Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA LITIGA E SI DISTANZIA ANCOR PRIMA DI ARRIVARE A PIAZZA DEL POPOLO
Silvio Berlusconi lancia segnali semmai nei prossimi giorni ci fosse un’implosione grillina. E non è un caso che il premier Giuseppe Conte, dopo aver letto l’intervista rilasciata dal leader azzurro a Repubblica, abbia commentato con queste parole: “Tra le forze di opposizione Forza Italia è la più costruttiva e responsabile”.
L’ex Cav si è detto pronto ad entrare nel governo con una nuova maggioranza. È sotto gli occhi di tutti che il Movimento 5 Stelle stia perdendo pezzi in Senato e ciò potrebbe portare anche, in caso estremo, a non avere più i numeri per tenere in piedi l’esecutivo.
A questo punto potrebbero arrivare in soccorso i berlusconiani che oggi disdegnano i 5Stelle ma non il Pd. Ovviamente si tratterebbe di un Movimento senza Alessandro Di Battista e i suoi fedelissimi
Per ora ovviamente si tratta di fantapolitica ma le parole di Berlusconi fanno discutere, nei conciliaboli forzisti nessuno nasconde un passaggio fondamentale: “Siamo gli unici, insieme ai partiti di maggioranza, a non voler tornare al voto”.
I sondaggi, in discesa per diversi mesi, ora si sono attestati tra il 7-8% e se si aggiunge il taglio dei parlamentari che dovrebbe entrare in vigore nella prossima legislatura, molti deputati e senatori non verrebbero riconfermati. Tutto ciò significa che Forza Italia non esclude l’ipotesi di far parte di una nuova maggioranza.
Il leader sottolinea che comunque ne parlerebbe con gli alleati del centrodestra. Tuttavia qualche sospetto si accende in casa Lega. Ed è così che in via Bellerio si aspetta l’ora di pranzo e quando è evidente che nessuna smentita è arrivata si fa trapelare una ‘velina’ al vetriolo: “La via maestra sono le elezioni. Mandare a casa un governo che blocca tutto è vitale per il futuro dell’Italia”. E poi ancora: “La posizione di Forza Italia è contro l’interesse nazionale”.
Altrettanto aspra la replica fatta trapelare da fonti di Forza Italia, che definisce “scivolone” la presa di posizione leghista.
“Invitiamo le ‘fonti della Lega’ a leggere il testo delle interviste senza fermarsi ai titoli. Se l’avessero fatto, avrebbero scoperto che il presidente Berlusconi non si è mai detto a favore di un governo di unità nazionale”.
Unità nazionale no ma nuova maggioranza sì.
Sta di fatto che mancano pochi giorni alla manifestazione del centrodestra unita in programma il 4 luglio.
Nettamente in ‘difesa’ di Berlusconi si schiera l’altra alleata del centrodestra, la leader di FdI Giorgia Meloni: “Francamente, non dice ‘Sono pronto a fare un’altra maggioranza’ ma dice una cosa diversa: vediamo se c’è una maggioranza di centrodestra, magari allargata a qualche persona di buona volontà che può avere i numeri per governare. Quindi, è una cosa ben diversa dal dire andiamo a fare il governo con 5Stelle Pd e chi più ne ha e più ne metta”.
Una interpretazione diplomatica, dato che Berlusconi non ha mai parlato di “maggioranza di centrodestra”, ma di “altra maggioranza”
Certo non passano inosservati, nella coalizione, i complimenti di Giuseppe Conte a Forza Italia arrivati proprio oggi.
Il timore di alcuni nella coalizione è che un voto favorevole di Forza Italia all’accesso ai fondi del Mes crei una spaccatura nel centrodestra, dal momento che Lega e FdI sono contrarie, e un avvicinamento degli azzurri alla maggioranza in un contesto in cui Forza Italia naviga a vista, rimanda la scelta del nuovo leader e quindi un voto anticipato non gli fa certo comodo.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IL PREMIER NAVIGA A VISTA
L’incontro, a Palazzo Chigi, è stato tenuto coperto fino all’ultimo minuto utile. Nicola Zingaretti si infila nello studio di Giuseppe Conte che sono da poco passate le tre del pomeriggio per riuscirne più di un’ora dopo.
“Presidente, lo sai che chiediamo un cambio di passo, o il Governo fa politica o ci impantaniamo” il concetto espresso dal segretario Pd.
“Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, dobbiamo chiudere al più presto il decreto Semplificazioni e mettere la testa sulla correzione di bilancio”, la risposta del premier.
Le rispettive diplomazie hanno lavorato nelle scorse ore per favorire il disgelo, i due si sono poi sentiti e hanno concordato di vedersi.
Conte ha voluto dare un segnale dopo che nelle ultime settimane ha subito un durissimo pressing da parte del Nazareno: “Piena convergenza con Zingaretti sul decreto Semplificazioni da portare presto in Cdm. La pensiamo allo stesso modo: bisogna correre”, sono le uniche parole del premier su un incontro sbandierato ai quattro venti, ma che il suo staff definisce come “privato”.
Il capo del Governo per tutto il giorno ha provato a ricucire uno strappo che sa potergli essere fatale. Prima l’assist sulle regionali: “Possibile non trovare un momento di sintesi agli appuntamenti regionali?”, si è chiesto. Ovviamente avendo la risposta in tasca: “Sarebbe una sconfitta per tutti, anche per me, se non si trova un modo per fare un passo avanti. Basterebbe mettere da parte le singole premure”.
Il riferimento al Movimento 5 stelle e alla ritrosia di mescolarsi con i Dem è abbastanza chiaro.
Ed è stato subito colto, scatenando un putiferio nelle chat dei parlamentari, in particolar modo quelli interessati dal prossimo voto amministrativo: “Lo dicesse che lavora per il Pd – è sbottato uno di loro – ormai è chiaro a tutti”.
Il partito contiano all’interno di M5s si è messo in moto per stemperare, con poco successo. “E’ incredibile – sbotta uno dei colonnelli – è in difficoltà con il Pd e non tiene minimamente conto di noi. La roba di Forza Italia è inaccettabile”.
Perchè dopo l’apertura di Silvio Berlusconi a ipotesi di maggioranze alternative (apertura che non dispiace affatto al Nazareno), Conte ha teso la mano agli azzurri: “Forza Italia è la forza politica più responsabile e dialogante”. Apriti cielo.
“Lui sa di avere un futuro solo se si pone come indispensabile in un nuovo campo largo della sinistra, ed è quello che sta facendo, altro che prendere la nostra tessera”, attacca un parlamentare.
Un’analisi non del tutto peregrina. Incontrando i cronisti poco dopo il premier sulle regionali ha tratteggiato la bozza di un disegno politico di lungo periodo: “Noi come maggioranza perseguiamo un progetto di rilancio del paese. Non sarebbe giusto in sede territoriale non tenerne conto”.
E’ la giornata della ricucitura con il Pd, operazione che sembra andata a buon fine. Per farlo il presidente si è avventurato in una passeggiata al centro di Roma, in favor di cronisti. Ha stretto mani, salutato bambini e signore, si è fermato artatamente a rispondere a domande, condividendo sulla propria pagina Facebook un “punto stampa” improvvisato in mezzo alla strada, una gran ressa di giornalisti e curiosi di passaggio, un’operazione studiata ad arte per dargli modo di rispondere e uscire dall’angolo in cui ieri sembrava essere finito.
Zingaretti spiega che è stato un “positivo incontro di chiarimento dopo le incomprensioni”, che “rispettando le autonomie dei territori è giusto provare a costruire progetti unitari e condivisi nelle regioni” e che “il Pd è il primo sostenitore della sburocratizzazione dello Stato e della semplificazione”.
Una sponda importante sulla strada di un provvedimento che assomiglia sempre più a una via crucis. “Non è togliendo le regole che il sistema funziona meglio”, è andato dritto al punto Francesco Merloni, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione proprio mentre era in corso l’ennesimo round negoziale a Palazzo Chigi.
La diligenza del decreto Semplificazioni stava subendo l’assalto dei partiti di maggioranza quando il premier ha sbottato: “Se pensate a un provvedimento annacquato allora meglio non portarlo in Consiglio dei ministri”.
La terza giornata di vertice si è conclusa con una fumata nera. Il decreto è passato al vaglio del pre Consiglio dei ministri, per risolvere i problemi tecnici.
Politicamente in campo i nodi sono gli stessi da tre giorni.
Il condono, che è stato cestinato, ma che secondo Leu nel testo riaffiora in alcune deroghe, la riforma dell’abuso di ufficio sulla quale Iv ha tirato su un muro, l’iter per velocizzare le grandi opere, gli eventuali commissari per portarle avanti e i relativi poteri, che lasciano perplesso il Pd
In ballo un Cdm tra venerdì e domenica, la deadline di giovedì inizialmente prevista dal presidente è saltata.
All’orizzonte la grana del Mes. La posizione è quella di sempre, la decisione arriverà alla fine del negoziato complessivo (traduzione: a settembre), ma un passetto è stato fatto in direzione di Zingaretti dopo il gelo di ieri, con l’ammissione che ”è legittimo in questo momento aprire un dibattito pubblico e esprimere varie sensibilità ” e che “si dovrà valutare la posizione di tutti”.
I 5 stelle schiumano rabbia, con il Pd c’è stata una schiarita, le semplificazioni forse arriveranno per decreto, di sicuro non riguarderanno la maggioranza.
(da “Huffingtronpost”)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
FINO A IERI ERANO “LA CASTA DELLA CASTA”, ORA RACCOLGONO LE FIRME PER BERLUSCONI SENATORE A VITA
Hanno detto che sono «inutili», «un modello Ottocentesco» e la rappresentazione della «casta della casta». Poi, evidentemente, hanno cambiato idea.
Sappiamo bene che dei politici ci si possa fidare poco, soprattutto nelle loro dichiarazioni. Spesso e volentieri, infatti, alcune prese di posizione (avverse o favorevoli a un determinato tema) arrivano scorrendo tra le bacheche social e i trending topic.
Sta di fatto che l’ultimi caso mostra tutta la poca coerenza nelle battaglie annunciate, dichiarate e mai portate avanti. Come indica la storia della nomina di Berlusconi senatore a vita a titolo di risarcimento.
Sabato 4 luglio, nelle piazze italiane, il Centrodestra farà una manifestazione. Tanti i temi nel pentolone: dai decreti sicurezza, alla regolarizzazione dei migranti fino agli aspetti economici.
Poi, però, si nota come — su spinta di Forza Italia — si chiederà ai partecipanti di firmare la petizione per la nomina di Silvio Berlusconi senatore a vita dopo l’intercettazione dell’ex giudice della Corte di Cassazione, Amedeo Franco, che parlava di condanna pilotata. Ma Lega e Fratelli d’Italia non volevano l’abolizione dei senatori a vita?
Partiamo, per esempio, da una dichiarazione al Senato di Matteo Salvini. Parliamo di un evento accaduto meno di un anno fa — il 10 settembre 2019 — quando era appena nato il governo PD-M5S. Ascoltiamo cosa disse all’epoca l’ex ministro degli Interni.
«Affidare il governo a una manciata di senatori a vita che vengono qua quando hanno tempo è la casta della casta della casta. Tiro un sospiro di sollievo per non dover affidare la fiducia a una schifezza del genere», disse nel settembre scorso Salvini a Palazzo Madama
E la Meloni che faceva?
Ma ad anticiparlo di qualche mese era stata Giorgia Meloni che in varie dichiarazioni pubbliche aveva annunciato la battaglia dei suoi Fratelli d’Italia per l’abolizione dei senatori a vita. I motivi? Spiegati in un post Facebook.
«Fratelli d’Italia non si piega a questa vergogna, inspiegabilmente mantenuta anche nella recente riforma di taglio dei parlamentari, e continua la sua battaglia per abolire i senatori a vita dalla nostra Costituzione», diceva la leader di FdI.
Ora però, si scende in piazza anche per chiedere la nomina di Berlusconi senatore a vita. Insomma, o hanno poca stima del Presidente di Forza Italia, o è in corso l’ennesimo cortocircuito sovranista
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
LA SERIETA’ E COERENZA DEL CAPITONE
In due due filmati in cui Matteo Salvini affronta il problema dei bambini che non vanno a scuola per le strane fissazioni o gli abusi dei genitori possiamo ammirare tutta la serietà e la coerenza con cui il Capitano affronta le dichiarazioni pubbliche e il problem solving.
Nel primo, che è tratto dalla sua comparsata al deposito ATAC di via Candoni alla Magliana il Capitano parla del Campo Rom che si trova in zona dove i lavoratori della municipalizzata sono stati presi a sassate e spiega: “Se fossi sindaco farei quello che hanno fatto i sindaci della Lega in altre città : garantire i diritti a chi li ha ma chiedendo in cambio il rispetto delle regole, quindi i bambini devono andare a scuola. Se io fossi sindaco andrei a verificare uno per uno i minori che ci sono nel campo; chi ha la presenza scolastica, bene; chi non ha la presenza scolastica… i genitori perdono la patria potestà ”.
Ora, come sanno un po’ tutti tranne Salvini nessun sindaco della Lega ha tolto la patria potestà a nessuno perchè la patria potestà la tolgono i tribunali e non i primi cittadini. Chi può chiedere la decadenza della patria potestà ?
L’art. 336 del Codice Civile indica che con ricorso, un genitore (o altri parenti o il pubblico ministero) può chiedere un provvedimento di decadenza della potestà genitoriale a carico dell’altro genitore.
Sicuramente poi Salvini avrà ben presente che non è possibile procedere a controlli sulla patria potestà per etnia e che la regola dovrebbe valere a quel punto per tutti, con tutto ciò che ne consegue.
In ogni caso è divertente confrontare quello che ha detto Salvini a Roma con quello che ha detto Salvini a Codogno, ovvero che «Se io devo mandare mia figlia a scuola, chiusa nel plexiglas senza un contatto con i suoi amici e le sue maestre io a scuola non ce la mando»:
Salvini non si è ancora evidentemente accorto che nelle linee guida per la scuola che il governo ha presentato venerdì non c’è traccia di plexiglas.
È una strategia di comunicazione ben precisa quella del Capitano, che inventa e mette in giro fregnacce sugli avversari politici che non hanno alcun senso se non nell’ottica di fare terrorismo.
Il problema è che c’è persino qualcuno che ci crede. Così quando il 14 settembre le scuole riapriranno senza plexiglas lui potrà dire che è tutto merito suo. Ma questo è il minimo.
Siccome le regole sulla patria potestà valgono, appunto, per tutti, Salvini, in base alle leggi di Salvini, rischierebbe di perdere la patria potestà se non manda i figli a scuola.
E pensate che scena surreale quando si presenterà dal giudice dicendogli che non gli piace il plexiglas e quello gli risponderà che il plexiglas se lo è inventato.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
INVECE L’ITALIA, PER I SOLITI INTERESSI ECONOMICI, HA SCELTO LA STRADA DEL SILENZIO COMPLICE E VIGLIACCO
La repressione delle proteste di Hong Kong, i nuovi arresti e il grido di allarme lanciato da Joshua Wong, attivista per la democrazia e i diritti civili, intervistato recentemente da TPI, hanno indotto la comunità internazionale ad intervenire minacciando sanzioni e azioni di retaliation, come prevede, peraltro, il diritto internazionale. In Italia il tema non è entrato nella discussione politica, nonostante in passato diversi partiti si fossero espressi su temi di sovranità come quelli della Catalogna.
L’Italia ha insomma scelto, il silenzio, complice, probabilmente, qualche interesse politico-economico, che riguarda infrastrutture e imprese. Eppure il dramma di Hong Kong riguarda tutti: la nuova legge sulla sicurezza permetterà al Partito Comunista Cinese di reprimere le ultime libertà rimaste intatte nella città -Stato. “È la fine di Hong Kong come la conosciamo”, ha detto Joshua Wong. Ed è anche per questo che il nostro Paese non può stare a guardare.
La nostra Costituzione prevede, all’articolo 10, che lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
L’Italia ha di fronte una grande opportunità : quella di accogliere i cittadini di Hong Kong perseguitati dal governo cinese, garantendo loro la cittadinanza italiana o permessi speciali di residenza.
Hong Kong ha 7 milioni di abitanti, con un’età mediana di 44 anni, il 40 per cento degli abitanti ha meno di 35 anni: si tratta di persone scolarizzate, che parlano perfettamente l’inglese, cresciuti in un contesto complesso ed economicamente vivace e in forte crescita.
L’Italia potrebbe garantire a questi cittadini la possibilità di vivere e lavorare nell’Unione europea, un continente che ha un disperato bisogno di riequilibrare i propri assetti socio-demografici e che potrebbe solo avere beneficio da un processo di immigrazione regolamentata e aperta.
In passato, già a partire dagli anni Cinquanta, l’Italia ha accolto con flessibilità cittadini di alcuni particolari Paesi, ad esempio le Filippine, lo Sri Lanka, Capo Verde. All’epoca si trattò di una scelta politica influenzata dalle organizzazioni cattoliche: l’intento era quello di sostenere flussi di immigrazione di culture e religioni ritenute, per l’epoca, “compatibili”.
Oggi, in un mondo culturalmente più unito grazie a media e tecnologia, il tema della difficoltà di integrazione è molto meno sentito.
Un cittadino di Hong Kong è un cittadino del mondo, in un Paese che oggi vive una delle fasi più pericolose e violente della sua storia.
Aprire le porte del nostro Paese ai cittadini di Hong Kong — come peraltro ha proposto anche il Regno Unito — permetterebbe al nostro Paese di attrarre nuovi cittadini e lavoratori, di cui l’Italia ha disperatamente bisogno, e potrebbe salvare la vita a migliaia di persone.
L’Italia deve dimostrare almeno la metà del coraggio che hanno mostrato di possedere giovani attivisti come Joshua Wong, che ogni giorno, da mesi, rischiano la vita per poter difendere la libertà , la democrazia, il lavoro: i valori su cui si basa la nostra Costituzione.
(da TPI)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI NON E’ NELLE CORDE DEL NOSTRO MINISTRO DEGLI ESTERI CHE PREFERISCE I POTERI FORTI AI GIOVANI PATRIOTI CHE LOTTANO PER LA LIBERTA’
Cosa risponderà il ministro degli Esteri Luigi Di Maio quando gli chiederanno cosa faceva l’Italia mentre a Hong Kong una decina di manifestanti — inclusa una ragazzina di 15 anni — venivano arrestati per aver violato la nuova legge sulla sicurezza imposta dalla Cina e oltre 300 persone finivano in cella per aver partecipato alle proteste?
Dopo l’entrata in vigore del controverso provvedimento voluto da Pechino, molti paesi hanno preso posizione: negli Stati Uniti la Camera ha approvato all’unanimità una legge bipartisan per dare asilo a attivisti a rischio di persecuzione politica da parte della Cina e il Regno Unito ha convocato l’ambasciatore cinese a Londra ed è pronto ad aprire i confini a milioni di cittadini della sua ex colonia.
Anche l’Australia sta considerando seriamente la possibilità di offrire visti e sostegno ai cittadini di Hong Kong. L’Unione europea ha espresso “gravi preoccupazioni per la legge sulla sicurezza nazionale”, mentre altri paesi come Francia, Germania e Giappone si sono fatti sentire in sede Onu a Ginevra.
Il governo italiano, invece, tace su quanto sta avvenendo nell’ex colonia britannica. L’unico esponente dell’esecutivo che ne ha parlato — peraltro in toni molto morbidi — è il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, che ha invocato il “principio di non ingerenza” negli affari interni degli altri Stati.
“Posso condannare l’attuazione di una legge non la legge in sè”, ha detto l’esponente M5S a Radio24. “Voi avete mai visto un Paese straniero condannare un legge fatta in Italia?”, ha aggiunto. “Tu puoi deprecare l’attuazione di una legge fatta in modo tale da pressare l’opposizione, ieri a Hong Kong abbiamo avuto 300 arresti di manifestanti, questo per me è deplorevole, non la legge che è una legge come le altre”.
Le parole di Di Stefano sono state riferite “di una gravità assoluta” in una nota firmata dal deputato Riccardo Magi (+Europa Radicali) e dal Presidente dei Radicali Italiani Igor Boni.
I due autori sottolineano anche che la reazione del governo italiano non sorprende. “Oggi assistiamo al tentativo di cancellare le più elementari libertà e quei diritti umani e civili garantiti da un trattato internazionale firmato e ratificato dalla Cina e che è apertamente violato”, prosegue la nota. “Il sottosegretario Di Stefano vuole discutere di ragioni, di modi e di metodo perchè ha dimenticato il significato della parola libertà , sacrificata in nome di una politica estera che vede l’Italia sempre più satellite del gigante cinese“.
Magi e Boni concludono scrivendo che presenteranno “una mozione alla Camera dei Deputati, per costringere il governo ad assumere una posizione netta a favore della libertà , dei diritti e della democrazia per i cittadini di Hong Kong e di Taiwan”.
La nuova legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong prevede pene fino all’ergastolo per chi è giudicato colpevole dei reati di secessione, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere. Ieri, nel giorno del 23esimo anniversario del ritorno alla Cina, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la legge: 370 persone sono state arrestate per vari reati, mentre una decina di fermi — incluso quello di una 15enne — sono stati formalmente eseguiti per violazioni delle norme restrittive volute da Pechino ed entrate in vigore ieri.
Il silenzio del ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio su Hong Kong — in imbarazzo perchè grande sostenitore dell’Italia nella Nuova Via della Seta e fautore di relazioni sempre più strette con Pechino — unito alla mancata presa di posizione nei confronti dell’Egitto sul caso Regeni, dopo la nuova richiesta della famiglia di convocare l’ambasciatore italiano al Cairo (“Non credo sia la soluzione”, ha commentato sempre di Stefano) porta a chiedersi se il rispetto dei diritti umani per il nostro governo e il nostro Paese abbia ancora qualche valore e se la posizione dell’Italia a livello internazionale possa riscattarsi dalla sudditanza imposta dal “principio” della convenienza economica a tutti i costi.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
FINANZIAMENTI A FONDAZIONI: PROCESSO PER CENTEMERO (LEGA) E BONIFAZI (OGGI IN ITALIA VIVA)
La procura di Roma ha chiesto il processo per Giulio Centemero, tesoriere della Lega e per Francesco Bonifazi, ex Pd, oggi iscritto a Italia Viva nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma calcio che riguarda finanziamenti alla fondazione leghista Più Voci e alla EYU. Oltre che per loro, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, hanno chiesto il rinvio a giudizio anche per l’imprenditore Luca Parnasi.
L’indagine sui soldi di Parnasi alla Fondazione EYU mette sotto la lente il pagamento di 150mila euro per uno studio sul mercato immobiliare; per Centemero la contestazione riguarda i 250mila euro dati alla fondazione leghista Più Voci. Oltre che per loro, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i pm Barbara Zuin e Luigia Spinelli, hanno chiesto il rinvio a giudizio anche per l’imprenditore Luca Parnasi. L’accusa per tutti è quella di finanziamento illecito mentre, per il solo Bonifazi, c’è anche la contestazione di emissione di fatture inesistenti.
L’indagine risale al settembre 2018: il 27 giugno il costruttore accusato di corruzione è seduto davanti al procuratore aggiunto Paolo Ielo, al sostituto Barbara Zuin e a due ufficiali del nucleo investigativo di Roma che hanno svolto le indagini fa notare che i soldi servivano ad accreditarsi presso i nuovi potenti: «La vera ragione — risponde l’immobiliarista — è perchè io volevo crescere nei rapporti imprenditoriali all’interno del Nord Italia attraverso questa…(fondazione ndr).
Alla cena famosa che organizzarono a Milano venne il candidato Stefano Parisi, che io conobbi lì, quindi il mio interesse era sicuramente sostenere un’associazione vicina al mondo della Lega per accreditarmi all’interno di quella realtà . Non c’è dubbio».
Giulio Centemero è stato nel frattempo rinviato a giudizio per i 40mila euro di Caprotti.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
L’EPISODIO DI CAMPIGLIA CHE HA DATO ADITO ALLE SPECULAZIONI SOVRANISTE SI SGONFIA… I SOVRANISTI POTREBBERO DEDICARSI A QUEI DELINQUENTI ITALIANI CHE UCCIDONO PER DILETTO I GATTI E SPARGONO BOCCONI AVVELENATI PER I CANI
L’uomo di 21 anni finito nel mirino dei razzisti per aver ‘ucciso e arrostito un gatto per strada’ è stato rilasciato, dopo essere stato denunciato a piede libero.
L’uomo ha infatti dichiarato ai carabinieri di aver trovato l’animale già ucciso e di averlo cucinato per poterlo mangiare.
Il codice penale, in Italia, non prevede pene per chi uccide animali “per necessità ”. L’uomo, che è originario della Costa d’Avorio, è in attesa del risultato del ricorso presentato al Tribunale di Firenze dopo la negazione dello status di rifugiato
“Dubbi” sono stati sollevati sull’autenticità , non tanto del video, quanto della scena, anche dal sindaco di Campiglia, Alberta Tacciati: “è evidente che ci sono diverse incongruenze. Il dubbio sorge spontaneo. L’imputazione a suo carico è un po’ più leggera rispetto a quella immaginata inizialmente. Per questo non è scattato l’arresto, ma solo la denuncia. Con le autorità ci siamo confrontati stanno portando avanti le indagini”.
Sull’argomento torna anche il sito specializzato bufale.net
“A distanza di due giorni dall’apparizione sui social del video che ha fatto tanto rumore qui in Italia, ci sono nuove importanti novità che dobbiamo prendere in considerazione a proposito dell’immigrato che cucina e mangia un gatto arrostito.
Nel video ci sono una serie di incongruenze: il gatto risulta essere già carbonizzato e il fuoco che avrebbe dovuto ridurlo in quello stato è una fiammella, decisamente troppo debole perchè si abbia sul corpo del gatto l’effetto che si vede in video.
Insomma, le indagini, come confermato dal sindaco di Campiglia Marittima, richiedono per forza di cose un passo indietro da parte di coloro che hanno accusato l’immigrato di aver ucciso il gatto arrostito. Con tutto quello che ne consegue anche dal punto di vista giuridico e penale per il ragazzo che è in attesa di un nuovo verdetto sul suo status da irregolare.
Qualora l’animale non fosse stato ucciso e premesso che per sopravvivenza non si tratterebbe di un reato nemmeno in quel caso, la strumentalizzazione politica dei fatti perderebbe sicuramente vigore. Fermo restando la gravità dei fatti da un punto di vista prettamente etico
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2020 Riccardo Fucile
SE L’ITALIA FOSSE UN PAESE CIVILE NON CI SAREBBE BISOGNO DI UNA LEGGE CHE SANZIONI COMPORTAMENTI VIOLENTI MOTIVATI DALL’ODIO DI GENERE
“Non c’è un pestaggio più grave rispetto a un altro, a questo punto presentiamo un bel disegno di legge contro l’eterofobia, perchè non c’è differenza se vengo preso a schiaffi io o un altro”. In questa ennesima perla del leader della Lega e del centrodestra, Matteo Salvini, emerge tutta l’ostilità dei sovranisti italiani verso una norma che contrasti le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, una delle piaghe che da sempre affliggono il Paese.
La verità è che se l’Italia fosse un Paese civile non ci sarebbe neanche bisogno di una legge come quella presentata dal deputato Alessandro Zan , una legge che sanzioni i comportamenti violenti motivati dall’odio di genere.
Se l’Italia fosse un Paese civile personaggi come il senatore Simone Pillon o le associazioni che difendono la cosiddetta “famiglia tradizionale” sarebbero residuale coreografia, come i balli in costume alle sagre dei borghi medievali. Invece sono punti fermi di un partito che punta a governare.
Se l’Italia fosse un Paese civile nessun politico evocherebbe una sorta di “libertà di discriminare”, bollando come “censura” o “bavaglio” una norma che condanna chi ferisce con parole e atti violenti altri esseri umani; nessun politico utilizzerebbe il termine eterofobia per ridicolizzare quella norma, opponendo ad essa argomentazioni profonde quanto lo “gne gne gne” di un bambino di otto anni.
L’eterofobia non esiste perchè in nessun Paese del mondo si finisce in galera o si viene ammazzati perchè eterosessuali.
Non esiste perchè nessuna ragazza o nessun ragazzo eterosessuale subisce atti di bullismo tra i banchi di scuola o per strada.
Non esiste perchè nessuno storce lo sguardo vedendo un uomo e una donna che si baciano all’aperto.
Non esiste perchè in nessuna famiglia un padre e una madre manderebbero mai il proprio figlio o la propria figlia eterosessuale da uno psicologo per “correggere” qualcosa e mai li caccerebbero di casa, non esiste perchè nessuno è costretto a provare vergogna perchè eterosessuale.
Eterofobia è l’ennesima parola falsa e vigliacca buttata lì, in pasto a quella folla urlante che ha bisogno di sfogare la sua rabbia, le sue frustrazioni e i suoi fallimenti su bersagli semplici e possibilmente fragili.
Se non ci fosse chi ha bisogno di discriminare — perchè sulla discriminazione fonda parte del suo consenso — in Italia non ci sarebbe bisogno di una legge contro l’omofobia. Invece, purtroppo, in Italia una legge contro l’omofobia serve. Serve tantissimo.
(da TPI)
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