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NEUROSUMMIT: NOTTE DI ARRINGHE, PUGNI SBATTUTI E LITIGI SENZA INTESA

Luglio 20th, 2020 Riccardo Fucile

SALTANO ANCHE I NERVI AL CONSIGLIO UE, SERVE UN QUARTO GIORNO

Sono quasi le 6 del mattino quando i 27 leader europei si ritrovano alla plenaria del Consiglio europeo, dopo una lunga pausa dedicata ai negoziati a tavoli ristretti sul Recovery Fund. Pochi minuti, quanto basta per capire che la notte non ha portato consiglio e che servirà  almeno un quarto giorno di negoziati. Tutti in hotel, si riprende alle 16, con una nuova proposta di Charles Michel. Per ore l’Europa building si trasforma in un ring, in cui saltano anche i nervi dei leader, e il giorno che arriva si prospetta come la quarta ripresa di un incontro di boxe.
Le posizioni per tutta la notte restano distanti. Da una parte 22 Paesi europei che sostengono un piano di sussidi da almeno 400 miliardi, dall’altra i 5 frugali (Austria, Danimarca, Olanda, Svezia, con l’aggiunta della Finlandia) che non intendono salire sopra 350 miliardi.
“Michel non ha anticipato null’altro ma ha detto che proporrà  oggi due soluzioni – ha detto Giuseppe Conte rientrando in hotel dopo la lunga notte di trattative – Una con una riduzione dei grants a 400 miliardi condurrebbe a un maggiore sconto per i Paesi che ne hanno diritto, una con i sussidi a 390 miliardi con un minore sconto”.
Il riferimento è ai rebates (i meccanismi di rimborso sul Bilancio Ue), altro fronte su cui i Frugali chiedono di contare di più. Terzo fronte, quello sulla governance, anche se lo stesso Conte si mostra più sereno: “Abbiamo indirizzato il procedimento di verifica e controllo dello stato di avanzamento dei progetti secondo una più corretta soluzione, rispettosa delle competenze dei vari organi definite dai trattati” spiega ai cronisti, lasciando intendere che cadrebbe quel potere di veto che è la bandiera negoziale dell’Olanda di Mark Rutte.
Secondo alcune fonti, alla ripartenza il fronte dei Frugali non si presenterà  monolitico. I duri e puri restano Kurz e Rutte, intransigenti nel mantenere la linea rossa dei 350 miliardi di sussidi, mentre gli scandinavi avrebbero ammorbidito le loro posizioni e sarebbero più propensi a concedere qualcosa.
Secondo quanto riportato da alcune fonti, però, una possibile mediazione sarebbe un piano da 390 miliardi di sussidi e 360 miliardi in prestiti, ma con una governance che non preveda diritti di veto ai singoli Stati membri sull’esborso dei soldi.
Sono i piccoli progressi di una notte dai toni concitati.
Raccontano fonti diplomatiche che a un certo punto Emmanuel Macron ha perso le staffe e ha battuto i pugni sul tavolo, scagliandosi contro il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che si era alzato dal tavolo per rispondere al telefono. “Vedete? Non gli interessa, non ascolta gli altri. Ha un atteggiamento negativo”, ha detto Macron.
Sempre il presidente francese ha puntato il dito contro l’olandese Mark Rutte, accusandolo di comportarsi come David Cameron quando negoziava il possibile referendum per Brexit. “Quella strategia è finita male”, gli ha fatto notare.
In un altro momento è stata Angela Merkel ad alzare la voce. Messi in minoranza sul bilanciamento fra sussidi e prestiti, i leader dei Paesi frugali hanno cercato più volte di spostare il focus della discussione sulla questione della condizionalità  sullo stato di diritto. È stata la leader danese Mette Frederiksen a dire: “Come mai nessuno qui stasera parla di stato di diritto?”, lasciando intendere che l’argomento in realtà  non interessasse. Merkel l’avrebbe zittita con forza, affermando che nessuno poteva accusarli di questo.
È stata anche una notte di arringhe. Quella di Giuseppe Conte al tavolo dei leader – a cui è stata servita una cena fredda, che a quanto pare i presenti non ricorderanno a lungo. “Il mio Paese ha una sua dignità . C’è un limite che non va superato” ha detto il presidente del Consiglio, con lo sguardo rivolto verso Mark Rutte per la pretesa olandese sulla governance per l’esborso dei fondi europei, dicendo che viene il dubbio che “si voglia piegare il braccio a un Paese perchè non possa usare i fondi” del Recovery fund, “con un meccanismo come quello che fa controllare al Consiglio ogni singola fase dell’attuazione” delle riforme.
E ancora: “Questa negoziazione volta ad abbassare il livello di efficacia della reazione europea non ha senso”, ha aggiunto Conte. “I sussidi sono necessari a una pronta ripresa per rafforzare la resilienza dei Paesi che hanno più difficoltà  nella crescita economica. Il Recovery Plan non può diventare uno strumento per condurre battaglie ideologiche. Chi oggi si contrappone alla chiusura di questo negoziato e pensa di acquisire nell’immediato maggiore consenso sul piano interno deve però pensare che non solo la storia gli chiederà  il conto ma che i suoi stessi cittadini, superata la reazione emotiva, si renderanno conto che quella di stasera è stata una valutazione miope che ha portato ad una decisione che ha contribuito ad affossare il mercato unico e la libertà  di sognare delle nuove generazioni”. Eroi del momento in patria, ma poi l’Europa, il mondo, vi giudicheranno, è il punto su cui ha insistito Conte.
Altra arringa, molto accorata, di Charles Michel, il tessitore di questo negoziato, che ha messo sul tavolo tutto lo sforzo di trovare un compromesso sbattendo contro il muro alzato tra le parti, in particolare dai Paesi frugali.   “Ho ascoltato attentamente ciascuno di voi – ha affermato il presidente del Consiglio europeo – Mi è stato ripetuto che le sovvenzioni erano troppe. Ho abbassato l’importo la prima volta, poi una seconda volta. Ho anche proposto di ridurre l’importo del Bilancio Ue 2021-2027. Mi è stato anche detto che per accettare le sovvenzioni erano necessarie condizioni di governance molto rigide a causa della mancanza di fiducia. Abbiamo lavorato su questo argomento e abbiamo qualcosa che va nella direzione desiderata. Poi mi è stato detto: siamo contributori netti, abbiamo bisogno di sconti massicci. Nella mia proposta di ieri, li avevo aumentati, l’ho fatto di nuovo oggi, ad eccezione della Germania. Sullo stato di diritto: intendo mantenere la mia proposta di febbraio – ha spiegato – Mi è stato anche detto che il Recovery Fund è troppo correlato al Bilancio Ue. Quindi ho ridotto i ritardi. Mi è stato evidenziato il legame con la crisi: ho cambiato la chiave. Abbiamo rafforzato il legame con la crisi. E poi abbiamo ulteriormente rafforzato il peso della caduta del Pil del 2020”.
Tutto questo non è servito. Ma spetterà  ancora a Charles Michel l’onere della proposta al tavolo del Consiglio europeo. Per Giuseppe Conte e gli altri leader si apre il quarto giorno di negoziato, ma la profezia di Viktor Orban è che “serviranno diversi giorni” per trovare un’intesa.
Serviranno forse le canoniche sette camicie, anche se l’obiettivo è accelerare i tempi. Sul tavolo si arriverà  anche con la prima reazione dei mercati finanziari allo stallo europeo: c’è lo scudo della Bce sugli spread, questo aspetto preoccupa relativamente, e gli investitori possono forse tollerare qualche giorno di rinvio se utile a trovare una soluzione ottimale per la reazione europea alla crisi del Covid-19. Se si dovesse invece arrivare a una mediazione al ribasso o, peggio ancora, a una spaccatura in due dell’Europa, beh, prepararsi all’impatto.

(da “Huffingtonpost”)

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SE IL PONTE DI GENOVA NON E’ A NORMA E’ COLPA DEL MODELLO GENOVA CHE E’ UNA PATACCA

Luglio 20th, 2020 Riccardo Fucile

LA NUOVA INFRASTRUTTURA SI PORTERA’ DIETRO I VECCHI PROBLEMI, TUTTO PER LA FRETTA DI FARE UNO SPOT

Solo due corsie, curve strette in uscita, e sulla velocità  massima consentita farà  anche peggio rispetto al passato: 80 chilometri orari (forse 70 sulla tratta verso Savona), contro i 90 del ponte Morandi.
Ma si doveva far presto. E così, i “ma” sono stati scansati con uno sbuffo.
Il progetto regalato da Renzo Piano, infatti, ha mantenuto raggi delle curve e lunghezza dei rettilinei ricalcando quelli del vecchio ponte Morandi. Elementi concepiti negli anni ’60, quando venne costruita l’autostrada e non esistevano ancora le norme, più stringenti, previste dal decreto del ministero dei   Trasporti del 2001.
Tanto da far sorgere il dubbio che il nuovo ponte non sia a norma, proprio mentre ieri mattina iniziavano i collaudi, con 2500 tonnellate distribuite su 56 tir posizionati lungo il tracciato per il primo stress test. Perchè tutto si muove su una sottile linea d’ombra: va considerato come il rifacimento di un tracciato già  esistente, quindi ancorato alla vecchia legislazione, o come una   costruzione totalmente nuova, che deve rispettare le ultime normative ministeriali?
La Stampa racconta che il sindaco di Genova Marco Bucci sostiene che invece i timori siano infondati, ma dice anche che le responsabilità  sono di altri:
Timori «infondati», ribatte la struttura commissariale guidata dal sindaco Marco Bucci. «È a norma. La curva del tracciato era già  preesistente», e il nuovo ponte — chiarisce in una nota — «ricalca quell’impostazione, conforme ai vigenti requisiti tecnici». Poi, però, aggiunge: «Non è il commissario, ma il governo e il Parlamento ad aver stabilito di dover operare in estrema urgenza».
Insomma, se si dovessero appurare delle colpe, la responsabilità  sarebbe di altri. Soprattutto, della fretta. Tale da non far sollevare alcuna obiezione, da parte del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, di fronte al problema sollevato da Italferr a febbraio 2019. E nemmeno il mese dopo, a marzo, quando in Conferenza dei servizi fu Aspi a evidenziare che il progetto non era conforme alla legislazione vigente. Nessuno intervenne.

(da “NextQuotidiano”)

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SALVINI FLOP A FASANO: COME LA RACCONTA LUI E COME E’ ANDATA DAVVERO

Luglio 20th, 2020 Riccardo Fucile

30 PERSONE ALL’INAUGURAZIONE DELLA SEDE E TRECENTO A CONTESTARLO AL GRIDO DI “VAI A LAVORARE”

La pagina della Lega Salvini Premier ha raccontato l’inaugurazione della sede del Carroccio in quel di Fasano in provincia di Brindisi con l’avvolgente colonna sonora di Luciano Pavarotti che canta Vincerò. Salvini si tuffa tra la folla che non esiste, accoglie tutti con strette di mano, baci & abbracci e selfie.
In un video ripreso dall’alto invece potete ammirare tutt’altro, ovvero la realtà  dei fatti: i fischi, le contestazioni, la pochissima gente davanti alla sede della Lega e il ragguardevole numero di contestatori fermato dalla polizia ma pronto ad intonare cori di grande accoglienza come “Te ne vai o no, te ne vai sì o no?” insieme a simpatici improperi nei confronti di Salvini.
In mattinata, contestatori lo avevano accolto anche a Ceglie, e lui li aveva apostrofati come “figli di papà , che la sera si sono fatti tre canne e poi vengono qui”.

(da agenzie)

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