Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
TUTTI SMENTISCONO L’INDISCREZIONE GIORNALISTICA
Stamattina Il Sussidiario ha scritto che Rocco Casalino sta cercando di arruolare un buon numero di democristiani e persino Gianfranco Fini nel partito di Giuseppe Conte prossimo venturo, che in realtà non esiste.
Nell’articolo firmato da Vincenzo Paolo Cappa si riportavano le “rivelazioni” di un “cronista romano” (ma i giornalisti di solito quando hanno le notizie non le scrivono? Ah, no, siamo in Italia).
Poi sono arrivate le smentite.
La prima è stata di Gianfranco Rotondi su Twitter: “Cari amici del ‘Sussidiario’, non conosco Rocco Casalino e non vedo Gianfranco Fini da anni, ma oggi ci riunite tutti nella nuova Dc di Conte. Sono mesi che mi perseguitate con questa leggenda:perchè a questo punto la nuova Dc non la fate voi, magari ci riesce meglio che a me,se non altro mostrate più fantasia”.
Sono prove tecniche di nuova Dc: Conte front man, cespugli democristiani ai suoi piedi, colonnelli e capetti della seconda repubblica messi in riga dall’avvocato del popolo. Ma la carta segreta è un’altra, ed è formidabile: sulla scrivania di Rocco Casalino — vero king maker della stagione contiana — c’è una cartella siglata: “i due Gianfranco”.
Che sono veramente due: uno è Rotondi, berlusconiano doc e già noto alle cronache come tratto d’unione tra il berlusconismo moderato tendenza Letta e il governo pentastellato. Ma l’oggetto del desiderio di Conte e Casalino è un altro Gianfranco, ben più blasonato nella seconda repubblica: l’ex vicepremier Gianfranco Fini, padre della destra di governo, caduto nell’impossibile contesa con Silvio Berlusconi.
Lo schema di Casalino è sofisticato e spregiudicato: i due Gianfranco — Fini e Rotondi — dovranno recuperare il recuperabile della destra storica e del generone democristiano, e riporlo ai piedi del bisConte non più populista ma popolare e moderato.
Subito dopo anche Palazzo Chigi ha smentito:
Con riferimento all’articolo pubblicato da ilsussidiario.net in data odierna, ai sensi dell’art. 8 della Legge 47/1948, l’ufficio stampa di Palazzo Chigi chiede di pubblicare il testo di seguito riportato.
È destituita di ogni fondamento la notizia riportata dal sito ilsussidiario.net secondo cui ci sarebbe un piano a firma di Rocco Casalino per arruolare Gianfranco Fini nel “partito” di Conte. Il portavoce del Presidente smentisce categoricamente i virgolettati e le posizioni che gli vengono attribuiti.
Nell’articolo si parla addirittura di trame segrete, rivelazioni di un cronista e di un esponente Dc romano: tutte trovate mediaticamente suggestive ma senza alcun fondamento nella realtà .
Infine, buon ultimo, è arrivato anche Fini: per l’ex presidente della Camera “commentare il ridicolo non ha senso”.
Così fonti vicine all’ex presidente della Camera riportano il pensiero di Gianfranco Fini in merito ad un articolo de Ilsussidiario.net dal titolo ‘Casalino arruola Fini nella nuova Dc di Conte: le prove del loro piano’.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
CAMBIANO I RAPPORTI DI FORZA NEL CENTRODESTRA E LA GUERRA FREDDA INTERNA PORTA A NUOVI SCENARI… L’ELETTORATO SOVRANISTA RITIENE LA MELONI PIU’ COERENTE DI SALVINI
In questi giorni tutta l’attenzione di media e politica è concentrata sullo scontro a distanza tra il premier Giuseppe Conte e i sovranisti su Europa, Mes e CoronaBond.
Ma esiste un duello tutto interno, di cui quasi nessuno parla, che vede contrapposti due protagonisti della politica italiana che, in apparenza, giocano con la stessa maglia e, in realtà , dal giorno dopo le Europee se le stanno dando di santa ragione.
È una questione di prospettiva. Quando Salvini parte all’attacco di Conte, Pd o 5 Stelle, l’obiettivo è il governo ma il bersaglio è la Meloni. E viceversa. Una vera e propria “guerra fredda” consumata a colpi di slogan, annunci, proposte più o meno credibili, e che si misura con numeri e sondaggi.
Sgombriamo subito il campo dai dubbi: la sta vincendo Giorgia Meloni. Anzi, il termine “vincere” non è esatto: sta annichilendo l’omologo padano.
Non lo diciamo noi ma i numeri. Alcuni sono sotto gli occhi di tutti e hanno cominciato a girare sempre più insistentemente nei corridoi di palazzo, altri sono passati quasi inosservati.
Ma tutti portano inequivocabilmente a quello che è ormai un destino già scritto: l’annunciato cambio della guardia nella leadership del centrodestra a trazione sovranista. Non accadrà oggi, nè domani, ma accadrà . È solo questione di tempo.
Ma vediamo, nel dettaglio, uno per uno, i segreti (e le cifre) di questa rivoluzione, che per certi versi assomiglia più a una restaurazione
I sondaggi
Partiamo dai sondaggi, che è il saturimetro della politica italiana.
L’ 8,1 per cento è quello che ha guadagnato il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, in meno di 11 mesi, passando da un già allora sorprendente 6,4 per cento ottenuto alle Europee del 26 maggio scorso all’attuale, clamoroso, 14,5 per cento fatto registrare ieri
In termini relativi, si tratta di un balzo in avanti di circa il 130 per cento: una performance che ha pochi precedenti nella storia recente.
La Lega ha perso dalle Europee l’8,1% passando dal 34,3% al 24,2%
Forza Italia è scesa dall’ 8,8% al 6,5-7% .
Fiducia nei leader
Secondo il sondaggio Ipsos, dietro l’inarrivabile Giuseppe Conte (al 63 per cento), ci sarebbe proprio Giorgia Meloni, con il 30 per cento, e Salvini solo quarto con il 27 per cento.
Un trend che si conferma ormai da qualche settimana e che premia soprattutto quella che viene percepita come una maggiore coerenza da parte della numero uno di Fratelli d’Italia. A cui tutto si può dire, ma che — se non altro — “Prima gli italiani” lo diceva già quando Salvini era ancora a tifare Francia su Radio Padania e dava ai napoletani dei “colerosi terremotati” a Pontida.
Ma, a pesare in questo avvicendamento storico, c’è anche un altro fattore decisivo: la capacità di Giorgia Meloni di combinare un linguaggio urlato e populista con una certa sobrietà , si direbbe persino serietà , nei toni e nella forma.
Nessuno l’ha mai vista travestita da poliziotto, vigile del fuoco, milite della Protezione civile, persino medico, nè recitare l’eterno riposo in favore di telecamere insieme a Barbara D’Urso.
Con tutti i limiti e difetti, non fa parte della strategia comunicativa di Fratelli d’Italia.
I social
Tra tutti, il tasto più dolente per Salvini paradossalmente lo troviamo nel territorio su cui la “Bestia” ha costruito quasi a tavolino il fenomeno Salvini: i social in generale e Facebook in particolare.
Gli insight delle rispettive pagine fotografano, meglio di qualunque sondaggio, il terremoto interno al centrodestra.
Del crollo di Salvini sui social avevamo già parlato in precedenza. La novità , semmai, è la prepotente ascesa di Giorgia Meloni, che, a dispetto di un bacino di follower relativamente basso (1,5 milioni contro i 4,2 di Salvini), ha un engagement in proporzione nettamente superiore al “Capitano”.
Per avere un’idea di quello di cui stiamo parlando, basti dire che la pagina della leader di Fdi, a fronte di un terzo circa di seguaci, raggiunge ben oltre la metà delle interazioni totali del collega padano: 6,8 milioni a settimana contro 11,9.
E lo fa, soprattutto, con circa la metà dei post totali (36 contro i 66 di Salvini). Ciò significa, centrifugando insieme tutti i dati, che Giorgia Meloni ha un tasso di engagement circa tre volte superiore a quello di Salvini: un’enormità .
I costi
Il dato social risulta ancora più impressionante se lo confrontiamo con le spese sostenute dai due leader sulla stessa piattaforma. Come riportato da Money.it, tra marzo 2019 e marzo 2020, Salvini ha speso in inserzioni e post sponsorizzati su Facebook la cifra astronomica di 253.466 euro. Circa 100mila in più del secondo, Matteo Renzi, e addirittura sei volte tanto rispetto alla Meloni, che si ferma al quinto posto con 42.085 euro, dietro Berlusconi e Calenda.
Ma c’è un dato ancora più interessante che dovrebbe far preoccupare la “Bestia” e riguarda il modo differente con cui i due alleati-contendenti intendono il proprio partito, la propria immagine e, in fondo, la politica stessa.
Nello stesso periodo, infatti, Fratelli d’Italia ha investito per la promozione del partito 40.790 euro, sostanzialmente la stessa cifra utilizzata per la sua leader. La Lega, al contrario, ha speso per il partito meno di 1.000 euro (800 per l’esattezza), a fronte degli oltre 250.000 del suo leader.
In pratica, la campagna di comunicazione leghista è stata interamente incentrata sulla promozione della personal identity del leader, a discapito di tutto il resto. Ora forse è più chiaro quanto sia impressionante il confronto tra le performance social di Salvini e Meloni e quanto spaventino Morisi & C.
Insomma, numeri alla mano, ci troviamo di fronte ai prodromi di un cambiamento epocale, l’ennesimo.
Quello che sta accadendo assomiglia per certi versi alla dinamica con cui, anni fa, Salvini ha scalzato Berlusconi da una leadership che chi è cresciuto nella Seconda Repubblica credeva fosse contendibile solo dalla biologia.
Oggi come allora, stiamo assistendo a una sorta di cambio di paradigma che si può riassumere in quattro keyword, con un + davanti: più giovane, più nuova (almeno all’apparenza), più coerente, più credibile. Queste ultime due francamente non erano impossibili. Ce n’è una quinta: più istituzionale.
E, anche su questo fronte, fare peggio del “Capitano” era francamente difficile. Senza contare che Giorgia Meloni è una donna, e anche nell’elettorato di destra cominciano a farsi più forti le spinte di chi vorrebbe spezzare un tabù fino a pochi anni fa ritenuto intoccabile: la prima donna premier in Italia.
La strada ormai è tracciata. Non è più se, ma quando. E, soprattutto, a che prezzo. Perchè, in una sfida senza esclusioni di colpi di fake news e propaganda, a perderci rischia di essere ancora una volta l’Italia.
(da TPI)
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
LA LEGA CROLLA AL 26,2% ANCHE PER PAGNONCELLI… PD 21,1%, M5S 16,9%, FDI 14,7%, FORZA ITALIA 7,4%, ITALIA VIVA 2,8%
Il risultato del sondaggio Ipsos 18 aprile — che viene aggiornato settimanalmente dall’istituto di ricerca e rilevazione — sorprende e non poco.
Nella graduatoria (che esclude il presidente del Consiglio Giuseppe Conte), al primo posto c’è Giorgia Meloni. Quello che incuriosisce — perchè quasi inaspettato — è il sorpasso di Luigi Di Maio nei confronti di Matteo Salvini.
Secondo l’ultima rilevazione Ipsos, infatti, la leader di Fratelli d’Italia — secondo il campione statistico intervistato — resta la più apprezzata dagli italiani con 31 punti (in calo di 4 rispetto al sondaggio della scorsa settimana). Al secondo posto ecco la sorpresa: Luigi Di Maio scalza l’ex alleato di governo, Matteo Salvini: 30 punti a 29. Segue, staccato di una sola lunghezza, Nicola Zingaretti, mentre sono più distanti gli altri.
In questa rilevazione si registra questo aumento di quasi 10 punti (in una settimana) da parte dell’ex capo politico del Movimento 5 Stelle e, ora, Ministro degli Esteri.
Matteo Salvini, invece, continua ad accusare un calo nelle preferenze da diverse settimane. Sale anche Silvio Berlusconi (22 punti) che stacca di 12 lunghezze Matteo Renzi.
Discorso differente per quel che riguarda i partiti politici.
Secondo il sondaggio Ipsos 18 aprile, in testa c’è sempre la Lega che, seppur in calo, si attesta al 26,3% delle preferenze (la scorsa settimana aveva il 2% in più).
Al secondo posto troviamo il Partito Democratico (al 21,1%), seguito dal Movimento 5 Stelle (16,9%).
Poi c’è Fratelli d’Italia (14,7%) e Forza Italia (7.4%).
Molto più staccata Italia Viva, che si ferma al 2,8% con un trend settimanale in calo dello 0,4%.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
LUNGA INTERVISTA DEL PREMIER AL “IL GIORNALE”… L’HOUSE ORGAN DI BERLUSCONI GLU DA’ UN RILIEVO DA STATISTA
“Il governo ha aperto il confronto con le opposizioni e questo confronto rimane aperto anche adesso, confidando che ci sia la effettiva disponibilità delle opposizioni di raccogliere questo invito e di offrire il proprio contributo al paese impegnato in questa difficilissima prova”.
L’apertura sul Giornale, l’house organ di Silvio Berlusconi, in un momento di maggioranza in fibrillazione, del premier Giuseppe Conte, in una intervista di due pagine.
“Capisco che per una forza di opposizione questa sfida al confronto non sia semplice ma esso può dare frutti utili nel comune interesse se si ha il coraggio di mettere da parte ambiguità e rinunciando ad alimentare il malcontento sociale. Quanto a me, non mi impressionano neppure gli insulti. Intervengo solo quando, come è successo da ultimo, vedo che alcuni esponenti delle opposizioni lanciano una campagna di false accuse che rischia di dividere l’italia tra opposte tifoserie, danneggiando pericolosamente la credibilità del nostro paese in europa in una fase così drammatica”, aggiunge Conte.
Che poi si sofferma su altre questioni sul tappeto. Su tutti quelli che tirano per la giacchetta il capo della task force di palazzo Chigi. “Conoscendo Vittorio Colao non credo che la sua aspirazione sia far parte della squadra di governo, per cui un allargamento della squadra ministeriale non è all’orizzonte”, dice Conte
“Vittorio Colao è un manager esperto che tutto il mondo ci invidia e la scelta di affidare a lui la guida della task force è stata condivisa da tutta la maggioranza. Per correttezza istituzionale ho informato anche il presidente della Repubblica, come faccio sempre per i passaggi più delicati che il Paese sta attraversando – dice – Il compito del comitato è quello di elaborare analisi e proposte utili per la ripresa graduale dell’attività economica e di suggerire nuovi modelli organizzativi e relazionali che tengano conto di questa emergenza. Ma la valutazione delle analisi dei comitati tecnici di cui ci avvaliamo, la loro sintesi e le decisioni politiche spettano sempre al governo”.
Ma non apre su maggioranze diverse. “Quel che serve davvero al paese è avere un governo sostenuto da forze che maturino la piena convinzione che l’opera di ricostruzione sarà tanto più efficace se tutti lavoreremo nella medesima direzione con forte coesione e lungimiranza questo compito deve spettare alla politica intesa con la P maiuscola, non può essere affidato a governi tecnici sul presupposto che le forze politiche non siano disponibili ad assumersi la responsabilità delle scelte anche molto difficili che il paese è chiamato a compiere”. E aggiunge: “Io sono sempre per un governo politico che ci mette la faccia e dovrà risponderne agli elettori. Quanto ai governi di unità nazionale, sono formule astratte molto improbabili da perseguire in concreto, basti considerare le divisioni che ci sono manifestate evidenti anche nella fase più acuta dell’emergenza. In realtà questo governo sta operando con coraggio e determinazione”, conclude Conte.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: governo | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
“NON C’ENTRA NULLA CON IL MES APPLICATO A SUO TEMPO ALLA GRECIA”
“C’è un nuovo approccio che stiamo prendendo con il Mes. Offriamo uno strumento, una linea di credito a tutti gli Stati dell’area euro. Il fatto che sia disponibile per tutti i Paesi con “termini standardizzati concordati in precedenza” come dice l’Eurogruppo è una differenza rispetto a quanto avvenuto una decina di anni fa. Allora i programmi per Grecia, Irlanda o Portogallo dovettero essere molto diversi l’uno dall’altro perchè i problemi erano diversi. Le istituzioni europee dovettero negoziare una condizionalità dettagliata, diversa da Paese a Paese. Stavolta non sarà così”
Lo assicura Klaus Regling, direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), in una intervista al Corriere della sera.
“La dichiarazione dell’Eurogruppo”, spiega Regling, “dice che la sola condizione è di coprire i costi diretti e indiretti di sanità , cura, prevenzione. In primo luogo questo significa dottori e infermieri in più, nuovi ospedali, materiale medicale. Poi ci sono i costi indiretti dell’epidemia e vanno molto oltre il semplice acquisto dei materiali. Ciò che conta è che i Paesi che chiedono questa linea di credito possano essere rimborsati per somme pari al 2% del loro prodotto lordo (Pil) per questi costi diretti e indiretti”.
La condizionalità concordata all’inizio, spiega ancora il direttore generale del Mes, “non cambierà durante il periodo nel quale la linea di credito è disponibile. L’Eurogruppo lo chiarisce, dicendo che il solo requisito per ottenere il prestito è nel modo in cui si spende il denaro. In seguito, tutti gli Stati membri dell’Unione europea restano impegnati a rafforzare i loro fondamentali in base al quadro di vigilanza europeo, inclusa la flessibilità . L’Eurogruppo dice anche questo. Ma chiaramente non è una condizione per il prestito.
Qualunque preoccupazione possa esserci stata, va messa da parte”.
Circa i dubbi di parte della politica italiana sullo strumento Mes, con il ricordo della ‘partita Grecia’ di alcuni anni fa, Regling chiarisce: “All’epoca i problemi non furono causati da uno choc inatteso che riguarda tutti, come oggi, ma da errori di politica economica del decennio precedente. I Paesi che ebbero bisogno del Mes avevano perso accesso al mercato e avevano grossi problemi macroeconomici. Non solo la Grecia, anche il Portogallo, l’Irlanda, Cipro. Avevano deficit di bilancio e negli scambi con l’estero fra il 10% e il 15% del Pil. Curare quei problemi ha causato le difficoltà che la popolazione ha dovuto patire. Ma è stato inevitabile. Anzi quando il Mes è arrivato ha reso l’aggiustamento più facile, perchè i prestiti avevano scadenze lunghe e interessi bassi, e credo che ora se ne vedano i risultati positivi. Il più importante è che quei Paesi siano potuti restare nell’euro”
Sulla proposta dell’Europarlamento di spendere tutti i 410 miliardi di euro del Mes adesso, non i 240 messi a disposizione, il direttore generale non si sbilancia: “L’ultima parola è dei ministri finanziari dell’area euro, al momento però mi pare corretto da parte nostra offrire 240 miliardi. Fa parte di un insieme concordato dall’Eurogruppo che vale fino a circa 500 miliardi, o il 4% del Pil dell’area euro. Ora siamo nella prima fase della crisi, ma sappiamo che ci sarà una seconda fase molto importante, quella della ripresa, che sarà lunga e costosa. Per allora avremo bisogno di quantità di denaro importanti e dobbiamo iniziare a vedere come le varie istituzioni possono contribuire. Cosa può fare la Banca europea degli investimenti, cosa può fare la Commissione con il bilancio europeo”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: economia | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
“CHI HA FATTO DEL MES UN MOSTRO ORA CONVINCA LA PROPRIA BASE ELETTORALE CHE HA FATTO UNA SCIOCCHEZZA”
“Governare, per me, significa dire la verità ai partiti e ai cittadini, anche quando questo significa prendere misure impopolari. Conte, invece, deve muoversi in un contesto nel quale la realtà delle cose è spesso ignorata e i fantasmi creati per sconfiggere i nemici di parte si rivolgono contro chi li ha creati”.
Così l’ex premier Mario Monti in un’intervista alla Repubblica, che aggiunge: “Chi ha fatto del Mes un mostro adesso può anche convincersi che senza condizionalità quello strumento vada bene; ma ormai tutta la sua base elettorale è pronta a scagliarsi contro chi dovesse dirlo”.
Secondo il senatore a vita, “se Conte facesse quello che la coscienza gli detta e lo andasse a spiegare al Parlamento sarebbe la cosa migliore, ma lo ripeto: è difficile che possa farlo proprio per la natura della sua maggioranza, parte della quale si basa su una falsa narrazione, una vera fake history”.
A proposito del recente voto all’Europarlamento, a parere di Monti, Lega e 5Stelle “sono riusciti a calpestare l’interesse nazionale nella speranza di ricavarne consenso politico. Rendono più difficile la vita al presidente del Consiglio nel negoziato e presentano all’Europa – argomenta Monti – il volto di un’Italia che pretende solidarietà , è spaccata nella solidarietà che vuole e magari poi la rifiuterà . L’ Italia che si presenta divisa e litigiosa sulla scena internazionale è come l’ Italia dei comuni che poi andava a cercarsi il podestà forestiero. Che oggi si chiama troika; i sovranisti temono che, se continuano a governare come in questi due anni, la troika arriverà davvero. E allora ne vedono l’ombra anche là dove proprio non c’è”.
Quanto al Mes, secondo l’ex premier “non è mai stato una creatura malefica in sè, ma nella crisi dell’eurozona è stato utilizzato nei confronti di Paesi con una serie di errori e durezze eccessive. È il caso della troika per la Grecia. Dunque è giusto guardare con grande attenzione la questione delle condizionalità . L’Italia è uno dei Paesi che hanno più interesse a che il Mes esista. Io avrei speso tutta l’energia negoziale italiana, come credo il ministro Gualtieri abbia fatto, per evitare condizionalità improprie o nascoste. Se questo risultato si confermerà , non vedo perchè l’Italia debba rifiutarsi a priori di utilizzare il Mes”.
E per rimborsare i prestiti? Monti, che non vorrebbe esser quello che dice sempre che serve una patrimoniale, risponde che “l’Italia senza dubbio dovrà arrivare a un momento di verità . Da questo punto di vista anche la lotta all’evasione va intensificata”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Monti | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
“SALVATE IL SOLDATO FONTANA”… E NIENTE GALLERA A DARE I NUMERI
I segnali si vedevano da qualche giorno, ovvero da quando il governatore Attilio Fontana ha annunciato e poi si è rimangiato una riapertura in Lombardia proprio nel giorno in cui la Guardia di Finanza arrivava in Regione per cercare documenti riguardo la strage di anziani nelle RSA: Matteo Salvini e lo stato maggiore della Lega stanno cercando di fermare la frana che sta coinvolgendo il presidente della Regione dopo il disastro della gestione dell’emergenza Coronavirus in Lombardia.
Spiega oggi Marco Palombi sul Fatto:
E dunque, “salvate il soldato Fontana” è la nuova priorità : a questo fine in Regione è sbarcato da qualche giorno anche Matteo Pandini, giornalista e portavoce di Salvini a partire dall’avventura al Viminale. Il suo arrivo – ha scritto ieri nelle pagine milanesi del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi, cronista di solito ben informato sulle vicende della Lega — risale a qualche giorno fa e ha avuto due conseguenze: l’addio dell’assessore Giulio Gallera (di Forza Italia) alla ribalta nazionale e gli attacchi coordinati a Beppe Sala sulla questione dei test sierologici a cui il sindaco di Milano vorrebbe sottoporre gli autisti Atm.
L’interessato, com’è giusto, nega: “Non ho incarichi, nè contratti: la scelta di interrompere la conferenza stampa giornaliera di Gallera, a quanto ne so, è stata condivisa all’interno della Giunta anche perchè, fortunatamente, la situazione migliora. Ogni tanto, non lo nego, gironzolo in Regione e do una mano, ma c’è già uno staff a cui non ho nulla da insegnare e poi, continuando a seguire Salvini, non avrei comunque tempo di far altro…”.
Anche il leader leghista peraltro, a quanto risulta al Fatto, gironzola spesso in Regione di questi tempi, probabilmente dando una mano anche lui a salvare il soldato Fontana.
È un fatto, per dire, che dopo il lunedì dell’Angelo la comunicazione del governatore lombardo —inciampato comunque nel poco elegante scaricabarile sui tecnici delle Ats per le morti nelle residenze per anziani — è cambiata di colpo e in modo anche un po’ imbarazzante.
Niente più “me l’hanno detto i cinesi”, niente più “troppa gente in giro”, nè “le librerie restano chiuse perchè sono fonti di contagio” e niente più Gallera in conferenza stampa a dare i numeri, sotto con la riapertura di tutto il possibile dopo il 4 maggio come ha iniziato a dire lo stesso Salvini: positività , ottimismo, lavorare sodo, tutto molto lumbard.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: emergenza | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
I TAGLI ALLA SANITA’ SONO INIZIATI NEL 2011 CON IL GOVERNO BERLUSCONI ED E’ STATO FORMIGONI A DIMEZZARE I POSTI LETTO PUBBLICI AUMENTANDO QUELLI PRIVATI
Oggi Pietro Senaldi su Libero pubblica un’esilarante intervista a Roberto Formigoni, agli arresti domiciliari ma pronto a magnificare l’efficienza della sanità lombarda e a spiegare che è stato qualcun altro a ridurre i finanziamenti alla sanità .
Un semplice confronto tra due risposte ci fornisce una buona misura della lucidità delle dichiarazioni di Formigoni:
Un’altra accusa è che le strutture private hanno puntato tutto su patologie e cure ad alto rendimento, per guadagnare di più, trascurando per esempio le terapie intensive…
«Un’altra balla. Nel 2011 il governo ha iniziato a ridurre i finanziamenti alla Sanità . Ci hanno imposto di passare dai sei posti letto ogni mille abitanti del ’92 agli attuali tre. Poi, come tutti sanno, dai vari governi sono stati tagliati 37 miliardi in otto anni».
La sanità però è in mano alle Regioni, sbaglio?
«La gestione ordinaria, ma non la cassa. Nel 2015 il governo Renzi obbligò le Regioni a tagliare in modo massiccio i posti letto. Per decreto vennero posti vincoli ai numeri dei reparti di terapia intensiva e ai letti relativi. Alla Lombardia vennero assegnati 134 padiglioni e 700 posti. Quando è arrivato il Covid, c’erano 800 letti e 140 reparti di terapia intensiva. La Regione non rispettò la legge, ma per un eccesso di cura. Prima, il 23 dicembre del 2014, in concomitanza con il famoso varo degli 80 euro di Renzi, c’era stato un altro taglio».
La prima cosa curiosa è che Formigoni ricorda bene chi era al governo nel 2015 ma non chi era al governo nel 2011 (Berlusconi). Casualità .
In un video di Report poi si mettono a confronto la sanità della Lombardia e quella del Veneto, spiegando che la riforma di Formigoni ha introdotto una parificazione tra sanità pubblica e privata, con gli ospedali pubblici in competizione con le cliniche private: è stato Formigoni, spiega la professoressa Maria Luisa Sartor, a dimezzare i posti letto pubblici aumentando quelli privati.
Nel 2017 è poi arrivata la riforma Maroni che ha abolito di fatto i medici di base. D’altro canto era stato Giancarlo Giorgetti a dire che l’epoca dei medici di base era finita.
Ma è vero che Renzi ha tagliato la sanità ? La Corte dei Conti ha spiegato che nel 2015, a differenza di quello che sosteneva il governo dell’epoca, non c’è stata una riduzione ma nemmeno un aumento di 1,2 miliardi: l’incremento è stato intorno ai 490 milioni. Quindi è interessante ascoltare la testimonianza di Gino Strada, che spiega l’impegno di Emergency per COVID-19 e che la Lombardia ha visto i suoi ospedali lottizzati “in un modo che fa impallidire la camorra”.
Infine, qualche giorno fa il Fatto Quotidiano ha pubblicato un’intervista a Lucio Mastromatteo, ex direttore generale degli Spedali Civili di Brescia dal ’98 al 2008, che spiega in modo assai colorito la sconfitta della sanità lombarda di fronte all’emergenza Coronavirus:
Come siamo arrivati a questo punto soprattutto a Bergamo e Brescia?
In Lombardia pensavamo di essere un’eccellenza. Oggi la tragedia ci dice che siamo sotto la sufficienza. La sanità pubblica è stata azzoppata e mortificata in tutti i modi. Sia quella ospedaliera sia quella di prevenzione, la medicina di territorio e di comunità . Non si spiega altrimenti la tragedia che stiamo vivendo. In queste province abbiamo fior di cervelli, la tecnologia, l’università e ci facciamo fregare così da un virus?
Il modello lombardo non è poi così virtuoso?
È un male antico. Ero direttore del Civile e un giorno il professor Callegari mi dice: ‘Ha letto il Los Angeles Times? Siete al decimo posto nella classifica degli ospedali del mondo!’. Un’agenzia indipendente americana era venuta a osservarci e aveva riconosciuto l’eccellenza della struttura. Eravamo balzati al primo posto in Europa. Il sottosegretario Onu Staffan De Misturasi fermò con noi una giornata intera per conoscerci. Ma in Regione Lombardia non erano per niente entusiasti, non gradivano che un ospedale pubblico salisse in quel modo. Formigoni puntava sul privato. E la Regione ci ha sempre ostacolato.
Cosa le dissero allora?
Non una parola sul riconoscimento Usa. Solo che dovevo tagliare, tagliare, tagliare, avrei dovuto chiudere il 30% dell’ospedale perchè era inutile. Qualcosa ho dovuto fare, ma a molti tagli ho detto no. E non ho mai preso il premio del 20% di stipendio a differenza di tanti miei colleghi
Come bisogna riprogrammare il sistema?
Investendo tutto quello che serve. Oggi è chiaro che la sanità pubblica è l’industria strategica numero uno nel mondo. Investiamo in prevenzione, perchè la catastrofe sembra sempre lontana finchè non ci scivoli dentro. E poi curiamo gli ospedali, che sono come un fratello maggiore, sempre lì 24 ore su 24, pronti a tenderti una mano quando serve. Affidiamoci al merito. Premiamo davvero chi lo merita, con tutto il cuore.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 19th, 2020 Riccardo Fucile
BEN HA FATTO DE LUCA, MA ORA DEVONO RISPONDERNE ANCHE IL VICESINDACO E I VERTICI LOCALI DELLE FORZE DELL’ORDINE
Pensate che cosa orribile dev’essere legare la memoria di un defunto ad una vicenda che ha sdegnato l’Italia intera in tempi di quarantena da Coronavirus. Ma a Saviano, comune del Nolano in provincia di Napoli, non sapevano che esiste il cellulare, che esistono i video sul cellulare, che esistono i social network?
Davvero pensavano di fare per la buonanima del sindaco, il medico Carmine Sommese, morto di Covid-19, un funerale show con folla e palloncini tricolore senza dare nell’occhio?
Un disastro: chiunque abbia organizzato (il vicesindaco , che si dovrebbe dimettere all’istante, Carmine Addeo, dice che è stato tutto spontaneo) dovrebbe aver il coraggio e la coerenza di chiedere scusa e non far ricadere quest’onta sulla famiglia del defunto.
Quando muore un congiunto, una persona cara, il funerale viene organizzato quasi in maniera meccanica: presi dal dolore si dice ‘si’ a qualsivoglia cosa.
Dunque è chiaro: si è tentato di speculare politicamente perfino sulla morte di un politico notissimo, consigliere regionale e sindaco, un amministratore con molto consenso. Qualcuno col funerale voleva designarsi suo ‘erede’? E ancora: davvero si pensava di essere al di sopra della legge nel rispetto dell’antico adagio «il paese è del paesano»?
E ancora: oggi Vincenzo De Luca ha annunciato di aver messo in quarantena l’intero comune di Saviano di Nola. C’è una indagine in corso.
Ma quali provvedimenti sono stati presi per le forze dell’ordine presenti? Aiuterebbe saperlo: la percezione di impunità per gli uomini in divisa non deve passare, sarebbe deleteria in un periodo in cui la fiducia verso le forze dell’ordine aiuta anche sopportare controlli e autocertificazioni perfino se si va in farmacia o a far pisciare il cane.
Infine: qualcuno, soprattutto fra certi media nazionali, non vedeva l’ora di titolare “Napoli” e metterci una notizia del genere, fedeli allo stereotipo del partenopeo allergico alle regole. Lo dicono invece i dati, quelli dei Gps, quelli di Google, quelli di Apple: in Campania dall’inizio del lockdown si è davvero fermato tutto.
Milioni di persone hanno interrotto la vita normale restando in casa, spesso case piccole e inadeguate, lontani dai loro affetti. Non permettetevi di approfittare di questa follia avvenuta in un paese di 16mila persone lontano 30 chilometri dal capoluogo per accomunare tutta Napoli, la provincia e la Campania intera con questa vergogna.
(da Fanpage)
argomento: emergenza | Commenta »