Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
LE CRITICHE DEL PD, LA CRISI DI NERVI M5S, IL VOTO SUL MES, LA RIFORMA DEL FISCO: INIZIA UNA SETTIMANA DELICATA PER IL PREMIER
E’ un assedio. Il Pd continua a martellare senza sosta (quando non è impegnato a martellarsi da solo), imprenditori e sindacati si uniscono nel criticare la lentezza, il Movimento 5 stelle è sull’orlo di una crisi di nervi per le posizioni filo-Dem assunte nell’ultima settimana, il voto, o il rinvio del voto, sul Mes incombe, la girandola di incontri tra i leader europei segnerà la strada del Recovery fund, c’è da aprire il tavolo sulla riforma fiscale.
Per Giuseppe Conte inizia una settimana complicatissima, e il terreno su cui si dovrà muovere è assai accidentato. Il ballo inizia lunedì sera, perchè Palazzo Chigi è convinto di poter chiudere il decreto Semplificazioni non oltre quella deadline. Nel Consiglio dei ministri è atteso anche il Piano nazionale di riforma, il documento programmatico con il quale il governo indica obiettivi e priorità .
Sarà da qui che si apriranno le danze. Perchè nelle premesse del Pnr il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha inserito un monito che suona come un manifesto programmatico dei prossimi mesi.
Scrive il titolare del Tesoro: ”È assolutamente necessario evitare che la crisi pandemica, inserendosi su un contesto di scarso dinamismo economico del Paese, nonchè di complessi cambiamenti geopolitici a livello mondiale, sia seguita da una fase di depressione economica. Non vi è tempo da perdere, e le notevoli risorse che l’Unione Europea ha messo in campo devono essere utilizzate al meglio”. Prudentemente, via XX settembre ha messo nero su bianco l’attendismo che ha caratterizzato la linea politica di Conte sul Fondo salva stati: “In corrispondenza al notevole sforzo richiesto per rilanciare e modernizzare ila sanità , le iniziative adottate dall’Unione europea forniscono opzioni di finanziamento per la risposta sanitaria alla pandemia che il governo valuterà alla luce di considerazioni di merito e di impatto finanziario”.
Ma tra le priorità individuate si sottolineano i 32 miliardi che sono necessari per l’adeguamento strutturale delle strutture sanitarie, soldi difficilmente reperibili se non attraverso la linea di credito messa a disposizione da Bruxelles.
“Non lo si vuole utilizzare per ragioni ideologiche”, ha attaccato ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, dicendo che “il governo non racconta la verità ” sull’autunno che ci aspetta.
Trovando una singolare consonanza con la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, che ha puntato il dito sull’immobilismo del governo: “L’autunno rischia di essere drammatico e non possiamo aspettare settembre”. “Non c’è alcuna battaglia ideologica – ha tenuto il punto Luigi Di Maio – c’è un negoziato aperto e noi abbiamo fiducia in Conte”.
Le premesse non sono delle migliori. L’idea è quella di approvare il Semplificazioni salvo intese. Il calendario delle Camere è intasato, e chiuderlo il 6 di luglio vorrebbe dire costringere il Parlamento a un surplus di lavoro ad agosto, una corsa per consentire la conversione entro i due mesi previsti per legge.
L’approvazione salvo intese, con un testo dunque formalmente aperto, consentirebbe di licenziare il testo definitivo intorno a metà mese, aprendo una finestra di lavoro per Camera e Senato a inizio settembre.
Non è un caso che il sempre più influente Stefano Bonaccini abbia incalzato il premier: “La velocità non è una variabile indipendente: si possono prendere ottime decisioni, ma se non sono veloci, l’una vale l’altra”.
Gli fa eco Graziano Delrio: “Sta a Conte dimostrare di portare il paese fuori dalla crisi”. Balla un incontro con i sindacati, da incastrare tra il mini tour europeo e al redivivo tavolo per la riforma fiscale.
Il premier volerà il 7 a Lisbona e l′8 a Madrid, in vista del decisivo Consiglio europeo del 17 e 18. Il 15 al Senato la maggioranza eviterà di nominare il Mes nella sua risoluzione, ma Emma Bonino ha annunciato di volerne presentare una per dire sì, e a Palazzo Madama la maggioranza è stata allertata per evitare scivoloni.
Nella seconda metà della settimana al Tesoro si inizierà a discutere di taglio delle tasse. Le posizioni di partenza sono lontane, ma la discussione partirà dall’accorpamento di due delle aliquote dell’Irpef, ma il costo si aggirerebbe intorno ai 20 miliardi di euro. Conte sembrerebbe orientato a riproporre l’idea di un taglio sia pur temporaneo e settoriale dell’Iva, ma i no piovono da tutte le parti.
Una settimana per iniziare a uscire dall’assedio, per incanalare un luglio senza scossoni che dia aria al governo almeno fino all’autunno che si preannuncia caldo.
Conte è convinto di farcela, nel Palazzo e fuori i dubbi sono tanti. L’obiettivo è correre, verso dove ancora non si sa.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
LA SUA DIFFUSIONE NASCE DA UNA FAIDA INTERNA AL PARTITO DELLA MELONI
Diventato famoso a livello nazionale dopo la diffusione di una sua fotografia in tenuta nazista con tanto di bandiera e un quadretto di Adolf Hitler, il consigliere comunale di Nimis Gabrio Vaccarin si era giustificato sostenendo che si trattava di uno scatto del 2010 fatto durante il carnevale.
C’è un problema, la presenza di un cellulare che sarebbe piuttosto moderno per l’epoca.
Vaccarin aveva fornito, in una risposta a un post privato diffuso da un altro consigliere comunale di un comune vicino, le sue spiegazioni sul caso
Sono foto del carnevale 2010. Ho moltissimi testimoni fra cui il mio Sindaco. Questa pagliacciata era emersa anche in campagna elettorale tre anni fa…e dieci anni orsono non ero impegnato in politica e FDI neanche esisteva. Era solo una carnevalata, strumentalizzata per farmi del male. Con cordialità .
Secondo un sito friulano, che pare abbia avuto accesso a un cellulare contenente la foto originale, questa risalirebbe al gennaio del 2018.
Lo dimostra uno screenshot associato alla foto di Vaccarin, diffusa da un sito locale friulano.
Come mai solo ora compare questa foto? Che sia del 2010 o del 2018, cosa spingerebbe qualcuno a diffonderla?
Dai numerosi post social ci sarebbe proprio un iscritto che prosegue con dedizione una guerra interna nel partito regionale.
Torniamo alla domanda sul perchè pubblicare quelle foto, per quanto vecchie possono essere. Il motivo risulterebbe riscontrabile nel post stesso, ossia un riferimento a una «difesa dei musulmani» da parte di Vaccarin.
Vaccarin, nel suo post, critica le affermazioni pubblicate sui social dal consigliere comunale di Tarcento Riccardo Prisciano, eletto nel 2016 nelle file di Fratelli d’Italia.
Prisciano sostiene di aver «battagliato» da solo contro la «moschea», accusando tutti i colleghi del centrodestra di non averlo aiutato e di aver negato l’esistenza della stessa negli anni.
Sulla questione religiosa ci sarebbero dei precedenti per Prisciano, come leggiamo in un articolo del Messaggero Veneto del 27 settembre 2019 dal titolo «Blitz a sfondo razziale in moschea, sei mesi a un consigliere comunale».
Non solo, alcuni commenti rivolti a Laura Boldrini, Angelino Alfano, Matteo Renzi e Giorgio Napolitano, gli sarebbero costati l’allontanamento dall’Arma dei Carabinieri per poi essere reintegrato dal TAR nel 2019.
Prisciano è lo stesso che, durante le elezioni regionali del 2018, aveva contestato il fatto che i Carabinieri «vadano a mangiare negli stessi piatti e con le stesse posate degli immigrati minorenni», una vicenda riportata anche fuori regione.
Vaccarin, evidentemente, ha toccato un tasto dolente al collega consigliere
Resta il fatto che la diffusione della foto è risultato un doppio attacco, a Vaccarin che ha osato contestare il collega e al coordinamento locale del partito di Giorgia Meloni.
(da Open)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
PER LE SOLE STRUTTURE SANITARIE SERVONO 32 MILIARDI
Abbiamo bisogno del Mes.
A certificarlo il Piano nazionale di riforma sottoscritto da Giuseppe Conte e dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, e che con tutta probabilità verrà portato in Consiglio dei ministri all’inizio della prossima settimana.
Nella prima parte, in cui si identificano le linee guida del “Piano di rilancio del paese”, in realtà il documento ribadisce la posizione attendista che è stato il leit-motiv delle ultime settimane.
A pagina 15 si legge infatti che “in corrispondenza al notevole sforzo richiesto per rilanciare e modernizzare ila sanità , le iniziative adottate dall’Unione europea forniscono opzioni di finanziamento per la risposta sanitaria alla pandemia che il governo valuterà alla luce di considerazioni di merito e di impatto finanziario”.
Ma è lo stesso governo, indicando le “Priorità politiche e sociali”, a definire quanto i 36 miliardi del Fondo salva stati potrebbero essere utili se non vitali per il nostro paese. Escludendo i fondi per il reclutamento di nuovo personale sanitario e per la ricerca, è lo stesso Pnr a spiegare che “da una ricognizione effettuata è emerso che il fabbisogno di interventi infrastrutturali in ambito sanitario è pari a 32 miliardi”.
Scrive il ministro dell’Economia che “il governo si è impegnato a portare avanti un piano pluriennale di investimenti, necessari ad adeguare le strutture sanitarie del paese ai migliori standard internazionali”.
Per capire la proporzione delle cifre, basti pensare che complessivamente per la sanità il governo ha stanziato nei vari provvedimenti per affrontare l’emergenza Covid-19poco più di 8 miliardi, la maggior parte dei quali in deficit, dopo che nella legge di bilancio 2020 erano stati 3,5, da spalmare su due anni. Cifre che fanno capire come, per arrivare al solo fabbisogno per interventi strutturali, occorrerebbero anni e una consistente fetta d’indebitamento strutturale per poter supplire al rifiuto del Mes. Probabilmente è anche per questo che Gualtieri ha inserito una premessa che suona come un monito: ”È assolutamente necessario evitare che la crisi pandemica, inserendosi su un contesto di scarso dinamismo economico del Paese, nonchè di complessi cambiamenti geopolitici a livello mondiale, sia seguita da una fase di depressione economica. Non vi è tempo da perdere, e le notevoli risorse che l’Unione Europea ha messo in campo devono essere utilizzate al meglio”.
Anche in considerazione del fatto che “l’unico requisito per accedere ai fondi sarebbe che gli Stati membri spendano questi soldi in questioni legate direttamente o indirettamente alla sanità e alla prevenzione”, come da parole del vicepresidente della Commissione Ue, il falco Valdis Dombrovsskis, il quale, insieme al presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, ha assicurato che gli eventuali cost inseriti saranno interpretati “in modo suficientemente ampio”. Insomma, qui 32 miliardi, o gran parte di essi, potrebbero superare senza problemi, il vaglio dei censori di Bruxelles. Conti alla mano, il governo che dice di non sapere se vuole il Mes mette nero su bianco che ne avrebbe un bisogno assoluto.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
VIA DEL PLEBISCITO, MONUMENTO DEL BERLUSCONISMO AL POTERE, VA ABBATTUTO COME LE STATUE DEI GENERALI CONFEDERALI… AZZERARE TUTTO PER RICOMINCIARE DACCAPO
Mai sottovalutare Berlusconi, anche quando sembra battere in ritirata.
Il personaggio coltiva progetti extra-large, che è la taglia del suo ego; nonostante abbia 83 primavere sulle spalle, insiste a porsi traguardi che qualunque altro mortale liquiderebbe con un “ma va”.
Ad esempio, dalle sue parti lo raccontano scalpitante per il Quirinale. Se si presentasse l’occasione giusta, dicono, non disdegnerebbe di fare il presidente della Repubblica. Ha avuto problemi con la giustizia, lo sanno tutti, e il suo profilo non sarebbe adattissimo. Ma sono spuntate queste registrazioni fatte di nascosto a un magistrato defunto che sollevano dubbi sulla sua condanna.
La macchia legale resta, però sbiadita. Inoltre Silvio è sicuro che i candidati della sinistra (la metà di mille) finiranno per elidersi tra loro, rimettendolo in gioco. Nel centrodestra non teme rivali, anzi ritiene che tanto Salvini quanto Meloni, pur di sbarazzarsene, lo spedirebbero volentieri sul Colle. E proprio il sogno di trasferirsi lassù, nell’antica dimora dei Papi che per la sua magnificenza faceva gola già a Napoleone, mette in tutt’altra luce l’addio da Palazzo Grazioli.
Si sono dette una quantità di sciocchezze sul perchè del trasloco. Ad esempio, è circolata voce di un Berlusconi quasi in bolletta; che i 40 mila euro al mese di affitto erano diventati troppi pure per lui, ecco perchè si sarebbe dovuto accontentare della villa sull’Appia antica acquistata da Franco Zeffirelli vent’anni fa per la modica cifra di 4 miliardi di vecchie lire.
Di sicuro risparmierà , su questo non ci piove. Ma chi s’immagina un Cav diventato parsimonioso, per la prima volta in vita sua, non ha la minima idea di quanto l’uomo sia ricco, di come le sue fortune siano smisurate. Figurarsi se non poteva permettersi mezzo milione l’anno di affitto, una briciola per uno come lui che ha speso mille volte tanto di avvocati, trascurando tutto il resto.
Ha rinunciato a Palazzo Grazioli perchè non gli era più funzionale. Perchè quella sontuosa casa patrizia al numero 102 di via del Plebiscito aveva fatto il suo tempo, così come era accaduto per altre precedenti magioni, intensamente vissute e poi tutte abbandonate.
Del resto ciascuna fase del berlusconismo ha coinciso con una dimora-simbolo, con una residenza destinata a colpire l’immaginario collettivo, salvo essere rimpiazzata nel tempo da ulteriori simboli, da palazzi più consoni alle nuove ambizioni.
All’inizio dunque era via dell’Anima, dietro Piazza Navona, che faceva da solare pendant romano al villone di Arcore, immerso nelle brume della Brianza. Fu lì che il Berlusconi imprenditore edile e tycoon televisivo mosse i suoi primi passi da leader politico, lì che si tennero i primi summit del centrodestra allora noto come Casa delle libertà con Umberto Bossi e Gianfranco Fini.
Sennonchè una volta diventato premier, nel ’94, Silvio giudicò poco consono al nuovo status un appartamento borghese certo schicchissimo, però relativamente piccolo, dove i meeting politici si susseguivano con quelli amorosi creando pericolosi cortocircuiti, dove comunque sarebbe stato impossibile ricevere i potenti della terra con il giusto decoro.
Fu così che via dell’Anima venne rimpiazzata da Palazzo Grazioli, già abitazione dell’ambasciatore asburgico a Roma, una decina tra stanze e saloni con un paio di locali destinati alla comunicazione (regno di Paolino Bonaiuti) e il resto alle esigenze molteplici del padrone di casa, ai suoi vizi privati e alle sue pubbliche virtù.
Vi giocò a palla Putin con il cane Dudù, vi capitò spesso a cena Tony Blair, l’uno e l’altro ospitati anche in Sardegna nell’altra residenza cult: villa La Certosa, ristrutturata con un anfiteatro kitch e addirittura con un finto vulcano per strabiliare gli ospiti stranieri e animare le cosiddette feste eleganti.
Ormai le stanze che guardano su punta Lada fanno le ragnatele, Berlusconi non le visita da un bel pezzo, così come non frequenta Villa Gernetto che sarebbe dovuta diventare la sede della sua Università liberale e forse verrà venduta come accadde già per Villa Belvedere a Macherio, nido d’amore con la ex consorte Veronica Lario.
I nostalgici del berlusconismo ci vedranno la fine di un’epopea; qualche avversario immalinconirà al pensiero che sia calato il sipario su un brandello di storia italiana, senza rendersi conto che il primo a non provare nostalgia, tantomeno rimpianti, è proprio Silvio. Con il cuore e la mente lui sta già oltre. Nella sua vita ha comprato e venduto uomini, donne, soprattutto case.
Per mostrarsi vicino agli abitanti di Lampedusa acquistò una villa a Cala Francese, salvo accorgersi che gli aerei gli atterravano praticamente sulla testa. Voleva trasferirsi a L’Aquila dopo il terremoto, poi anche ad Amatrice, purtroppo non trovò location adatte.
Cercò senza successo una residenza napoletana ai tempi delle frequentazioni pericolose con Noemi Letizia; e quando la sua vita notturna superò i livelli di guardia, addirittura affittò per undici mesi un castello nei dintorni di Roma a Tor Crescenza (ribattezzata dai cronisti, chissà perchè, Tor Mignotta). Ogni qualvolta gira pagina, il Cav apre una casa nuova e celebra l’addio a quella vecchia.
Ora il sipario cala su Palazzo Grazioli perchè Berlusconi pensa a se stesso non come leader del centrodestra che lì riuniva ma come padre nobile della Repubblica, statista super partes che ha smesso perfino di sbeffeggiare i grillini. È in piena metamorfosi politica e gli piacerebbe farci dimenticare l’uomo di parte che, per un quarto di secolo, è indiscutibilmente stato.
Via del Plebiscito, monumento del berlusconismo al potere, memoria divisiva e scomoda, va abbattuto proprio come le statue dei generali confederati in America. Azzerare tutto per ricominciare daccapo.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
I BUTTAFUORI SU ORDINE DEGLI ESERCENTI IMPEDISCONO AI RAGAZZI DI COLORE DI ENTRARE SENZA UN MOTIVO… IL SINDACO INDIGNATO: “PRENDEREMO PROVVEDIMENTI, MARSALA NON ACCETTA DISCRIMINAZIONI”
Una vergogna senza eguali con un esempio di discriminazione bella e buona: un video girato con uno smartphone e pubblicato su Fb un ragazzo africano denuncia che i buttafuori in servizio nell’Antico mercato di Marsala ieri sera hanno impedito a giovani di entrare nell’area, uno dei principali luoghi della “movida” giovanile, solo per il colore della loro pelle.
Alle proteste dei ragazzi, uno degli addetti alla sicurezza ha risposto: “Io non sono razzista, io ho pure amici?”, aggiungendo che i giovani africani non possono entrare “perchè me lo dicono, non perchè lo voglio, stasera mi hanno detto questo”.
Il giovane africano che ha pubblicato il filmato dice: “Non fanno entrare gli stranieri, è una vergogna, facciamo il video per provare”.
Su Facebook, dopo la pubblicazione del video, tanti commenti e la solidarietà di molti, alcuni dei quali parlano di “segregazione razziale”, mentre altri invitano a “boicottare” i locali dell’Antico Mercato di Marsala.
La giustificazione che hanno cercato di dare è stata perfino peggiore. Prima hanno parlato di precauzioni anti-Covid (i neri sarebbero infetti e i bianchi no…)
Poi iI gestori dei locali dell’Antico Mercato hanno cercato di giustificarsi dicendo che in questo periodo gli ingressi sono monitorati, che non possono stare più di 180 persone all’interno dell’area dell’Antico Mercato, ci sono liste e prenotazioni per entrare.
“E in ogni caso gli addetti alla sicurezza sono anche tenuti a fare da filtro all’ingresso di persone note, bianchi o neri che siano, per episodi di disordine pubblico. Non facciamo entrare neanche gli italiani che sappiamo che possono creare disordini”, ha detto il gestore di un locale dell’Antico Mercato.
Il che significa che a decidere chi possa o non possa entrare in un’area pubblica lo decidono i gestori dei locali e non la polizia o le autorità comunali e che i divieti sono gestiti dai buttafuori e non dalle forze di polizia.
La condanna del sindaco
“L’episodio di cui veniamo a conoscenza circa il mancato ingresso ieri sera all’Antico Mercato da parte di un gruppo di giovani extracomunitari, ci dispiace e ci amareggia molto. E’ un episodio che non contiene sfumature da interpretare e che, dopo averne osservato il video, che in queste ore circola sui social, condanniamo senza se e senza ma. Vorremmo che non si verificasse mai più un episodio del genere nella nostra città e che non fosse necessario stigmatizzare alcun comportamento, come tocca fare invece oggi. Abbiamo inviato il video alla Polizia Municipale per i dovuti accertamenti, in seguito ai quali prenderemo gli eventuali provvedimenti del caso. Per il momento voglio rassicurare quanti leggono e si sono indignati per quanto verificatosi: Marsala crede nell’accoglienza e condanna discriminazioni di qualunque tipo.
(da Globalist)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
NEI BAR DELLA GALLURA NON SI PARLA D’ALTRO E NOVE SU DIECI STANNO CON GRAZIANO MESINA, FUGGITO GIOVEDI’ DOPO LA CONDANNA
“Proprio giovedì è successo un fatto stranissimo nel parco marino francese delle isole Cavallo e Lavezzi, fra la Corsica e la Sardegna. Ben tre pescatori di frodo sardi sono entrati contemporaneamente nelle zone vietate, attirando su di sè l’attenzione di tutte le imbarcazioni della Gendarmerie. Uno si è fatto inseguire fino al porto di Santa Teresa, dove le guardie hanno chiesto ai carabinieri di arrestare il pescatore approdato. Ma ormai era troppo tardi, e quello se n’è andato facendosi beffe di tutti”.
In quello stesso pomeriggio la primula rossa di Orgosolo spariva, non presentandosi alla firma giornaliera delle 19 alla stazione dei carabinieri del suo paese, dove per un anno era stato puntualissimo.
La Cassazione ha sentenziato alle 20, due ore dopo i carabinieri non lo hanno più trovato a casa della sorella. La sua avvocata dice di averlo visto l’ultima volta alle 16. L’ipotesi è che Mesina in due ore sia arrivato in auto sulla costa nord della Sardegna, fra Santa Teresa, Porto Pozzo e Palau, e abbia preso un gommone per la Corsica.
Quei tre pescatori avrebbero funzionato da esca vivente per distrarre le guardie di frontiera francesi. Mesina non ha documenti, ma i boschi corsi sono fitti e inaccessibili quanto quelli del Supramonte.
“Ha 78 anni, ne ha passati 45 in carcere, lasciatelo stare”, dicono molti suoi corregionali.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
GI ESPERTI DI 32 PAESI METTONO IN DISCUSSIONE UNO DEI TEMI PIU’ DIBATTUTI
Le particelle virali che rimangono nell’aria sono infettive?
È uno dei temi più dibattuti nel mondo scientifico dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus. Secondo quanto riporta il New York Times 239 scienziati di 32 Paesi hanno inviato una lettera aperta all’Oms, indicando le prove che dimostrerebbero come le particelle più piccole, quelle che rimangono per più tempo nell’aria, possono infettare le persone.
Gli esperti chiedono all’Organizzazione mondiale della sanità di rivedere quindi le sue raccomandazioni. I ricercatori hanno in programma di pubblicare la loro lettera su una rivista scientifica la prossima settimana.
Dal canto suo, l’Oms sostiene da tempo che il Coronavirus si diffonde principalmente attraverso grandi goccioline respiratorie che, una volta espulse da persone infette in tosse e starnuti, cadono rapidamente sul pavimento.
La dottoressa Benedetta Allegranzi, riporta il New York Times, responsabile tecnico dell’OMS sul controllo delle infezioni, ha affermato che le prove che il virus che si diffonde nell’aria non sono convincenti: «Soprattutto negli ultimi due mesi, abbiamo affermato diverse volte che consideriamo la trasmissione aerea possibile, ma certamente non supportata da prove solide o addirittura chiare», ha detto, sottolineando come ci sia «un forte dibattito su questo».
Eppure, secondo il quotidiano newyorkese, all’interno dell’Oms i pareri non sarebbero unanimi. Diversi consulenti e membri dell’agenzia hanno osservato come il Comitato per la prevenzione e il controllo delle infezioni sia vincolato da una visione rigida e eccessivamente medicalizzata delle prove scientifiche, oltre ad essere lento e avverso al rischio nell’aggiornamento della sua guida.
«Sono molto scossa dalle questioni relative alla trasmissione aerea del virus», ha affermato al Times Mary-Louise McLaws, membro del comitato ed epidemiologa dell’Università del New South Wales a Sydney. «Se iniziassimo a riconsiderare il flusso d’aria, dovremmo essere pronti a cambiare molto di ciò che facciamo», ha detto.
All’inizio di aprile, un gruppo di 36 esperti in materia di qualità dell’aria e aerosol ha esortato l’Oms a considerare le prove crescenti sulla trasmissione aerea del Coronavirus. L’agenzia ha risposto prontamente, chiamando Lidia Morawska, leader del gruppo e consulente dell’Oms di lunga data, per organizzare un incontro. Ma dalla discussione sarebbe emersa la solita raccomandazione (senza dubbio fondamentale) del lavaggio delle mani.
La dott.ssa Morawska e altri hanno segnalato diversi episodi che indicano la trasmissione aerea del virus, in particolare negli spazi interni scarsamente ventilati e affollati. Secondo loro l’OMS stava facendo una distinzione artificiale tra piccoli aerosol e goccioline più grandi, anche se le persone infette sono in grado di produrle entrambi.
La dottoressa Soumya Swaminathan, capo scienziato dell’Oms, ha detto che i membri dello staff dell’agenzia stavano cercando di valutare nuove prove scientifiche il più rapidamente possibile, ma senza sacrificare la qualità della loro recensione. Ha aggiunto che l’agenzia cercherà di ampliare le competenze e le comunicazioni dei comitati per assicurarsi che tutti siano ascoltati. «Prendiamo sul serio quando giornalisti o scienziati o chiunque ci sfida e diciamo che possiamo fare di meglio», ha detto. «Vogliamo sicuramente fare di meglio».
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
RACCONTA CON ORGOGLIO IL RUOLO DELLE DONNE IN UNA RIVOLUZIONE CHE NON SI E’ ARRESA
Lo Yemen, dopo oltre cinque anni di guerra, “è vittima del silenzio internazionale”. A denunciarlo, in questa intervista a Globalist, è la premio Nobel per la Pace, Tawakkol Karman. L’attivista yemenita racconta una tragedia senza fine ma con tanti colpevoli. Racconta anche, con orgoglio, il ruolo delle donne in una rivoluzione che non si è arresa.
“Non è un caso — rimarca con forza la Nobel per la Pace 2011 — che siano state proprio le donne e i giovani in prima fila in quelle rivoluzioni che hanno segnato tanti Paesi arabi, tra cui il mio, lo Yemen. Vecchi regimi corrotti e dispotici, così come un integralismo retrivo e oscurantista, temono e combattono le donne perchè sanno che esse si battono contro una doppia oppressione, facendosi interpreti di una volontà di cambiamento che all’idealità sa unire una straordinaria concretezza”.
Per il suo attivismo politico e in difesa dei diritti umani, Tawakkol Karman ha conosciuto le prigioni dell’allora padre-padrone dello Yemen, il presidente Ali Abdallah Saleh. Era il 2011, Tawakkol era presidente dell’associazione “Donne giornaliste senza catene”.
La Comunità internazionale appare nei fatti impotente di fronte ai massacri che segnano ormai da anni la quotidianità in Yemen.
Un recente rapporto di Oxfam, dà conto di una guerra devastante, con bombardamenti pesantissimi dei quali fanno le spese soprattutto donne e bambini. 12.366 vittime civili, tra il 26 marzo 2015 e il 7 marzo di quest’anno e oltre 100 mila vittime totali.
Oltre 4 milioni di sfollati interni sopravvivono in alloggi di fortuna o nei villaggi, dove la popolazione locale ha offerto loro un riparo.
Ed ancora: più di 10 milioni di persone sono sull’orlo della carestia. 2 milioni di bambini e 1,4 milioni di donne in gravidanza soffrono di malnutrizione acuta. 24,1 milioni di persone su 30,5 dipendono dagli aiuti umanitari. I prezzi dei beni alimentari sono saliti in media del 47%.
Quasi 18 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua pulita e all’assistenza sanitaria di base, rimanendo così inevitabilmente esposte a epidemie mortali. Le scorte di medicine e materiali sanitari si stanno esaurendo e questo in piena pandemia Covid…
E’ una situazione terribile, un’apocalisse umanitaria. Stiamo parlando di esseri umani, non di numeri. Lei parla di “impotenza”. Io aggiungerei: colpevole.
Perchè la comunità internazionale, a cominciare da quanti siedono permanentemente al tavolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno gli strumenti per fermare la mano del dittatore-carnefice siriano. Ciò che manca, colpevolmente è la volontà politica di intervenire. Nessuno può dire: non sapevo, non avevo contezza di questa apocalisse umanitaria. Non fermare questa mattanza, è un crimine contro l’umanità .
Lei ha recentemente accusato il governo yemenita riconosciuto dall’Onu di aver esiliato il presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi e di essere uno strumento che legittima l’occupazione saudita del Paese. Al tempo stesso, ha usato parole durissime contro il tentativo di colpo di stato messo in atto dalla minoranza Houthi, sostenuta dall’Iran…
Qualsiasi tentativo di pace che non tenga conto di questo non è altro che un tentativo di soggiogare gli yemeniti allo status quo dettato dal brutale colpo di stato degli Houthi e degli occupanti sauditi ed emiratini. Nel mio martoriato Paese c”è un vuoto di potere, le decisioni sono scritte dall’ambasciatore saudita, la firma di Hadi e del suo primo ministro non ci rappresentano, non hanno alcuna legittimità . Hadi e i suoi sodali sono soddisfatti di essere semplici strumenti in questa guerra, agenti, non leader; seguaci, non partner alla pari. Dall’inizio della guerra scatenata dalla coalizione a guida saudita, tutti questi componenti, compreso l’Islah Party, sono solo strumenti nelle mani dell’Arabia Saudita, proprio come l’STC, le truppe di Tariq [Saleh] e le Forze d’Elite,.
A proposito di Arabia Saudita. Lei ha usato parole durissime nel condannare il brutale assassinio del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi, fatto a pezzi nel consolato saudita a Istanbul nel 2018. Teme di fare la sua stessa fine?
Sono soggetto a una diffusa campagna d’odio e a terribili incitazioni alla volenza contro di me da parte dei media sauditi e dei loro alleati. La cosa più importante è che sarò al sicuro dalla sega con cui è stato tagliato il corpo del defunto Jamal Khashoggi. Andrò in Turchia e lo considererò un messaggio all’opinione pubblica mondiale: questi seminatori di odio e di morte non l’avranno vinta. Mi lasci aggiungere una cosa: la comunità internazionale non è solo silente verso i crimini perpetrati in Yemen, ma una parte di essa è anche complice attiva in questa mattanza senza fine. E questa complicità riguarda anche l’Europa e quei Paesi che continuano a vendere armi all’Arabia saudita.
Nei suoi discorsi, lei insiste molto sulla “lezione” che i giovani protagonisti delle Primavere arabe hanno fatto propria e come su questa base abbiano condotto la loro battaglia di libertà . Qual è questa lezione che lei proietta anche nei rapporti tra Oriente e Occidente?
Vede, noi giovani della Primavera araba abbiamo capito che quello che impedisce di realizzare la fratellanza fra Oriente e Occidente sono i governanti dispotici, corrotti e fallimentari. Questi governanti sono causa di una guerra interna ai nostri popoli e rappresentano una minaccia per la stabilità internazionale.
Lei ha più volte fatto riferimento ad una “fase due” della rivoluzione yemenita. Di cosa si tratta?
La nostra rivoluzione comincia con la caduta del dittatore. Ora siamo entrati nella seconda fase, una fase di transizione. Occorre cambiare i vertici delle forze di sicurezza ed eliminare la corruzione. Non sarà facile, ma non ci interessa liberarci solo di un despota. Vogliamo giustizia e democrazia e la otterremo attraverso una rivoluzione pacifica.
Di questa rivoluzione le donne hanno avuto un ruolo da protagoniste…
E’ vero e ne sono profondamente orgogliosa. In questa rivoluzione la donna ha assunto ruoli di guida. Donne sono state uccise per la strada… assassinate perchè erano guide. Saleh diceva che dovevamo restare a casa. Ma la nostra risposta è stata: prepara la tua valigia perchè le donne faranno cadere il tuo trono. Inizialmente eravamo solo tre donne giovani. Siamo state derise e arrestate. Temute. Gli uomini erano stupiti della nostra presenza e noi stesse della nostra forza. Le donne sono coraggiose e generose: non combattono mai solo per sè, lo fanno per tutta la comunità ”.
Quale ruolo gioca, nelle vicende yemenite, la religione?
Nel mio Paese le tradizioni mettono in pericolo la libertà delle donne. Molti religiosi danno interpretazioni personali e sbagliate dell’Islam. I governi non fanno niente perchè questo serve loro a mantenere lo status quo.
Come giornalista e attivista, nelle conferenze che tiene in tutto il mondo, lei si concentra principalmente sulla difesa dei diritti umani.
Il mio obiettivo è molto chiaro: contribuire alla creazione di Stati democratici che rispettino le libertà e i diritti umani. Ciò può essere ottenuto solo combattendo contro le tirannie che violano tali diritti e a favore della costruzione di Stati le cui fondamenta sono la civiltà , lo stato di diritto e l’integrità delle istituzioni. Porto avanti questa lotta in diversi modi all’interno della società civile e per diffondere il mio messaggio approfitto di tutte le posizioni a mia disposizione: mezzi di informazione, forum sui diritti umani, dibattiti politici, ecc. Ovunque io vada, cerco di spiegare che le tirannie privano le società di pace e sviluppo. Ogni società privata delle libertà e dei diritti umani può solo vivere una pace apparente e precaria fatalmente destinata a crollare
Per tornare al suo paese. Lo Yemen può sperare in un futuro migliore?
Non puoi pensare al futuro di un paese fino a quando la pace non verrà ripristinata. Ma la pace non sta solo mettendo fine alla guerra, ma anche all’oppressione e all’ingiustizia. La pace senza giustizia è precaria, come un cessate il fuoco o una tregua provvisoria che è solo il preludio a eventi ancora più terrificanti successivi. La peggiore di tutte le guerre è ciò che le dittature tiranniche hanno dichiarato ai propri popoli. Pertanto, rimango convinta che sia necessario lottare contro i regimi politici che non sono in grado di garantire i diritti fondamentali delle persone e delle istituzioni e di minacciarli. Dobbiamo sostituirli con sistemi democratici. Oggi come ieri, combatto per la democrazia. Ciò, nel caso dello Yemen, significa porre fine alla situazione creata dal colpo di stato e organizzare il referendum sul progetto di Costituzione che era già stato concordato nel dialogo nazionale avviato durante il periodo di transizione. Quindi, le elezioni possono essere chiamate naturalmente. Quando la vita politica tornerà al suo corso normale, ho intenzione di fondare un partito che riunisca essenzialmente donne e giovani per realizzare il progetto civico promosso dalla rivoluzione del 2011.
Lo Yemen, la Siria, la Libia, la Palestina: il Vicino Oriente sembra un immenso campo di battaglia, le cui prime vittime sono le popolazioni civili.
“Quelle a cui lei fa riferimento, e se ne potrebbero aggiungere anche altre, sono guerre per procura, condotte da potenze regionali che hanno in spregio la libertà dei popoli, a cui non interessa nulla infliggere sofferenze indicibili, privare milioni di esseri umani, in maggioranza giovani, di un futuro degno di essere vissuto. Lo Yemen, per la sua posizione geografica, è un vaso di coccio tra due grandi vasi di ferro, l’Iran e l’Arabia Saudita, che si contendono la supremazia nel Golfo Persico e in tutto il Medio Oriente. Ma alla fine, ne sono convinta, il bisogno di pace che anima il mio popolo, al di là di ogni appartenenza etnica, avrà la meglio su quanti hanno tentato di annientarci.
(da Globalist)
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Luglio 5th, 2020 Riccardo Fucile
IL MERCANTILE ANCORA AL LARGO DI MALTA DOPO AVER SOCCORSO TRE GIORNI FA 52 PERSONE ALLA DERIVA SENZA ACQUA NE’ CIBO: MALTA NON VUOLE FARLI SBARCARE, VIOLANDO LE LEGGI INTERNAZIONALI
La Pietà dei mari si trova sul mercantile Talia. Ha il volto scheletrico e terrorizzato di un migrante subshariano, privato ormai anche della forza per scendere le scalette di un ponte. E ha le braccia forti e compassionevoli di un marinaio in tuta blu e mascherina che lo sorregge.
Questa foto è stata scattata poche ore fa sulla Talia, e da sola racconta quello che il governo di Malta si rifiuta di vedere: i 52 migranti recuperati in mare, e che le autorità della Valletta da tre giorni non vogliono far sbarcare, sono allo stremo.
Il marinaio della foto dovrebbe essere un motorista. Il mercantile, dopo aver ricevuto la segnalazione di un gommone in avaria, ha deviato la propria rotta per recuperare gli uomini e le donne che vi viaggiavano. Come impongono le convenzioni marittime internazionali. Ora li stanno accudendo e nutrendo, pur con tutte le preoccupazioni del rischio Covid, ma non possono resistere ancora per molto.
Malta continua a non assegnare loro un porto di sbarco. Solo due migranti sono stati autorizzati a scendere perchè ritenuti in concreto pericolo di vita.
L’armatore è in difficoltà , perchè il Talia era atteso in Libia per consegnare un carico. Il governo di Malta dice che non consentirà l’attracco ai naufraghi fino a quando non avrà garanzie da altri Stati membri dell’Unione sulla loro immediata ricollocazione, come scrive il Times of Malta.
Il 3 luglio Alarm Phone, l’ong che segnala i gommoni, aveva diramato il primo allarme. Rilanciato poi dall’italiana Mediterranea Saving Humans e dall’ong tedesca Sea Watch.
(da agenzie)
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