piazza è bellissima perchè non c’è nessun leader, nessuna volontà di dire vaffa o di fare rottamazioni, ma questa è l’Italia che ha voglia di incontrarsi e ragionare».
I discorsi, sotto gli ombrelli, sono semplici. Quasi a dire un non banale e non scontato «Siamo qua». E allora: «Milano non si inscatola», «Milano non si Lega», sono le scritte ricorrenti.
Una ragazza, Laura Fiocco, universitaria alla Bicocca, ha le sardine appese ai capelli: «La nostra comunità (e non usiamo a caso questo vocabolo) è preoccupata dal clima divisivo, di aggressività e diffusa ignoranza che sta dilagando in tutto il Paese. Vorremmo contagiare la politica con l’energia positiva di questo mare».
Di fianco a lei il fidanzato: «Siamo in una città fortunata, Milano è all’avanguardia e dobbiamo dare l’esempio». E ancora altri, come Gianni Brocco, 68 anni, appena andato in pensione: «Torniamo alle basi, alla difesa del diritto. In un mondo dove le distanze si accorciano l’accoglienza non può essere messa in discussione».
E alcuni tra i pasionari in prima fila: «Coloro che fino a ieri si radunavano per inneggiare al Dio “Po”, ora si propongono come liberatori della Patria sventolando simboli del tutto fuori contesto: rosari, madonne, famiglia (“una sola possibile”). Noi vorremmo un mondo più serio».
Raccoglie consensi in piazza Duomo l’iniziativa di Beppe Sala: dedicare un corteo, con i sindaci d’Italia, con Liliana Segre per dire no a odio e razzismo: «Dobbiamo tenere viva la memoria per poter guardare con fiducia ad un futuro libero da derive razziste, xenofobe e sovraniste», dice un impiegato, Luca Fezzo, 42 anni.
Più cauta Maria Filoppi, 53 anni: «Questi giovani delle sardine prima o poi si dovranno porre il problema della rappresentanza politica, di come fare per rimanere autonomi dando al tempo stesso una forma alla voce che rappresentano».
E Gaia Piccioni, neolaureata in Giurisprudenza, insiste sulle competenze: «La politica dovrebbe rappresentare con forza le nostre idee, non lo fa. Ci sono stati i Girotondi, le Madamine di Torino, ci sono i Fridays for future, ora le Sardine. Quanto tempo ancora dovranno stare i partiti a litigare, prima di accorgersi che dentro il Paese sta cambiando qualcosa?».
(da “il Corriere della Sera”)
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